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8. Situazioni complicate

Selene

Sto finendo di mettere il rossetto quando sento la porta di casa aprirsi. Aggiusto i capelli e sistemo la scollatura del body.

Stefano si affaccia sulla porta della mia stanza e mi guarda con aria corrucciata.

‹‹Stai uscendo?››

‹‹Vado a fare l'aperitivo con Livia e Gloria.››

Ignoro la sua faccia contrariata e torno a guardare il mio riflesso nello specchio. Sono vestita completamente di nero, jeans a zampa e body leggermente scollato. L'unica nota di colore è data dal rossetto rosso.

‹‹Prima devi portare questo a casa di Ante Rebic.›› Appoggia un grosso aggeggio avvolto in un telo grigio allo stipite.

Che cosa? Oggi a pranzo abbiamo avuto una piccola discussione, sempre sullo stesso argomento. Ho bisogno di tempo per studiare e aiutarlo mi sta fagocitando. ‹‹Non puoi farlo tu? Livia e Gloria mi stanno aspettando.››

‹‹Ti sembra che possa lasciare lo studio? Ho dei pazienti di sotto›› risponde brusco.

‹‹Portaglielo quando chiudi.››

‹‹Non discutere, Selene. Si tratta solo di una piccola deviazione, tarderai al massimo di mezz'ora. Spiegagli anche come funziona.››

‹‹Che cavolo ne so come funziona?››

‹‹Ti ho scritto tutto su un foglio, lo trovi dentro. Prendi la mia macchina.››

Mi lancia le chiavi che afferro al volo. ‹‹Ma non so dove abita...›› piagnucolo. Perché deve affibbiarmi sempre queste rotture di scatole.

‹‹Ti sto inviando la posizione.››

Sbuffo. ‹‹Almeno posso tenere la macchina?››

Stefano sorride e mi guarda rassegnato. Sono poche le volte che mi lascia la macchina per uscire la sera. Anche se sono una ragazza responsabile, non si fida al cento percento. Secondo lui è impossibile che alla mia età una persona non beva neanche un goccio di alcool. E non posso che dargli ragione, ultimamente ne ho bisogno per anestetizzare i pensieri.

‹‹Puoi tenerla. Selene, mi raccomando, glielo devi portare subito. Ti sta aspettando.››

Alzo gli occhi al cielo. Non possiamo far aspettare sua maestà il calciatore nemmeno due minuti. Completo il mio look dark con un giubbottino di pelle nero e mi avvio.

Questo coso pesa più di me, arranco per le scale e lo trascino fino alla macchina col fiatone. Avviso le mie amiche che farò tardi e controllo la strada che dovrò fare per raggiungere la casa di Ante. Mi spunta un sorriso amaro quando mi rendo conto che vive nella stessa zona dove Alexandar aveva preso l'appartamento per noi. Un'altra gita sul viale dei ricordi. Da quando è comparso non fa altro che riportare a galla cose che preferirei non aver vissuto.

Impiego un quarto d'ora per raggiungere la zona e altri cinque minuti per parcheggiare e trovare il condominio esatto, farmi aprire da Ante e infilarmi in ascensore. Mi scatto un selfie e lo mando a Gloria e Livia.

-Arrivo tra pochissimo.

Sul pianerottolo al terzo piano c'è una porta leggermente aperta. Mi avvicino.

‹‹Ehi, ciao.››

Ante spalanca la porta e mi fa cenno di entrare. È al telefono, mi guarda appena. ‹‹Togliti le scarpe›› mi intima con voce dura, poi mi volta le spalle e continua a parlare.

‹‹Ok›› dico alla porta che richiudo.

Appoggio il marchingegno al muro e mi sfilo gli stivaletti. Lancio un'occhiata ad Ante che è vicino ad un mobile basso di fronte a me. Ha le palle curve, parla nella sua lingua e molto veloce ma riesco a capire che si sta rivolgendo ad una ragazza. Dopotutto in due anni e mezzo con un serbo ho imparato qualcosa. È molto nervoso, ma questo lo avrei capito anche se non avessi conosciuto la lingua. Le parole escono fuori con una tale forza che gli graffiano la gola.

Proprio in questo momento doveva mettersi a litigare al telefono? Io ho fretta di andare dalle mie amiche, voglio solo spiegargli come funziona l'aggeggio e andarmene. A proposito, non so ancora come funziona. Lo appoggio sul divano al centro della sala e tiro fuori le istruzioni che mi ha lasciato Stefano.

Ante comincia ad alzare la voce. "A te non te ne frega niente di quello che sto passando, questa è la verità." Seguono altre esclamazioni che non comprendo, poi termina la conversazione e sbatte il telefonino sul mobile. Batte un pugno sul legno scuro, seguito da un altro ancora più forte. Poi afferra una cornice e la scaraventa a terra.

Lo osservo col cuore che mi batte forte. Non volevo essere spettatrice di questo suo momento personale, mi sento di troppo, vorrei poter sparire. Lui stringe tra le dita un candelabro e prima che possa lanciare anche quello faccio l'unica cosa che mi passa per la testa, mi avvicino e lo abbraccio. Lo stringo forte da dietro e sento i suoi muscoli diventare rigidi, come una statua.

‹‹Calmati, per favore›› sussurro, con il viso sulla sua schiena.

Solo quando inizia a rilassare i muscoli lo lascio andare. Ante si copre il viso con le mani. ‹‹Scusami.››

Raccolgo la cornice. Il vetro rotto traccia una linea netta sul suo volto sorridente, ritratto mentre abbraccia una ragazza con la testa poggiata sul suo petto e le braccia attorno al suo busto.

‹‹Scusami›› ripete. Manda via una buona dose di tensione con un sospiro profondo e mi guarda. È rammaricato.

Gli porgo la fotografia. ‹‹È la tua ragazza?››

Ante la prende, guardandola con nostalgia, come se appartenesse a un passato troppo lontano. Le sue emozioni mi arrivano così forti che quasi mi fanno male. Contrae la mascella e lascia la foto sul mobile.

‹‹Cosa mi hai portato?›› Si avvicina al divano e osserva il macchinario per la fisioterapia.

Batto le palpebre un paio di volte per scacciare la malinconia che aleggia nell'aria. ‹‹Beh, non ho idea di cosa sia, ma posso spiegarti come funziona.›› Gli strappo un sorriso che un po' mi rincuora. ‹‹Stefano ha lasciato tutto scritto qui.››

Mi abbasso per afferrare il foglietto di carta e quando mi alzo Ante è a un passo da me. Trattengo il respiro e vengo risucchiata dai suoi bellissimi occhi chiari. Non credo di essere mai stata così vicina a lui, non avevo mai notato la delicatezza dei suoi lineamenti prima.

‹‹Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a questa... patetica sceneggiata. Non sono un ragazzo violento. Non mi era mai successo di perdere il controllo.›› Fa una piccola pausa e sorride, abbassando lo sguardo. ‹‹Almeno non fuori dal campo.››

Percepisco tutta la dolcezza che si nasconde dietro queste parole, è preoccupato che io possa essermi spaventata. ‹‹Mi dispiace che le cose non vadano con la tua ragazza, che non ti senti capito da lei.››

Ante mi fissa stringendo gli occhi. ‹‹Tu parli la mia lingua?››

Arrossisco un po', non avrei dovuto spingermi così oltre, in fondo sono cose sue private. Ma volevo solo mostrargli la mia solidarietà. ‹‹No. Capisco qualcosa ma non la parlo.›› Tiro giù le maniche del body, coprendo le mani.

All'improvviso Ante scoppia a ridere. ‹‹Allora sei stata con uno di noi?››

Perché adesso si sta parlando di me? È lui quello che ha appena litigato al telefono con la fidanzata ma continua a spostare il discorso verso altro. ‹‹Te l'ho detto oggi che sono stata con uno di voi›› rispondo controvoglia.

‹‹Sai bene cosa intendo. Uno come me, un croato.››

‹‹No Ante, non sono stata con nessun croato.›› Mi avvicino al macchinario e con un gesto di stizza prendo il foglietto con le istruzioni. ‹‹Vogliamo vedere come funziona questo coso? Oppure me ne vado e te la vedi tu. Stefano ha detto che devi iniziare subito.››

Lui mi guarda con un cipiglio divertito. ‹‹Non arrabbiarti, Selene. Ti ascolto.›› Mi passa davanti e si siede sul divano con le gambe allargate, getta un braccio sullo schienale e mi guarda. Mi guarda. I suoi occhi scendono lenti su tutto il mio corpo per poi tornare sul mio viso. Si piantano nei miei, turbolenti, inquieti, affamati. Non c'è più traccia di sorriso sulle sue labbra.

‹‹Allora?››

Mi accorgo del cuore che mi sta battendo forte nel petto e dovrei sentirmi turbata e a disagio ma non lo sono. Infilo una ciocca di capelli dietro l'orecchio e mi umetto le labbra secche mentre mi chino sul macchinario.

‹‹Allora. Questo è il pulsante di accensione.›› Lo schiaccio e un bip ci avvisa che la macchina è pronta. Sullo schermino lampeggiano una serie di numeri. ‹‹Imposta al numero 4.›› Lo faccio, Ante osserva senza dire nulla. Poi prendo la guaina da posizionare sulla zona interessata. ‹‹Devi avvolgere il punto da trattare con questa. Togliti i pantaloni.››

Solleva un sopracciglio. ‹‹Se me lo chiedi così...›› Non lo dice in italiano e non sono sicura di aver capito bene, tuttavia arrossisco e sfuggo al suo sguardo.

Ante si alza e si sfila i pantaloni, restando di fronte a me, in attesa che io gli avvolga la guaina attorno alla gamba. Mi inginocchio davanti a lui, consapevole di quanto sia erotica la mia posizione. Sento un fuoco che mi brucia sotto la pelle, ho la gola completamente secca. Un istante prima di lasciargli la gamba alzo gli occhi e incontro i suoi. Ha le labbra schiuse e trattiene il fiato.

‹‹Fatto.›› Mi alzo e faccio dei passi indietro.

‹‹Grazie.››

Si distende sul divano e io cerco di riacquistare la lucidità.

‹‹Bene, io allora vado.›› Vicino alla porta raccolgo uno stivaletto.

‹‹Selene?››

‹‹Sì?››

‹‹Ti andrebbe di farmi compagnia per cena?››

Ci sarebbero milioni di motivi per cui non dovrei restare, quello che è appena successo dentro di me, le mie amiche che mi stanno aspettando, il fatto che non conosco per niente il ragazzo che ho di fronte.

Lascio andare la scarpa che ho in mano. Non si può dire che non abbia un talento: infilarmi sempre nelle situazioni complicate.

‹‹Certo.›› 

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