Come se fosse niente
Albeheret avrebbe ripreso di lì a poco a lavorare in miniera dato che la mattina di quel giorno era arrivato un suo compagno di corsa e con il fiatone ad avvisarlo che non lo avrebbero mai ripreso come soldato o osservatore. In verità era meno frustrato di quanto pensasse, non gli pesava molto aver perso il lavoro, anzi sembrava che fosse alleggerito. Per un attimo aveva pensato che fosse per non essere obbligato a guardare Manaleb e Ghedwes morire. In fondo erano suo padre e la sua sorellastra, in qualche modo erano collegati e non poteva certo negarlo. Poi scacciò il pensiero. Lui li odiava, tuttavia abbracciò il ragazzo biondo che gli aveva portato la notizia sussurrandogli grazie all'orecchio. Si sarebbe riposato per un po' nella locanda, aveva abbasatanza denaro da pagare tutto il periodo di permanenza fino alla completa guarigione, a quel punto avrebbe iniziato a lavorare e non sarebbe stato un problema pagare. Era già d'accordo con il padre di Elde, lo avrebbe aiutato nella locanda durante la guarigione ed il più possibile nel periodo lavorativo per pagare i pasti.
Incontrò nuovamente molti dei suoi ex compagni di lavoro con cui alla sera parlava prima di andare via, si era dimenticato che la condanna sarebbe stata il giorno dopo.
-Alby! Ti ricordi quando abbiamo venduto del vecchio ferro per argento ad una vecchietta e poi siamo venuti a sapere che lo hanno montato a palazzo?-
-Come potrei dimenticarlo! Sai che lo hanno ancora?-
-Davvero?!-
-Già, si sono accorti solo alcuni servitori che scommettono su quando verrà scoperto- Alla scoperta di questo dettaglio tutti incominciarono a ridere di gusto con le lacrime agli occhi pensando a quanto fossero stupidi quelli che li governavano, anche se, in verità, era ridere per non piangere.
-Sapete? Mi mancavano i vecchi tempi-
-Si certo! E pensi che noi ti crediamo?-
-No sono serio, a palazzo sono tutti così seri. Gli addestratori pensano solo alla "perfezione", i soldati desiderano le missioni come un viaggiatore nel deserto desidera l'acqua, le guardie delle segrete passano il tempo pestando i prigionieri e le guardie di palazzo sono sempre tese. L'unica cosa buona erano le infermiere e le osservatrici di passaggio-
I nuovi colleghi risero trovando divertenti quegli stereotipi ma Albeheret pensava veramente quelle cose e non riusciva a ricordare perché gli fosse sembrata una buona idea andare a palazzo.
-Ricordo il giorno in cui mi sono arruolato-
Alla fine della frase tutti si zittirono raccogliendosi vicino al ragazzo seduto ad un tavolo. Era una specie di segnale, il tono con cui aveva pronunciato quella frase, di un imminente storia, assai gradita nei locali e soprattutto se gratuita. Il giovane, dopo che tutti si furono sistemati, incominciò a parlare.
-Era piena estate e le temperature altissime rendevano le miniere delle fornaci, fuori dalle quali mi avventurai in cerca di un lavoro meglio retribuito e più appagante-
Alcuni risolini si alzarono dalla sala, probabilmente di persone che lo conoscevano da prima che si arruolasse e che si trasferisse nella città alta.
-Si, voi ridete ma i soldati, le guardie e gli osservatori, soprattutto gli osservatori, guadagnano in un mese quello che voi guadagnate in dieci anni di fortuna-
A quel punto le risate erano impossibili da trattenere e un frastuono di allegria e battute esplose nella sala facendo tappare le orecchie ad Albeheret che si prese una sgridata da Elde. La ragazza non sopportava tutto quel rumore improvviso. Il ragazzo si mise a ridere divertito dal broncio della cameriera che si lamentò ancor di più. L'ex soldato, volendo aiutare la dolce fanciulla, riprese la storia da dove l'aveva lasciata.
-Stavo dicendo. In quella giornata di sole mi diressi in città alta dopo aver indossato i miei vestiti migliori. Passando per un vicolo buio della cittadella vidi due uomini, di cui un soldato, che si picchiavano. Ne riconobbi uno, era un uomo delle miniere che incontravo a volte quando intraprendevo un baratto al mercato. Il soldato lo stava picchiando per non so quale motivo. Quando si accorse di me lasciò andare l'uomo che lo ringraziò e mi diede cinque, non sto scherzando, cinque pezzi d'oro, ad occhio e croce in quel momento mi parsero una decina di grammi. Gli chiesi per quale motivo me li avesse dati ed il soldato rispose divertito perché non parlassi di quello che avevo visto, gli feci notare che dalle mie parti così tanto oro valeva mesi di vita e lui mi rispose che se eri un sodato potevi spendere in quel modo mesi di vita e si dileguò tra la folla. Decisi che sarei diventato un soldato, attratto da tutto quel denaro, e quando andai a palazzo stranamente mi accettarono. Non so davvero perché poche persone vogliono fare i soldati, per quello che ho visto è una pacchia! Una volta che inizi l'accademia ti pagano tutto i regnanti e ti danno anche un salario esterno!-
Una donna ed un uomo in un angolo interruppero il discorso di Albeheret.
-Ragazzo- Iniziò l'uomo incappucciato di marrone -Eri solo un cadetto vero? Non è così facile quando sali di grado, parola di uno che conosce il mestiere-
Un uomo vecchio e rinsecchito ripose al misterioso uomo
-Che sei? Uno di quei parassiti dei soldati?!-
La donna incurante del vecchio proseguì
-Irritanti tutte quelle regole né? swush-
-Già, l'immagine del regno...-Iniziò l'uomo
-Il potere del popolo, swush...- Continuò la donna
-Tutte noie- Terminò l'uomo
-Chi siete?- Chiese il ragazzo un po' inquietato
La donna rise facendo cadere il cappuccio del suo mantello bianco e mostrando un viso felino sul colore azzurro
-Persone che non devi infastidire, swush. Né, Jan?-
-Già, hai ragione Caly, meglio andare ora che ti hanno vista-
La donna rise ancora e si portò una di quelle che ormai si erano trasformate in zampe alla fronte mentre continuava a ridere. Una lunga coda blu fasciata a tratti da nastri rossi spuntò dalla donna che ancora rideva. Si rimise il cappuccio proprio quando due grandi orecchie color notte fecero la loro comparsa. Ancora ridendo la donna si mise in posizione eretta al centro della stanza e l'uomo estrasse quattro pezzi d'argento che poggiò sul tavolo. Intanto la donna si era completamente trasformata in un grandissimo felino blu e bianco con la coda, il collo e le zampe fasciate di rosso e qualche piuma e qualche perlina di legno colorata intrecciata al pelo. L'uomo si voltò verso Albeheret che ancora li guardava allibito come il resto dei presenti.
-Ti dico solo una cosa ragazzo, Ghedwes non morirà domani, va a cercala se vuoi dirle addio perché tornerà a casa dopo aver consegnato la lettera a Corimmber-
-Aspetta! Tu sei un messaggero magico?-
Fece questa domanda troppo tardi però perché l'uomo e la donna erano già fuori, in strada a correre, l'una sotto forma di felino, l'altro sotto forma di cervo. Jan, non ricordava dove lo avesse sentito, ma decise di trovare Ghedwes e dirle addio nel modo più dignitoso: come se fosse niente.
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Era riuscito a riprendersi dalla malattia giusto in tempo per morire, gli rimaneva un solo giorno. Lo avevano spostato in una cella diversa da quella che divideva con Ghedwes prima che lei scappasse.
Quella nuova era grande, pulita e non era scavata nella roccia. Si trovava sul piano pari a quello delle infermerie e l'unico piano delle segrete che stava per metà al di sopra del terreno.
Lo avevano curato non solo dalle ferite procuratogli da Albeheret o dalla febbre causata dalla perdita di sangue, lo avevano guarito anche dalla sua amnesia. Si, Manaleb era affetto da un'amnesia, ora ricordava chi era. Certo quello che aveva detto ai due giovani non era falso, ma neanche vero. La sua amnesia risaliva a prima che conoscesse Tamy. Si trattava di un'amnesia magica, un incantesimo inventato ed usato da chi non vuole sapere o ricordare qualcosa, grazie ad un particolare sigillo all'interno del sangue si impedisce di ricordare. Quel sigillo era però andato perso quando si era ferito ed ora ricordava che lui non era veramente Manaleb. Era molto più importante e si stupì che non avessero ancora mandato nessuno a cercarlo.
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Si era allontanata dalla periferia il più velocemente possibile ed era risalita fino alla cittadella. Le era giunta voce che quella mattina due magici pattugliavano i bassi fondi e non voleva farsi trovare lì. Si nascose nel sotto tetto delle case a schiera. Uno dei rarissimi temporali del periodo si scatenò all'improvviso. Era strano per lei, pensare che una città fosse in un deserto freddo e che semplicemente oltrepassando le montagne ci fosse una zona calda come quella della foresta di casa sua.
Rimase ad osservare per un po' le persone che correvano nelle strade alla ricerca di un riparo. Aveva sempre odiato la pioggia, con la pioggia non si può volare bene e non volare bene la faceva sentire minacciata, proprio come in quel momento.
Si spostò dalla finestra e si mise al centro della stanza dove riusciva a stare in piedi, si tolse il mantello e sfilò le spille che aveva messo ai tagli nella maglia e riprovò ad aprire le ali, nulla.
Non sopportava di non riuscire a capire perché non poteva spiegare le ali, neanche qualche piccola piuma. Tutti gli altri poteri erano tornati, perché l'unico che voleva d'avvero no?
Accortasi che il temporale si era placato spalancò la finestra dopo essersi rivestita e si lanciò sul tetto della casa difronte a quella in cui si trovava, ormai si stava facendo buio e doveva ancora trovare il modo di rintracciare Corimmber, da tanto tempo non prendeva informazioni, forse non si trovava neanche più in quella città, forse era addirittura già morto, oppure sarebbe semplicemente dovuta andare all'esecuzione il giorno dopo per poter trovare quell'uomo e dire addio a Manaleb.
Correva a perdifiato sui tetti, come un ombra ed in silenzio. Solo raramente dalla strada era possibile vedere la sua figura muoversi qua e là, di solito quando una fila di case terminava e doveva saltare dall'una all'altra per proseguire la sua corsa verso la città alta. Improvvisamente un ragazzo sulla strada, anch'esso furtivo e losco, attirò la sua attenzione. Non era per niente bravo a nascondersi ma si vedeva che probabilmente aveva seguito una qualche sorta di corso, che qualcuno gli aveva insegnato almeno le basi perché si muoveva secondo il metodo corretto ma con troppo poca esperienza sbagliata. Solo quando il ragazzo si voltò e la vide Ghdwes lo riconobbe, era Albeheret. Iniziò a correre nella direzione subito d'avanti a lei ma la fila di case faceva un angolo verso una piccola stradina senza porte o finestre, la ragazza decise quindi di svoltare ed il giovane si imbucò nel piccolo vicolo. Continuarono a correre ma anche quella fila di case finì e non svoltava da nessuna parte dato che terminava in una piazza che segnava il confine con la città alta, la magica non aveva scelta, si buttò atterrando su una bancarella di dolciumi. Le persone di passaggio alla ricerca di una serata di divertimento e tranquillità si spaventarono a vedere una ragazza vestita da osservatrice piombare dal celo. L'agitazione prese il cuore di Ghesdwes, non riusciva a muoversi in mezzo alla gente ed era visibilissima in quella accozzaglia di sfarzo. Per l'ansia piccole piume si disegnarono intorno al suo occhio destro che prese un taglio più tondeggiante e divenne più giallo, una donna urlò riportando Ghedwes alla realtà. La ragazza si portò in piedi e fece per correre quando Albeheret sbucò dalla folla, non sarebbe riuscita a scappare, non in una città che non aveva studiato e non contro uno che ci viveva. Non ci sarebbe riuscita se fosse stata umana, nonostante non potesse volare aveva ben altri poteri su cui fare affidamento. Con uno scatto fulmineo ed un verso gracchiante si lanciò sul ragazzo che si avvicinava sempre di più e gli tirò un pugno sul naso che lo stordì. Approfittando della distrazione del ragazzo concentrato sul sangue che gli colava dal naso si morse la mano, non senza un gemito di dolore, e strinse i denti fino a far uscire un piccolo rivolo di sangue. La folla che si era riunita guardava inorridita quella situazione surreale e si copriva gli occhi. Alcuni avevano soccorso il ragazzo e gli chiedevano spiegazioni, altri volevano parlare con la ragazza ma la paura li bloccava non appena notavano le piume e l'occhio deforme. La ragazza corvo alzò velocemente il braccio con la mano sanguinate e gracchiò. Poco dopo un piccolo stormo di corvi arrivò sul luogo. Sembrò che la ragazza gli parlò ed essi si avvolsero intorno al suo corpo che impercettibilmente si dissolse in numerose piume nere e rossastre. Una volta che il nugolo di piume e versi surreali si volatilizzò la ragazza sparì con loro. Albeheret prese a correre verso la città alta, era inconsciamente certo che Ghedwes si stesse dirigendo a palazzo, dove c'era il palco delle uccisioni, dove sarebbe dovuta morire il giorno dopo e dove Manaleb sarebbe morto il giorno dopo.
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