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5. Periodo grigio

Ante

Osservo Selene uscire dalla stanza con lo sguardo basso. Sono abbastanza irritato per quello che è successo ma mi rendo conto che molta di questa irritazione è dovuta al fatto che sono su un lettino a farmi curare invece che sul campo ad allenarmi con i miei compagni.

Non è successo niente di grave, in fondo, Selene era solo un po' distratta. Mi dispiace per come l'ho trattata, era diventata rossa in volto. Non poteva sapere di aver toccato un tasto dolente, non può sapere quanto mi dia fastidio essere etichettato come il classico calciatore, con tutti gli stereotipi che ne derivano.

‹‹Hai avuto dolore ieri?›› domanda Stefano, riportandomi al presente.

‹‹No, solo un po' di fastidio stamattina.›› Sento i muscoli dell'addome rilassarsi man mano che scema la tensione. Il calore del macchinario è piacevole; poggio la testa sul lettino e chiudo gli occhi. ‹‹Tua sorella ha un bel caratterino.››

Mi è piaciuto il nostro battibecco, mi ha affrontato a viso aperto senza timore di esprimere la sua opinione. Sono sicuro che se ci fosse stato qualcun altro al posto mio si sarebbe intimidito davanti a tanta enfasi. Non ha mai abbassato la testa, neanche di fronte alle mie occhiate di ghiaccio, e so bene quanto possano intimorire i miei occhi quando diventano seri.

Stefano sorride. ‹‹Può sembrare un po' scontrosa ma solo perché non ama stare qui. Mi sta dando una mano da quando la ragazza che lavorava con me è andata via. Le ho promesso che sarebbe stato solo per alcuni giorni ma non sono ancora riuscito a trovare un'altra persona. Per lei è stressante, le rimangono pochi esami da dare e stando qui non ha molto tempo per studiare.››

Selene ha detto chiaramente che odia i calcatori, quindi non credo che sia scontrosa con tutte le persone che vengono qui. Lo è solo con me o con quelli come me. Mi sta bene, almeno lo so e so in che lingua parlare con lei.

‹‹Capisco. Quanti anni ha?››

Stefano si sofferma a guardarmi un istante, come se volesse leggermi nella mente. Un fratello protettivo, so che significa, anche io lo sono con le mie sorelle. Sta cercando di capire che intenzioni ho con Selene? Per il momento ho intenzione di ignorarla completamente, sebbene l'idea di stuzzicarla mi intriga. Non è facile trovare persone schiette e a me piacciono le persone che dicono sempre quello che pensano.

‹‹Ne compie venticinque a novembre›› dice, tornando a guardare la mia gamba, e io non aggiungo più niente.

Dopo la seduta di tecar ci spostiamo in palestra, un ambiente grande e fornito di tutto. Attraverso una vetrata che dà su un'altra stanza intravedo anche una piscina per la riabilitazione in acqua. Il lavoro in palestra è noioso per noi calciatori ma sento subito delle sensazioni positive da questo posto. Sento che lavorerò bene.

Stefano è preciso e meticoloso, non mi lascia un secondo e alla fine sono sfiancato e soddisfatto.

‹‹Ottimo lavoro, Ante. Ci vediamo domani.››

Sorrido, sinceramente sereno. ‹‹A domani.››

Mi da una pacca sulla spalla e scompare dietro una porticina laterale. Mi sistemo in fretta e pesco il cellulare nella tasca, osservando rapidamente le notifiche in cerca del messaggio di Lara. Stamattina le ho scritto di non prendere impegni per il fine settimana, ho una voglia incredibile di stare con lei, voglio che mi raggiunga a Milano per qualche giorno.

La risposta non è di quelle che mi aspettavo. Mi si annoda lo stomaco e quel poco di buonumore che avevo ritrovato fugge via. Trovo anche un messaggio di Zlatan nel quale mi invita a cenare con lui stasera. Sempre meglio che stare a casa a sfamare i pensieri negativi o a litigare con Lara.

Non riconosco più la mia ragazza, ultimamente. È come se sia arrivato ad occupare l'ultimo posto nella sua vita. Ho bisogno di lei in questo momento e sembra non capirlo affatto.

‹‹Ante?››

Mi giro di scatto e vedo Selene raggiungermi. Nella fretta di uscire non ho neanche fatto caso a lei. Mi rivolge un bel sorriso che però non raggiunge gli occhi. Sono stanchi e portano la traccia di pensieri solo suoi.

‹‹Scusami per prima.››

‹‹Sì›› rispondo stanco. Apro la porta ed esco fuori.

Lei la tiene aperta con la mano. ‹‹Avevi ragione, non sei come tutti gli altri. Sei intelligente.››

Intelligente. Mi viene da ridere. Immagina che siamo tutti degli stupidi? ‹‹Dovrebbe essere un complimento?›› perché a me sembra più un insulto.

‹‹Certo. Ed è l'unico che riceverai da me.››

Che ragazza strana e impertinente. Sorrido. ‹‹Sono stato in grado di estorcerti un complimento.››

I suoi occhi marroni si illuminano un istante mentre sorride. ‹‹Ritieniti fortunato.››

Torna subito seria, sulle sue. Mi incuriosisce scoprire da dove arrivano i suoi pregiudizi sulla categoria di cui faccio parte. Sembra una ragazza simpatica, tutto sommato, adesso è molto diversa rispetto a stamattina. Infilo gli occhiali da sole e inizio a scendere le scale.

‹‹Ciao Selene.››

‹‹Ciao Ante.››

Sento la porta che si richiude alle mie spalle.

I suoi occhi mi restano nella testa per un po'.

***

Abbiamo il tavolo riservato in un angolo appartato. Il ristorante lo ha scelto Zlatan e ci abbiamo già cenato altre volte. È un bel posto, le vetrate affacciano sul corso illuminato e quasi deserto. Palazzi più vecchi fanno da contorno a grattacieli e edifici moderni che spiccano in lontananza.

Zlatan è rilassato, sorridente. Fuori dal campo è una persona completamente diversa, più aperta e alla mano. È sempre stato un mito per me, il mio idolo. Averlo come compagno di squadra è un onore.

A lui piace scherzare, farci sentire parte di un gruppo ma quando c'è da lavorare è serio e non si tira mai indietro. La sua forza di volontà, la sua mentalità, la sua attitudine alla vittoria sono un esempio per tutti noi. Ci stimola a fare sempre meglio, sempre di più.

‹‹Come mai non stai venendo a Milanello?››

Si appoggia allo schienale della sedia e mi osserva.

‹‹Il mister mi ha consigliato di staccare un po' la spina.››

‹‹Stronzate, tu devi venire. Devi guardare i tuoi compagni che si allenano e lavorare duro per essere con loro il prima possibile.››

Lo guardo e sorrido. I suoi consigli sono sempre preziosi per me e anche se sono d'accordo con quello che ha detto penso che il mister abbia ragione, in questo momento ho bisogno di staccare.

‹‹Mi sento a pezzi e molto nervoso.››

Mi guarda un istante lungo. ‹‹Lara è qui?››

Scuoto la testa e la tensione che sento allo stomaco mi avvisa del fatto che la sua assenza fa più male di quanto non dica a me stesso. Prima, al telefono, mi sono trattenuto, ho cercato di razionalizzare la situazione. Mi sono detto che appena possibile andrò io in Croazia e potremo stare insieme.

‹‹Le hai chiesto di venire?››

Zlatan sa che io e Lara ci vediamo poco e sa quanto può essere importante per un calciatore avere una stabilità a livello sentimentale. Deglutisco, cercando di mandare via il nodo alla gola. È il grumo delle parole non dette e delle emozioni trattenute. ‹‹È molto impegnata ultimamente.››

‹‹Forse è il caso che torni un po' a casa.››

‹‹Non posso, Zlatan, ho la fisioterapia. Devo rispettare il mio programma di recupero.››

‹‹Puoi sempre portarti dietro il fisioterapista.››

Ci avevo pensato, ma dovrei lasciare Stefano e prenderne un altro. Scuoto la testa.

‹‹Ti do il numero di un paio di fisioterapisti con cui ho lavorato. Se gli dici che vuoi fare la riabilitazione in Croazia, loro sono disponibili a seguirti.››

‹‹Il fatto è che ne ho trovato uno che sembra veramente bravo.››

‹‹Da chi stai andando?››

‹‹Stefano Greco. Me lo ha consigliato Ivan Perisic.››

Zlatan annuisce serio. ‹‹Ok. Se hai bisogno, sai dove chiamarmi.›› Prende il cellulare e smanetta per qualche secondo, poi lo gira verso di me. ‹‹Ti piace?››

Sullo schermo c'è l'immagine di una Ferrari bellissima, probabilmente l'ultimo modello, considerato l'elevato numero di Ferrari che Zlatan ha già nel suo parco macchine.

Annuisco. ‹‹Stupenda. Hai intenzione di comprarla?››

‹‹Ci puoi scommettere›› risponde, con il sorriso che gli illumina il volto.

La conversazione vira così su argomenti più leggeri. Guardiamo orologi, parliamo degli investimenti del momento.

Sono affezionato a Zlatan e so che anche lui mi vuole bene. A volte parliamo in croato, la lingua che ha imparato da sua madre. È il suo modo per farmi sentire a mio agio.

Per tutto il tempo che stiamo insieme dimentico tutto. Mi godo la sua compagnia, il cibo, l'ottimo vino. Tutto assume un'altra dimensione, mi rendo conto di quanto sono fortunato a poter fare questa vita.

Anche quando torno a casa e mi metto a letto non sento più l'angoscia che ho provato in questi giorni. So solo che il periodo grigio passerà ed io tornerò a calpestare l'erbetta, a correre dietro ad un pallone, a fare quello che amo.

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