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Capitolo 32

Firenze, 22 dicembre 2019

Marco e io dormimmo tutta la notte stretti nel mio letto d'infanzia, tanto che Rosalia, quando entrò per svegliarmi come ai tempi in cui ero piccola, ci vide e richiuse la porta imbarazzata, svegliandoci di soprassalto.
<< Mi scusi signorina, non mi ricordavo che fosse con un uomo! >> esclamò da dietro la porta.
<< Rosalia... È da quando ho sedici anni che ti capita di vedermi in compagnia in questo letto... >> commentai ancora assonnata.
Marco, accanto a me, ridacchiava: lo guardai malissimo.
<< Sì, ma la compagnia era il signorino Ernesto Conti. Era... diverso >> affermò lei, sempre dietro la porta.
<< E adesso invece c'è un umile autista dell'Atac? >> domandò divertito Venturi, una cosa che mi diede molto fastidio.
<< Non mi fraintenda, signor Venturi. Non sono una classista. Ma il signorino Conti è praticamente cresciuto in questa casa, insieme al signor Bottai, appresso alle signorine. Comunque la colazione è pronta >> si giustificò Rosalia, incamminadosi verso il piano di sotto.
<< Il signorino Conti... Devo essere geloso di questo tizio titolato? >> chiese Marco a quel punto.
<< Ma smettila... Secondo me ti stai mettendo soggezione in questa casa, almeno quanto me >> dedussi, mentre ci preparavamo per raggiungere gli altri.

                                     ***

La famiglia al gran completo era già scesa per fare colazione: i miei genitori, mia sorella e Fabrizio, mia nonna Bice.
<< Buongiorno a tutti... >> salutai, mentre avanzavo con Marco verso la tavola.
<< Buongiorno cari, avete dormito bene? >> cinguettò mia madre, mentre ci sedevamo.
<< Stretti stretti, ma è stato romantico, grazie >> rispose Venturi sorridendo.
<< Io l'avevo detto a mia figlia di poter utilizzare la camera degli ospiti, almeno avreste avuto un letto matrimoniale >> insistette lei, facendomi accigliare.
<< Arianna, ti prego... >> cercò di trattenerla mio padre.
<< Quella è la mia stanza di quando ero piccola. Ci sono affezionata >> dissi a denti stretti, mentre prendevo una fetta della crostata alle visciole di mia nonna.
<< Beh, almeno ti fa tornare a Firenze, a passare il Natale a casa tua. Quella tribù di siciliani ti costringeva a fare la schiava, quando il tuo destino è fare la signora >> dichiarò mia madre.
<< Almeno è qui, non credi? >> la delucidò mia nonna, e io la ringraziai con lo sguardo.
<< Sapete chi verrà a Natale? >> cambiò discorso Emma.
<< Gli zii Aldo, Flora, Guido e Marta. I vostri cugini ovviamente, con i loro figli. Quanti bambini verranno in questa casa! Ma perché non mi avete ancora fatta diventare nonna? >> replicò la contessa Torresi di Vallelonga, sospirando rivolta a me e ad Emma, che ci guardammo imbarazzate.
<< Ma per carità, non adesso! Sono troppo giovane per diventare bisnonna! >> intervenne la nonna Bice, facendo esplodere tutti in una risata generale.
Almeno questo argomento spinoso l'avevamo evitato.

                                   ***

Dopo colazione ci dividemmo: mentre mia madre accompagnò Marco a fare il giro della casa, mio padre e io andammo in giardino.
Non appena fui sicura che nessuno potesse sentire, gli feci la domanda che volevo fargli da quando ero arrivata.
<< Cosa ne pensi di Marco? >> gli chiesi coraggiosamente.
Lui mi guardò come tutti i padri che guardano le figlie quando esse presentano loro i fidanzati, sapendo che forse reprimono l'istinto di ucciderli al pensiero che le faranno soffrire.
<< Non è male, pensavo peggio >> rispose tranquillo.
<< Peggio o meglio di Giuseppe? >> insistetti.
<< Beh, sicuramente ci tiene di più a te. Poi con quella storia alle spalle ha sicuramente bisogno d'amore. Ma ne hai bisogno anche tu, dopo quello che è successo: sei certa che una persona problematica quanto te sia la soluzione? >> sentenziò.
Lo guardai come ogni volta che diceva una di quelle grandi verità che inducevano me ed Emma a cambiare idea perché quella precedente ci pareva immediatamente stupida.
<< Forse. O forse no. È meno impegnativo di Giuseppe, e comunque era il meglio che potessi trovare >> dissi invece.
<< Come vuoi. Tanto so che farai le tue scelte, prima o poi... >> replicò sibillino.
Magari immaginava già tutto, ma non me lo avrebbe mai detto.

                                     ***

Verso le undici raggiunsi mia nonna in cucina, già all'opera con la cuoca Gina.
<< Pensavo che ne avessi abbastanza delle cucine, almeno sotto Natale! >> scherzò lei, non appena mi vide.
<< Una cuoca non va mai realmente in vacanza. La verità è che mi sono allontanata due giorni dalla Panetteria Mainetti e già ne sento nostalgia >> ammisi, mentre andavo a mettere una parannanza.
<< Dev'essere massacrante lavorare nella cucina di un locale, con i ritmi di un locale >> intervenne Gina.
<< Lo è, infatti. Ricordo quanto ero stanca i primi giorni. Ma era una stanchezza positiva, di quelle a cui si fa l'abitudine >> risposi, facendomi indicare cosa stessero preparando e quali ingredienti servissero.
<< Basta che non lasci troppo solo quel ragazzo, non vorrei che tua madre gli facesse il lavaggio del cervello... >> rise mia nonna, mentre sbatteva le uova.
<< La mamma l'ha praticamente adottato, sebbene sia solo un autista dell'Atac. Ero io quella a cui non fregava niente di queste cose, una volta >> replicai pensierosa, mentre spargevo il pangrattato su una vaschetta di polistirolo.
<< E allora si vede che il mondo sta proprio cambiando! >> esclamò la nonna, mentre scaldava l'olio in una grande padella.
<< E poi, se lo lasci dire, col suo blog di Internet la star rimane comunque lei >> si complimentò la Pontieri, mentre intingevamo le fettine prima nell'uovo e poi nel pangrattato.

                                       ***

Ci ritrovammo tutti a tavola all'una: non era ancora Natale, ma i menù erano già molto abbondanti.
<< Allora, signor Venturi... Cosa ne pensa di questa casa? >> chiese mia madre al mio ragazzo.
<< Non credo di aver mai visto niente di più bello! >> dichiarò, cosicché lei sorrise compiaciuta: faceva ancora dei forti paragoni col mio ex marito.
<< Sapete che sta per tornare Ernesto? >> ci informò Fabrizio.
<< Ernesto Conti? >> quasi mi soffocai al sentir nominare il mio fidanzato storico.
<< Conosci altri Ernesti, cara? >> mi canzonò mia nonna, divertita.
<< Oh, lei sì che lo conosce bene... >> ridacchiò Emma, a cui lanciai un'occhiata inceneritrice.
<< E dai, lasciatela in pace! >> mi difese mio padre.
<< Comunque dovrebbe venire tra stasera e domani mattina. E resterà qui fino all'Epifania >> continuò mio cognato.
Ernesto viveva e lavorava a Milano ormai da molti anni, e scendeva a Firenze soltanto per le feste.
<< Che ne dite se facciamo una bella rimpatriata, un giorno di questi? Ovviamente sono ammessi anche gli ospiti... >> propose mia sorella, intendendo come "ospite" proprio Marco.
<< Sarebbe una buona idea. Finalmente Anita è a Firenze anche sotto Natale, un evento praticamente >> decretò suo marito.
<< Ci saranno anche altri amici? Mi farebbe molto piacere conoscere il tuo gruppo... >> ci si mise anche Marco.
Non avevo mai amato le rimpatriate, mi scocciava constatare come tutti avessero una vita più interessante della mia.
<< Oh sì... Possiamo organizzare in uno di quei giorni in mezzo tra Natale e Capodanno... >> decise Emma, e l'intera famiglia approvò prima che potessi replicare.

                                    ***

Il pomeriggio passò tranquillo, e verso le sei riuscii a riappropriarmi di una mia antica tradizione: fare una passeggiata nella stradina vicino casa; era ormai buio, ma non mi importava affatto: il panorama dei sobborghi fiorentini mi aveva sempre rilassata, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Fu il rumore di una macchina parcheggiata ad attirare la mia attenzione: era nera, grande e lucida, e da essa scese un giovane uomo, che tirava fuori dal bagagliaio una valigia.
Mi avvicinai curiosa, colta dal dubbio di aver riconosciuto quella figura, ma lui mi precedette.
<< Anita? >> fece la voce di Ernesto Conti, che si era girato nella mia direzione.
<< Allora avevo ragione, eri tu ad essere arrivato! >> esclamai, venendogli incontro.
<< Stavi passeggiando per conto tuo? >> indovinò.
<< Mi conosci troppo bene, non ti si può nascondere niente >> scherzai, come se non fosse passato neanche un giorno dall'ultima volta che l'avevo visto.
<< Le vecchie abitudini non si perdono mai, neanche se ti svegli e decidi di lasciare la tua città natale per vedere il mondo >> motteggiò sorridendo.
<< Mi ha detto Fabrizio che tornavi >> gli raccontai.
<< Ma io torno tutti gli anni, a Natale. Il tuo ritorno, invece, è un evento. Bentornata a casa, Anita! >> decretò, mentre i nostri respiri si perdevano nell'aria fredda della sera.

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