Cap. 5 L'onore
È passato un altro anno. Salvatore Todaro, vedovo, ha sposato al comune Maria Barca, vedova LoMastro.
Una firma su quattro carte che ha fatto scalpore. Il paesino ne ha discusso per mesi, spaccato tra i contrari, che hanno malalinguato a priori sul ridicolo di quello sposalizio tra vecchi, e i progressisti che hanno apprezzato la lungimiranza di lui. Un matrimonio e un testamento, il figlio Giovanni d'accordo, che c'era alla firma, e Salvatore si è sistemato in modo onorevole.
Maria ha di nuovo un marito e ci tiene a mandarlo in giro tutto ordinato, coi vestiti stirati e le camicie impeccabili. Si fanno compagnia ed è anche bello come lui si è affezionato subito a Mariuccia, la nipotina di lei, che è una bimba d'oro.
Persino Francesca, la ragazza madre che fa le pulizie, è stata accolta in casa con cordialità, e la bambina impazzisce per il nonno acquisito, che profuma di dopobarba ed è sempre allegro.
In effetti sembra rinato, Salvatore, e Amelia prende Maria in giro, perché lo tiene troppo bene e così rischia che gli campa cent'anni e schiatta prima lei, quella giovane.
"Confessa che fate pure cose", la stuzzica.
"Ame', che dici?", si scandalizza Maria ridendo. Però porta i fiori alla Madonnina del convento, perché ha trovato un signore e si sta affezionando davvero a Salvatore, uomo pulito e onesto, che nelle sere invernali le racconta volentieri storie di un tempo.
Un tempo in cui lei manco era nata e lui era appena un moccioso, in un paese ancora più piccolo di ora.
"Mio padre era un tipaccio", le aveva detto una volta in particolare, che stavano parlando di gelosia. E abbassando la voce, in gran segreto, le aveva raccontato una storia che assicurava vera, accaduta al tempo della grande guerra.
Suo padre, che si chiamava Giovanni, era stato arruolato ed era finito nella stessa compagnia di Gaetano, suo amico d'infanzia. Al rientro da una breve licenza, l'aveva salutato contento che fosse tornato prima della partenza per il fronte, ormai imminente.
"Gaeta'...", aveva detto, "ci si rivede!"
"Eh cumpa...", gli aveva risposto quello abbattuto, "qua stammo. Brutta cosa. Ti salutano i vecchi tuoi, diceno che la vigna già spara".
L'altro aveva fatto un gestaccio.
"Troppo presto. Ancora una gelata e brucia tutto. Ma tanto, chi l'accatta lu miero quest'anno? Gli ho detto che pensassero a piantare fave e fogghie".
Gaetano aveva arrotolato una cartina con su una miseria di tabacco, con religiosa lentezza.
"Giuva' ", aveva detto poi senza guardare l'amico in faccia.
"Io forse t'avrei a dicere 'na cosa. Ma 'na cosa seria".
Giovanni s'era irrigidito .
"Dici".
"Io l'aggia salutata a mugliereta, l'ho trovata bene".
"Eh".
"Però..."
"Eh?"
Gaetano s'era grattato i capelli ricci, folti come sterpi inselvatichiti.
"Si dicono cose".
"Chi dice?"
"La gente, Giuva'. Che mugliereta da che stai soldato s'è fatta ancora cchiù bella. Rifiorita, elegante. Tutti si moreno di fame, al paese, tranne lei e quell'infame colla cammisa elegante, che se la porta a letto pure la notte. La cammisa".
L'altro aveva strappato un rametto d'erba e aveva preso a sminuzzarlo tra le dita, con sistematica calma.
"Aggio capito", aveva detto.
"Giuva'... io no vvulia che lo scoprivi dopo... Songo amico tuo, lo 'ssa. Nun te parlo alle spalle".
Giovanni aveva continuato in silenzio a fare il rametto a pezzi.
"Domani tu parti?"
"Sissì. Domani", aveva confermato Gaetano triste.
Era la guerra. Erano stati insieme i primi mesi, ed era stato un conforto; un paesano, quasi un fratello accanto, li aveva fatti sentire entrambi più sicuri. Ma ora li separavano, quello partiva l'indomani, Giovanni aveva altri tre giorni.
Il compare s'era alzato spazzandosi via dalle cosce i frammenti del rametto.
"Attento a te, Gaeta'. Nun te fa fottere".
Poco dopo, era dall'ufficiale.
"Tre giorni. Poi si parte. Datemeli liberi, mi vado a togliere gli ultimi sfizi. A casa non ci arrivo, troppo lontano... ma se mi compatisce, m'arrangio qua vicino. Semo ommini, Capita', se devo finire all'inferno ci voglio andare soddisfatto".
Il Capitano era un buon diavolo, le donne ci piacìano, e gli aveva firmato il foglio.
"Se non sei qui a partire con noi, sei morto. I disertori sono degli infami", gli aveva ricordato.
"Ci sto sicuro, Capita'. Ma sta' voglia di donna me l'aggia togliere e pace a muglierema, le donne non la capiscono l'esigenza nostra".
Era calmo e sorridente, Giovanni. Aveva salutato l'ufficiale ed era partito all'istante.
Che fino a casa non potesse arrivare non era poi vero.
Certo, arrivarci ci voleva più di un giorno. L'ultimo tratto aveva dovuto farselo a piedi, quindici chilometri praticamente al buio, in piena notte. Ma era giovane e allenato. Era arrivato a casa sua inaspettato.
Per le stradine di periferia nessuno, tranne qualche randagio che l'aveva fiutato e aveva girato al largo. Chissà che odore aveva, di demonio. Era entrato senza far rumore e casa era vuota, come pensava.
Era andato a prendersi il fucile da caccia, vecchissima arma ereditata. Non ce ne erano più di così rudimentali, ma sparava ancora, lo sapeva. Era uscito con quello, ancora in assoluto silenzio, e tornato verso i campi.
L'infame ci aveva una masseria 'fuori', bianca e ricca, colle stalle, i porcili e i pollai. Giovanni s'era appostato a metà strada e aveva aspettato. Quasi all'alba aveva visto una figura andar svelta, verso il paese. Aveva riconosciuto i lunghi capelli, l'altezza, la sagoma fiorente. Bella assai, avevano sempre detto gli amici, con invidia.
Il fragore dei colpi aveva echeggiato nel silenzio, ma in fondo a quell'ora i cacciatori già stavano alla posta.
Altri quindici chilometri, alla bersagliera, in tempo per prendere una corriera semivuota. Prima di salire aveva buttato la canna del fucile in un pozzo, in un campo inselvatichito, e il calcio in legno in un canale che andava verso il mare.
Un altro giorno di viaggio ed era col suo Capitano alla stazione, coll'aria sfatta ma serena.
Al paese non si era parlato che della donna sparata, ma era un mistero che non trovava soluzione. Tutti s'erano chiesti che ci facesse in strada così presto, e lo chiedevano con la risposta ben chiara in mente. Ma nonostante le certezze, o proprio per quelle, la morte, ufficialmente, non trovò colpevoli.
Giovanni apparteneva a un gruppo che tornò decimato. Tanti, tanti ragazzi morti in una guerra che sarebbe restata la 'grande', per tutte le genti.
Giovanni no, lui era tornato, forse perché sparava bene assai. Era tornato vedovo, quando erano passati già quasi tre anni.
Gli avevano fatto le condoglianze, ma era così giovane, ancora, che non si stupirono certo che si ammogliasse presto di nuovo, con una giovinetta di un paese lì vicino. Giovane, orfana e povera.
"Quando papà sposò mamma mia", finisce di raccontare Salvatore, "le raccomandò una cosa sola: Attenta a te, io non sono uomo da farmi sputare in faccia".
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