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EXTRA: Livia e Davide

Davide batteva nervosamente le dita sulla parte bassa del volante della sua auto e girava di continuo la testa verso il portone del palazzo dove abitava Livia. Lei era in ritardo di soli tre minuti ma a lui sembravano tre ore. Aveva paura che non arrivasse più, che lo chiamasse e gli dicesse che era tutto annullato.

Quando Livia aveva accettato di uscire con lui, Davide aveva subito creduto che si trattasse di uno scherzo. Ci provava da mesi e lei aveva sempre detto di no. Chattavano, Livia rispondeva quasi sempre ai suoi messaggi, si incontravano ogni tanto in giro per locali, ma non era mai successo che restassero da soli. Eccetto quella sera in cui aveva riaccompagnato la sua amica Selene a casa, e loro due erano rimasti una mezz'oretta a chiacchierare sotto casa di lei. Proprio nello stesso punto un cui si trovava adesso.

Finalmente la vide uscire dal portone e i suoi muscoli tesi si rilassarono. Livia entrò in macchina.

«Ciao.»

«Ciao.»

Davide si allungò verso di lei per darle un bacio sulla guancia. Profumava di sapone ai fiori. Livia gli sorrise.

«Dove mi porti?»

Davide mise in moto la macchina. Ora sentiva un altro tipo di tensione, come quando speri tantissimo che accada qualcosa e nel momento in cui accade hai paura di non riuscire a vivertela appieno. «In un posto tranquillo, dove non ci vedrà nessuno.»

Livia sembrò stizzita. «Togliti subito dalla testa l'idea che stasera faremo sesso.»

A Davide sfuggì una risatina nervosa. Pensava sempre a come sarebbe stato fare sesso con Livia, ma stranamente quella sera non si sentiva pronto. «Per questo ti sei vestita così?»

Livia spalancò gli occhi, fingendo indignazione. Era piuttosto divertita, lei si divertiva sempre a flirtare con i ragazzi. «Perché non ti piace come mi sono vestita?»

Davide lasciò correre gli occhi su tutta la sua figura. «Mi piace. Solo che sei diversa dal solito.»

Per "diversa dal solito" intendeva dire che la vedeva sempre con vestitini attillati, gonne, top scollati. Invece quella sera aveva un jeans largo, una maglietta color antracite con la scritta di una rock band e un giubbettino di pelle corto. Ma era bellissima lo stesso, anzi, più bella. Più naturale.

Tante volte da quando l'aveva conosciuta si era chiesto perché lo attirasse così tanto. Era bella, sì, ma nei posti che frequentava Davide ne vedeva tante di ragazze belle. Nessuna di loro, però, gli era rimasta in testa come lei. Era per il modo in cui si muoveva, aveva concluso Davide. Armoniosa, sicura di sé, ammaliatrice. Perché stava tutto lì, la bellezza non era niente se non era accompagnata da un'abbondante dose di fascino. Livia inclinò la testa di lato e sorrise maliziosa.

«Ma tu che vuoi da me?»

Davide si perse un istante nei suoi occhi, sentendo un fremito nello stomaco. «Questo. Volevo che uscissi con me.»

«Spero per te che in questo posto ci sia del gin decente, altrimenti me ne torno a casa?»

«Hai cattive intenzioni, Livia? Vuoi farmi ubriacare?»

Livia incurvò verso l'alto un angolo delle labbra. «Voglio solo gustarmi un buon cocktail con un amico.»

Davide la fissò qualche istante, restando con un sorriso da ebete sulle labbra.

Quel giorno Livia era triste, ma lui non poteva saperlo. Non poteva sapere che era innamorata di un altro e che proprio quella mattina lo aveva visto insieme alla sua ex fidanzata. Essendo la migliore amica di Selene, la sorella di lui, Livia conosceva molto bene la loro storia. Lo aveva visto, Stefano innamorato di quell'altra. Aveva assistito a molti abbracci, molti baci, molti sguardi. Forse proprio quell'immagine di uomo premuroso e completamente devoto alla propria donna l'aveva fatta innamorare.

Ci aveva sperato per un po', quando aveva trovato il coraggio di confessarlo a Selene. In alcuni atteggiamenti, Stefano sembrava davvero avere un piccolissimo interesse per lei. Quella mattina, però, era crollato tutto. Li aveva visti per caso, mentre andava da Selene, nascosti dietro un albero nel parco accanto alla palazzina dove vivevano lui e la sorella. La ragazza stava parlando, gesticolava un po', lui era di fronte a lei, molto vicino, le mani in tasca e quello sguardo... quello sguardo ancora innamorato che aveva frantumato ogni sua speranza. Livia aveva ingoiato l'amarezza e aveva proseguito per la sua strada, senza dire niente a nessuno, nemmeno a Selene.

Poi, nel pomeriggio, aveva ricevuto una risposta di Davide ad una storia su instagram, un selfie in cui era imbronciata.

Davide: Hai bisogno di qualcuno che ti tolga quell'aria incazzata.

Livia: Saresti capace?

Davide: Usciamo stasera e te lo dimostro.

E così, senza esitare nemmeno un istante, aveva accettato. Per passare una serata diversa. Per cercare di non pensare a quello sguardo che avrebbe tanto voluto vedere su di sé. Poco importava in quel momento che il ragazzo seduto accanto a lei fosse fidanzato e stesse infrangendo la sua unica regola di vita. Non era mai stata capace di portare avanti una relazione per più di due mesi, come pretendeva di essere all'altezza di iniziare qualcosa con l'unico ragazzo che le fosse mai veramente piaciuto? Al diavolo tutto. Quella sera non esistevano regole.

Davide guidò per un bel po', anche dopo che le luci della città erano scomparse dietro di loro. Il posto era davvero isolato ma a Livia non dispiaceva. Per una sera preferiva la quiete ai soliti locali affollati milanesi. Per una sera voleva provare ad uscire con un ragazzo solo per chiacchierare.

Arrivarono in un piccolo borgo su una collina. Pochissime case bianche, illuminate dalla luce calda, una stradina di pietre e una piazza con vista sulle onde dei colli sottostanti. Lì c'era un bar, piccolino, con tre tavolini all'esterno, sotto un pergolato di vite illuminato da tante piccole lucine attorno ai pali di legno scuro.

«Come conosci questo posto?» chiese Livia, guardandosi intorno stupita per la bellezza.

«È il paese dei miei nonni» rispose Davide sorridendole, felice di vedere la reazione di Livia. Le scostò la sedia e la fece accomodare. «Qui mi conoscono da quando ero un bambino, staremo tranquilli.»

In effetti lì fuori non c'era nessuno. Un cagnetto se ne stava placido accanto all'ingresso e dentro al bar c'erano alcuni ragazzi e signori che chiacchieravano allegramente. Davide prese un calice di vino bianco, Livia un gin tonic. Sorrise ammiccante dopo aver fatto il primo sorso.

«Mi piace il gin.»

Davide sollevò le sopracciglia, soddisfatto. «Non avevo dubbi.»

Mezz'ora dopo Livia ne stava bevendo un altro e aveva iniziato a sentire la testa girare. Davide si era fatto portare degli stuzzichini che lei sbocconcellava tra una risata e l'altra. Si stava divertendo. Anche Davide si era rilassato man mano che la serata procedeva. Stava scoprendo i suoi gusti in fatto di cibo, di musica, di uomini. Parlarono dei viaggi che avevano fatto e dei posti di Milano che odiavano di più.

«Alla fine la tua amica e Ante si sono messi insieme.»

Livia pensò a Selene, a quanto fosse stata fortunata ad aver incontrato Ante. Sorrise dolce, mentre accarezzava il bicchiere. «Lui ha saputo farsi perdonare.»

«Sì, la maglietta.» Davide rise ricordando quei momenti nello spogliatoio. Ante era agitato, i compagni lo stuzzicavano, ma alla fine era riuscito a giocare e segnare. «Non puoi capire come era nervoso dopo. Ci ha proibito di condividere o commentare qualsiasi immagine di lui che si alzava la maglietta.»

«È stato un bel gesto, però. Romantico. Io non credo che troverò mai una persona che faccia cose del genere per me.» Pensò a Stefano e si incupì.

Livia si alzò e andò ad appoggiarsi alla ringhiera, guardando la distesa di buio che le si apriva davanti. Davide la raggiunse. La guardò un istante per capire il suo stato d'animo. Aveva sempre visto Livia allegra o arrabbiata, triste mai. In quel momento lo sembrava.

«Perché dici così?» Accennò un sorriso. «Io lo farei.»

Lei si voltò di scatto e lo guardò dritto negli occhi. «Perché dico così? Ma guardami, sono in un posto dimenticato da dio con un ragazzo che non può farsi vedere in giro con me perché è in un'altra relazione ufficiale. Come posso pretendere di trovare qualcuno che mi ami come Ante ama Selene?»

Davide rimase in silenzio. Che poteva dirle? Che anche lui avrebbe lasciato la sua ragazza per stare con lei? Non lo avrebbe fatto. Almeno, non nell'immediato. Forse se si fosse innamorato di lei.

Livia comprese il suo silenzio. Si mise di lato, facendo un sorso dal bicchiere. «Dimmi un po', la tua ragazza sa delle tue scappatelle?»

Davide non le staccava gli occhi dal viso. Pensava che era bella tantissimo quella sera, lo era sempre quando lo guardava con quell'aria indignata, giudicante. Lo disprezzava ma era lì con lui. Lo considerava uno stronzo ma rispondeva ai suoi messaggi e flirtava con lui ogni volta che si vedevano. Livia era attratta da lui ma non lo avrebbe mai ammesso. «No. Sei liberissima di non credermi, ma non l'ho mai tradita.»

Lei assottigliò lo sguardo con fare malizioso. «Sai che anche questo è tradimento? Lo vedo che vorresti baciarmi.»

«È così, vorrei baciarti. E tu, vorresti baciarmi?»

Livia sentì lo sfarfallio dell'attrazione espandersi piano piano sottopelle. Chiuse di scatto gli occhi e si voltò, con la speranza di spezzare l'influsso proveniente da quei due bellissimi occhi chiari incorniciati da ciglia folte. «Davide, che stiamo facendo?»

Davide si fece più vicino, prendendo tra le dita una ciocca di capelli biondi. «Stiamo parlando. Mi baceresti se io fossi libero?»

«Sì, ti bacerei.» Livia sentì un brivido correrle lungo la schiena.

Un altro minuscolo passo e Davide fu ad un soffio dalle sue labbra. Livia si tirò indietro. «Davide...»

«Non farò niente, te lo giuro. Voglio solo sentire il tuo odore.»

Livia lo lasciò avvicinare, col cuore che batteva fortissimo e il respiro che si faceva sempre più corto. I riccioli di Davide le solleticarono il viso mentre lui si abbassava verso il suo collo. La mano di lui corse a cercare quella di lei. Davide inspirò lentamente, poi tornò a guardarla. Sorrise, trattenendosi dall'avvicinarsi ancora così come le aveva promesso.

Se non fosse successo niente in quel momento non sarebbe successo mai più e questa consapevolezza gli creava dolore fisico per quanto la desiderava. Ma era giusto così, era giusto così. Si disse che doveva smetterla anche di guardarla, anche solo per un attimo, per ritrovare un briciolo di lucidità.

Livia ricambiava lo sguardo con altrettanto tormento, desiderava baciarlo e allo stesso tempo desiderava fuggire dai suoi occhi. Davide lasciò andare la sua mano e lei, come spinta da una forza invisibile, infilò una mano tra i suoi riccioli scuri e premette le labbra sulle sue.

Un unico momento di confusione attraversò la testa di Davide quando lei si strinse a lui. Un momento spazzato via da un desiderio fortissimo che vibrò dentro di lui. Le circondò la vita e la baciò.

La baciò delicatamente. Le labbra prima e la lingua poi, lentamente, senza nessuna fretta. La baciò ancora e poi ancora e ancora. Livia gli passò le mani dietro la testa, assecondando ogni suo colpo, ogni movimento.

Quando si staccarono lei non riuscì a guardarlo negli occhi. «Portami a casa» disse.

Davide non disse niente. Il corpo tremava per il desiderio, la testa era confusa. Si tennero la mano mentre tornavano verso la città, verso le loro vite che non si sarebbero mai unite.

Per Davide, fu un bacio che difficilmente avrebbe dimenticato.

Per Livia, fu un bacio per dimenticare un'illusione.

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