23. Aiakòs
L'auto sfreccia sotto la pioggia notturna, lungo Via Aldina, per lasciarsi Lippo alle spalle; e poi per Via Ungheri, a fianco di San Vitale; e poi su Via Garibaldi, in direzione di Rizzola; e allunga il suo viaggio di quindici minuti almeno, rispetto a quello che avrebbe fatto in circostanze normali, pur di entrare in via Persicetana a partire da settentrione e arrivare a Bargellino senza passare di fronte all'entrata del motel.
Chi dovrebbe essere di turno, questa notte? Forse Veronica, la moglie del Frittelli? O forse Giuliana...? O magari quella ragazzetta dell'università, amica di Claudio, che lei ha visto solo due volte perché non è parte dello staff e fa solo un part-time per arrotondare...?
Purtroppo Marzia non ha memoria di che fine abbia fatto la sua tabella; per quel che ne sa, potrebbe anche averla buttata l'altro giorno, dopo aver saputo che i turni sarebbero stati riorganizzati entro lunedì... E forse non ha nemmeno importanza, dove sia, perché, anche se ce l'avesse in mano, quella tabella, non è detto che ne ricaverebbe qualcosa, visto che il suo improvviso permesso per lutto potrebbe aver comportato l'alterazione di tutti gli orari di quei giorni di transizione.
E poi, il suo scopo non è scoprire quale dei suoi colleghi ci sia adesso, al banco. Il suo scopo è evitare di essere vista, da chiunque di loro.
La pioggia batte forte dopo la rotonda, sugli immensi campi che si stendono sulla sinistra, e sugli anonimi fabbricati sulla destra; batte sugli alberi spogli, sull'asfalto, sui cartelli e sul parabrezza. Batte da giorni, a quasi ogni ora del giorno e della notte, e sembra non finire mai.
E la Persicetana, così sgombra, corre dritta sotto la tempesta; e l'ansia dell'arrivare in fretta a destinazione si accompagna a un senso d'inquietudine dato dall'incertezza, dal non avere chiaro dove porterà.
E il vestito acquamarina, sotto al telo di plastica, riflette ora i fasci luminosi dei lampioni intermittenti, ora il bagliore di un lampo, che per un unico istante rende il cielo del colore del latte... Ora la luce al neon dell'insegna del motel.
Marzia non ha trovato nessun veicolo in arrivo dalla corsia opposta, e non c'è nessuno nemmeno dietro di lei. La svolta verso il piazzale, con l'indicatore di direzione inserito, avviene fluida, senza tentennamenti.
È da parecchio passata la mezzanotte.
«Aiakòs...»
Il parcheggio di fronte all'agenzia di auto a noleggio, oltre alla pensilina del distributore, è deserto. Marzia si sbatte la portiera alle spalle, mentre la pioggia si abbatte sui suoi capelli; e ruota sul posto, saggia ogni opaca zattera di luce alla deriva nel buio: nei pressi dell'entrata, attorno alla scale antincendio...
E Aiakòs è poco più in là, rannicchiato contro il muro, dietro al cassonetto. Riesce a distinguere i suoi occhi, due palline gialle che rifrangono per un istante la luce al neon.
«Aiakòs!»
Inizia a correre verso di lui; si lascia l'auto alle spalle, passa sotto alla pensilina e risbuca dalla parte opposta; e quei piccoli occhi si fissano su di lei.
«Marzia...!» le risponde, arrochita, la piccola creatura.
E, con esasperata lentezza, tenta di alzarsi.
Solo una zampa alla volta... un muscolo alla volta.
E, nonostante tutto, tiene la coda alzata, con entusiasmo. E i suoi occhi non si distolgono da lei.
«A-aiakòs...» Il suo nome, stavolta, le muore tra le labbra.
A tre metri da lui, Marzia resta bloccata sotto lo scroscio.
«Marzia, come mai sei qui...? Credevo...» Aiakòs tenta di andarle incontro e, anche quando le sue zampe anteriori si incrociano di fronte a lui, e il suo corpo sta per capitolare di lato, il suo sguardo resta fisso su di lei. «Credevo che saresti stata a casa...»
Il suo fianco batte contro l'asfalto, si deve rialzare; e i suoi occhi sono ancora su di lei.
Marzia si accovaccia al suolo; la faccia perpendicolare al terreno, le spalle ricurve. Ha dovuto farlo, perché non ce la fa più a tenersi in piedi, a sostenere il peso di tutta questa distruzione.
E Aiakòs, nonostante tutto, la raggiunge sotto la tempesta.
«Non pensavo di vederti qui stasera, dopo... Dopo l'altra notte...» le dice.
«Aiakòs... È... È proprio per questo che sono qui... Non riesco a darmi pace, c'è qualcosa che non torna... Io... Tu... Forse tu sai... Forse tu puoi darmi una spiegazione.»
Aiakòs continua a guardarla. Il suo musetto, ora, è imperlato di pioggia.
«C'è ... C'è qualcosa che non va, in quello che è successo con mia madre... Perché mio fratello... Mio fratello... Mio... Lui...»
«Marzia, respira» le dice il gatto in fin di vita. E, solo per questo, Marzia si accorge di stare singhiozzando. Inspira forte dal naso. Perché non può dirgli di no.
Inspira, e c'è l'odore della benzina, della pioggia del cassonetto, del morbo di Aiakòs.
Espira. E si affloscia come un palloncino.
«Aiakòs...» sussurra. «Prima dell'altra sera, ogni volta... che un'anima è comparsa, di fronte a questo motel... essa apparteneva a una persona che era ancora... viva.» Serra i denti. «È così?!»
Il gatto sbatte le palpebre.
«Sì...»
«E allora mamma avrebbe dovuto essere ancora viva!» Di scatto, i suoi pugni si stringono, il suo corpo si solleva, e batte un piede al suolo. «Ancora...!» Deglutisce il pianto. «E invece lei... Lei era già morta... Mio... Mio fratello... E lei... Lei...» Chiude gli occhi. «Aiakòs, spiegami. Ti prego, dammi una spiegazione... Dimmi cosa sta succedendo.»
Ma Aiakòs non risponde.
Lascia passare così tanti secondi che l'ira di Marzia continua a salire; ed è così forte e distruttiva che non le è subito chiaro che non è il gatto colui a cui dovrebbe essere rivolta.
E, quando riapre gli occhi, lo sguardo appannato di Aiakòs è diretto verso un punto imprecisato, nel buio.
«Aiakòs...?»
Ma le sue pupille sottili si muovono a destra, a sinistra, tra le ciglia lunghe e bianche; e Aiakòs pare concentrato in una lunga concatenazione di congetture, al termine della quale, dopo un lungo rimuginare, sospira.
«Oh...»
E al posto di quello sguardo perso, emerge la tristezza.
«Ho capito...»
«Cosa, hai capito...? Aiakòs...?»
E il gatto solleva di nuovo il muso, il suo cranio fa piccoli movimenti ondulatori, per ritrovare l'equilibrio sulle zampe instabili; e Marzia ha la netta impressione di poter vedere il suo cuore battere, sotto al pelo sporco. Fino a questo punto, è magro.
«Marzia... tu, a un certo punto, devi averne avuto il sentore... che questo luogo, proprio questo, in cui ci troviamo... al di là della bizzarria del suo nome...» Muove il mento in direzione dell'insegna. «...è davvero una qualche forma di purgatorio.»
Marzia corruga lo sguardo. «S-sì...»
«Sì...» ripete il gatto. «Ma ti sei mai domandata... purgatorio... per chi?»
«Per...» Nel suo ventre, le viscere ribollono, una forte nausea la investe. «Per... Per le anime, per...»
Il gatto abbassa le orecchie.
«Aiakòs... Cosa...»
«Non ti sei mai chiesta come mai, proprio tu... Proprio tu, sei stata scelta per assolvere a questo incarico...?»
«Io...»
«E perché solo tu, io e nessun altro... possiamo vedere il passaggio di questi viaggiatori?»
«Ma... credevo fosse...» Il battito del suo cuore accelera. «Credevo fosse una conseguenza del... Aiakòs, cosa... Cosa vuoi...?» Le manca il respiro.
«Ricordi cosa dicesti di me, quando ci siamo conosciuti?»
«No, cosa...? Non...»
«Proprio la prima sera, la prima volta che ci siamo parlati. Tu eri seduta sul gradino dell'ingresso, e avevi un vassoio... Io ti chiesi se potevo avere un po' del tuo cibo.»
«Ti... ti-ti risposi di no, che non te l'avrei dato... Ti ho... Ti ho chiamano Sacco di Pulci...»
«No, Marzia. Non mi riferisco a questo. Mi riferisco all'altra cosa.»
E Marzia, col terrore nel sangue, scuote la testa. «No. Aiakòs... Non so a cosa...»
«Guardami, Marzia. Può esserti davvero sfuggito di mente? Eppure... è una verità evidente... a chiunque mi guardi.»
«Oh, Aiakòs, io...»
«Mi dicesti che stavo morendo.»
«Ascolta, sono stata insensibile con te, quella sera, ma...»
«Mi dicesti che ero moribondo... perché è quello che sono... Marzia. Io... mi sono beccato una malattia a cui non c'è cura... proprio come dicesti tu. Ed è proprio questo, il punto.»
«Ma, Aiakòs...»
«Ormai dovrebbe esserti chiaro, Marzia, che il passaggio da un mondo all'altro non è come... Come un interruttore. Non è acceso-o-spento, non è un qui-o-lì... ma è più come la luce di una candela. È graduale, perché esiste uno stato intermedio, tra oscurità e luce. Tu lo hai visto, lo hai visto nel passaggio di quei viaggiatori, che avrebbero dovuto essere vivi, eppure erano qui. Lo hai visto coi tuoi occhi, e perciò sai che è reale... Ma ciò che, forse, ti è sfuggito, è che più un essere vivente si avvicina alla sua fine... più i confini sono sfumati.»
«Aiakòs...»
«E questa è la risposta alla tua domanda, Marzia...» Con le zampine tremanti, ormai del tutto intrise di acqua sporca, Aiakòs si accuccia al livello del suolo. «Se hai potuto incontrare tua madre, anche se era già morta... è perché vi siete trovate in una realtà a metà strada... che è quella in cui siamo noi.»
«N-noi...» La sua voce fatica a uscire dalla gola.
«Sì. Sia io che te siamo a metà di quella strada, Marzia. Perché là dove può trattenersi chi è già morto, c'è anche chi ha già iniziato a morire.»
«No, Aiakòs. No...»
«Ed è questo il motivo per cui tu sei la Guardiana del Portale, e per cui io sono il tuo messaggero.»
«Io... No, io non sto morendo.»
«E invece sì...»
«No!» Marzia inizia a tossire; e non riesce a tenere lo sguardo fermo su un punto. Tutto, attorno a lei, sembra aver iniziato girare.
«Mi dispiace.» A fatica, prova a rialzarsi, a compiere qualche passo verso di lei. «Anche questo era uno dei miei incarichi, era... Era mio dovere spiegarti, e tutto, stavolta... quando fosse stato il momento.»
«No... Stammi lontano...»
Perché so che presto...
«Marzia...»
«Stammi lontano, cazzo!» Marzia indietreggia, a grandi falcate, e batte un piede in una pozza.
Presto saremo di nuovo insieme.
«Marzia, ascolta, non avere paura. Quando te la sentirai, io sarò qui...»
Ma non stasera.
E lei si volta all'indietro.
«Io... l'attraverserò con te.»
«Cazzo, basta! Sta' zitto!»
E prende a correre sotto la pensilina, verso la sua auto.
«Marzia!»
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