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La lunga giornata di lavoro volse al termine, erano quasi le 19:00 quando mi diressi sul retro del locale per prendere le mie cose e tornare a casa. "Ehi." Disse Austin, sbarrando la porta con il braccio per impedirmi di uscire. "Perché sei arrabbiata con me?" Continuò a dire. "Non sono arrabbiata con te Austin." Dissi in tono serio cercando di evitare il suo sguardo. "Certo, come no. Perché non mi guardi allora?" Disse poggiandomi le dita al mento ed indirizzando il mio viso al suo. I nostri occhi si incrociarono e mi persi ad osservarli, sembravano essere più belli del solito, come anche il suo sorrisetto sempre stampato in viso. "Non è niente, adesso devo andare." Dissi tagliando corto e spostando il suo braccio, in modo da poter passare. "Aria!" Disse ad alta voce alle mie spalle e mi fermai di getto.
Nonostante il suo atteggiamento egoista e altri mille difetti, volevo bene ad Austin e non riuscivo a tenergli il broncio a lungo.
"Ti prego, parliamone." Mi implorò tornando davanti a me. Nel frattempo notai Stella osservarci dall'esterno del locale con invidia e disgusto, e provai piacere nel vederla soffrire. Non era una bella cosa da pensare, ma dopo la sua uscita con Austin sentivo di odiarla ancor più di prima. "Ci vediamo stasera a casa mia." Dissi lanciandogli un piccolo sorriso per farlo contento, per poi uscire dal locale. Stella non mi tolse gli occhi di dosso per un attimo e la ricambiai con un'occhiataccia come per dire "alla faccia tua."
Arrivata all'appartamento la prima cosa che notai fu una notifica sullo schermo del computer. Diedi un'occhiata e si trattava di una videochiamata persa da parte di papà.
Abitava ancora nella nostra casa d'infanzia a Jackson, nel Mississippi, insieme al mio fratellino di otto anni, Luca. La distanza non era notevole, ma contava quasi tre ore di macchina e il lavoro lo teneva molto impegnato, dovendo anche crescere un bambino da solo all'età di sessant'anni. Nonostante l'età papà dimostrava di avere ancora l'energia di un trentenne e ciò gli faceva onore. Ormai gli mancava poco per andare in pensione dalla sua carriera di comandante della Stazione Spaziale Internazionale, lavoro che fin da bambina mi ha appassionata e invogliata a voler diventare come lui. Alla fine sono finita per lavorare in un noiosissimo bar, non cercando mai ad aspirare in meglio e di ciò continuo a pentirmi ogni giorno sempre di più. "Sei ancora in tempo per cambiare." Mi ripetè sempre papà, ma la paura del cambiamento e la nostalgia di casa si sentono, ancor di più quando ti ritrovi a dover compiere delle spedizioni nello spazio della durata di anni e questo era ciò che comportava un mestiere come quello di mio padre.
Ogni sera puntualmente alle 19:15, ci sentivamo ma, a volte, a causa dei miei orari di lavoro, non riuscivo ad arrivare in tempo. Lo richiamai all'istante sperando rispondesse ma, considerando l'orario, era nostra abitudine cominciare a prepare la cena. Con mia sorpresa rispose e mi sedetti sulla sedia della scrivania con un sorriso a trentadue denti. "Aria!" Sentii urlare da una vocina stridula e bambinesca, capii subito di chi si trattasse. "Luca!" Esclamai cercandolo nell'inquadratura della webcam, ma senza riuscire a trovarlo. Oltre essa riuscii a vedere solamente il morbido divano in pelle bianca del soggiorno di casa mia, sul quale adoravo schiacciare dei lunghi pisolini. "Dove sei?" Dissi confusa. "Ta-Da!" Disse comparendo di sorpresa da sotto la webcam ed entrambi scoppiammo in una grossa risata.
Il solito bambino giocherellone, lo stesso che da bambino me ne combinava di tutti i colori. Nonostante ciò eravamo molto legati, cosa che accomunava un po' tutti i fratelli, ma nel nostro caso era davvero speciale. Considerando la notevole differenza d'età l'ho aiutato a crescere, insegnandogli le buone maniere, come fosse mio figlio. Quando era ancora un bebè la mamma non stava già bene e papà durante il giorno lavorava, quindi l'ho dovuto accudire da sola e la cosa non mi dispiacque, anzi ci legò ogni giorno sempre di più.
Ricordo ancora il giorno della mia partenza per New Orleans, il modo in cui si attaccò alle mie gambe come una cozza per impedirmi di andare via. Alla fine però abbiamo trovato un compromesso, che quando sarebbe diventato abbastanza grande da poter viaggiare da solo sarebbe venuto a trovarmi per tutto il tempo che desiderava. Non riuscii comunque a trattenere il pianto e scoppiò in lacrime non appena mi vide salire sull'auto e ciò scatenò in me mille emozione contrastanti, tra la voglia matta di rimanere e l'impazienza di andarmene e cambiare vita. Scesi dall'auto e corsi ad abbracciarlo un ultima volta e mi diede un bacio sulle labbra, lo faceva sempre fin da bambino e ciò segnava ancor di più il nostro forte legame. Quello fu l'ultimo bacio e l'ultimo abbraccio che diedi a mio fratello, sono passati ormai tre anni da allora.
"Dov'è papà?" Domandai confusa, non lo lasciava mai da solo in casa quindi doveva essere lì. "Papà!" Urlò Luca allontanandosi dall'inquadratura e andando in direzione delle scale. "Luca ti dico sempre di non urlare..." Lo rimproverò aspramente papà, appena arrivato in soggiorno, per poi bloccarmi non appena si accorge di me. "Tesoro!" Esclamò venendo verso la webcam, con un grande sorriso. "Come mai non mi hai fatto uno squillo prima di chiamare qui?" Mi domandò girando in continuazione lo sguardo in direzione delle scale, come volesse nascondermi qualcosa. "Che succede papà?" Domandai con sguardo serio, era impossibile tenermi nascosto qualcosa e papà lo sapeva bene. "Nulla." Disse, dal suo tono di voce tremolante percepì la sua preoccupazione e agitazione.
"Oh Joseph!" Sentii pronunciare cautamente da una voce angelica, quasi un usignolo. Al suo fianco comparve una donna di mezza età, dai capelli castani legati in un coda e un corpo da schianto. "Lei è tua figlia?" Disse entusiasta, voltandosi verso la webcam. Non dissi nulla, tenni gli occhi fissi su quelli di mio padre che mi guardava con dispiacere e rimorso. "Si sono Aria e tu?" Dissi schiettamente alla donna. "Ah non ti ha parlato di me?" Disse rivolgendo uno sguardo scocciato a papà. "Sono Megan." Continuò a dire voltandosi nuovamente verso di me, continuando a sorridere. "Piacere mio, adesso devo staccare. Ciao Luca, ti chiamo domani." Dissi lanciando un sorriso a mio fratello e facendo un cenno con il capo in segno di disapprovazione a mio padre, per poi chiudere il portatile dalla rabbia.
Ero felice per mio padre, aveva bisogno di una donna che le stesse accanto e non avevo nulla in contrario con Megan. A primo impatto mi apparve come una donna bella e gentile. Ciò che innescò la mia rabbia fu la bugia da parte da parte sua, perché tenermelo nascosto?
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