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Capitolo 38

Roma, 7 gennaio 2020

Marco e io tornammo nella Capitale con l'idea della partenza intelligente la mattina alle quattro: avrei preferito che ci muovessimo la sera prima, ma con il pranzo dell'Epifania sullo stomaco sarebbe stato un po' difficile.
Quando cominciai a scorgere i palazzi della Capitale tra le prime luci dell'alba, mi sentii come caricata di responsabilità: i giorni di Firenze erano stati estemporanei, come se avessi messo la vita in standby; avevo fatto perfino un tuffo nel passato e sperato di rimanervi.
Ma la mia esistenza romana, specificamente nel quartiere di Centocelle, era troppo elaborata per essere lasciata alle spalle, troppi i casini che avevo lasciato in sospeso durante la mia partenza.
Avevo detto ad Antonio che sarei tornata alla panetteria quella sera stessa, sebbene lui mi avesse consigliato che era meglio il giorno successivo: a me quelle ore limitate di riposo dovevano bastare per fare tutto ciò che avevo in mente.

                                      ***

Come prima cosa chiamai le mie amiche, che si precipitarono subito a casa mia dopo che Marco se ne fu andato.
<< Allora, com'è andata la trasferta fiorentina? >> mi incalzò Elena.
<< Ti sei divertita? >> si accodò Laura.
<< Come se non lo sapessi qual è il vostro argomento preferito... >> le sgamai, capendo dove volessero arrivare.
<< E va bene... Com'è stato fare l'amore con il tuo ex del liceo? >> andò dritta al sodo la Castroni.
<< Sono andata ancora di più ad incasinare la mia vita, perché non solo lui è fidanzato con una ragazza milanese però se glielo avessi chiesto l'avrebbe mollata, ma adesso sono ancora più convinta che Marco non è l'uomo della mia vita >> confessai.
<< Questo lo avevamo capito anche noi. Allora chi è l'uomo della tua vita? >> chiese la Mancuso.
Guardai prima l'una, poi l'altra: a quella domanda avevo molte risposte. Anche troppe.
<< Non lo so... Forse Antonio. Forse Dante. Forse addirittura Giuseppe, se non fosse diventato l'uomo tuo, Laura >> sospirai, facendo ridere la mia amica per la battuta sull'uomo che una volta era stato mio marito.
<< Uhm... Allora è un bel guaio, perché sono tutti fidanzati, a modo loro >> replicò l'altra mia amica.
<< Dante no, ma è l'amante, oltre che il cognato, della nuora del mio datore di lavoro. E oltretutto è anche il migliore amico di Marco. E oggi devo vederlo alle tre, per la seduta >> mi ricordai.
A lui, al quale dovevo raccontare sempre tutto per lavoro e rimproverato di avermi trattata come un esperimento sociale, non ero ancora riuscita a dire che il suo modo di fare brusco ma buono mi aveva sempre attizzata.

                                       ***

Successivamente uscii per andare a fare il rinnovo mensile dell'iscrizione in palestra, quando vidi Federico Stanzi sfrecciare davanti a me con la bicicletta e il pacco di Glovo, solo che invece di chiamarmi "Biondissima" e fare il cascamorto, aveva tirato dritto per la sua strada.
Pensai che o il Natale rendeva tutti più buoni, o aveva capito che col giornalismo Elena poteva diventare davvero la gallina dalle uova d'oro e quindi non si sarebbe dovuto azzardare a tradirla.
Entrai nella palestra e trovai Nadia Respighi già al lavoro.
<< Buongiorno, Anita! Hai passato belle vacanze? >> mi accolse.
<< Mi sono riposata, sì. Ma adesso è il momento di ricominciare >> risposi.
<< Sempre pilates? >> domandò, immaginandone il motivo.
Ormai conosceva Roberto Manilunghe come le sue tasche.
<< Sempre pilates >> feci, prendendo la penna e firmando la schedina dell'abbonamento mensile.
Non appena avessi lasciato Marco, avrei avuto comunque bisogno di un uomo, anche solo per soddisfare le mie voglie: avrei scaricato anche lui, con il tempo.
La lezione era appena finita e Roberto, uscendo per primo dalla sala adiacente seguito dalle altre allieve, mi lanciò un lungo sguardo torbido ed eloquente, che faticosamente riuscii a sostenere: dopotutto, quel gioco infernale l'avevo cominciato io; per difendermi, ma l'avevo cominciato io.

                                     ***

Alle tre del pomeriggio suonai al campanello dello studio di Dante e lui mi accolse come un'ospite che non vedeva da tanto tempo.
<< Eccola, la nostra rampolla fiorentina! Chissà quanto avrai da raccontare... >> esordì, facendomi accomodare.
<< Sei impazzito o cosa? Tu sei sempre stato molto diretto con me... >> commentai, stranita dal suo atteggiamento così gentile.
<< È successo qualcosa a Firenze, durante le vacanze natalizie. L'ho capito dalla tua ultima telefonata >> indovinò, lasciandomi stupita.
<< Sono così prevedibile? >> chiesi sarcastica.
<< Si tratta del tuo ex, Ernesto Conti. È successo qualcosa con lui >> affermò, alzandosi dalla sedia.
<< Ma tu che ne sai? Io ti avrei parlato di lui, ma al telefono ti avevo solo dato poche informazioni... >> risposi subito, insospettita.
Che Marco fosse stato geloso e gli avesse riferito i suoi sospetti al telefono o su WhatsApp?
<< Semplicemente, è la risposta che più si adatta ad una come te. Dopotutto già dal primo giorno ti avevo detto che eri emotivamente instabile... >> continuò, avvicinandosi a me.
Mi alzai di scatto.
<< Mi hai voluto appioppare Marco per forza, lui mi stalkerava e tu eri il figlio del mio capo, cos'altro avrei dovuto fare? Avevo forse scelta? >> sbottai perciò.
<< C'è sempre una scelta... >> fece Dante, attirandomi a sé e baciandomi con una potenza che mai avrei immaginato da un uomo compassato come lui.
Avrei dovuto schiaffeggiarlo, spingerlo via, dirgli che non doveva farlo mai più perché ero una donna impegnata: ma era la mia testa a dire tali cose, le mie labbra invece fecero esattamente il contrario.

                                   ***

Con l'ennesimo segreto che mi gravava sul cuore, quella sera mi diressi alla Panetteria Mainetti; ricordai con nostalgia l'ultima volta che c'ero stata, cinque giorni prima di Natale: "Viva Raiplay" di Fiorello volgeva al termine e le vacanze stavano per iniziare, c'era un'attesa per il 2020 che doveva rivelarsi un anno incredibile, l'anno della svolta.
E invece non era neanche iniziato e io avevo già nuovi casini che non ero stata capace di archiviare nell'anno precedente.
Dopo il divorzio da Giuseppe avrei desiderato tutto meno che una vita così densa e piena di colpi di scena.
I miei colleghi del forno mi accolsero col sorriso, perfino Fabio.
<< Finalmente sei tornata! >> mi disse Antonio, venendomi incontro.
<< Pensavo che le vacanze ci fossero state per tutti >> osservai.
<< Sì, ma non tutti le abbiamo passate in una villa della crema di Firenze! >> intervenne Stella eccitata.
<< Mentre noi poveracci ci siamo sorbiti le tavole apparecchiate per un esercito e l'interrogatorio dei parenti! >> ironizzò Fabio.
<< Stai facendo il proletario fricchettone che odia i ricchi? >> berciai.
<< Non sia mai... Ma con questa risposta ho la conferma che sei tornata senza cambiare! >> disse soddisfatto, tornando al lavoro insieme a Stella, che rivolse uno sguardo d'intesa ad Antonio.
<< Come avete passato le vacanze in Puglia, tu e Stella? >> domandai al mio caporeparto.
<< Non male, poteva andare peggio. Mia madre dice che è troppo secca e avrà difficoltà a partorire. Mio padre l'ha difesa. Mia sorella ventenne odia tutti e ha i capelli viola >> mi raccontò.
<< Oddio, viola? >> chiesi, soffocando una risata.
<< Abbiamo avuto tutti vent'anni >> obiettò, in difesa della sorella.
<< È che stavo pensando alla mia, di sorella. Emma ha i capelli biondi e nemmeno uno fuori posto. Non credo che concepirebbe mai una chioma viola! >> spiegai sorridendo, cosicché anche lui si distese.
<< E tu invece? Immagino che avrai mille particolari interessantissimi da raccontare... >> mi incalzò, mentre cominciavano ad impastare.
<< Sì, ma non tutto. Se ti raccontassi alcune cose, credo che cambieresti opinione su di me... >> replicai, gli occhi fissi sull'impasto.
Fortunatamente lui non disse niente: sapeva che non era il caso di continuare ad indagare.


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