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13. Il telegiornale

Marzia esercita con entrambi i pollici una pressione sulla cavità duttile del blister. La compressa di ibuprofene, bianca e a forma di sferoide oblato, sfonda il foglio di alluminio, rotola sulla tovaglia cerata del tavolino da pranzo e si ferma vicino al bicchiere d'acqua. La sua coinquilina, accomodata sul divano a qualche passo da lei, è concentrata nell'ascolto di un servizio del telegiornale in onda su TRC Bologna.

«Se senti questo appello, ti prego, torna a casa.» Una voce femminile prorompe dallo schermo: una donna, forse di poco più giovane di Alice, proietta lo sguardo a quarantacinque gradi rispetto all'obiettivo che la riprende, e parla sommessa in una sfilza di microfoni, tutti retti da braccia che restano fuori dall'inquadratura.

«Oh, Marzia...» Alice si volta all'indietro.

«Hm?»

«Hai sentito questa notizia?»

Nell'inghiottire la pastiglia di Moment, Marzia solleva il mento e assottiglia lo sguardo verso il televisore. L'intervistata ha i capelli castano scuro, raccolti in un mollettone. Sembra trovarsi di fronte a una serie di villette a schiera, impossibile riconoscerne l'indirizzo. 

«Siamo preoccupati, e...»

«È successo vicino a dove lavori tu» aggiunge.

Marzia le fa di no con la testa. Si porta il bicchiere alle labbra, prende un sorso d'acqua e butta giù la pasticca.

«...qualsiasi cosa sia successa, appena possibile...»

Alice alza il volume.

«...facci sapere che state bene, ti aspettiamo.»

«Prosegue così, anche nella giornata di oggi, la ricerca di Sofia Bandini e Alessandro Sallusti, i due adolescenti di cui si è persa ogni traccia dalla tarda serata di mercoledì scorso.».

Le immagini trasmesse di sfondo alla voce fuori campo, ora, sono di repertorio. Inquadrano cartelli stradali, squarci di vie, automobili dei caramba parcheggiate nei pressi di un posto di blocco.

«Secondo la ricostruzione dei familiari, Alessandro, diciotto anni, è uscito di casa attorno alle ore 20 e, con l'auto presa in prestito dal fratello, ha raggiunto l'abitazione dell'amica Sofia, sedici anni appena compiuti, per portarla a cena fuori in una pizzeria del centro di Bologna. Poi il rientro a Bargellino, la sosta di fronte al BLQ Skatepark dove, stando al racconto di un testimone, qualche minuto dopo le 22, Sofia e Alessandro avrebbero avuto una violenta lite, al culmine della quale la ragazza sarebbe stata costretta dal giovane a risalire a bordo della Fiat Punto nera, targata BB 180 VM e ad allontanarsi con lui. Da quel momento, i telefoni risultano irraggiungibili...»

Sullo schermo compare il volto di Sofia. Marzia distoglie in fretta lo sguardo.

«Ti prego, spegni.»

Alice si volta.

«I familiari, dopo l'ennesimo tentativo di rintracciare i ragazzi, si sono rivolti ai...»

«Non... Non voglio sentire.»

Un click sul pulsantino in alto del telecomando, e lo schermo si oscura.

Silenzio.

«Marzia...?»

«Che... c'è?» L'altra chiude gli occhi, esausta, e si porta i polpastrelli alle tempie. La testa le fa ancora male. Ci vorrà un po' perché l'antidolorifico faccia effetto.

Alice alza le spalle. «Non lo so. Sono un po' preoccupata per te, a dire il vero. Da quando hai iniziato questo turno di notte al motel, sei... distrutta, emaciata... E poi, il tuo umore...» Scuote la testa, lasciando in sospeso la recriminazione.

Marzia sospira. Allunga il braccio al ripiano della finestra, afferra il pacchetto di Gauloises. «Sì, lo so...» La sua voce è cupa, priva di energia. Quando incrocia di nuovo il suo viso apprensivo, per un attimo, si chiede se non potrebbe raccontarle ogni cosa. Da cosa dovrebbe partire, nel caso? Dal gatto? Dal funerale a cui si è imbucata? O magari dal fatto che, a differenza della polizia, lei è certa che quella ragazza sia morta? Nella sua mente, immagina quell'ipotetica conversazione in un diagramma di flusso, in cui ogni linea porta a un blocco più complicato del precedente. La sola idea le consuma tutte le forze. «Sono molto stanca, non sono riuscita ad abituarmi all'orario nuovo. Ma, tanto, non credo durerà ancora a lungo. Il Frittelli ha detto... due settimane, se non sbaglio. Se proprio dovessero esserci dei contrattempi, mi aspetto che saranno tre, non di più... Terrò duro.»

Alice, la spalla appoggiata allo schienale del divano, aggrotta la fronte e resta un po' a fissarla, incerta. Poi, scuote la testa. «No, non è questo, secondo me. Se tu fossi stata solo stanca non ci avrei trovato niente di strano. Ma tu... Tu non sembri stanca, Marzia. Sembri proprio ammalata. Senti, ma... sei sicura di non esserti buscata qualcosa?»

Marzia fa scattare la rotella dell'accendino, la fiamma sfavilla di fronte a lei. «Tipo cosa?» Muove la bocca solo da un lato per parlare, per non farsi sfuggire la sigaretta dalle labbra.

«Tipo un'influenza. Ti sei misurata la febbre?»

Una boccata di fumo, poi inclina la testa all'indietro e lo espelle in direzione del soffitto. «Non ho l'influenza...» 

«Sarà... Ma non sarebbe meglio se prendessi appuntamento dal medico di base, per scrupolo?» Poi, di colpo, spalanca le palpebre e si solleva in piedi. «Aspetta,» ginocchio sulla seduta, entrambe le mani aperte sullo schienale, «quanto tempo è che non fai un tampone?!»

«Oh, Dio. Non ho il covid, Alice.»

«E come fai a esserne certa?! No, perché, sai... Anche quella tosse, ora che ci penso...» 

«Uff...» Marzia scuote la cicca nel portacenere al centro del tavolo.

«Hmmm...» La coinquilina si porta le dita al mento, pare concentrata. «E se te lo andassi a prendere io?! Uno di quelli casalinghi, hai presente?»

«Gesù, Alice. No. Se proprio, proprio... ci andrei da sola. Non serve che me lo porti tu, dai. E su, non sono così malmessa. Ci so ancora arrivare, fino alla farmacia...»

«Sì, certo. Però tu, di tua sponte, non ci vai.»

Marzia alza gli occhi al cielo. Inspira a lungo dal naso. «Ora insisterai finché non farò quel maledetto tampone, vero?»

«Esatto.»

«Buono a sapersi.»

«Senti, ho una proposta.» Alice riporta entrambi i piedi a terra, sul tappeto. Con lo sguardo cerca le pantofole e, dopo averle calzate, supera il divano e si avvicina al centro del salotto. «Domani è sabato, giusto?»

«Hm-hm.»

«E tu non dovrai tornare al motel fino a... lunedì sera.» 

«Arriva al punto.» 

Alice scosta di lato una delle sedie e, con movimenti goffi, prende posto di fronte all'amica. «Sia io che te saremo a casa, libere da impegni. E se... E se ci organizzassimo per fare qualcosa insieme? Ad esempio, per passare una serata fuori. Cinema, ristorante... Pensaci: stiamo solo a un quarto d'ora di macchina da Bologna, eppure, anche i fine settimana, li passiamo sempre chiuse qua dentro.»

«Uhm...» In effetti, non può darle torto. Marzia non ha mai spiccato per intraprendenza, sotto questo punto di vista; mentre Alice, be'... Alice non ha la patente.

«Allora» continua con foga, senza attendere una risposta. «Invece di passare l'ennesima giornata in casa di fronte alla televisione, usciamo, svaghiamoci! Dopo aver fatto il tampone, ovviamente. Eh? Che ne dici? Magari ti fa bene... No?»

Per qualche secondo, il frame del viso della ragazza passato nel servizio del telegiornale si fonde col sorriso gentile di Alice, con la sua cura quasi materna; e tutt'e due si mescolano col ricordo di Leda, e con quella fase della sua esistenza in cui la vita non le faceva ancora schifo, non era ancora così intollerabile.

«Va bene, dai.» La cicca si spegne, con uno sfrigolio, sul fondo del portacenere di plastica.

«Ma tu sei proprio sicura che troveremo posto a un tavolo, così, senza uno straccio di prenotazione...?» 

Dopo un tragitto a piedi di quasi due chilometri dal luogo del parcheggio, Marzia ora scruta con crescente perplessità l'assembramento che le si distende davanti, concentrato in densità sempre maggiori man mano che lei e l'amica si addentrano lungo Via Delfino Insolera.

Di fronte a loro, in lontananza, le luci della sagra. Alle loro orecchie arriva, attutito, un motivetto bavarese da uno degli spalti, a sovrastare il brusio della folla.

«Per la decima volta, sì, Marzia! E poi, noi ce l'abbiamo, la prenotazione.»

«Sì, ma non è a nome nostro. È a nome di quella tua collega... Lo... Loredana... Lauretta...»

«Loretta.» Alice completa la sua frase, senza alcuna intonazione nella voce. 

«Va be', quella là

A differenza di Marzia, Alice si è tirata a lucido prima di uscire: dai capelli morbidi e freschi di shampoo sbucano due pendenti incastonati di pietruzze, forse di bigiotteria, ma abbinati con criterio alle perline della lunga collana che le scende fino a metà del petto, su una blusa nera decorata da una fantasia di colibrì.

«Marzia, non vedo cosa dovrebbe importargliene, a loro, se una tizia che aveva prenotato non può più venire e ha ceduto il suo posto a noi.»

«Hmmm.» Con le mani in tasca, Marzia svolta verso sinistra ed entra in Piazza Lucio Dalla. «Non mi fido di quella donna. È infida.»

«Infida?! Loretta?!» Alice si volta verso di lei, a occhi sbarrati. Poi scuote la testa, si rifiuta d'indagare la ragione di quell'impietoso giudizio e schiva all'ultimo secondo un tizio dalla t-shirt sudaticcia che le attraversa la strada senza guardare dove mette i piedi. «S-senti, se non ci daranno il tavolo, faremo retro-front e andremo al ristorante... Pago io, va bene? Comunque, credo ti stia squillando il telefonino.»

«Come?»

L'Oktoberfest di Bologna, quanto a ressa, non è certo paragonabile a quello originale di Monaco di Baviera. Tuttavia, è pur sempre il più grande biergarten di tutta la penisola, o almeno così dicono, e l'inquinamento acustico è devastante. La suoneria del cellulare non si era nemmeno avvicinata alla sua soglia dell'attenzione. Quando lo estrae dalla borsa, sullo schermo c'è il numero di casa di Rimini.

«Mia madre» borbotta.

«Okay.» Alice indica uno stand, al di là di una grande distesa di tavoli oblunghi, pieni di gente seduta. «Io vado a sentire, tu aspettami qui. Non muoverti!»

Così, mentre Alice si allontana facendosi largo a zig-zag tra la gente alticcia, Marzia si porta il telefono sull'orecchio. 

«Pronto?!» risponde, a volume altissimo.

«Ron-zia? Mi s-ti? P-»

«Mamma...? Pronto?! Ma porca miseria.» Marzia non può far altro che allontanarsi in un punto meno affollato della piazza, il palmo premuto sull'orecchio libero, alla ricerca della quiete e del segnale perduto. Pazienza se Alice le ha appena detto di stare ferma in quel punto.

«Marzia, tesoro... Ora mi senti?»

«Sì, mamma, ora ti sento» le risponde con un certo affanno, una volta raggiunto uno spiazzo d'erba più sgombro.

«Ottimo! Bene! Ma mi hai chiamata tu, prima?»

«Ehm... No. Perché?»

«Oh! Ero... convinta... Ho sentito squillare il telefono, ho richiamato Danilo ma mi ha detto che non era lui. Pensavo fossi stata tu!»

«No, mi...» Una fitta di dirama dal centro del petto. Certo, il primo a cui sua madre ha pensato è stato Danilo. Perché lui, a differenza sua, anche quando non può passarla a trovare a casa, le telefona sempre. Almeno una volta al giorno. «Mi... mi spiace, mamma.» Le esce, un po' fuori contesto. Ma subito recupera: «Come stai?»

«Eh, come vuoi che stia...? Ho l'età che ho, non si può pretendere più di tanto. Tu, piuttosto. Come mai questa voce?» le chiede, in tono appena inquisitorio.

«Perché, cos'ha la mia voce?»

«Marzia... Vuoi che non mi accorga di quando c'è qualcosa che non va...? Come se non ti conoscessi...»

Marzia sospira. Con Alice, sua madre è la seconda persona che ha notato qualcosa di strano in lei, da qualche giorno a questa parte. Non credeva di essere così trasparente. Ancora col telefono appoggiato all'orecchio, ruota su se stessa e si guarda attorno. Sembra non esserci un posto libero a cui sedersi neanche a pagarlo oro. Un passo davanti all'altro, inizia a muoversi in una direzione imprecisata, tenendo lo sguardo a terra.

«Hai ragione, mamma, non sto bene. Ma... è complicato da spiegare al telefono.»

«Spiegamelo di persona, allora! Passerai a trovarmi a Rimini, domani?»

Merda. Giusto, domani è domenica.

«Non so se ce la faccio stavolta, mamma. Sono davvero distrutta e... Ed è già tanto che Alice sia riuscita a convincermi a uscire stasera... Tutto il viaggio in macchina fino a Rimini...» Fa no con la testa, anche se sa che sua madre non può vederlo.

«Oh, siete in giro!» esclama lei, con inspiegabile entusiasmo.

«Sì, c'è... una specie di sagra. Ma credo mangeremo solo una cosa, poi torneremo subito a casa.»

«E perché mai? Oh, su, divertiti! Guarda che quando avrai la mia età non avrai molte occasioni di farlo.» Fa una pausa. «Cara, ascoltami. Tu sei una donna in gamba...»

«Uhm...» Il discorso sta prendendo una piega strana.

«Davvero. Sei sempre stata la più intelligente dei miei figli.»

«Be', mamma, non è che la concorrenza fosse spietata...»

«No, fammi parlare. Qualunque cosa ti affligga, sono certa che ne verrai a capo. Hai affrontato a testa alta tante sfide... Credi che non me lo ricordi?»

Marzia sente le sue spalle afflosciarsi, come se le forze venissero meno. Ma, insieme alla forze, c'è anche un peso, da qualche parte nel suo petto, che sembra scivolare via. Eccolo, un posto in cui sedersi: una panca in legno, avvolta nel nylon. Marzia mette sull'estremità e prende a guardarsi le scarpe, tutta china in avanti. «Non lo so, mamma. Forse, stavolta... è diverso.»

«Io ho fiducia in te, cara. Non so di cosa si tratti, ma sono certa, però, che se tu non puoi trovare una soluzione, allora nessuno può. E, qualunque cosa accada, ricordati che tu fai dei tuo meglio, e che non devi pretendere da te stessa più di ciò che sarebbe lecito chiedere a chiunque altro. E in ogni caso...... Sai che potrai sempre venire qui, vero? Io ti aspetto sempre.»

Marzia resta a lungo in silenzio, gli occhi concentrati su un ciuffo d'erba, calpestato da così tante suole da essere rimasto schiacciato rasoterra. Non saprebbe spiegare neanche il perché, ma, in qualche modo, si sente meglio.

«Grazie, mamma.»

«Ecco. Ti aspetto il prossimo fine settimana, intanto. D'accordo? E porta pure la tua Alice, che non la vedo mai!»

Giusto. Alice. Dove cacchio è? Solleva le spalle: la sua amica si sta guardando attorno, spersa, nel punto in cui avrebbero dovuto ritrovarsi. Marzia fa leva sul nylon della panca e si porta in piedi. «Va bene, proverò a chiederglielo, se vuole venire...»

«Brava. E pensa a divertirti stasera. Ti voglio bene.»

La chiamata s'interrompe e Marzia si rinfila il cellulare in borsa. Alice, a poca distanza, blocca la giravolta non appena incrocia il suo sguardo. Un ampio sorriso si allarga sul suo volto, sospira di sollievo.

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