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8. Urgono chiarimenti

Ricoverato al Sant'Orsola. In coma da due mesi.

L'orrore di queste ore non può essere passato sotto silenzio: stiamo parlando di un vero e proprio massacro...

Si è spento due notti fa, alle tre.

È accaduto nel kibbutz di Kfar Aza, a cinque minuti dalla Striscia di Gaza. L'esercito israeliano...

«Cazzo, stai zitto!» Marzia preme il tasto di spegnimento dell'autoradio. Torna con gli occhi sulla strada.

Due notti fa. Alle tre.

Ma lei l'ha visto al motel. Ed erano le due e mezza del mattino.

Il cervello di Marzia va avanti a ripetere in loop quelle informazioni tra loro incompatibili lungo tutto Viale Palmiro Togliatti. Quando raggiunge la rotonda Benedetto Croce, prende l'uscita che porta in direzione dell'aeroporto. Non sta tornando verso Trebbo: la sua destinazione è Bargellino.

Le due e mezza del mattino, cazzo.

È impazzita? Forse lo è. Ma come giustificare una tale successione di assurde coincidenze? Lei non aveva mai incontrato quell'uomo in vita sua, e le è apparso davanti nelle esatte fattezze immortalate dalle fotografie sul sito della Sanel's, nonché irrigidite nel cadavere dell'uomo che stava nella camera ardente... E poi come cazzo si spiegano i dati anagrafici corretti? Residenza, data di nascita, nome e cognome... Si fosse chiamato "Mario Rossi", almeno! E invece no: "Armando Sirio Gavotto". Come cazzo può uscirti dal niente "Armando Sirio Gavotto"?!

Marzia imbocca Via Persicetana e fa fatica a respirare. Inspira con lentezza dal naso nel tentativo vano di incamerare nei polmoni più aria possibile. Mette la freccia a sinistra: è arrivata al piazzale del motel. 

Non sa chi ci sia a quest'ora di turno. Billy? Il pupetto, forse? Sua madre? Ma chi diavolo ce l'ha avuto il tempo di memorizzare quella stupida tabella excel?

L'unica cosa certa è che non vuole farsi vedere dai colleghi, né tantomeno rischiare di dover spiegare perché si trova lì fuori orario. Per questo si guarda bene dal passare con l'auto di fronte al portone della reception. Svolta dalla parte opposta, cioè verso sinistra, lo sguardo fisso sullo specchietto retrovisore. Non c'è nessuno, per fortuna, nei pressi della loro parte di piazzale.

Per sicurezza, finge comunque di doversi mettere in coda per il distributore di benzina, procede a passo d'uomo accanto alle pompe e risbuca dall'altra parte della pensilina. 

Dieci metri più avanti, di fronte all'agenzia di auto a noleggio, c'è un posto libero proprio dietro un minivan. Non poteva sperare in una schermatura migliore.

Una volta parcheggiato, Marzia spegne il motore e tira il freno a mano. Si sfila il foulard dal collo per risistemarselo in testa, a coprire i riccioli sotto al tessuto. Così conciata, con gli occhiali da sole in faccia – e considerando che persino il cappotto che ha addosso è diverso dal solito, visto che è ancora in total black come quando è uscita di casa per imbucarsi al funerale – dovrebbe riuscire a non farsi riconoscere. Ma deve fare comunque in fretta.

«Dove sei...?» sibila tra sé e sé. Un alito di vento le fende il volto, non appena mette il naso fuori. Guarda a destra, a sinistra, avanti e indietro; poi chiude la portiera e si sposta a passo svelto a lato dell'edificio. Pochi passi, ed eccola che arriva: la consapevolezza dell'idiozia dell'operazione. «E ora come cazzo lo ritrovo?!»

Non ha avuto il tempo di pensare quando, dalla Certosa, si è messa alla guida in direzione del motel. Ha solo dato per scontato che l'avrebbe trovato lì ad attenderla per rispondere a tutte le sue domande. 

Ma si sta parlando di un gatto randagio. 

Potrebbe essere in qualunque luogo.

Potrebbe anche essere morto.

«Micio... Micio-micetto... Chn-chn-chn...» Per un attimo, a Marzia pare di vedersi dall'esterno, come se una telecamera la seguisse dall'alto. E sa bene cosa c'è, al centro dell'inquadratura. C'è un'imbecille.

Non ha alcun senso che continui questa ricerca: l'unica cosa che dovrebbe fare è tornare indietro, andarsene a casa propria, stare buona e aspettare l'inizio del suo turno. A riposare. A riposare?! Come cazzo potrebbe riposare, in un momento simile?!

E, d'altro canto, al di là dello spiazzo asfaltato accanto alla stazione del benzinaio, le camere del piano terra del Purgatory Motel sono tutte vuote. Se si avvicinasse ancora, potrebbe girare attorno all'edificio per due lati senza rischiare che qualcuno noti la sua presenza dalle finestre. Del resto, l'ufficio del Frittelli è dalla parte opposta rispetto a quella in cui trova lei, perciò... 

Dopo dieci secondi sta camminando a ridosso del motel. Neanche stavolta ci ha riflettuto sopra.

«Micio... Micio bello...» Avanza ingobbita, la sua voce è sibilante e roca al contempo. «Maledetto Sacco di Pulci, dove ti sei nascosto...?»

«Ehilà!»

Quella voce. Quella cazzo di voce che le sembra così familiare.

Marzia solleva appena lo sguardo. Eccolo là. Acciambellato "di spalle" sul settimo gradino della scala antincendio. La testolina sporge dal bordo, piegata all'indietro. Per un attimo, sembra una scena de "L'Esorcista".

«Che bello vederti qui così presto!»

«Tu...» Gli punta il dito contro.

«Sì...?» Con lentezza, Aiakòs si solleva sulle zampe e incurva la schiena per stiracchiare i muscoli fino alla loro massima estensione.

«Il... Il delicato equilibrio tra i mondi?! Cos'è che hai detto?!» Marzia avanza di tre passi. «Il portale che conduce a un altro piano?!»

«Ah.» Il felino inclina la testa di lato. «Ma allora mi stavi ascoltando l'altra sera. Pareva di no.»

«Io ti strozzo.» Gli s'avventa contro con le mani a tenaglia.

«Ah-ah-ah! Attenta!» Fa un balzello all'indietro. «Là c'è qualcuno che ci sta guardando.»

Marzia si gira di scatto all'indietro ed è proprio così: una bambina, imbacuccata in un cappottino rosa fluo, se ne sta in piedi vicino a una macchina ferma di fronte alla pompa del gasolio, e scruta della loro direzione con gli occhietti pieni di sospetto.

Marzia scuote la testa. Torna a guardare Sacco di Pulci.

«Meow! Prrr-prrr.» L'animale inizia a fare la pasta sullo scalino.

«Tesorino! Che bel gattino!» Lei prende ad accarezzargli il pelo unticcio tra il collo e la schiena.

«Meow, meow.»

Poi il padre della bambina riattacca la pompa al distributore e prende sua figlia per mano. «Su, andiamo, Denise!». E la riconduce all'interno dell'abitacolo. In breve, se ne vanno.

«Tu.» Marzia ritorna a puntare l'indice sul gatto. «Ce l'hai almeno una vaga idea del posto in cui sono appena stata?!»

«No. Dove?» chiede lui, in tono serafico.

«Sono stata a vedere la salma del tizio che ha preso una camera due notti fa, dopo il blackout... La camera tre, nello specifico.»

«Ah, sì, mi ricordo di lui.»

«...il quale, in base a quanto è emerso, si trovava ricoverato al Policlinico di Sant'Orsola da due mesi. Perché era in coma. Ora, ti risulta che un essere umano possa essere contemporaneamente in due posti diversi?»

«Hm.» Il gatto smuove un poco la coda. «No, non mi risulta.»

«E ti risulta... che un uomo in coma, possa prendere le gambine nel bel mezzo del suo stato comatoso e decidere di andare a passare la notte in un motel fuori città?»

«No.»

«Bene. Neanche a me. E quindi? Non credi che sia il caso di darmi delle spiegazioni?!»

«Hm.» Il gatto pare rifletterci su. «Puoi essere più specifica? Su cosa, di preciso, ti servono delle spiegazioni?»

Marzia digrigna i denti. «Io ti...»

«Ehi!» Aiakòs fa un altro balzello all'indietro sul gradino. «Senti, mi dispiace se mi trovi così irritante. Ma in ogni caso dubito che strozzarmi possa esserti in qualche modo d'aiuto.»

Marzia chiude i pugni contro i fianchi. «Mi ha chiamato Giuliana sul cellulare, ieri pomeriggio. Mi ha detto che, dal registro, non risulta che nella stanza tre ci sia stato nessuno, nonostante io ricordi benissimo di aver registrato tutti i dati di quel tizio...»

«Di questo ti avevo avvisata, però.»

«...e di avergli consegnato la chiave. Lei sostiene che, la mattina dopo, c'era solo la porta aperta... e la chiave abbandonata sul letto. Nessuna traccia, però, che qualcuno avesse pernottato lì dentro. E dopo qualche ora vengo a scoprire che quel tizio non solo è morto quella stessa notte, ma che non avrebbe in alcun modo potuto trovarsi davvero qui al motel, perché era in ospedale. Quindi: o io sono impazzita, e mi sono messa a girovagare per il motel in stato di trance per aprire io stessa la stanza e lasciarci dentro la chiave, immaginandomi tutto il resto...»

«No, non sei impazzita, Marzia...»

«...Oppure tu mi devi spiegare che cosa cazzo vorrebbe dire che il Purgatory Motel è un portale che conduce a un altro piano. Dimmelo: quale sarebbe, questo altro piano?! E perché quell'uomo risulta che sia morto proprio quando... Quando...» La gola di Marzia si occlude. Riecco che le manca il fiato. Si blocca, si aggrappa allo spigolo del gradino e ricaccia indietro il grumo di catarro. Se si mette a tossire ora, salta tutta l'operazione.

«Marzia...» Gli occhi gialli del gatto, lucidi oltre all'opacità del cristallino, sembrano... tristi. «Io credo che tu abbia già tutti gli elementi per trarre le tue conclusioni da sola.»

«Dio...» Marzia si porta una mano sul petto, all'altezza dei polmoni. «Non ha senso. Erano... da poco passate le due e mezza, quando lui è arrivato qui.»

«Sì, lo so... C'ero anch'io.» 

«Ma là, al cimitero, mi hanno detto che è morto alle tre. Lui... avrebbe dovuto essere ancora vivo, quando è comparso...» Strizza le palpebre. Ora si deve reggere la testa.

«Be', sì, Marzia. Questo te l'ho detto. Per attraversare il passaggio... è necessario entrare all'interno di una di quelle tre stanze. Perciò, finché ti trovi all'esterno...» Lascia in sospeso la frase.

«Quindi... Il passaggio è... davvero...» Si ferma. Non riesce a pronunciare la parola che ha sulla punta della lingua.

La morte.

«Sì» le sussurra Aiakòs in un gemito.

«Tu non puoi parlare sul serio.» 

«Io non posso forzarti a credere in nulla. Ma... anche la prima volta che abbiamo parlato, tu non credevi fossi serio. Eppure... »

«No. Tu non sei stato chiaro affatto, l'altra sera.»

«Credi sarebbe cambiato qualcosa, se lo fossi stato?»

«Hai parlato di... Di entità ben più grandi di noi. Che cosa... Cosa vuol dire? Chi sono?!»

Il petto del gatto, ora, si rilassa. Da eretto che stava sulle zampe, si accomoda sugli arti posteriori, coda contro il muro. «Sai... Non credo di avere le risposte proprio a tutto, Marzia.»

«E perché hanno scelto me? Perché, io?! Io non ho acconsentito a nulla di tutto questo! Tu... Tu non hai spiegato un cazzo!» Deglutisce, ora, e digrigna i denti, perché sente l'angoscia salire e, con essa, le lacrime, e la rabbia è l'unico modo che conosce per ricacciare indietro la paura. «Tu non mi hai chiesto se volessi avere qualcosa a che fare con questa storia, e, guarda un po'...? Notizia del giorno: non voglio!»

«Marzia...»

«Non... Non voglio...»

«Mi dispiace. Non dipende da me. Tu sei la Guardiana, punto e basta.»

«Non me ne frega un cazzo di essere la Guardiana. Non ho acconsentito.»

«Be', che tu acconsenta o meno, i viaggiatori continueranno a venire qui e a rivolgersi a te per avere le chiavi».

«Cristo!» Marzia batte un piede a terra. «Che devo fare, per non vederli mai più?!»

«Uhm.» Il gatto, malfermo, si stende in avanti e allunga le zampine di fronte a sé per stendersi sotto agli ultimi raggi solari. «Be', forse puoi provare a licenziarti, così non sarai più costretta a venire qui.»

Marzia, per un attimo, solleva lo sguardo verso di lui, per aggrapparsi a quello che le viene offerto nelle sembianze di un microscopico briciolo di speranza. Poi, però, riflette su ciò che ha detto davvero. 

Licenziarsi.

I suoi occhi si spostano verso un punto invisibile oltre il muro, là dove dovrebbe trovarsi l'entrata della reception. 

Non ci sono cazzi che lei possa permettersi di licenziarsi.

«Vaffanculo, ignobile demonio.»

Aiakòs non si lascia offendere da quell'esternazione, dettata dal timore dell'ignoto, più che dall'odio. Lascia che si dilati un certo silenzio tra loro due, e neanche per un istante distoglie lo sguardo dall'umana. Lei cerca di ispirare aria più e più volte, nel tentativo di riprendere il controllo di sé stessa.

«Marzia...»

«Taci, ti prego. Smettila di parlare con quella stupida voce.»

«Dammi retta, vai a casa e fatti una dormita. Hai ancora qualche ora a disposizione prima dell'inizio del turno. Devi riposare.»

«Che tu possa risvegliarti secco» gli sibila, prima di allontanarsi verso la sua auto. «Maledetto Sacco di Pulci».

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