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9. Bum

Quanta fretta, ma dove corri? Dove vai? 

Du-dum-du-dum

«Hmmm...» 

Se ci ascolti per un momento, capirai! 

Du-dum-du-dum

«Ma... che diavolo...?»

Lui è il gatto, ed io la volpe, stiamo in società!

«Oh, cazzo...»

Di noi ti puoi fidar!

«È questa, la voce di Sacco di Pulci!» 

Con un'unica mossa, si toglie di dosso la coperta e scatta fuori dal letto. Getta lo sguardo tutt'attorno: appendiabiti, sedia, pediera... No, non c'è tempo di cercare la vestaglia: come se ne andasse della sua stessa vita, Marzia attraversa la camera a piedi scalzi e spalanca la porta. La musica, di colpo, arriva più nitida, a volume aumentato.

Puoi parlarci dei tuoi problemi, dei tuoi guai!

Du-dum-du-dum

A passo incerto, ancora intontita dal sonno, raggiunge la fine del corridoio e si affaccia sul piccolo salotto. Là, accanto al televisore spento, il piccolo display oblungo riporta la scritta: Track 07.

I migliori in questo campo siamo noi!

Du-dum-du-dum

Si avventa sull'origine del suono.

È una ditta specializ-

E preme il pulsante stop sull'impianto stereo.

«Ehi!» Alice, con ancora indosso la divisa del discount, si affaccia dalla cucina. «Ma perché hai spento?!» 

Alle spalle di lei, la luce del sole penetra in diagonale dalle finestre e batte sulle piastrelle gialline dietro al lavello. Solo ora Marzia ricollega: dev'essere ancora pomeriggio inoltrato... Ed è ancora mercoledì 11 ottobre. Il funerale è stato poche ore fa.

«Non... Non voglio sentire questa canzone» le risponde brusca e in un borbottio biascicato.

Alice aggrotta le sopracciglia. La scruta. «Credevo che ti piacesse Edoardo Bennato.»

«Mai sostenuta una cosa del genere.»

«Ma... quel cd è tuo...» Punta l'indice verso l'impianto stereo, ora spento.

«Ti sbagli. Non è mio.» 

Allora Alice poggia una mano allo stipite della porta e si sporge a figura intera. Piega la testa di lato e, dacché era perplesso, il suo sguardo si scalda e assume le tinte dell'apprensione. «Marzia... Ma sei sicura di stare bene? Ti vedo un po'... Non so... Provata.»

A quelle parole, il petto di Marzia si sgonfia. Lascia ricadere le braccia lungo i fianchi e strizza le palpebre, prendendo coscienza del suo stato psicofisico tutto d'un colpo. «Sì, scusa. Sonno arretrato. Questo cambio di turno mi sta...» Si interrompe. «Senti, scusami. Non avrei dovuto prendermela con te, è solo che... ho bisogno di dormire, adesso. Ancora per qualche ora.»

«Ah, diamine! Non pensavo che tu fossi a letto!» 

«N... Non importa.»

«Io sono appena rientrata, ho sentito tutto silenzio e credevo che tu fossi uscita. Forse non ho fatto caso alla macchina...»

«Ah, sì. L'ho parcheggiata un po' più... Va be', lascia stare.» Marzia si riavvia verso camera sua.

«Se avessi saputo che stavi dormendo, non avrei certo messo la musica...»

«Non fa niente, davvero. Ora torno a dormire, okay? Svegliami, se alle otto sono ancora a letto.»

E, in quel restaurato silenzio, Marzia ritorna a passi lenti verso la sua stanza. «La voce di Edoardo Bennato... Ma che cazzo.» E, mentre si rannicchia di nuovo sotto le coperte spesse, fa un piccolo calcolo mentale.

Tre giorni. Sono passati solo tre giorni, dall'inizio del turno di notte.

«Marzia! Marzia!» Una voce squillante, accompagnata dai colpi di due suole di gomma sul marmo dei gradini, rimbomba qualche parete più in là nello spazio chiuso della tromba delle scale. «Marzia!»

«Tesoro!» Questa, invece, è la voce della mamma, proveniente dalla cucina. «C'è la tua amica che ti chiama dalle scale!»

Marzia solleva la testa e lascia ricadere, interdetta, la penna a sfera sul quaderno dei compiti di matematica. È una visita inaspettata: Leda non l'aveva avvisata che sarebbe venuta a casa sua. 

Con una spinta all'indietro, scosta la sedia dalla scrivania e si solleva in piedi. Passa di fronte allo specchio e sistema veloce un ricciolo scuro che straborda ribelle dalla coda di cavallo. Niente più che un piccolo gesto di controllo, attuato in automatico prima ancora di deliberarlo. Poi esce dalla sua stanza.

«Eccomi, mamma!» Si regge con una mano allo stipite del disimpegno. «È Leda, vero?»

Sua madre è lì, in piedi di fronte a un pentolino di ragù che borbotta e diffonde nell'aria un intenso profumo di carne e di passata di pomodoro. Annuisce, si asciuga le mani al grembiule a scacchi, le rivolge un tenero sorriso. «Dille di non urlare per le scale, ché poi chi lo sente il Giancarlo del piano di sotto?»

Intanto, i richiami riecheggiano sempre più vicini. Marzia si affretta ad aprire la porta. La sua compagna di scuola era proprio a un passo dall'ingresso, per poco non la travolge nella foga. 

«Leda!»

«Marzia!»

Due codine a cipolla ai lati della testa, la frangetta bionda arruffata. Leda si piega in avanti e appoggia le mani sulle cosce, deve riprendere fiato dalla corsa forsennata su per quattro rampe di scale. Ha indosso una gonna-salopette in jeans che le arriva fino alle ginocchia, e sotto porta già una maglietta a maniche corte. È appena arrivata l'estate, e fuori fa molto più caldo che all'interno dell'abitazione. Non per niente, sta sudando come se fosse appena uscita da un girone dell'Inferno.

«Che ci fai qui?!» Marzia non sa se ridere o preoccuparsi.

«Vieni!» L'altra l'afferra per il polso e scatta in direzione del salotto. «Devo farti vedere una cosa, o-r-a! Oh... Salve, signora Ciano!» Si ferma solo per un attimo, il palmo aperto in direzione di Palmira, e subito riprende a correre.

«Ciao, Leda cara. Fate piano, ragazze, eh?!» La voce di sua madre ha solo una piccola sfumatura di rimprovero.

«Sì, sì, mamma!» Ormai fuori dal suo campo visivo, Marzia viene strattonata dall'amica oltre l'arco del disimpegno, in un turbine di eccitazione; e prima che chiunque altro della famiglia possa affacciarsi nella sala, le due sono già chiuse dentro la cameretta.

Leda si accascia con le spalle contro la porta chiusa. Marzia la fissa con incredulità.

«Allora?!» Incrocia le braccia davanti al petto.

«O, mio, Dio, Marzia.» Riprende fiato. «O! Mio! Dio!»

«Dai, parla! Che cosa è successo?!» Comincia a salirle l'ansietta, a Marzia, che non vede la sua migliore amica così in visibilio da quando il Biagi della 3°C le fece recapitare un bigliettino di San Valentino in seconda media.

«Non, puoi, capire. Non! Puoi! Capire!»

«Be', se non ti spieghi, di sicuro...»

In tutta risposta, Leda si sfila la borsa dalla spalla e la smolla di malagrazia sulla scrivania, proprio sopra al quaderno di matematica di Marzia, facendo saltare di lato la penna a sfera. Dischiude il bottoncino sul davanti e, spalancata la tasca più grande, ne estrae un pezzo di carta piegato in quattro parti, tutto stropicciato. 

«Ecco, leggi. Leggi qui!» 

Marzia fa un passo avanti e raccoglie il foglio dalle sue mani. Dopo averlo dispiegato, un testo incolonnato composto da caratteri a stampa le compare davanti agli occhi. Che cos'è? Sulle prime, infatti, non è chiaro se si tratti di una fotocopia, di una pagina strappata da una rivista o da un giornale, o magari di un volantino trovato chissà dove. 

«Ecco, da qui.» Leda punta il dito a due terzi della prima colonna, e quasi trattiene il fiato per la trepidazione.

Così, Marzia inizia a leggere.

«"Per quanto riguarda i concerti all'aperto in programma per l'estate... si annuncia che sono aperte le prevendite dei biglietti... per la tappa bolognese del tour..." O mio Dio. O. Mio. Dio.» Il cuore inizia a battere all'impazzata. Guarda Leda, bocca semiaperta, occhi sbarrati.

«Dai! Continua a leggere!»

Torna con lo sguardo al testo. «"Il concerto... di Edoardo Bennato... si terrà il 9 luglio..." O! Mio! Dio! Bennato sarà allo stadio di Bologna!» Mani e carta, unite in un tutt'uno, finiscono davanti alla sua bocca a trattenere il gridolino.

«Sì! Il giorno del mio compleanno!» Senza più alcun ritegno, Leda inizia a correre sul posto. «E io e te ci andremo insieme!»

Il foglietto, conclusa la sua funzione di messaggero, scivola dalle mani di Marzia e atterra sulle piastrelle in un volo molleggiato, accanto ai piedi delle ragazze. Leda nelle sue scarpe di tela, Marzia in pantofole, si afferrano l'un l'altra per le spalle prendono a saltellare assieme, trattenendo a stento degli strepiti di gioia.

«Ma, aspetta!» Marzia si blocca all'improvviso. «E se i miei non mi lasciano venire...?»

«Shhh!» Leda, con l'indice di fronte al naso, le intima di parlare più piano. «Non ti preoccupare, ho già chiesto ai miei.» La sua risposta è un sussurro circospetto. «Tu puoi dire che, siccome è il mio compleanno, resti da me a dormire. Loro ci coprono!»

«Loro... cosa?!»

«Sì, giuro! I miei sono d'accordo, al concerto ci accompagna mio fratello... I tuoi, non c'è bisogno che sappiano niente!»

Marzia resta a lungo senza parole. «O-oddio, tuo fratello...? Dani non farebbe mai una cosa del genere per me...» Ma sta parlando da sola, ormai, Leda non le presta più ascolto: veloce come una faina, s'è gettata sulla sua borsa e, di spalle, si è messa a rovistare al suo interno. «Ehi, ma che fai?»

«Ferma, non interferire!» Con un balzo, Leda passa dalla scrivania allo scaffaletto dalla parte opposta del letto, là dove è poggiato lo stereo portatile, con la sua antenna radio sollevata in aria come l'albero di una nave. Tra le sue mani è comparsa la custodia di plastica di un'audiocassetta. Sulla copertina, a pennarello indelebile, c'è scritto: "Burattino senza fili". «È attaccato alla presa, questo coso, sì?»

Ma Marzia non fa in tempo a risponderle. 

Sportelletto: aperto. Audiocassetta: inserita. Pulsante play: pigiato

Leda salta a piè pari sul materasso del letto. E apre le braccia, sul sottofondo dell'inquietante vibrato del basso elettrico che segna l'intro della canzone. Le pupille viaggiano in alto, si nascondono oltre l'arcata delle palpebre superiori. Per un attimo, si vede solo la sclera. 

Marzia la guarda senza respiro. Cosa le prende...?

Poi parte la chitarra. E Leda lascia ricadere, morbida, la testa di lato, e gli avambracci dondolano verso il basso... come se fosse fatta di legno.

Oh... chiaro. Sta ballando come una marionetta.

Soffoca una risatina, ha le guance accaldate per l'imbarazzo e Leda, contagiata, perde l'espressione robotica che si stava sforzando di mantenere.

«Dai, scendi di lì, scema!»

E Leda salta davvero giù, e inizia a cantare, occhi negli occhi con Marzia, insieme alla voce registrata di Edoardo Bennato.

Non si scherza, non è un gioco!

Sta arrivando Mangiafuoco!

«Voi due! Fate meno casino!» Un pugno contro il muro dalla camera accanto. È Danilo.

E allora Leda canta ancora più forte.

Lui comanda e muove i fili!

Fa ballare i burattini!

«Basta, spegnete! Sto studiando!» Seguono altri pugni.

«Dai, Marzia, devi fare il burattino anche tu!» Leda alza le mani aperte nell'aria, è come se manovrasse le croci di legno con attaccati i fili di Marzia.

Un altro attacco di basso elettrico: Marzia prova a imitare le stesse mosse di Leda, muove l'avambraccio su e giù, dondola la testa da una parte e dall'altra, finché non si blocca per un attacco di ridarella.

«Spegnete questa musica di merda!»

«Gesù, che accollo, tuo fratello...» Leda lo sussurra soltanto, prima di buttarsi sul letto e allungarsi per raggiungere la manopola del volume.

«Oddio!» Marzia è ancora piegata in due, ha le lacrime agli occhi per il gran ridere. «Pensa se ci vedesse Clarissa uscire di testa così per le canzoni di Bennato...»

«Oh, fanculo Clarissa e i suoi Crash!» 

«Clash!» Marzia non vede la fine di quel raptus di risate.

«Crash, Clash, chi se ne frega!» Leda ritorna in piedi, per nulla imbarazzata da quell'errore. «Io e te saremo al concerto insieme! Ma ci pensi?! E il bello... è che non è finita qui!» E si porta di fronte a Marzia, con lo sguardo accorato. All'improvviso, le prende le mani.

Il cuore di Marzia perde un battito, a quel contatto. «Che... Che altro c'è?»

«I miei mi hanno detto... che posso venire da te a Rimini due settimane!»

«Oddio...»

«Sì! Papà dice che dopo le nozze d'oro dei nonni sono libera come l'aria, e che posso prendere il treno per venire da te!»

«Non ci credo... Verrai con me alla casa al mare!»

«Sì! Sei contenta?!»

«Ma scherzi?! Non ci speravo più!» Tutti le estati, dai tempi delle scuole medie, Marzia aveva provato a trascinarla con sé, senza successo. «Finalmente... Finalmente non sarà una noia mortale!»

«Altro che noia... Marzia...» Le sue iridi sono fisse in quelle di lei. «Fidati di me... Questa sarà... un'estate... spettacolare. Prima il concerto, a luglio... e poi, ad agosto... al mare per due settimane... io e te! Tutti i giorni in spiaggia!»

«È fantastico!»

«Lo so! E in più... la vuoi sapere anche un'altra cosa...?» Leda si morde il labbro, la guarda come se avesse tenuto il piatto forte solo per ultimo.

Ma c'è qualcosa, in quello sguardo. Una specie di gelo.

Marzia tende l'orecchio a cercare la musica... Le sembra che sia quasi sparita. Eppure, Leda aveva solo abbassato il volume.

«C-cosa...?»

E lei, con l'indice, le fa segno di avvicinarsi, in quel gesto che usano i bambini, quando stanno per rivelare un segreto.

Marzia non può far nulla per impedirle di avvicinarsi. Ma sa – lo sente – che dovrebbe fare qualcosa. Il suo cuore è stretto in una morsa. Vorrebbe gridare. Fermarla.

Leda accosta il viso alla spalla. Per un attimo, Marzia sente il tepore del suo respiro.

«...Bum


Inspira di colpo tutta l'aria nella stanza, occhi sbarrati, come se fosse stata in apnea.

Ansima contro il soffitto. È buio. L'unica luce proviene da un lampione fuori, in Via Lame.

È di nuovo il 2023. È stato solo un sogno... Lascia ricadere la testa sul cuscino e, tremante, si sfiora le guance con la punta delle dita. Lo trova che è bagnato di lacrime.

«No... Leda...»

Quarantatré anni, non sono niente. Ma è comunque troppo tardi. Troppo tardi, per cambiare i programmi di quell'estate.

Si volta verso la finestra. Il sole dev'essere calato da un pezzo.

Troppo tardi.

Mancano poche ore all'inizio del turno.

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