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Capitolo 11

Centocelle, 16 novembre 2019

Amavo il sabato, perché potevo dormire un po' di più: sebbene mi fossi abituata, negli anni, a mettere la sveglia alle cinque, desideravo in ogni modo recuperare un po' di sonno, specialmente dopo l'ultima, sfiancante settimana; negli ultimi due giorni avevo rifiatato, ma la ricerca della marmellata e le ventiquattro ore senza tecnologia e social erano valse, per intensità, almeno cinque giorni l'una.
Ma la realtà era che dovevamo essere freschi e riposati per un motivo ben preciso: dalle ventuno e trenta in poi si sarebbe svolta la serata a tema Lucio Battisti, protagonista della prima puntata di "Una storia da cantare", il nuovo show che avrebbero condotto Bianca Guaccero ed Enrico Ruggieri per tre sabati sera.
Sicuramente il Karaoke si sarebbe riempito di gente che avrebbe voluto esprimersi nelle proprie doti - ma anche non doti - canore, e tutta questa gente avrebbe avuto bisogno di molte energie; questo voleva dire cucinare come se non ci fosse un domani, dando sfogo alla mia creatività.

                                    ***

In cucina trovai Laura che faceva colazione e nel frattempo chattava animatamente su WhatsApp; non mi sfuggirono diversi suoi sorrisetti.
<< Hai un uomo e non lo so? >> scherzai, anche se il suo comportamento mi pareva un po' strano da diverso tempo.
<< Forse... >> fece la misteriosa lei. Sorrideva, ma era come se qualcosa la agitasse.
<< E chi è questo? >> domandai allora.
<< Ancora nessuno, credo. E poi penso che se ne parlo mi dice sfiga e non vorrà più saperne di me... >> si giustificò.
Ma non mi convinceva: temevo che fosse incappata nel tipo sbagliato, magari infilato in brutti giri, o sposato con famiglia, o addirittura perverso e maniaco.
<< Oddio, non è che è quel maiale di Federico? Lo sai bene quanto me che non gliene frega niente di Elena, che sta con lei solo per i soldi e che ci prova con tutte, pure con me... Non gli starai mica dando spago? >> volli sapere a quel punto.
<< Ma che sei pazza? No... Non mi sognerei mai di rubare il fidanzato ad una delle mie migliori amiche... >> si schermì lei, indignata da quell'ipotesi.
Non tornai più sull'argomento, l'aveva infastidita molto: dopotutto la scocciava molto non trovare mai il tipo giusto.
<< Spero solo che sia serio, ecco >> conclusi.
<< Lo spero anch'io >> mi rispose Laura, rasserenata.

                                      ***

Prima di uscire di casa mi arrivò un messaggio su WhatsApp; era di Marco:

Questa sera di musica e parole ti farò una sorpresa. :*

Il fatto che avesse corredato tutto con l'emoji del bacetto mi fece tremare e incuriosire insieme: l'ultima volta che mi aveva dedicato un Karaoke era stato ad Halloween, non lo conoscevo bene e avrei voluto sotterrarmi; tuttavia avevo imparato ad apprezzare un po' la sua compagnia, e poi era pur sempre un uomo che mi girava intorno dopo il divorzio.
Dante mi aveva suggerito di non scartarlo a prescindere, e dentro di me riuscivo ad ammettere che sì, fosse colloso, ma non spiacevole, perciò risposi:

Basta che sia bella come il concerto di una settimana fa e non come il Karaoke di Halloween XD

Volevo essere chiara: mi lusingava che facesse il romantico, ma non doveva trascendere nel ridicolo.
Come se mi avesse letto nel pensiero, Venturi replicò quasi subito.

Aspetta e vedrai, ti piacerà!

Cercai di concentrarmi sul lavoro che avrei avuto a vagonate, quella sera: alla sua sorpresa ci avrei pensato al momento opportuno.

                                     ***

Quando arrivai, vidi che i camerieri stavano riempiendo la sala di gigantografie di Lucio Battisti, sia in bianco e nero che a colori, e che Aurelio Mainetti, il padre di Dante, dava direttive ad alcuni tecnici addetti alla manutenzione degli amplificatori, delle casse e dei microfoni del palco.
<< Ed ecco la stella del nostro reparto panetteria! Signora Cecchi, è appena arrivata in tempo! >> esclamò, venendomi incontro.
<< Molta gente canterà stasera, signor Mainetti? >> gli domandai, temendo di dover sopportare le stecche degli stonati fin dentro le cucine.
<< Ovvio, sia intonati che stonati. Immagino cosa sta pensando: non la sopporto nemmeno io, la gente che pretende di saper cantare. Ma come si dice, il cliente ha sempre ragione, quindi ce li faremo piacere! >> motivò il capo supremo.
<< Speriamo di sopravvivere... >> alzai le mani, senza paura: lui rise, aveva imparato ad apprezzare la mia onestà.
Lo salutai, entrando nelle cucine: Antonio, Stella e Fabio erano già al lavoro.

                                     ***

<< Eccoti, finalmente... Oggi è un casino, come avrai potuto notare >> mi accolse Antonio, accortosi della mia faccia perplessa.
<< Perfino il Grande Capo si è scomodato per andare a controllare i lavori >> gli fece eco Fabio, mentre sfornava delle pizze.
<< Dite davvero che l'atmosfera data dalle canzoni di Battisti farà concentrare i clienti sui prodotti da forno? >> chiesi loro, paragonando il lavoro che si svolgeva nelle cucine all'euforia che regnava in sala.
<< Spero tanto che le due cose vadano di pari passo... Sapeste come invidio Chiara, Tatiana e gli altri che sentiranno tutte quelle canzoni bellissime e noi qui dietro a sgobbare... >> sospirò Stella sognante.
<< Veramente anche in sala staranno a sgobbare, addirittura più di noi >> berciò Fabio, sfornando degli sfilatini con la pala.
Da quando avevo cominciato a lavorare alla Panetteria Mainetti, mi era saltata all'occhio la differenza stridente tra Stella e Fabio: tanto lei era appassionata, sognatrice e curiosa, lui era cinico, disilluso e diffidente; il mio sesto senso mi suggeriva che dietro quell'atteggiamento ci fosse un sentimento non corrisposto nei confronti della collega.
<< Ma che ho detto? >> mi domandò costernata.
<< Non ci pensare >> la tranquillizzò Antonio, cosicché la ragazza poté ricominciare ai dolci, tranquilla.

                                     ***

All'ora di pranzo fui l'ultima ad uscire dal forno e trovai un gruppo di dipendenti, fornai, camerieri, cassieri e inservienti affollati nel vedere cosa accadeva in sala.
<< Ma cos'è successo? Come mai state tutti fermi impalati? >> domandai loro.
<< Sono arrivate la Signora e la Signorina >> mi raccontò Chiara.
<< Chi? >> volli sapere.
<< Flora Mainetti è la moglie del signor Aurelio e Sofia lo è del signor Carlo Mainetti >> rispose.
<< La signora Sofia era la fidanzata del signor Dante, ma poi lo lasciò per sposare suo fratello >> mi spiegò Stella.
Mentre la mia collega parlava pensai che quella giovane donna con la eco-pelliccia verde sottobosco e i capelli rosso posticcio, come vecchia fiamma di Dante, ce la vedevo proprio.
Chissà se, all'epoca, si atteggiava già a protagonista del jet set di quartiere come stava facendo quel giorno, mentre rideva e scherzava con i suoceri e i tecnici.
<< Come mai si sono lasciati? >> chiesi allora alle ragazze.
<< Dicono che abbia trovato il dottor Mainetti insieme a una paziente del suo studio, ma che non sia mai finita tra di loro >> aggiunse Tatiana.
<< In che senso? >> non capii.
<< Diciamo che il signor Carlo, alla signora Sofia, non la vede proprio, visto che un'amante già ce l'ha, anche sposata. È Cristina Ferri, la proprietaria del beauty center >> fece la cameriera.
La cosa non mi stupì troppo: con le voci che circolavano sul consorte della donna, Roberto Ascalone detto Manilunghe, ci credevo che avesse deciso di rivolgere le sue grazie altrove.
<< Per forza, con quel marito... >> concordai.
<< Al posto vostro non perderei tempo con tutti questi pettegolezzi, la pausa pranzo mica dura per sempre >> ci riprese Antonio, il quale era avvezzo a farsi i fatti suoi. Gli ubbidimmo tutti, ma mentre ci disperdevamo ripensai alle confidenze appena ricevute da Chiara, Tatiana e Stella: in cinque anni di matrimonio con Giuseppe non avevo mai avuto una vera vita di quartiere, dentro Centocelle; non ero mai stata una pettegola, ma quelle informazioni mi facevano sentire un po' più parte del luogo in cui abitavo.

                                     ***

Alle ventuno la sala era piena di gente: tutti i tavoli erano occupati, e anche la gente che cenava di fuori si era accalcata dentro per vedere cosa sarebbe successo in quella serata a tema.
La televisione mandava ancora in onda il programma della fascia preserale "I soliti ignoti" condotto da Amadeus; ovviamente la famiglia Mainetti aveva un posto d'onore: a vederli tutti lì sembravano i Kennedy di Centocelle.
Incredibilmente c'erano anche Giuseppe e Assunta: era stata Fabiola a convincerli a venire, specialmente sua madre che era un osso duro.
Tra le cucine e la sala il viavai era intensissimo: la gente chiedeva soprattutto le Chiavi di Sol e i Dischi d'oro, delle ciambelle con lo zucchero e la glassa di cioccolato bianco e crema; soprattutto queste ultime stavano riscuotendo un grandissimo successo.
Una parte della mia testa, però, si chiedeva quale sarebbe stata la sorpresa che Marco aveva in serbo per me: sperai che non mi mettesse troppo in ridicolo, adesso che avevo una certa fama alla Panetteria Mainetti.
<< Anita, il tuo ragazzo ti cerca! >> mi venne a chiamare Chiara ad un certo punto della serata.
Avrei voluto risponderle che non era il mio ragazzo, che a malapena la conoscevo e non sapevo nemmeno se sarebbe mai stato l'uomo giusto per me.
<< Arrivo... >> dissi invece, e quando uscii dal forno vidi che le luci si erano abbassate e due fari, uno fucsia e uno blu, illuminavano la figura di Venturi in mezzo al palco.
Altri due fari, dei medesimi colori, illuminarono me, che non seppi cosa fare.
<< Anita Cecchi, ti andrebbe di cantare con me "Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi"? >> mi chiese.
Qualcuno doveva avergli detto che quella canzone mi piaceva molto, e che quel qualcuno era Dante: non sapevo più che pensare su quest'ultimo, specialmente dopo aver scoperto che ancora se la intendeva con la cognata.
Cercai di concentrarmi solo su Marco. Gli sorrisi.
<< Con piacere >> accettai, raggiungendo il palco.
Ebbi una bellissima sensazione durante l'esibizione, veramente inaspettata: mi sentii come se stesse compiendosi una magia, se su quel palco ci fossimo solo lui ed io.
Molto probabilmente Elena e Laura mi avrebbero presa per il culo fino alla fine dei miei giorni, ma non me ne fregava niente. Ero felice, forse per la prima volta dopo diversi anni.

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