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Capitolo 37

Firenze, 31 dicembre 2019

Nei successivi tre giorni non feci altro che pensare a ciò che era successo nel bosco con Ernesto: era come se il tempo non fosse passato, come se fossimo tornati improvvisamente ai nostri diciotto anni per fare l'amore nel nostro posto segreto; e invece ormai eravamo adulti e avevamo le nostre vite, lui a Milano e io a Roma; e io, volente o nolente, stavo con Marco, praticamente adorato da tutta la mia famiglia.
Cercai di concentrarmi sul Veglione di Capodanno, che avrei passato in compagnia dei miei amici, Diana me lo aveva detto: chissà se lei o qualcun altro sospettavano l'accaduto, o semplicemente ci rivolevano insieme a tutti i costi.
L'importante era avvertire Ernesto, dirgli di non far emergere niente sul nostro incontro ravvicinato nel capanno degli attrezzi, solo che in  quei tre giorni non rispondeva mai né alle chiamate né ai messaggi, e quindi temetti seriamente di rimanere con quell'incognita fino all'anno nuovo.

                                      ***

Avevamo raccontato a tutti di aver aspettato che spiovesse sì dentro un rifugio, ma cercando di accendere un fuoco per scaldarci; sperammo che tutti se la fossero bevuta, in fondo era una versione verosimile.
Quando Diana mi chiamò per fare l'ultimo aperitivo dell'anno vecchio, però, mi misi sull'attenti: dopotutto lei era sempre stata un po' la capoship di me ed Ernesto, la prima a caldeggiare per un nostro ritorno di fiamma.
Per togliermi ogni dubbio la raggiunsi in centro, in un bar di fronte agli Uffizi: lei mi salutò agitando la mano e mi fece segno di raggiungerla.
<< L'ultimo aperitivo dell'anno vecchio? Che nomenclatura solenne, quasi tragica... >> la presi in giro, mentre mi sedevo di fronte a lei.
<< E dai, non dirmi che non sei emozionata per l'anno che verrà... Ma ti rendi conto? Il 2020, un nuovo decennio che comincia... Dicono tutti che sarà un anno spaziale! >> esclamò battendo le mani.
<< Ok, allora mentre aspettiamo il lancio delle sonde nello spazio magari ordiniamo... Ormai ho l'occhio clinico per gli aperitivi... >> le risposi, sfuggendo a tutta quell'euforia per l'anno venturo sfogliando il menu.
<< Io prendo lo spritz e il tagliere misto... Adoro gli stuzzichini qui a Firenze! E tu come li trovi? >> mi domandò.
<< Esigui. Ma me li farò andare bene... Due taglieri misti e due spritz, ma poco forti perché dobbiamo guidare >> dissi al cameriere che passava per di là.
<< Allora, hai messo a punto la tua parte di menu per stasera? >> mi incalzò mentre aspettavamo le ordinazioni.
<< Sì, salvo imprevisti. E i componenti della mia famiglia sono tutti degli imprevisti >> sospirai.
<< Sono certa che sopravviverai anche a questo. Dopotutto andiamo incontro al 2020! >> fece eccitata, e io mi domandai per tutto il tempo cosa ci trovasse nel suono della parola "duemilaventi". A me metteva solamente una strana inquietudine.

                                    ***

Marco mi aspettava alla fine dell'aperitivo con Diana per andare insieme al supermercato e approfittare per fare "l'ultima passeggiata dell'anno vecchio".
Quando Venturi esordì con quella dicitura, lo guardai storto.
<< Ma che vi siete messi tutti d'accordo? >> sbottai.
<< Che vuoi dire? >> domandò stupito.
<< E prima Diana con l'ultimo aperitivo dell'anno vecchio, e adesso tu con l'ultima passeggiata dell'anno vecchio... Io sapevo che San Silvestro fosse una festa allegra tutto il giorno, non un funerale dalle otto del mattino alle nove di sera! >> motivai perciò.
<< Oh, ma nelle intenzioni non c'è alcuna tristezza. Anzi, c'è una ricorrenza! >> esclamò felice, guardandomi come se avessi già capito di cosa stava parlando.
<< E ti sembra un incontro, a raccontarlo oggi, il Capodanno del 2014? Io ero sposata da pochi anni, tu eri stato lasciato sull'altare, eravamo entrambi ubriachi e abbiamo scopato senza neanche conoscersi... Poi che un primo incontro, sembrava uno sfizio in una dark room... >> commentai.
<< Ma poi ti ho cercata, e quando ho scoperto che abitavi a Centocelle... >> ripercorse con la mente lui, mentre entravamo dentro il supermercato.
<< ... mi hai stalkerata senza pietà, ignaro ma non troppo che Giuseppe fosse geloso e sua madre avesse contatti in tutto il quartiere! >> completai, disgustata da quei ricordi.
<< Era una vita sbagliata e meno male che te ne sei resa conto! >> mi corresse, mentre prendeva il carrello e io tiravo fuori la lista dalla borsa: servivano diversi tagli di pesce spinato e frutti di mare, come ad ogni Vigilia. Poi la polpa di pomodoro, la mozzarella e il parmigiano. E la maionese Calvè Cremosa. Di nuovo.
<< Marco, manca di nuovo la maionese. Ricordati che... >> gli dissi, sperando che non prendesse la Classica come il 24 dicembre.
<< È questa? >> fece, brandendo proprio il vasetto sbagliato.
Non ci intendevamo su niente, e quella era la dimostrazione: una volta a Roma avrei dovuto prendere provvedimenti.

                                     ***

Trovai mia nonna nella serra, invece che in cucina.
<< Ah, ma tu quindi sei qui? Ero andata sparata in cucina... >> esordii, mentre lei, con i guanti e le cesoie, potava le adoratissime rose bianche.
<< Non potevo fare l'ultima visita dell'anno vecchio alle mie bimbe... >> rispose lei, non distogliendo l'attenzione dal suo lavoro.
<< Anche tu con questo leitmotiv... >> sbuffai, mettendomi accanto a lei.
<< Quale leitmotiv? >> domandò, tagliando un gambo che si era seccato.
<< Il fatto degli ultimi rituali dell'anno vecchio, siete in tre ad averlo detto oggi. Vi comportate come se la Festa di San Silvestro, almeno prima di arrivare alla sera, fosse per tutta la parte diurna un funerale... >> risposi, guardando il suo operato.
<< Perché, non c'è il tempo per un po' di nostalgia, prima del Veglione? Altrimenti quando si penserebbe alle occasioni perdute? >> mi delucidò, guardandomi come se stessi per confessare qualcosa.
<< Sì, nonna. Ci penso da tre giorni all'episodio del capanno. Se è per questo, non faccio che immaginare la mia vita se fossi rimasta con Ernesto, qui a Firenze >> confidai infatti.
Lei posò le cesoie, si sfilò i guanti e mi prese le mani.
<< Ho detto che è il tempo della nostalgia, mica dei rimpianti. Ernesto parteciperà al Veglione a casa Bonanno? >> mi chiese.
<< Sì >> replicai.
<< Allora buttati e digli cosa provi. Se lui ricambia bene. Altrimenti amen, e a lasciare quel povero Cristo di Marco ci penserai a Roma >> mi pose la soluzione.
Aveva ragione lei, avevo fatto bene a confessarle tutto.

                                     ***

Passai qualche ora dopo pranzo a sbirciare sul profilo Instagram di Ernesto come non avevo avuto tempo di fare prima, alla ricerca della prova che, uno bello e realizzato come lui, era impossibile che a Milano non avesse avuto una vita sentimentale: e infatti ogni tanto spuntavano foto con una ragazza diversa; non era un ingordo, semplicemente ancora non aveva trovato l'anima gemella.
Ma sul suo stato sentimentale precedente al Natale non vi erano tracce, anzi: aveva postato solamente foto di Firenze, della sua famiglia e di noi amici, ovviamente in gruppo.
A un certo punto le mie ricerche furono interrotte da un messaggio su WhatsApp. Lo aprii, era di Dante:

Solitamente questo è il nostro orario. Allora, hai collezionato nuove magagne a Firenze?

Il suo stile sarcastico era inconfondibile, e mi faceva ridere e irritare al tempo stesso; gli risposi con la stessa cifra:

Talmente tante che quando torno a Roma e te le racconto potresti scriverci un libro e fare i soldi a palate.

Mi chiesi se, ai suoi occhi, Marco e io fossimo ancora un esperimento sociale, o se si fosse affezionato all'idea di noi.
Io ad esempio ci avevo provato, ma non c'ero mai riuscita: una volta a Roma l'avrei lasciato, usando tutto il tatto del mondo ma facendogli capire che volevo altro, da un uomo.
Solo che non lo sapevo neanch'io cosa fosse questo "altro": nel cercare la risposta, nella mia testa si alternavano Ernesto, Giuseppe, Dante e Antonio.

                                     ***

Alle venti e trenta ci presentammo a casa di Gilda e Daniele Bonanno, anch'essa un casale poco fuori Firenze e vicino a quello di Diana e Vincenzo; ogni dettaglio nell'arredamento e nelle decorazioni sembrava traboccare attesa per l'anno che sarebbe venuto.
<< Eccovi arrivati! >> ci accolse Gilda, salutando me, Marco, Emma e Fabrizio, e poi facendoci strada verso l'appendiabiti dove avremmo appeso i cappotti.
<< Buonasera! >> ci fece eco Vincenzo.
<< Sono arrivati quasi tutti... >> aggiunse poi.
<< Chi manca? >> domandai.
<< Ernesto, e ha detto che aveva una sorpresa... >> intervenne Gilda con un sorriso malizioso: forse pensava che a mezzanotte Conti si sarebbe alzato col calice di spumante in mano a chiedermi di sposarlo davanti a Marco, a cui sarebbe preso un infarto.
<< Eh beh, lui è sempre stato l'uomo delle sorprese... >> rincarò la dose mia sorella.
Fortunatamente il suono del campanello mi dissuase da quella scena macabra, e Gilda si precipitò ad aprire; il suo atteggiamento cambiò radicalmente, mentre introduceva Ernesto, mano nella mano con una ragazza dai capelli rosso chiaro e dalla pelle lattea e lentigginosa, segno che non era tinta.
La coppia fu accolta nel silenzio e nello stupore generali.
<< Ragazzi, lei è Luna Mainaghi. Ci siamo conosciuti sul lavoro, ed è la mia fidanzata! >> annunciò, mentre l'uditorio non emise un suono.
Fu mio cognato a salvare la situazione.
<< E non lo facciamo un bel brindisi al nostro amico che si è fidanzato? >> propose, stappando una bottiglia di vino bianco, visto che lo spumante l'avremmo tenuto per mezzanotte.
Seguirono un applauso e una serie di brindisi, e nella confusione approfittai che Ernesto fosse solo per togliermi un sassolino dalle scarpe.
<< Come mai non mi hai detto di essere fidanzato, in questi giorni? >> gli sussurrai all'orecchio.
<< Perché ci conosciamo veramente da poco e perché l'avrei mollata, se tu me lo avessi chiesto. Ma a quanto pare hai fatto la tua scelta... >> mi rispose con lo stesso tono di voce, indicando Marco che parlava allegramente con Diana e Vincenzo.
Aveva ragione lui: non ero stata capace di osare, ma a ripensarci oggi non credo che mi sarei rimessa con lui; a Centocelle avevo cominciato a vivere una vita vera, fuori dalle mura in cui mi aveva confinata Giuseppe per cinque anni, non potevo diventare la moglie di un broker a Milano.

                                     ***

Verso le ventitré Gilda accese la televisione.
<< Non inventatevi niente, il countdown si fa con Carlo Conti! >> intimò, poiché era una grande fan del noto conduttore nostro conterraneo.
<< Pensa, stavo per proporre quello su Canale 5... >> scherzò suo marito, beccandosi un'occhiataccia.
<< Lo sai che ci sono rimasta malissimo a vedere che Ernesto si sia fidanzato con quella? È una sciacquetta, insipida e cretina. Chissà come fanno gli uomini a riconsolarsi così facilmente... >> mi confidò mia sorella, sedendosi accanto a me.
<< Nemmeno io sono stata così esigente nella mia scelta sentimentale... >> le risposi a tono.
<< Purtroppo la banalità si annovera tra i difetti degli uomini, ma almeno tu che sei una donna... Mi giuri che stai pensando dall'inizio delle vacanze di lasciare Marco? È un bravo ragazzo, ma è basico... Ti svilisce. Dico davvero >> replicò Emma, parlandomi sinceramente come non aveva mai fatto prima.
<< Appena torniamo a Roma troverò il modo >> sorrisi, finalmente capita.
Alle ventitré e cinquanta cominciò il countdown.
<< Dieci, nove, otto... >> ci alzammo tutti in piedi, distribuendo i flutes per brindare.
<< ... sette, sei, cinque... >> Vincenzo prese la bottiglia dal frigorifero.
<< ... quattro, tre, due, uno... >> ci riunimmo tutti al centro della stanza, sovraeccitati.
<< Buon anno! >> esclamammo in coro, mentre il tappo di sughero volava sul soffitto e cadeva a terra, e la schiuma dello spumante si spargeva tutt'intorno prima di finire nei bicchieri.
Dopo il brindisi gli uomini uscirono per sparare i fuochi d'artificio, noi donne li seguimmo in giardino.
Il più bello di tutti fu un "2020" a cifre cubitali e colorate: mi fece un buon effetto, di augurio per un anno migliore.

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