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1. "Conosco il Kung-fu"

Tutti i diritti e i meriti per la copertina vanno a frog_bby . Grazie ❤️ ©

Frugo nella tasca del cappotto alla ricerca delle chiavi e lascio che le mie labbra rosee rilascino un sospiro di sollievo quando le dita intorpidite dal freddo toccano il metallo gelido. Almeno non mi sono chiusa fuori.

La porta si apre con un cigolio e sguscio dentro casa, battendo i denti dal freddo. Non mi abituerò mai all'inverno, potete parlarmi della cioccolata calda e del Natale quanto volete, ma l'estate è un'altra cosa. Il mare, il caldo e le giornate infinite, con il sole che tramonta quando hai già finito di mangiare. Che poi soffro di insonnia per il caldo e pressione bassa, per cui svengo più volte di quanto possa contare, sono solo futili dettagli che puntualmente non specifico mai.

Lascio la borsa sul tavolo all'ingresso e mi sfilo gli stivaletti dai piedi prima di avanzare in camera mia a piedi scalzi per mettermi il pigiama. Più che pigiama, poi, è la mia tutina da venerdì sera. Netflix, popcorn, il mio gatto e la tutina sono tutte le combinazioni per stare nel paradiso. Beh, manca solo l'estate.

Metto la tutina che mia sorella, conoscendomi bene, mi ha regalato a Natale e ritorno poi in cucina per farmi una bella tazza di tè.
Il vantaggio di quando sei la proprietaria di un ristorante è che mangi prima di tornartene a casa, quando fai le pulizie e stai chiudendo. Torno alle undici di sera, alcune volte anche all'una, questo sì, però almeno mangio.
E adesso, che sono le due di notte, non ce la faccio a cucinare qualcos'altro.

Quando il tè è pronto io e Pumba andiamo in salotto. Pumba è il mio gatto, l'ho preso tre anni fa, quando sono venuta a vivere da sola.
Inutile dire perché si chiama così.

Mi segue saltellando e sculettando fino al salotto. Si siede sul divano, vicino a me, mentre io apro il computer e apro Netflix. Non so proprio cosa vedere, probabilmente farò come al solito: cercherò tra i titoli uno che mi ispiri, senza trovare niente per ore e ore, e alla fine andrò a dormire.

I capelli biondi mi ricadono sulla schiena e li lego velocemente in una crocchia disordinata. Sono sporchi, ma farò un bel bagno caldo domani mattina. Pumba miagola e poggia la testa sulla mia gamba prima di addormentarsi. Io rimango con lo sguardo sul computer e cerco qualcosa di interessante. Almeno finché la mia quiete non è interrotta dal campanello.

Corrugo la fronte e guardo l'ora. Sono le due e un quarto. Il gatto di cui invidio la vita si alza da vicino a me e miagola vicino la porta, mentre io infilo delle pantofole a forma di unicorno e vado ad aprire, anche se un po' titubante.

Se è un assassino? Ma un assassino probabilmente non busserebbe alla porta. E neanche un ladro. Però prevenire è meglio che curare. Porto lo sguardo sulla persona che ha bussato.

Un ragazzo di massimo trent'anni è alla mia porta, nelle sembianze di un Dio greco. Ha i capelli castani e lisci, il naso perfetto e le labbra carnose. La mascella è pronunciata e gli occhi sembrano scuri, ma non posso dirlo con certezza, dato che potrebbe essere anche la luce fioca a ingannarmi. Ha anche un leggero strato di barba, che gli sta d'incanto.

«Conosco il Kung-fu.» Borbotto, appena i suoi occhi incontrano i miei. Sorride guardando il pigiama e le pantofole e poi corruga la fronte, probabilmente metabolizzando il senso delle mie parole.

«Scusa, cosa?»

In realtà non so neanche dare un pugno, figuriamoci fare Kung-fu. Ma lo sconosciuto maledettamente attraente non deve saperlo. «Nel caso vuoi derubarmi.»

Lui sorride, mostrando i denti perfettamente dritti e bianchi. Tra poco mi acceca pure, il tipo. «Non voglio derubarti.» Si schiarisce la voce. «Innanzitutto mi dispiace di aver bussato così tardi e di starti disturbando, ma la mia macchina si è bloccata proprio qui fuori e non sapevo a chi rivolgermi. Ho visto la luce accesa e ho pensato che avresti potuto aiutarmi.»

Annuisco lentamente. Almeno non vuole uccidermi o rapinarmi.
Prendo in braccio Pumba, che sta cercando di uscire fuori in giardino, e torno a guardare lo sconosciuto. «Certo. Che problema ha la tua auto?»

Il Dio greco si gira a guardare la macchina, ancora con lo sportello aperto e le luci accese, e poi riporta lo sguardo su me e Pumba. «Credo un problema con il motore. Se hai una cassetta degli attrezzi e potessi darmela per dieci minuti te ne sarei eternamente grato.»

«Ma certo.» Accenno un sorriso. «Entra dentro mentre la cerco.» Lo faccio entrare e poi chiudo la porta.

Forse non dovrei far entrare in casa una persona che conosco da tre minuti scarsi, ma non voglio lasciarlo lì al freddo e al gelo, e soprattutto se lascio la porta aperta Pumba potrebbe scappare. E la mia vita senza Pumba non è vita.

Lo lascio in corridoio e gli indico la cucina nel caso abbia sete, ignorando la vergogna quando butta un occhio sui fogli sparsi sul tavolo. Per l'amor del cielo, nessuno dovrebbe vederli. Levarli adesso, però, sarebbe troppo sospetto, così vado in soffitta con il cuore in gola per quella maledettissima cassetta degli attrezzi.

La trovo dopo dieci minuti, spostando l'albero di Natale e altri scatoloni che non apro da quando mi sono trasferita. Anche se amo il Natale e le decorazioni natalizie, il mio amato gatto non mi permette di farle. L'ultima e prima volta che ho messo in piedi questo albero con palline e decorazioni Pumba ha avuto l'idea geniale di salirci fino alla punta, facendolo però cadere sulla finestra. Il vetro non era l'unica cosa rotta, a fine giornata.

Scendo le scale con la cassetta tra le braccia e mentre sono agli ultimi scalini vedo lo sconosciuto che accarezza Pumba. Oh, no. Potrebbe essere letale quel gesto per lui e per il suo naso.

«Non accarezz-» Ma prima che possa dire altro, inciampo sul penultimo scalino e cado giù, insieme alla casetta degli attrezzi. «Per tutti gli Dei dell'Olimpo!»

Credo di essermi sbucciata il ginocchio, ma quello che guardo velocemente è che la mia tutina non si sia rotta. Non me lo perdonerei mai, altrimenti. Il ragazzo smette di accarezzare Pumba, si alza e mi porge la mano. «Ti sei fatta male?»

Se vuoi mi fingo una paziente e tu il dottore sexy. «Sí. Cioè no. Voglio dire, non credo. No.» Scuoto anche la testa e lui mi prende la mano prima di rimettermi in piedi.

Ridacchia. «Bene. Non credo di essermi presentato, prima. Sono Alex.»

Non so come, ma la stretta di mano che doveva aiutarmi a reggermi in piedi diventa una stretta di mano di presentazione. «Penelope, ma puoi chiamarmi Penny.»

Rimane a fissarmi per qualche secondo, poi io rovino il momento abbassando gli occhi sugli attrezzi.
Sì, perché se pensate che questa sia una di quelle storie dove i due protagonisti si guardano negli occhi e si giurano amore eterno vi sbagliate di grosso. Io come protagonista faccio proprio schifo.
Sono quella che resta il weekend chiusa in casa come se avesse paura della luce e che si riempie di snack stesa sul divano.
Non ho un ragazzo dall'anno zero e le cose più emozionanti che faccio sono andare a prendere giochi per Pumba, come se fosse un bambino.

Mi abbasso, lasciando la sua mano, che è il triplo della mia, e inizio a raccogliere tutti gli attrezzi. Impreco tra me e me quando noto che il coperchio della cassetta si è rotto. Domani ne dovrò comprare un'altra.
Alex mi aiuta a mettere gli ultimi attrezzi a posto e mi indica con la testa la chiave inglese. «Prendo questa, se per te va bene.»

«Certo.» Gli sorrido e in un batter d'occhio lui è fuori casa per aggiustare casa. Ma cosa dovrei fare, io? Andare ad aiutarlo? Lasciare la porta aperta? Alla fine chiudo Pumba per sicurezza in cucina e lascio la porta socchiusa, in modo da non far entrare il Polo Nord, Babbo Natale e tutti gli elfi appresso in casa mia.
Presa dal panico chiamo la mia migliore amica, Leah, perché non so proprio cosa fare.

«Penny Martin.» Mi risponde al terzo squillo. «Non ci vediamo da due ore e già mi chiami? Sei assillante gioia mia.» Infondo, però, mi vuole bene.

«C'è uno sconosciuto a casa mia.» Scosto la tendina per guardare cosa sta facendo. È piegato sul cofano della macchina e sta guardano concentrato, come se fosse un enigma.

«Oddio.» Sento un rumore in sottofondo, segno che Leah si è alzata dal letto. E sì, so che stava sul letto perché lei è identica a me. «Hai chiamato la polizia?»

«Non mi vuole derubare. La sua macchina si è fermata proprio davanti casa mia e non part- si sta levando la maglietta. Ripeto: si sta levando la maglietta.» È proprio vero: Alex ha iniziato a cercare di aggiustare la macchina, ma l'olio è andato tutto sulla maglietta. E così il signorino sta pensando bene di levarsela.

«È bello?» Chiede Leah, al che faccio un grugnito, simile ad un sì. «Allora chiedi di continuare a levarsi il resto in camera tua.»

«Leah!» Strillo, lasciando ricadere la tendina al suo posto e smettendo di guardare gli addominali di Alex.

«Oh, andiamo.» Ribatte la mia migliore amica. «Come se non ci stessi pensando anche tu.»
In effetti...

Non rispondo e lei continua. «Me la mandi una sua foto?» «Leah!» Grido di nuovo, questa volta a denti stretti. Spero che Alex non senta che sto urlando contro la mia migliore amica. Abbasso la voce. «Come diavolo gliela faccio una foto?»

«Ma che ne so, digli che tu ti fai un selfie con ogni persona che incontri. Sennò pazienza, sei una bella ragazza, magari ti chiede il numero. Da quanto tempo è fermo davanti casa tua?»

Guardo l'ora. Sono quasi passati quaranta minuti. «Più di mezz'ora.»

«Merda. Quindi hai fatto in tempo a metterti la tutina del venerdì. Siamo fritte, Penny. Io non lo conoscerò e tu di certo stasera non potrai attivarti un po'.»

«La finisci di parlare come una pervertita?» Sbircio di nuovo dalla tendina. Alex si è messo una felpa con la zip addosso, per coprire il petto nudo. Peccato, il panorama si è affievolito un po'.

E poi sarebbe la tua migliore amica la pervertita?

Leah sbuffa, elencandomi tutte le volte in cui io avevo fatto qualche battutina, a mio parere tutte innocue, e poi i motivi per cui siamo migliore amiche. La fine dell'elenco è "mi sto comportando da tua fedele migliore amica, non da pervertita". Secondo lei il ragionamento non fa una piega, io invece mi chiedo dove diavolo sia finito il suo ultimo neurone funzionante.

Noto con piacere che Alex riesce a salire in macchina e accendere il motore dell'auto. Parte, finalmente. Niente più imbarazzo per me.

Alex lascia tutto così com'è, poi si avvicina alla mia porta con passo veloce. Mi scosto dalla tendina e dico a Leah «sta arrivando, ci sentiamo domani» prima di chiudere senza aspettare risposta.

Mi butto con goffaggine sul divano, mettendo il computer sulle ginocchia e fingendo che non lo stavo spiando dalla finestra. Grazie agli Dei dell'Olimpo, almeno, non mi ha visto.
«Penny?» La testa di Alex sbuca dalla porta dell'ingresso. «Posso entrare?»

Fingo di portare solo in quel momento gli occhi verso l'ingresso. Sono una bravissima attrice: improvviso anche una faccia sorpresa. «Oh, sì, entra pure.» Sposto il computer dalle gambe e lo raggiungo. «La macchina parte?»

Lui annuisce. «Adesso sì. Volevo restituirti questa e ringraziarti. Sei stata gentilissima.» Mi porge la chiave inglese e quando l'afferro mi faccio prendere dal panico.

Come dovrei salutarlo? Dovrei forse abbracciarlo? Dargli due baci formali sulle guance? Rapirlo e stuprarlo?

Lo sconosciuto decide di salutarci per tutti e due, appena lascia la chiave inglese. «Grazie, Penny. Magari ci vediamo in giro.»

Fa dei passi indietro, fino a girarsi e scendere le scale. Lo seguo con lo sguardo mentre sale nell'auto e parte.
«Già, magari.» Dico, anche se non può più sentirmi.

Chiudo poi la porta e spengo la luce in tutta la casa, in modo che nessun altro altro possa venirmi a bussare e chiedere aiuto.
Adesso mi è andata bene, ma potrebbe andarmi male la prossima volta. E non posso lasciare Pumba così presto.

Quando lo penso, vorrei darmi un pugno da sola. Ma certo, Pumba! È ancora chiuso in cucina. «Amore.» Apro la porta e il mio amato gatto esce di corsa, strusciandosi poi felice sulle mie gambe.

Arriccio il naso al sentire l'odore sgradevole. Almeno Alex se ne é andato e non posso fare figuracce. L'unica gioia della mia vita.
Prendo Pumba in braccio e insieme andiamo in camera da letto per dormire. Domani è sabato e dovrò aprire il ristorante ad ora di pranzo, ma almeno fino alle dieci e mezza posso dormire.
Sono le tre del mattino, infondo.

Sbadiglio e poso Pumba su uno dei cuscini, quello a sinistra, io poi mi stendo al lato destro del letto. Chiudo gli occhi e cerco di addormentarmi, ma ci vuole un po' prima di smettere di pensare a tutte le figuracce appena fatte. Infondo non dovrei stupirmi, però. Sono Penny Martin e non è la mia vita se non mi metto da sola nei casini.

Spero davvero che vi stia piacendo questa storia e grazie per essere arrivati fin qui. Avevo in mente "Quando l'amore bussò alla mia porta" da un sacco di tempo, per cui sono felicissima di starla finalmente mettendo per iscritto. Cosa ne pensate? Vi è piaciuto il primo capitolo?

Cast:
Olivia Holt come Penelope Martin 

Francisco Lachowski come Alex Torres

Tristin Mays come Leah Rogers

Orlando Bloom come Bennett Wood

Patrick Dempsey come Arthur Torres

Ashley Benson come Aisha Butler


Scarlett Johnson come Cassandra Martin

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