CAPITOLO 07 - Imitation Of Life
Niklas passò pigramente il panno bagnato sulla lavagna, mentre il gesso colorato svaniva lasciando una scia traslucida sulla superficie nera. Ebbe l'orribile sensazione che al pari del gesso colorato, anche i suoi ricordi stessero svanendo, spazzati via da un rapido colpo di spugna.
Ogni interminabile momento in quel luogo si portava via un frammento di quello che riteneva essere la sua vera vita.
La caccia... Barça... Di giorno in giorno appariva sempre più come un sogno lontano.
Tutto in quel luogo era così reale, tutto era quasi più giusto, tutto tranne Maël.
Cercava di essere soddisfatto di quel posto, Florenia, una bella città dove passare del tempo e insegnare la propria lingua.
Mikhail era con lui, ovviamente. Non poteva esistere una realtà in cui il suo Mikhail non lo avrebbe seguito anche in capo al mondo. Pareva fosse destino che il ragazzo scegliesse di sacrificare tutto per lui. Vivevano assieme in un piccolissimo appartamento in centro città.
Suo padre lo chiamava regolarmente per avere notizie, sua sorella Emily si lamentava di continuo di Loonia, la loro città natale, era tutto perfetto, aveva una famiglia, amici, un lavoro tranquillo... eppure Maël non era con lui ed era quel costante senso di vuoto a mantenerlo agganciato alla sua realtà, ad impedirgli di abbandonarsi completamente a quel bel sogno.
Ogni qual volta sentiva i ricordi scivolare via una fitta al petto gli ricordava di non poter appartenere davvero a quel posto, per quanto lo desiderasse.
Lo aveva cercato e lo aveva trovato, Maël Corbière sapeva farsi notare in qualsiasi realtà esistente. In quel mondo era un uomo di spettacolo, aveva sorriso quando lo aveva scoperto. Era decisamente da lui pavoneggiarsi davanti a una telecamera, irretire le meni di chi gli stava attorno con il suo fascino e il suo carisma.
Il solo problema era che non voleva parlargli.
«Non cercarmi più...» era il massimo che riusciva a strappargli.
Niklas riagganciò di nuovo il telefono e fissò Mikhail con aria sconsolata, neanche si era degnato di rispondere stavolta. Aveva ascoltato la sua squillante voce di facciata e lo aveva nuovamente supplicato di ascoltarlo, perché semplicemente non lo ascoltava? «Perché reagisce sempre in questo modo?».
Mikhail rise incredulo «Ti odia, non dirmi che non te lo ricordi!». Quando Niklas scosse la testa il ragazzo rise divertito.
No, davvero non lo ricordava, ricordava le campanule blu, di fate. Ricordava il suo sguardo velato nella penombra del bosco, ricordava il senso di sicurezza che gli trasmetteva la sua presenza. Ricordava un grande albero morto al centro di una radura.
Non posso farcela senza di lui, fu la sola cosa che gli balenò nella mente, era perso senza di lui.
«Devo parlargli, in qualche modo... so che è all'altro capo del mondo... ma ci deve pur essere un modo di raggiungerlo».
«Bene» esclamò evidentemente divertito Mikhail «Quale sarebbe il piano?» e Niklas si trovò spiazzato.
«Vedi, tu lo hai lasciato, gli hai spezzato il cuore... forse tu non lo ricorderai per qualche assurdo motivo, ma lui si... e ti odia!» aggiunse Mikhail.
Ottima sintesi pensò Niklas, semplice e catastrofica.
Maël sbattè le palpebre lentamente e alzò il volume della televisione con il telecomando. Doveva piacergli molto quella cantante, lo sentiva, in quella realtà sei sentiva molto legato a quella donna. Non si oppose a quella sensazione, la lasciò fluire dentro di sé. Non capiva bene quello sport, ma trovava molto attraenti i suoi partecipanti.
Mugolò soddisfatto e si coprì con la morbida coperta rosa poggiata in grembo.
Era piacevole quel corpo, nonostante fosse tanto debole non stava morendo, era solo un essere umano.
Spense la televisione e si recò in bagno, si tolse la vestaglia e rimirò quel corpo nudo allo specchio.
Ricordava la prima volta che si era osservato, aveva scoperto molto più tardi che lo avrebbero definito bello, attraente. E lui come si definiva?
«Tu come ti definisci?»
Il riflesso gli sorrise di rimando.
La hai con te non è vero?
Maël prese il portagioie. E lo portò davanti allo specchio, e li mostrò al suo riflesso. Alla fata che vedeva in esso.
Le ali di Phosphoro. La creatura che lo aveva trasformato in ciò che era? Ma chi era strato? Chi aveva sognato di essere?
Le ali lapislazzuli scintillavano e gli ricordavano tutto. Quanto aveva creduto di amarlo, quanto lo aveva fatto soffrire senza un apparente motivo. Gli aveva donato il suo cuore e lui lo aveva lacerato. Aveva tentato di strappargli le ali e per colpa sua stava ancora morendo.
Tu non lo ami, non lo amavi così come non amavi Mikhail! Non lo hai mai amato. Tu non appartieni a nessuno e mai lo sarai, sei mio!
Maël sollevò lo sguardo verso il riflesso. «Cosa vorresti dire? Non credo nell'amore, è soltanto un'orrenda colpa e una crudele illusione. Mikhail mi ha abbandonato, si è scordato di me... Posso contare solo sulle mie forze e sul fatto che mai più mi farò possedere .... ».
Ripetitelo, se ti conforta. Ma ti toccheranno ancora e ancora, perché dietro a tutte quelle parole sei solo una fragile creatura ferita.
Maël colpì il vetro con un pugno con tutta la forza di cui quel debole corpo umano era capace.
Il sangue colava lentamente e le ferite alle nocche pulsavano.
Lo senti il dolore? Ricordi quando in quelle interminabili notti loro venivano da te? Ricordi quando ti legnavano e ti laceravano l'anima nel profondo?
Poteva sentire il loro alito nauseabondo e il sapore del loro seme che non poteva rigettare. Perché doveva ricordare? Adesso era libero.
Ricordi i morsi del Primo e quell'orribile sensazione di morte imminente?
«Smettila di dirmi tutto questo! Non voglio ricordare! Perché? Io non so niente! Non so cosa lo ha portato ad odiarmi? Volevo solo il suo amore. Volevo stare assieme a Mikhail, volevo vedere le sue creazioni vederlo crescere come creatore di meraviglie non sterminare il mio popolo... E io... Il mio nome... Ho perduto il mio nome, ho perduto le mie ali, ho perduto il mio cuore... la mia anima... Non avrò mai la mia vendetta, perché... Voglio rimanere qua... Voglio trovare la pace... Voglio vivere». Maël si lasciò cadere a terra singhiozzando e stringendo al petto la mano ferita.
Povero principe... povero cuore sofferente.
«Perché mi chiami così? Io non sono un principe, non sono nessuno...»
Sei una principessa, splendente e bellissima... Il dolore non ti ha spezzato... Aggrappati a questo... Aggrappati al dolore, riappropriati della tua vita, lascia questa illusione. La verità è così vicina, la libertà e le fate di ghiaccio sono a portata di mano. Il Conte le porterà da te e presto capirai he solamente tu potrai liberare tutti noi... E finalmente saremo di nuovo insieme...
«Insieme? Chi sei tu?» sussurrò Maël rannicchiandosi su se stesso.
Io sono Kian e presto saremo di nuovo assieme, te lo prometto.
Maël si sollevò da terra e fissò di novo lo specchio e Kian era li e lo osservava, lo sguardo limpido e sereno, gli occhi di giada ricolmi di felicità. Si ricordava di quel momento quando Mikhail gli aveva donato un nome.
Mikhail era un tenero bambino allora e lo aveva guardato pieno di meraviglia
«Qual è il tuo nome?».
Ancora non ne aveva uno, non pensava nemmeno di averne bisogno e così gli aveva chiesto. «Tu che nome mi daresti?». KIAN... raggio di sole, nell'antica lingua perduta di Barça voleva dire anche portatore di sole.
Una fata impossibile, così lo avevano definito. Nato da un raggio di sole, caduto dal cielo su una sconfinata distesa di ghiaccio. Era nato in un modo impossibile e pieno di speranza e adesso doveva solo ritrovarla.
Kian... Quando il suo cuore si fosse liberato di quel dolore e avrebbe rotto le catene allora sarebbe rinato, avrebbe abbandonato il nome di Maël e sarebbe rinato ancora... E Kian sarebbe tornato alla luce.
Doveva crederci.
Sii forte principessa...
Principessa... Quale principessa?Non avevano senso quelle parole, Maël ancora non comprendeva...
Niklas afferrò la valigia, e urlò a Mikhail qualcosa.
Dovevano far fretta, o non lo avrebbero visto esibirsi quella sera.
Prima avevano perso l'aereo, poi li avevano bloccati per dei controlli. Arrivare a Nuova Amsterh era divantato davvero complesso ma Niklas non si era perso d'animo.
«Ripetimelo perché non sono sicuro di aver compreso» borbottò Mikhail afferrando la valigia e scrutando l'amico.
«Maël sarà presente per un'esibizione su ghiaccio stasera al Brian Park in centro e noi andremo li, abbiamo i biglietti per la serata al locale dell'albergo che seguirà e li potrò parlargli! Solo questo».
Mikhail sbuffò «Bel piano, semplice e STUPIDO!».
Presero un taxi, Mikhail si appisolò quasi subito, il viaggio sembrava non voler finire mai e Niklas ne approfittò di quel momento di silenzio per riflettere su tutto quello che gli stava capitando.
Mikhail era così diverso dal silenzioso e malinconico creatore. Aveva sempre l'impressione che il ragazzo fosse triste, come se sentisse la mancanza di qualcuno che non riusciva a ricordare. Fissare le opere di Gäuul gli davano sia gioia che infinita tristezza.
Ma non li, li era felice, rilassato e persino divertito da quella sua stupida testardaggine.
Perché non riusciva a gustarsi quella sensazione di quiete? Forse perché sapeva che quella realtà era un'illusione...
Lo era?
Eppure, nel suo mondo erano a conoscenza dell'esistenza dei Multiversi, li depredavano dall'alba dei tempi.
E se fosse caduto in uno di essi e se l'albero gli avesse aperto una strada verso un mondo più sereno?
NO!
Non poteva essere quella la sua realtà, non senza Maël.
Lo vide sparire oltre le barriere e il suo sogni di parlargli svanì di nuovo.
Mikhail quasi gli scoppiò a ridere in faccia «Non ti ha nemmeno visto lo hai notato?».
Niklas era ancora a bocca aperta.
Era sceso su sottili lame di acciaio e aveva danzato.
Era bellissimo, era così fragile così... Maël. Il suo Maël, quello che ricordava, quello che aveva stretto una notte tra le braccia temendo di perderlo, quello per cui aveva rischiato di morire usando parole di potere incise sulla sua spalla.
Quel Maël che per cui si sarebbe buttato nel fuoco. Quella rabbia, quella forza e al tempo stesso quella fragilità.
Adesso ne era certo lo avrebbe riconosciuto.
Entrarono nel locale e Niklas si diresse spedito verso il suo obbiettivo.
Quando si trovò di fronte a Maël lo afferrò per un polso e aprì la porta che aveva adocchiato e lo trascinò dentro.
Doveva parlare, doveva aggrapparsi alla sua realtà ora che era così vivida nella sua mente.
Maël lo fulminò con lo sguardo, era bellissimo. Aveva piume bianche e nere tra i capelli.
Era un guardaroba davvero piccolo e davvero troppo pieno.
Maël lo squadrava con aria diffidente e Niklas si sentiva dannatamente piccolo, non lo faceva sentire così minuscolo nemmeno quando lo sgridava chiamandolo semplicemente ragazzino.
Niklas trattenne il respiro finché il suo sguardo non gli divenne impossibile da sostenere.
«Sono sicuro che non che non sia successo niente tra noi».
Maël sbattè le palpebre incredulo e sul suo volto si profilò un sorriso divertito, a quanto pareva era l'ultima cosa che si aspettava dicesse
«Io non me lo ricordo... e non posso averlo dimenticato, devi capire che quel che ricordi è falso, questa non è realtà! Dobbiamo trovare il modo di tornare nel nostro mondo, ma non posso senza il tuo aiuto» vomitò tutto fuori Niklas quasi senza prendere fiato.
«Oh...» sussurrò Maël sbattendo velocemente le palpebre, la sua espressione indecifrabile. Cos'era rabbia? Delusione? Tristezza? Rassegnazione? Niklas si sentì in obbligo di proseguire «Non posso aver dimenticato, non dimenticherei mai qualcosa che ti riguarda è impossibile».
«È che sei troppo importante...» farfugliò imbarazzato Niklas non riuscendo a frenare le parole.
A quel punto Maël scoppiò a ridere, la sua risata era amara e tagliente, non gli credeva era ovvio.
A quel punto Niklas lo afferrò per le spalle e lo fissò dritto negli occhi «Ti prego ascoltami almeno un attimo senza credere che sia completamente pazzo» esclamò Niklas anticipando le parole dell'altro che rimasero sulle sue labbra appena dischiuse.
Quando Niklas lasciò la presa Maël si appoggiò alla parete del piccolo guardaroba e lo fissò annuendo stancamente e a quel punto Niklas gettò tutto fuori.
Come poteva riassumere anni di vita in poche parole, raccontare delle interminabili cavalcate, spiegare a parole il senso di fiducia che lo aveva legato a lui dal primo momento. Ogni parola scelta era sbagliata, riduttiva, insufficiente.
Quando riprese fiato Niklas fissò il pavimento sfinito «Non sono pazzo» aggiunse infine.
Maël rimase un attimo in silenzio «perché ci tenevi tanto a dirmi tutto questo?».
«Non sono pazzo» si limitò a ripetere Niklas.
«Non ho detto questo...».
Ma lo ha pensato, lo ha pensato di ogni tua parola, gli sussurrò la sua mente mentre Niklas sollevava lo sguardo cercando quello sfuggente di Maël.
«Maël tutto questo è solo un'illusione... Ma non potrò mai uscirne senza il tuo aiuto...».
Maël rimase in silenzio «Non può essere reale tutto questo perché tu non ci sei mai».
«Il posto che descrivi deve essere davvero bellissimo se muori tanto dalla voglia di tornarci... Magari chi cerchi è la ad aspettarti...». Le parole di Maël parevano sempre più vuote e prive di emozione.
«Veramente no!» borbottò Niklas. «Questo posto è molto più bello... Nell'altra vita è tutto difficile, il mondo è perseguitato dalla magia e da creature delle tenebre. Non c'è niente di bello...»
«E perché tornarci?» quella domanda era ovvia, sensata.
Niklas lo fissò «Per te... Io voglio tornare per essere di nuovo...». Maël lo interruppe bruscamente e sbuffò divertito «Non vuol dire niente...». Niklas era incredulo, poco prima era tutto così chiaro nella sua mente. Adesso era tutto così caotico. «No, la tua mancanza è la chiave, significa tutto per me!»
«Niklas tu mi hai lasciato!» ruggì con sguardo fiammeggiante. «Mi hai spezzato il cuore una volta non lascerò che tu mi ferisca di nuovo».
Non era di lui che stava parlando, Maël lo sapeva. I ricordi si sovrapponevano. Aveva creduto di sentire amore in Mikhail e lui si era dimenticato, aveva scordato Kian e quando si erano ritrovati non lo aveva riconosciuto. Non avrebbe fatto lo stesso errore con Niklas, non gli avrebbe aperto il suo cuore. No?
Quelle parole lo paralizzarono un attimo Niklas. «È impossibile, non lo farei mai! È la riprova che tutto questo è solo un'illusione».
«Perché?»
Perché? Perché ne era tanto convinto?
Allungò la mano verso di lui e scostò l'abito sfiorando la sua pelle di velluto. Le parole erano li le sue parole di potere che li avevano indissolubilmente legati.
Gli sfiorò il volto. Perché aveva bisogno di lui?
Perché ti amo Maël, da quando ho capito che non avrei potuto sopravvivere se avessi perduto anche te.
Non si era reso conto di quanto desiderasse farlo finché non sentì le sue labbra sulle proprie, fu un lungo bacio, lento e profondo. Lo pressò contro la parete del Guardaroba. Gli sfilò la giacca di pelliccia e la fece cadere a terra carezzandogli la pelle con tenerezza.
Niklas affondò le dita fra i suoi capelli, era strano non vederli mutare assieme al suo umore, si stava finalmente lasciando andare sotto la sua stretta, sotto i suoi baci e Niklas si chiese nel suo mondo che aspetto avrebbero potuto avere, forse una leggera sfumatura di verde con qualche spruzzata di oro, come la prima volta che lo aveva visto dallo sguardo fiero e sprezzante.
Quando la necessità di riprendere fiato si fece incessante si dovettero allontanare, Niklas si scostò per fissarlo, le guance adorabilmente arrossate il fiato corto. Voleva baciarlo ancora, era così bello farlo.
Maël lo fissava in modo stranamente insistente, come se lo vedesse per la prima volta. «È insolito...» sussurrò alla fine dopo una breve attesa «È stato come se non mi avessi mai baciato prima...".
E in effetti per Niklas era la prima volta, ma non voleva che quella fosse l'ultima volta, ora che aveva capito di amarlo non avrebbe pi smesso di baciarlo e toccare la sua pelle vellutata e bellissima.
Niklas emerse dai suoi pensieri «Ti ricordi di me adesso?».
Maël lo fissò incerto su cosa dire. Doveva confessare che non aveva mai dimenticato niente? Non aveva mai sovrapposto la sua realtà con quella? Invece scacciò il pensiero di Kian. Principesse, promesse di salvezza, perché doveva tornare? Li non aveva delle ali spezzate, li non stava morendo. Li non era solo contro tutta la sua specie.
«Se ti dicessi che puoi avermi qui, ora. Che sarò tuo... Accetteresti questa realtà come unica? Se accettassi di dimenticare ciò che tu non ricordi, vorresti provare a vivere in questo luogo?».
Niklas non rispose lo afferrò per i fianchi e lo trasse a sé per baciarlo.
Cosa voleva davvero? Non lo sapeva più. Poteva trovare davvero la felicità in quel luogo?
Poteva accettare quella realtà?
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