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Quanto di più bramato

[Adrien]





Appena l'ovatta imbevuta entrò in contatto con la pelle del braccio, Adrien sussultò. Sapeva che i tagli, profondi o meno che fossero, dovevano sempre essere disinfettati con cura. Ma la procedura non poteva rimanere la stessa, non in quella situazione. Almeno per quella volta, avrebbero potuto fare un'eccezione, no? 

Subito dopo essere entrata nell'abitacolo, Ladybug gli aveva comunicato la gravità delle sue condizioni fisiche. Lui, d'altro canto, non aveva mancato di giudicare il proprio stato "non poi così critico", pur essendo perfettamente consapevole del dolore che gli tormentava la base della schiena. 

Ladybug aveva insistito, certo, eppure non avrebbe mai pensato che avesse davvero intenzione di trattare le sue condizioni. Era assurdo che volesse occuparsi personalmente di curarlo. Insomma, le ferite dovevano essere tenute sotto controllo, in qualche modo... ma non in quel modo! 

Un conto era mostrare più pelle scoperta del dovuto durante i servizi fotografici, eventuali gite in piscina o visite mediche, un altro era... 

Certo, non poteva davvero definirsi una personcina timida — come spesso gli ricordava la voce inquietantemente somigliante a quella di Plagg che abitava ormai la  sua testa —,  nei panni dell'alter-ego felino ancor meno di quanto già non fosse. Ladybug, però, lo aveva sempre trovato più o meno padrone della propria situazione e, al minimo, rigorosamente vestito.

A dirla tutta, gli pareva una circostanza abbastanza inadatta.

Ebbene, aveva subito espresso la propria opinione al riguardo, inutilmente: la super-eroina era stata irremovibile, benché ben attenta a specificare il mero scopo medico della questione.

La stessa sicurezza sotto cui Chat si era visto costretto a cedere, tuttavia, mentre le mani della ragazza si curavano di non sfiorare neanche per sbaglio la cute del compagno, stava scemando sempre più, lasciando spazio all'imbarazzo.

«Quanto?», domandò, schiarendosi leggermente la voce prima di parlare. Nonostante i suoi sforzi, quest'ultima mantenne un accenno rauco, più basso del normale.

Avrebbe voluto attribuire la causa di quell'inusuale sfumatura al fumo ispirato durante la battaglia o, in alternativa, al sonno da poco interrotto. Tuttavia, si era fatta largo in lui la sensazione che così non fosse.

Altre volte il suo abituale tono aveva subito variazioni senza che lui se ne accorgesse: era successo il giorno del quindicesimo compleanno, quando il padre gli aveva consegnato, per la prima volta, un regalo fatto col cuore; era successo un pomeriggio qualunque, quando qualcuno (non riusciva davvero a ricordare chi) si era premurato di comunicargli che la madre non sarebbe tornata; era successo il giorno di Natale, quando tutti i suoi amici lo avevano abbracciato, dopo ore passate a cercarlo; era successo poco tempo prima, quando aveva preso coscienza di essere rimasto davvero solo al mondo.

Se sottoposto a emozioni fin troppo violente, il suo corpo si ritrovava, in qualche modo, incapace di contenerle. Chiunque avesse prestato poca più attenzione al modo nel quale tendeva a relazionarsi col mondo, avrebbe certamente notato l'abbassamento di voce momentaneo che seguiva alla rielaborazione di un concetto di particolare spessore, benché egli tentasse di nasconderlo.

«C-Cosa?», chiese dopo un attimo Ladybug, sforzandosi di sembrare naturale.

Era lei, la causa del suo piacevole scombussolamento interiore. Come sempre, avrebbe potuto aggiungere, ma non capiva davvero cosa ci potesse esserci di ordinario in ciò che sentiva. Non si trattava più solo di un sentimento vano, seppur veritiero, di fantasticherie: a sopportarlo, ora, c'erano i fatti.

Ovvio che Adrien, da parte sua, avrebbe sacrificato ciò che più gli era caro per lei, qualunque cosa gli si chiedesse pur di proteggerla. Eppure stentava a credere che la ragazza avesse deciso di portarlo addirittura con sé, che tenesse a lui, in verità uno sconosciuto, tanto da ospitarlo. 

«Quanto ho dormito?».

Sì, decretò, era decisamente la domanda che meno gli premeva fare.

Gli parve di udire un «troppo», borbottato da qualche parte accanto a lui, ma poi la ragazza parlò: «Quasi tre ore piene. Hai... — la frase rimase sospesa a mezz'aria per un attimo — Potresti girarti, per favore? Verso destra. Non la tua, la mia destra. Cioè la tua sinistra, ecco, la parte che non ho medicato».

Adrien ritirò il braccio, posandolo sulle coperte. Poi tentò di assecondare, per quanto possibile, le istruzioni della ragazza. Da un punto indefinito della stanza, s'udi tossire.

«Così va bene?», domandò e, non ricevendo risposta né controindicazioni, credette che lei avesse annuito.

Mentre slegava il pezzo di stoffa arrotolato intorno alla parte lesa e il bendaggio sottostante, Chat si accorse di volerla sentir parlare ancora. Il contatto con le dita gelide della giovane donna sarebbe dovuto bastare per rendergli palese la sua presenza nella stanza, la realtà della situazione in cui stava vivendo. E invece sentiva il bisogno disperato di ascoltarla, capire quanto stesse bene lei.

«Cosa stavi dicendo prima? Ti sei interrotta all'improvviso».

«Ah, certo. Stavo dicendo che hai...».

L'ascoltò deglutire a vuoto, le mani percorse da un tremito quasi impercettibile. Tanto bastò per fargli recuperare lo strano umorismo che aveva abbandonato a causa dello sviluppo degli ultimi avvenimenti. Unico scopo, quello di alleggerire almeno un po' l'atmosfera.

«...Compiuto un atto meowravigliosamente eroico? Salvato la vita di una fanciulla indifesa e ripristinato la pace nella ora sicura Città dell'amour? E, ricordiamolo, il tutto mantenendomi in purfetta forma. Non c'è bisogno che tu me lo dica, Insettina, davvero».

«Hai preso davvero una bella botta, Gattino», ribattè lei, a metà tra il contrariato e il divertito. «Dopo tutto questo tempo passato senza battutine, cominciavo a chiedermi se anche la testa avesse subito danni. Ora, però, devo dedurre che sia tutto in regola».

Con l'utilizzo del braccio libero, il ragazzo si picchiettò leggermente il capo. «Sano come un pescegatto, My Lady».

Ci fu un attimo di silenzio, meno teso di quello che li aveva accompagnati fin ad allora. Adrien poteva sentire con chiarezza la sofferenza della compagna, quasi la stesse gridando, ed era certo che anche i suoi dubbi tormentati potessero essere percepiti altrettanto lucidamente.

I graffi, ora, sembravano bruciare meno.

«Senti Chat, io... Grazie», disse lei ad un tratto, proprio mentre lui pensava di fare lo stesso.

Aprì la bocca, la richiuse: «Per cosa?».

Ladybug sospirò pesantemente e il ragazzo non dovette sforzarsi poi tanto per immaginarsela. La sua ombra si spostò leggermente, così che lui potesse visualizzare più nitidamente la forma soffusa dell'abat-jour.

«Per aver rispettato la mia volontà, anche in un momento difficile come quello che abbiamo passato».

Pausa, un piccolo suono graffiato in lontananza.

«Ha significato molto e mi dispiace: non avrei voluto che andasse così. Sei una persona importante per me, Chat, se ti fosse successo qualcosa non avrei saputo perdonarmelo».

Ancora pausa.

 «Tra poco però torneremo alla nostra solita routine. A dirla tutta non so bene cosa succederà, l'importante è che le nostre identità siano rimaste segrete: se tutta Parigi ne fosse venuta a conoscenza sarebbe stato un bel-»

«Di cos'è che hai tanta paura, Ladybug?».

Fu più forte di lui, non riuscì a trattenersi, le parole uscirono prima che potesse fermarle.

Nonostante tutto, sebbene all'apparenza sembrasse che i fatti lo contraddicessero, non aveva mai fatto pressioni di alcun tipo sulla ragazza. Sin dall'inizio aveva rispettato le sue scelte, andando volenterosamente contro la propria natura: anche nei momenti in cui l'occasione di conoscere chi davvero lei fosse si presentava lampante, ecco che dedizione e la stima nei suoi confronti gli ricordavano la potenza del sentimento che custodiva con gelosia sul fondo dell'animo. Eppure, appena sveglio, si era subito chiesto il perché di tutta quella messa in scena tanto curata: sapeva quanto lei tenesse a mantenere separate le due vite, quella super e quella quotidiana, ma non credeva si sarebbe spinta così oltre pur di mantenersi nella sua posizione.

Era testarda —  se lo era! lo faceva impazzire anche per questo —, ma perseverare sin a tal punto gli pareva più di un semplice capriccio. Doveva esserci qualcosa sotto.

Perché non riesco a capire cosa ti succede? Perché fai di tutto affinché io non lo sappia?

D'altro canto, fu la prima volta che Marinette si sentì davvero sollevata per aver bendato l'amico. Se così non fosse stato, era sicuro, quello si sarebbe ritrovato davanti i suoi occhi sgranarti, la bocca schiusa per lo stupore.

Non avrebbe sopportato di essere guardata con condiscendenza, non avrebbe potuto resistere alla consapevolezza negli occhi dell'altro. Non di nuovo.

La ragazza tacque, ed Adrien si accorse di riuscir a sentire gli ingranaggi che si muovevano frenetici nella mente di quella. Qualche minuto, poi arrivò a pentirsi della propria indiscrezione. Era pur sempre uno sconosciuto, no? Fidato, amabile, innamorato, ma estraneo. Un gatto randagio in piena regola. 

Sospirò: il silenzio era di gran lunga peggiore dei rifiuti che solitamente gli riservava.

Ormai il contatto fisico tra loro era nullo e la distanza divenne insormontabile quando la ragazza si alzò di scatto, bloccando ogni tentativo di fugare i dubbi che lo attanagliavano.

 «Tikki!».

Quel tono non prometteva nulla di buono.

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