CAPITOLO 03 - Little Drop Of Poison
La porta del laboratorio di Mikhail restava serrata ed il silenzio avvolgeva tutta la casa.
Non si sentiva il consueto rumore del ragazzo mentre armeggiava nella stanza, Niklas era abituato anche al silenzio, ma quello era diverso.
Alle volte Niklas aveva quasi l'impressione di poterlo sentire rimuginare in quei momenti, quando stava per creare una nuova parola di magia.
Niklas si ritrovò a fissarla assorto, voleva aprirla, come se aprendola avesse potuto abbattere il muro che si era eretto tra loro, infrangere il silenzio che era calato.
Quando Maël gli aveva detto che Mikhail sarebbe stato in grado di trovare le fate di ghiaccio era tornato a casa pieno di entusiasmo. La cavalcata lo aveva riempito di ottimismo, quando era sceso dalla sua cavalcatura aveva creduto che tutto sarebbe potuto essere realizzato, Maël lo credeva, Niklas era convinto di leggerglielo negli occhi ed era certo che per Mikhail sarebbe stato lo stesso.
La discussione era una cosa passata, Niklas l'aveva già archiviata nel profondo della sua mente... Ma non Mikhail...
Niklas percepiva il proprio sogno così vicino da poterlo toccare così appena rientrato a casa aveva atteso l'amico per ore... e l'euforia lentamente era andata così scemando gradualmente.
Finalmente Mikhail si decise a fare capolino dalla porta, i capelli biondi erano scarmigliati, come se li avesse toccati ripetutamente cercando di radunare i propri pensieri.
I loro sguardi si incrociarono, era passata un'intera giornata dalla cavalcata assieme a Maël e Niklas capì all'istante che la distanza tra loro non si era affatto accorciata dalla discussione davanti a casa del Conte, ma volle comunque tentare.
Sapeva ancor prima di aprire bocca cosa l'amico avrebbe detto, ma non volle dare ascolto ai suoi pensieri. Mikhail ascoltò e ribatté ad ogni parola del compagno. Maël era rimasto molto sul vago e Mikhail si era aggrappato ad ogni incertezza.
Niklas non sopportava la poca fiducia che l'amico riponeva in Maël, non capiva perché non potesse semplicemente fare affidamento su di lui? Non importava quanto ragionevoli potessero essere le sue obbiezioni...
Niklas non sopportava la piega che Mikhail aveva fatto prendere al suo discorso, perché non poteva semplicemente dire di si? Perché doveva per forza obbiettare e insinuare mille dubbi?
Si era già immaginato tutto nella sua testa prima che Mikhail apparisse sulla soglia, nella sua fantasia l'amico era entusiasta ed annuiva con un gran sorriso accondiscendente stampato in volto, ma niente era andato come se l'era immaginato.
Alla fine di quell'interminabile discussione Mikhail aveva concluso con un categorico «Non voglio farlo» e Niklas aveva sentito le sue certezze sbriciolarsi.
«Non posso contribuire in alcun modo ad accrescere le decorazioni di quel tavolo, la collezione di quel vampiro» proseguì Mikhail con aria sommessa.
Niklas non seppe cosa di preciso lo fece esplodere, se le parole scelte dall'amico, o la sua espressione così contrita, la stessa che lo aveva fatto infuriare quando aveva incrociato il suo sguardo al di fuori della villa del Conte. Lo sguardo che lo aveva fatto vergognare del suo malcelato egoismo e delle sue continue assurde richieste.
Quello sguardo lo faceva sentire tradito e colpevole al tempo stesso, come se in quegli anni al suo fianco ci fosse stato un perfetto sconosciuto, non Mikhail.
Niklas aveva percepito il crescente disagio di Mikhail per la caccia alle fate e aveva scelto di ignorare la cosa, aveva consapevolmente ignorato ciò che l'amico provava dando per scontato che nonostante tutto Mikhail avrebbe sempre messo la loro amicizia avanti a tutto anche ai propri desideri.
Fu quel profondo senso di vergogna per il proprio incontrollabile egoismo a spingerlo a cedere alla rabbia e a parlare.
«Non ti capisco, cosa ti prende? Cosa di dice la testa? Cosa credi che accada alle fate che fino ad oggi abbiamo catturato? Ti sei mai posto questa domanda mentre te ne stai chiuso nel tuo piccolo laboratorio ignorando tutto e tutti?» le parole gli uscirono molto più dure di quanto Niklas avrebbe voluto, ma era così furioso che non riuscì a trattenersi «Non lo hai mai fatto e mai lo farai perché non ti interessa? Adesso vedi un paio di ali strappate e ti crogioli nei sensi di colpa? Ma per piacere, sono lacrime di coccodrillo e lo sai bene!».
Mikhail attese la fine dello sfogo dell'amico poi distolse lo sguardo pensieroso «Hai ragione» ammise in un sussurro «è stato davvero stupido da parte mia comportarmi così per tutto questo tempo, sono stato cieco, maledettamente cieco ma volevo soltanto starti vicino... Non voglio abbandonarti non fraintendermi, solo che non so per quanto potrò seguirti ancora...».
«Cosa?» Niklas oscillò incredulo, il terreno gli mancava sotto ai piedi mentre le sue certezze si sgretolavano dinanzi a lui in un attimo, era come se non riuscisse neanche a comprendere le parole dell'amico.
«Hai Maël, non ti servo io, è un abile creatore... le sue parole di magia sono potenti...»
«Non sono le tue però...» lo interruppe Niklas.
«Perché devi trascinarmi a tutti i costi? Perché lo ha detto lui? Perché Maël afferma che solo io posso trovare le fate di ghiaccio? È pazzesco, non so come tu possa prendere per oro colato tutto quello che ti dica...» la voce gli si bloccò quando incrociando lo sguardo di Niklas vi scorse più rabbia di quanta potesse immaginare.
Era così ogni volta che Mikhail provava a toccare l'argomento Maël, quell'uomo era sacro per lui e mal sopportava l'insofferenza e l'inspiegabile antipatia che Mikhail provava nei suoi confronti.
Lo definiva ambiguo e malizioso, termini che Niklas non tollerava associati a Maël.
Ogni volta che apriva bocca pareva parlasse di un perfetto sconosciuto, non del suo compagno di caccia. Conosceva Maël da tantissimo tempo... alle volte aveva come l'impressione che ci fosse sempre stato esattamente come Mikhail per cui non comprendeva l'astio del ragazzo nei suoi confronti. Dal canto suo Maël non aveva mai dato segni di ostilità nei confronti di Mikhail, si limitava a fissarlo. Non che i due interagissero poi molto ma quando lo facevano subito dopo Mikhail aveva sempre commenti taglienti nei suoi confronti, le rare volte che Niklas e Mikhail avevano litigato lo avevano fatto a causa dei suoi aspri commenti, non si fidava di Maël e non lo avrebbe mai fatto.
Niklas però aveva bisogno di quella gabbia, Maël ne aveva bisogno... doveva convincerlo in tutti i modi non scatenare un'interminabile discussione.
«Ti chiedo solo un'ultima gabbia, un ultimo lavoro... poi sarai libero di lasciare il laboratorio, lasciare me, questo lavoro, anche la città se è ciò che desideri» si fermò accorgendosi di quanto male gli facesse pronunciare quelle parole, ma non poteva permettersi di rifletterci troppo «scrivi per me parole magiche un'ultima volta».
«Non lo so» rispose Mikhail incerto «non mi piace questa commissione, è già abbastanza duro vivere con la consapevolezza che al governo della nostra città ci siano dei vampiri, ma dover anche lavorare per loro? Non temi i desideri che potrebbe esprimere? Di giorni in giorno sempre meno fate ci sono e sempre più vampiri. Inoltre non mi piace affatto il Conte...».
«Non ti piace Maël, lo so, non c'è bisogno che tu lo ripeta» lo interruppe Niklas brusco «Non capirò mai perché sei così crudele nei suoi confronti».
A Mikhail scappò una risata sarcastica «Crudele? Come se gli importasse di ciò che penso. Come se gli importasse di quel che pensa qualsiasi altra persona. Non è una delicata creatura di cristallo, è un predatore e lo sai bene, quindi smettila di difenderlo per partito preso!».
Niklas sbuffò e scosse la testa, era inutile «Lui sa quanto sia importante per me» esclamò esasperato «e ha detto che la tua magia sarà fondamentale, buffo vista la così scarsa stima che hai nei suoi confronti» doveva calmarsi, voleva ritrovare il senso di liberazione che aveva provato durante la cavalcata notturna, perché i dubbi di Mikhail lo sconvolgevano così tanto?
Alla fine aveva sfoderato la carta più spregevole che era riuscito a concepire «non sapevo odiassi mio padre a tal punto da strapparmi la sola possibilità che potrei avere di rivederlo...».
A quelle parole Mikhail aveva capitolato, aveva ottenuto quello che voleva, ma la vittoria ottenuta gli aveva lasciato un sapore amaro in bocca.
Almeno era riuscito a strappargli un accordo, un'ultima commissione, la più importante di tutte.
Niklas tornò a fissare la porta chiusa della stanza di Mikhail, davvero non gli importava cosa quel lavoro avrebbe comportato per il loro rapporto?
Anche Maël pareva essere distante, dalla loro cavalcata si era isolato, mentre Mikhail si era barricato nel suo studio e Niklas si era ritrovato solo. Niklas ormai conosceva il significato di quel distacco, gli capitava nei momenti di concentrazione, la sua espressione si induriva, come se cercasse di escludere al di fuori della sua mente qualsiasi pensiero potesse distrarlo, Niklas incluso. Il cacciatore lo capiva e rispettava.
Niklas ricordava bene il loro primo incontro. Maël era un giovane cacciatore ma era già esperto e di certo il più capace sulla piazza.
Aveva pizzicato un quattordicenne Niklas in un goffo tentativo di cattura, gli aveva rivolto un sorrisetto di sfida, ormai quell'espressione gli era così familiare.
Ogni volta alla fine di una caccia lo guardava con quel mezzo sorriso stampato in volto.
Mikhail lo definiva beffardo, arrogante, Niklas lo adorava, era il suo sguardo di sfida al mondo intero. Era diverso da qualsiasi altro cacciatore Niklas avesse mai visto, la sua presenza era in grado di ammaliare quasi chiunque, anche altri cacciatori, resistere a quel sorriso era pressoché impossibile. Si lasciavano distrarre dal delicato fascino di Maël.
Le pietre che gli ricoprivano il collo ed il tessuto di quasi tutto il torace, scintillavano illuminate dalla luce delle candele stagliandosi sull'abito scuro. Maël accompagnò dietro l'orecchio la ribelle ciocca. Le rose nere spuntavano tra i capelli azzurri, il pendente di smeraldo posto al lobo del suo orecchio destro metteva in risalto i suoi occhi che parevano spendere ancor più delle gemme che indossava. Maël se ne stava impettito, perfettamente a suo agio nell'appartamento dell'altro cacciatore, per nulla intimidito dalla figura ricurva che lo fissava bramoso. Poteva percepire il suo desiderio tanto lo fissava intensamente. Ma se anche la cosa lo metteva a disagio non pareva darlo a vedere. Indomabile, così lo definiva il suo Niklas. Quel mezzo sorriso sul volto di Maël pareva un invito, prova, mostrami di essere in grado di sottomettermi.
«Saresti un pregiato oggetto da aggiungere alla mia collezione» esordì l'uomo «una piacevole conquista» proseguì con tono greve.
Maël parve divertito dalla frase, il suo sguardo mandava scintille.
«Coraggio, prova ad afferrarmi!» sibilò.
Sapeva quale rischio avrebbe corso nell'avvicinarsi troppo?
«Ti ho invitato da me per comprare informazioni» proseguì l'uomo inebriato dalla sfida lanciatagli dallo sguardo dell'altro cacciatore.
«Gira voce che tu abbia accettato un'importante commissione è così?» chiese Ewan con aria indagatrice, Maël sorrise enigmatico «è la sola cosa che si dice?».
Ewan era un uomo alto corti capelli neri, lo scuro sguardo mal celava il disprezzo per il suo interlocutore perché allo stesso modo in cui voleva impossessarsene voleva anche schiacciarlo.
Maël sorrideva divertito dal disagio che percepiva nel suo interlocutore.
«No» asserì con estrema tranquillità Ewan «si dice che tu sia in grado di trovare le fate di ghiaccio, le ultime esistenti».
Il gessato scuro di Ewan era coperto da un pesante mantello, tutto in lui era rigidamente austero, in netto contrasto con la splendente sfarzosa figura di Maël.
Ewan non era che il primo di una lunga serie di cacciatori, nessuno era alla sua altezza Maël lo sapeva bene e si divertiva alquanto a giocare con loro.
«Ritirati, questo gioco non fa per te, sei troppo delicato... Ti spezzerai»
Maël sostenne lo sguardo dell'altro senza mostrare alcuna emozione «pensi di riuscirci?».
Ewan rise divertito dalla domanda «i vampiri ti dissangueranno, ritirati finché sei tempo, lascia che cacciatori più degni vadano avanti».
«Più degni...» ripeté apatico Maël, Ewan si avvicinò di un passo minaccioso, non sopportava che l'altro lo prendesse tanto alla leggera, voleva spaventarlo e stava miseramente fallendo.
«Dimmi ciò che sai e fatti da parte, non costringermi a fare cose di cui...» Ewan si interruppe fingendo di cercare parole più adatte «no di cui non mi pentirei affatto, anzi lo troverei estremamente soddisfacente» concluse fermandosi ad un soffio dall'altro.
Maël rise divertito e l'altro si paralizzò non appena percepì la magia dilagare nel corpo, come aveva fatto ad incantarlo senza muovere le labbra?
«Tranquillo, è soltanto un avvertimento» sussurrò Maël prima di scostarsi mentre il veleno penetrava nel corpo dell'avversario.
«Non minacciarmi... rammenta quanto ti dico, quando avrò intenzione di ucciderti, le mie non saranno vuote parole. Lascia che sia io a darti un consiglio, sparisci prima che sia tardi, questa città è sul punto di esplodere e non dubitarne, sarò io ad accendere la miccia».
Qualcuno stava ridendo, verde, delle trasparenti ali di smeraldo che sbattevano rapide librandosi in aria. Doveva essere bello sentire l'aria tra i capelli la libertà di librarsi alto nel cielo, Mikhail non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Quel tenue bagliore danzava sopra la sua testa spargendo la sua magica polvere tutt'attorno, il prato illuminato dal sole profumava di rugiada.
È tuo, non dimenticarlo mai, qualsiasi cosa desideri... Io lo esaudirò.
Rideva, spensierato, come se mai in quel cielo limpido potessero comparire delle nuvole oltre l'orizzonte.
La rete calò su di lui come un rapace, Mikhail si portò le mani alla bocca per non gridare, poteva sentire il suo dolore, l'ala fremeva spezzata.
Mikhail credette di poter udire il grido della fata imprigionata dalla rete magica ma poi si accorse che la voce che aveva infranto l'aria era la propria.
Il cacciatore non lo aveva neanche degnato di uno sguardo, era soltanto un bambino, non certamente una minaccia e si concentrò sulla propria preda che tentava invano di liberarsi.
Mikhail non riusciva a vedere il volto del cacciatore, indossava un ampio cappuccio il corpo interamente celato il volto nascosto nella penombra ma Mikhail credeva di vederne il sorriso.
La fata tentò invano di liberarsi riuscendo solo a dilaniare ulteriormente l'ala ferita, quando il cacciatore estrasse il pugnale Mikhail chiuse gli occhi con forza e finalmente si svegliò, madido di sudore nel proprio letto.
L'appartamento era deserto, Niklas doveva essere uscito presto, forse era andato da Maël.
Mikhail ricacciò indietro quel pensiero, non voleva pensare a Maël in quel momento, che il ricordo era ancora così vivido nella sua mente...
Alle volte era certo di aver visto Maël al posto di quel misterioso cacciatore che aveva intravisto nel bosco della sua infanzia e non voleva pensare al cacciatore mentre cercava di ricacciare quel ricordo nel profondo della sua psiche senza riuscirci.
Aveva bisogno di aria così si vestì in fretta ed andò nel solo posto che sembrava placare la sua mente irrequieta.
La fontana del drago se ne stava tranquilla nel mezzo del parco, le panchine erano vuote e Mikhail ne fu lieto, voleva ascoltare il brusio della città che si apprestava a svegliarsi.
Prese il suo blocco e iniziò a scrivere, più tempo passava sulla gabbia per Niklas più difficoltà trovava nel proseguire e sempre meno gli era chiaro come potesse la sua magia essere in qualche modo utile a Maël per trovare le fate di ghiaccio della cui esistenza dubitava ancora molto.
Del resto dubitava di tutto quello che Maël diceva.
Voleva solo liberarsi da quei cupi pensieri per potersi mettere di nuovo a lavoro, a quell'ultimo lavoro, perché di questo era assolutamente certo, quella sarebbe stata l'ultima gabbia.
Gli incubi sulla sua infanzia erano tornati assieme a quella commissione, fate mutilate, sorrisi spezzati, promesse infrante.
I ricordi erano frammentari, un giorno si era smarrito nel bosco, era stato via per giorni secondo lui ma a dire di tutti lo avevano perso di vista solo pochi minuti.
Alle volte riusciva a ricordare dei frammenti di quell'esperienza e quando accadeva li ricacciava in profondità. Lo stesso sogno che aveva associato alla visione di Yuichi, il grazioso ragazzo che lo attendeva ogni giorno nel parco.
«Un fiore per i tuoi cupi pensieri»
La voce dell'amico lo riportò alla realtà e Mikhail si accorse di aver di nuovo disegnato la fata dalle ali verdi che si librava leggera nell'aria, era solamente una scia luminosa e leggiadra nel celo azzurro.
Yuichi si sedette al suo fianco e gli sorrise «ti prego non interromperti, sembra che abbia un gran bisogno di spiccare il volo» gli disse quasi in un sussurro come se temesse di spezzare l'incantesimo con il suono della sua voce.
Mikhail fissò di nuovo il foglio, non voleva più pensare alla sua ala spezzata, la sua magia poteva farla volare di nuovo, anche se solo per mera illusione.
Yuichi batté le mani estasiato quando vide la creatura di carta librarsi oltre le pagine del taccuino del creatore, la piccola fata di carta stava volando, di nuovo libera, si librava sopra le loro teste.
«Sai nel mio sogno andava tutto in modo diverso, ma adesso... è nuovamente libera di volare e nessuno può fermarla».
Una lacrima cadde sul blocco di Mikhail e quando si voltò vide che l'amico stava piangendo così si prodigò in mille scuse.
L'altro scacciò le lacrime con un sorriso «scusa... mi sono fatto trasportare del tuo racconto».
«Cercherò di essere meno malinconico non voglio affatto rattristarti» sussurrò Mikhail riuscendo a strappargli di nuovo un sorriso.
I due erano presi dalle loro creazioni da non notare le figure che in lontananza li stavano osservando.
I tre ragazzi avevano gli stessi capelli neri di Yuichi.
Il primo aveva un'aria severa e non sembrava affatto felice di quello che vedeva, mentre i suoi due compagni seduti su due rami del grosso salice nodoso parevano quasi annoiarsi.
«Lionel per quanto pensi che dovremo stare a fissare Yuichi con il suo amico?» sbuffò il più giovane.
«Finché non saremo certi che non corre alcun pericolo con quel giovane creatore, non possiamo esser certi di quali siano le sue intenzioni» sbuffò il maggiore inarcando un sopracciglio.
«Tuffy qui si annoia, vedi si è appisolato» proseguì il più giovane dei tre sbuffando e lanciando un sassolino precedentemente raccolto al maggiore.
«Non ti ricordi di lui vero Jake?» gli chiese Lionel ignorando le proteste dell'altro.
Jake sbatté le lunghe ciglia scure e lo fissò con i suoi occhioni scuri, di certo l'amico stava sragionando. Tuffy sbuffò nel sonno e Jake gli diede un colpetto «no che non so chi sia, so che solo che ti rende molto ansioso Lionel, mi basta questo».
«Lui era nel bosco quel giorno» sospirò Lionel ignorando i due ragazzi al suo fianco «l'ho riconosciuto subito... Ma non sembra ricordare quanto successo... Mi chiedo se sia un bene arrischiarsi a risvegliare quanto assopito nella sua mente...».
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