7. Tocco
Ante
Anche stamattina l'aria è piacevolmente tiepida, il sole si infrange sulle foglie ingiallite degli alberi ormai pronte a cadere alla prima folata di vento. Mi sento proprio come loro, in equilibrio precario, con la costante sensazione che la mia vita stia andando a rotoli e non posso fare nulla per impedirlo.
La clinica è l'ultimo posto in cui vorrei essere in questo momento. Ho bisogno di vedere i miei compagni di squadra, sentirmi ancora parte di quel gruppo. Zlatan aveva ragione ieri sera.
‹‹Ciao Ante.››
Mi tolgo gli occhiali da sole e scruto il volto illuminato da un sorriso di Selene. Non è il tipo di accoglienza che mi ha riservato in questi giorni.
‹‹Buongiorno, Selene.››
‹‹Oggi farai la tecar con me›› annuncia, guardandomi di sottecchi.
Ecco spiegato il motivo di questo saluto caloroso, voleva prepararmi alla notizia. Mi scappa una risatina strozzata. ‹‹Oh, no. Quanto tempo ci metterai ad indovinare il punto giusto?››
Lei alza gli occhi al cielo. ‹‹Stai tranquillo, so perfettamente cosa fare. Ti sei divertito ieri sera?››
‹‹Oggi hai voglia di parlare?›› Entriamo nella stanzetta, Selene mi da le spalle e comincia ad armeggiare con la macchina per la fisioterapia.
‹‹Sei sempre così sarcastico?››
‹‹Non lo so, ieri mi odiavi e oggi vuoi fare conversazione come se fossimo amici.›› Mi tolgo i pantaloni e mi distendo sul lettino, fissandola.
Selene mi guarda con un sorrisino disegnato sulle labbra. ‹‹Ti ho visto, ieri sera.››
‹‹Mi hai visto?››
‹‹Stavi salendo su una BMV nera.››
Annuisco, anche se lei non mi sta guardando. Sta controllando che tutto sia in ordine con l'apparecchio. ‹‹Sono stato a cena con Ibrahimovic.››
‹‹Quell'uomo alto col giubbotto di pelle.›› Si sposta al mio fianco e stavolta non sbaglia la zona da trattare.
Il gel è freddo e mi provoca un brivido. Cerco di analizzare la sua espressione. È impossibile non notare Zlatan, è alto due metri e trasuda carisma da tutti i pori. Sono curioso di vedere se è contrariata anche da lui o se, come tutte le ragazze, ne è attratta.
‹‹Lo conosci?››
Scrolla le spalle. ‹‹Ne ho sentito parlare.››
A Milano Zlatan è ovunque. Non c'è evento o festa a cui non venga invitato e lei ne ha semplicemente sentito parlare. Incrocio le braccia dietro la testa e mi sistemo più comodo sul lettino, godendo del calore della tecar. ‹‹Sei incredibile. Vorrei sapere perché ci odi tanto, da cosa derivano tutti quei pregiudizi su di noi?››
Mi scocca un'occhiata esasperata. ‹‹Non vi odio, però è innegabile che siete tutti uguali.››
‹‹Spiegami.››
‹‹Tu no, te l'ho detto ieri›› dice seria. ‹‹Tu non sei banale.››
Banale. Anche questo suona come un insulto.
‹‹Mi aspettavo una risposta del tipo: "perché non esci con me così vediamo se sono come tutti gli altri?", oppure: "baby, nessuno è come me." Invece mi hai sorpreso.››
Scoppio a ridere. ‹‹Quindi pensi che siamo tutti donnaioli ed egocentrici?››
I suoi occhi scattano come saette nei miei. ‹‹Non è così?››
Rimango incastrato nel suo sguardo e ci leggo qualcosa che non avevo notato prima, leggo dolore. Una consapevolezza improvvisa nasce dentro me. ‹‹Hai avuto una relazione con un calciatore?››
‹‹No›› risponde secca. Troppo veloce perché sia vero. È stata con un calciatore e non è andata bene. Sono curioso, voglio sapere chi è.
‹‹È della mia squadra?››
‹‹No.››
Allora deve essere dell'Inter, a meno che non sia qualcuno che gioca in serie B. ‹‹Lo conosco?››
Espira piano, esita. ‹‹Suppongo di sì.››
Dunque ho ragione, ha avuto una delusione d'amore bella grossa. Anche se evita di incontrare il mio sguardo percepisco il suo disagio.
‹‹È Ivan?›› insisto.
Ha lo sguardo concentrato rivolto verso la mia gamba. Corruga la fronte. ‹‹Ivan?››
Mio malgrado mi ritrovo ad irrigidirmi. ‹‹Ivan Perisic.››
Dopotutto Ivan conosce Stefano e di sicuro anche Selene. Non ho mai avuto il sentore che potesse avere una relazione extraconiugale, ma chi può dire che non sia così? Non voglio scoprire in questo modo che uno dei miei migliori amici ha tradito sua moglie.
Selene sorride e scuote la testa. ‹‹No. Ivan è una brava persona.››
Mi rilasso. ‹‹Allora chi?››
‹‹Ante, non insistere, non te lo dirò.››
‹‹Perché?››
‹‹Perché non siamo amici.››
Nascondo un sorriso. Mi piace quando mi risponde in maniera decisa. ‹‹Tu dove sei andata ieri sera?››
‹‹Sono uscita con un paio di amiche, abbiamo ascoltato un gruppo che suonava musica rock.››
‹‹Ti sei divertita?››
‹‹Sì. Ne avevo bisogno.››
‹‹Sei stressata per l'esame? Per quel librone di duemila pagine che, giustamente, non hai ancora finito.››
Anche a lei torna in mente la nostra conversazione dell'altro giorno, quando mi ha parlato con quella spocchia che adesso non mostra più. Le sue guance si colorano leggermente. ‹‹È difficile finirlo se sono sempre qui.››
Però ho la sensazione che non sia solo l'esame a stressarla, c'è dell'altro che non dice a parole. I miei occhi si allacciano al suo viso e non si staccano più. Ne studio ogni minimo particolare. Alza lo sguardo e sorride quando vede che la sto fissando.
‹‹Ancora non ti fidi?››
Non è quello, la guardo perché è bella. ‹‹No›› scherzo. Ha un buon odore, stamattina lo avverto più forte. E le mani sono delicate sulla gamba.
Si adombra. ‹‹Viziato.››
Ad un tratto, la sua mano a contatto con la mia pelle mi appare fin troppo pesante. Sale su, troppo su. Vorrei tirarmi indietro ma non ho spazio sul lettino. Sono sorpreso dalle immagini che mi compaiono nella testa. Sento il cuore rimbombarmi nelle vene.
Non riesco a concentrarmi su nient'altro che non siano le sue mani sulla gamba. Sto sentendo cose che non dovrei sentire e se continua tra poco avrò un'erezione.
‹‹Fermati›› le intimo con voce dura.
Selene si tira indietro come se avesse toccato lava incandescente. ‹‹Ti ho fatto male?›› chiede spaventata.
‹‹Sì. Cioè, no, non tu. Sei molto delicata, però sento dolore.›› Incespico sulle parole ed evito di guardarla, preferendo esaminarmi la gamba.
‹‹Vado subito a chiamare Stefano.››
Solo quando esce dalla stanza butto fuori tutta l'aria che ho trattenuto. Che cazzo ti prende, Ante?
Stefano arriva di corsa, ha la faccia preoccupata e io mi sento in colpa. Non ho niente che non vada alla gamba, il problema è nel mio cervello.
Mi tocca e le sue mani decise ed esperte non riescono a cancellare il tocco di Selene.
‹‹Ti fa male se ti tocco?››
‹‹No.››
‹‹Cosa hai sentito di preciso?›› Stefano controlla la macchina, poi torna a guardarmi.
‹‹Come se mi stessero strappando i muscoli.›› Sono pessimo ad inventare scuse.
Lui aggrotta la fronte. ‹‹Strano. Posso farti degli esami? Per capire cosa sta succedendo.››
Annuisco e il mio senso di colpa aumenta a dismisura. Incrocio lo sguardo di Selene mentre esco dalla stanza, sembra dispiaciuta. Vorrei dirle che non si deve preoccupare, che è tutto a posto e che sono solo uno stupido che non riesce a controllarsi. Le rivolgo un sorriso incoraggiante e seguo Stefano.
So di stare bene e non sono affatto impensierito per l'esito degli esami. Però sono tanto confuso; Selene è bella ma questo non giustifica la mia reazione. Non riesco a capire come abbia fatto a mandarmi il cervello in tilt così all'improvviso. Le rughe di preoccupazione di Stefano si distendono mentre guarda nel monitor. Tira quasi un sospiro di sollievo.
‹‹Ante, non c'è niente di anomalo, anzi posso dirti che stai guarendo in fretta. È un bene che abbiamo fatto questi esami oggi, con queste condizioni possiamo provare a fare un altro percorso per accelerare il recupero e ridurlo a due settimane. Se per te va bene.››
Quasi non credo alle mie orecchie. Due sole settimane. Annuisco energicamente. ‹‹Va bene, facciamolo.››
Dopo essermi rivestito e sistemato, mi dirigo in fretta alla reception per vedere Selene. Ho bisogno di rassicurarla, sono stato un coglione e lei non ha nessuna colpa. Mi fermo di fronte a lei che, neanche a dirlo, è china sul libro.
Alza il viso con espressione neutra ma subito scatta in piedi e mi raggiunge girando attorno alla scrivania. ‹‹Ehi come stai, come sono andati gli esami?››
‹‹Molto bene, sembra che la lesione stia guarendo bene.››
Chiude un istante gli occhi, sollevata. ‹‹Grazie al cielo.››
Vorrei tenere ancora gli occhi sul suo viso, è bellissima con quei grandi occhi luminosi e un sorriso che mai ho visto prima di oggi. Ma sono ancora troppo vulnerabile, così dirigo lo sguardo verso la porta. ‹‹Mi dispiace averti fatta spaventare. Non è colpa tua, sei stata brava. Hai delle mani molto delicate.››
Per poco non mi strozzo con le mie stesse parole, infilo gli occhiali da sole e serro la mascella. Selene accenna un sorriso e prima che possa aprire bocca mi allontano. ‹‹Ci vediamo››, dico quando sono già sulla porta.
Scappo, ho troppa fretta di tornare a casa a mettere ordine tra i miei pensieri confusi.
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