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Capitolo sei: Vieni con me alla festa?

NATALIE

Festa di inizio semestre.
Stanotte ore 22:30.
Vi aspettiamo al "Monkey",
al 45 di Grove Street.

P.S. Entrate solo se indossate una maschera!

Io e Rebecka ci troviamo nel corridoio del dormitorio di Berkeley e da almeno due minuti fissiamo la locandina appesa alla bacheca. Finalmente è venerdì, e dopo un'intensa mattinata passata a seguire le lezioni non ne potevo più di sentir parlare i professori. Così dopo essere uscita dall'aula di filosofia ho implorato Rebecka di andare a prendere un caffè. Eravamo appena uscite dal nostro alloggio quando Rebe mi ha obbligata a fermarmi per leggere meglio il poster appeso: le lettere spiccano centrali e dorate su uno sfondo blu scuro, mentre in basso prevale un disegno che ritrae una maschera dorata.

«Ci andiamo!» dice Rebecka con entusiasmo e incrocia le braccia al petto guardandomi, aspettando con ansia la mia risposta.

Alzo gli occhi al cielo. «No, io non verrò.»

Il carnevale è lontano: siamo ancora metà ottobre, quindi non trovo affatto divertente l'idea di organizzare una festa in maschera, tralasciando il fatto che odio il carnevale.

«Come no? Avanti Natalie... scommetto che ci divertiremo.»

«No, non mi piacciono le feste in maschera» sbuffo sperando solo che la smetta di insistere.

«Ma non è una festa in maschera! Non devi travestirti» parla come se fosse ovvio. «Dobbiamo solo vestirci eleganti e indossare una maschera» puntualizza indicando il poster appeso alla bacheca.

«Be'... la mia risposta è sempre no! Ora possiamo andare?»

Le faccio cenno di muoversi.

«Si okay» borbotta imbronciata. «Ma non capisco perché sei così scettica.»

Dato che ho cominciato a camminare senza di lei, si muove velocemente e in un attimo mi si affianca cercando il mio sguardo.

«Te l'ho già spiegato perché!»

Se continua a insistere, oggi pomeriggio non riuscirò mai a riposarmi come invece vorrei fare. Ma Rebecka è così: quando si mette in testa un'idea non la smuovi per nessuna ragione al mondo.

«Si, però pensa che c'è alcol, c'è da mangiare e ti puoi vestire figa. Secondo me sarà una festa da U.R.L.O!» Mi tocca la spalla per bloccarmi. «Allora?» Chiede dopo un lungo silenzio.

«Non lo so...» Alzo gli occhi al cielo, ma lei continua a fissarmi con le braccia incrociate al petto, in attesa di una risposta.

«Ci penso, okay?»

Gli occhi le brillano. In fondo sa già di aver vinto.

«Da quando 'ci penso' equivale a un sì?»

Ma lei non mi da retta.

Mentre andiamo in caffetteria ci rendiamo conto che tutti parlano della festa. Gruppetti di ragazze e ragazzi si radunano per confrontarsi, indecisi su cosa indossare, nei corridoi e vicino alle aule, mentre aspettano l'inizio delle lezioni; anche all'ingresso della caffetteria io e Rebecka siamo costrette a separarci per sorpassare un gruppetto di studenti che è fermo sulla soglia.

«Allora... andiamo a fare shopping dopo?» mi chiede Rebecka non appena siamo in fila per ordinare il caffè; per fortuna c'è  poca gente e tra poco tocca a noi.

«In realtà non pensavo volessi comprare un vestito nuovo. Me ne sono portati un paio a Yale quindi sceglierò uno di quelli» le dico mentre pago due cappuccini alla ragazza con il grembiule bianco che sta alla cassa.

«Però per quest'occasione potresti sfoggiarne uno nuovo...» pensa Rebecka mentre afferra il cappuccino.

«E devo davvero spendere i miei soldi per una stupida festa in maschera?»

«Non è una stupida festa in maschera» imita la mia voce. «Ma hai visto quanta gente ne parla?»

«Si certo ma sono matricole, per loro qui è tutto nuovo e strafico» ammetto con ovvietà mentre mi siedo su un divano rosso di pelle e cerco di trovare la posizione più comoda, optando alla fine per incrociare le gambe.

Rebecka se ne sta qui seduta al mio fianco in silenzio e con gli occhi bassi. Alzo gli occhi al cielo, sconfitta. «Ci verrò alla festa!.» esclamo. «Ma non costringermi anche a comprare un vestito nuovo!»

Sorseggio il mio cappuccino ma l'urlo improvviso della mia amica mi fa sobbalzare e per poco non mi verso il caffè addosso.

«Evviva! Ma almeno mi accompagni da "Jenny"? Ho bisogno di fare shopping!»

«Si va bene» le rispondo in tono monocorde.

Jenny's è una boutique vicino a Yale. Io e Rebecka ci siamo andate insieme per la prima volta durante il primo anno di college per comprare un paio di maglioni e da ciò che ricordo ci sono robe davvero carine.

Quando il mio cellulare squilla lo tiro fuori dalla tasca posteriore dei jeans e noto che c'è un nuovo messaggio. Sento l'agitazione prendere il sopravvento non appena leggo il nome di Jackson sul blocco schermo: "Sono venuto a casa tua ma non c'eri, di nuovo. Ti prego incontriamoci e parliamo..."

Mi viene la nausea leggendo queste parole. Una sensazione strana si impadronisce di me e mi chiedo se mai, un giorno, smetterà di provarci.

Ma cosa spera di ottenere tartassandomi di chiamate e messaggi?

Cosa vuole sentirsi dire?

E anche se gli rispondessi, che cosa cambierebbe tra noi?

L'unica a cui so rispondere, tra tutte le domande che velocemente si fanno spazio nella mia testa, è l'ultima:
Niente. Assolutamente niente.

«Nat ti senti bene?» mi chiede Rebecka. «Sei impallidita tutt'un tratto!»

«Mm?» alzo lo sguardo fingendo di non aver capito bene, in realtà vorrei solo non risponderle.

«Stai bene?» ripete e una smorfia di preoccupazione le occupa il volto.

«Mm...sì...è che...» titubo non sapendo bene cosa dire. «Jackson non fa altro che assillarmi.»

D'impulso decido di spegnere il cellulare, come se questo servisse a cancellare dalla mia testa quel messaggio e tutti i pensieri.

«Cosa ti ha scritto?»
Rebecka cerca di afferrare il mio cellulare ma glielo impedisco, riponendolo in tasca.

«Vuole solo incontrarmi...» mormoro soprappensiero.

«E tu gli vuoi rispondere?»

«No. Certo che no.»

«Bene, allora non farlo. Ma non permettergli di rovinarti questa giornata» mi rimbecca puntandomi un dito contro. «Stanotte alla festa ti faccio dimenticare ogni problema!» mi sorride mollandomi un pizzicotto sulla coscia.

Sto per risponderle quando due ragazzi alti si avvicinano a noi, interrompendoci.

«Ciao ragazze!» esordisce uno dei due con aria simpatica mentre l'altro continua a fissarci; mi rendo conto di non conoscerli.

«Ciao» Rebecka lo saluta sorridendogli e io la seguo con vergogna.

«Stavamo facendo la fila per un caffè e ci stavamo chiedendo se vi andasse di venire ad una festa stasera» rivela il ragazzo dai capelli neri. «Con noi» aggiunge indicando sé e l'amico.

Il suo sguardo oscilla per un momento tra me e Rebecka, mentre porta le sue braccia lungo i fianchi. Indossa una maglietta bianca e una camicetta quadrettata con un jeans scuro e stretto, mentre l'altro una felpa rossa con il cappuccio e un pantalone di tuta nero.  Quest'ultimo non la smette di fissarmi. Ha i capelli castani e sembra vergognarsi un po'.

«Intendi la festa a Grove Street?» domanda la mia amica arrossendo.

«Si. È una festa in maschera e c'è un sacco di gente che ne parla.»

«Be'...a dire la verità noi due ci andiamo già, quindi...» rivela Rebecka indicandomi.

«Certo, perché no» concludo la frase al posto suo.

Rebe si gira di scatto per guardarmi, probabilmente perché non si aspettava una risposta del genere da parte mia. E io mi pento il secondo dopo di aver accettato.

«Grandioso!» esulta vittorioso il ragazzo con la camicetta quadrettata. "Io mi chiamo Hardin" aggiunge.

«Ciao, io sono Natalie.»

Mi alzo in piedi e stringo la mano a entrambi.

«Io sono Ryan» dice l'altro.

Anche Rebecka si presenta e come al solito è più spigliata di me. Successivamente ci diamo appuntamento per questa sera alle 22:30 all'ingresso di Berkeley.

Ora sì che ho bisogno di un vestito carino!

Dopo un paio d'ore passate in giro per negozi, io e Rebecka ritorniamo in camera e siamo esauste. Siamo andate in almeno dieci boutique dato che non abbiamo trovato niente di carino da 'Jenny'.

È vero quando dicono che le ragazze non possono fare shopping insieme. Rebecka, infatti, ha provato all'incirca quattro vestitini corti e due lunghi, e, non sapendo quale scegliere, alla fine ha deciso di acquistarli tutti quanti. Mi ci è voluta una vita per convincerla a tornare a casa, perché altrimenti lei avrebbe continuato a girare per negozi.

Io, invece, alla fine ho scelto di acquistare un vestito corto, senza maniche e color pesca, stretto in vita e a balze sui fianchi. In realtà l'avrei preferito un po' più lungo, tuttavia Rebecka mi ha convinta ad acquistarlo perché «è sexy», ha detto. E poi il prezzo basso mi ha decisamente convinto.

Finito lo shopping, una volta tornate in camera ho avuto tempo a sufficienza per chiacchierare al telefono con mia madre, che mi ha raccontato come Jackson le avesse insistentemente chiesto dove fossi.
Lei non gli aveva detto niente, ma il suo tono di voce mi ha fatto capire che fosse un po' preoccupata. «Non so tesoro...mi è sembrato molto infastidito» mi ha detto al telefono.

L'ultima volta che avevo visto Jackson infastidito, aveva sferrato un pugno contro un suo amico, procurandogli una ferita profonda. Non che Jackson mi avesse mai picchiata o avesse provato a farlo. Ma a volte sembrava come se smettesse di ragionare con la testa e iniziasse a pensare con il culo, il che lo rendeva davvero imprevedibile.

Dopo aver fatto una doccia e lavato i capelli, mi ritrovo a mangiucchiare un pacco di patatine mentre guardo un episodio di friends al computer. Sono stesa sullo scomodo e mezzo sgangherato divano a due piazze che si trova nell'anticamera del mio piccolo appartamento, in attesa che Rebecka finisca di sistemarsi ed esca dal bagno, così che io possa asciugare i miei capelli.

«Nera o rossa?» mi chiede dopo un po', mentre con una mano solleva un sandalo di colore rosso e con l'altra un decolté nero. Ha addosso il vestitino nero di paillettes che metterà stasera alla festa e devo dire che è veramente carino, le sta divinamente. 

«Mm...nero» affermo con la bocca piena.

La mia risposta la convince. La vedo ritornare in camera per provare il tacco che le ho consigliato di indossare, e mi sorride da lontano facendo il gesto di 'okay' una volta constatato che il suo outfit per la serata è a dir poco perfetto.

Quando bussano alla porta, Rebecka mi prega di aprire perché lei è impegnata, così ingoio velocemente la patatina e per poco non mi strozzo.

Mi alzo velocemente dal divano e, pulendo con le mani la mia felpa piena di briciole, mi avvio verso la porta non avendo la minima idea di chi possa essere. Per poco non cado a terra non appena mi accorgo che Ander è in piedi di fronte a me, e che è stato lui a bussare.

«Ciao Natalie» dice prima che io possa dire o fare qualsiasi cosa.

«Ehi...» balbetto imbarazzata. «Che ci fai qui?» Mi viene da chiedergli. Sono davvero curiosa di saperlo.

«Mi trovavo da queste parti e ho pensato di venire a salutarti.»

Lo osservo meglio e noto che come al solito ha le mani infilate nelle tasche dei jeans ad esclusione dei pollici. A un tratto sul suo volto si dipinge una smorfia di divertimento e solo in questo momento mi rendo conto di avere ancora l'asciugamano in testa e i capelli bagnati.

«Ah! Che cosa dolce...» commento facendo finta di niente e cercando di sembrare a mio agio.

E invece sento il cuore a mille.

Più penso che lui sia davvero di fronte a me e che mi stia parlando, più sento le guance bruciare. Sono più che certa che siano diventate dello stesso colore dei papaveri: rosse.

«In realtà...» mormora e per la prima volta da quando lo conosco, percepisco che è imbarazzato.

«Si?» non riesco a trattenermi.
Lo voglio sapere.

«Stasera ci sarebbe una festa da queste parti. E'...è una festa in maschera. Io, Jack, Marcus e Nora stiamo andando e mi chiedevo se volessi...se volessi venire anche tu. Ecco.»

Sfila una mano dalla tasca dei jeans per poi passarsela nervosamente tra i capelli.
Mi scruta attento e non mi toglie gli occhi di dosso neanche un secondo. È come se volesse leggermi nella mente. Sapere cosa penso.

Ho capito male o mi ha davvero invitata ad andare con lui alla festa? Sorrido mentalmente all'idea ma l'attimo dopo mi ricordo di non poter accettare.

«Ah...si. In realtà ci vado già con qualcuno...» rivelo e il mio tono di voce smaschera il mio dispiacere.

«Ah capisco...va bene» dice  nervosamente per poi grattarsi il mento. «Quindi anche per questa volta mi hai dato buca...» pensa a voce alta, teso e rabbuiato al tempo stesso.

Quando ci siamo incontrati l'ultima volta gli avevo detto che avrei accettato il suo invito, e sinceramente vorrei davvero poterlo fare; se potessi tornare indietro, rifiuterei l'invito di Ryan e Hardin.
«Sarà per un'altra volta» sibilo poco dopo. «E questa volta dico davvero...»

Finalmente Ander accenna un sorriso e io mi rilasso leggermente. «Allora ti vedrò stasera alla festa suppongo...con questo "qualcuno"» cita l'ultima parola per poi guardarmi in maniera seducente.

«Penso di sì» mormoro arrossendo. Sento che il turbante sta per sciogliersi da un momento all'altro così decido di sorreggerlo, e per fortuna Ander non sembra farci caso.

Dopo esserci salutati mi chiudo la porta alle spalle e sento una voce proveniente dal bagno; è Rebecka che probabilmente ha ascoltato tutta la conversazione. Sono così frastornata che non riesco neanche a sentire ciò che dice. Un fremito mi attraversa dalla testa ai piedi e mi viene da sorridere mentre il cuore si prende gioco di me.

Ciao sognatori 🌟
Vi vorrei consigliare la bellissima storia della mia amica justinspurpose94 , intitolata "Same old love"
Se vi va di leggerla, fateci un salto! 💕
Questa è la trama:

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