3. Antipatia
Ante
La sveglia è solo un rumore fastidioso che mi dice che è arrivato il momento di alzarmi.
Sono sveglio già da un po', pronto per iniziare una nuova routine fatta di fisioterapia e zero pallone. Dato che non ho nessuna fretta di correre a Milanello, mi godo l'acqua calda della doccia per qualche minuto in più.
Fa quasi strano fare colazione a casa da solo, abituato a farla a Milanello con i miei compagni. Mangio piano, con la tv accesa e recupero qualche messaggio che non ho letto ieri sera. Sono perlopiù dei miei amici della Croazia che scrivono stupidaggini nel gruppo.
Fuori l'aria è fresca, scioglie il fumo che avvolge tutti i miei pensieri. Il cellulare mi squilla nella tasca, lo tiro fuori e rispondo mentre entro in macchina. È Rade, mio caro amico e compagno di squadra.
‹‹Rade.››
‹‹Buongiorno Ante, ti sei svegliato?››
‹‹Certo, coglione.››
Lo sento ridere. ‹‹Ah, vedo che sei di buonumore. Stasera ci vediamo?››
‹‹Sì. Da me?››
‹‹No, vieni da me. Vengono a trovarmi un paio di amici da casa, facciamo una cenetta tranquilla.››
‹‹Va bene. A dopo.››
Metto in moto e mi avvio. Sono contento di andare a cena a casa di Rade con i suoi amici bosniaci, so già che passerò un paio d'ore spensierato e ne ho proprio bisogno.
Arrivo alla clinica non senza qualche scazzo dovuto al traffico mattutino milanese. Quando entro mi accoglie una ragazza che non avevo visto ieri. È seduta dietro al bancone grigio chiaro posto di fronte all'ingresso.
‹‹Buongiorno.›› Si alza e mi viene incontro. È alta e magra, indossa un paio di leggings neri, scarpe da ginnastica e una felpa larga color rosa pesca. ‹‹Tu devi essere Ante Rebic.››
‹‹Sì, sono io.››
Il suo viso mi è familiare. Devo averla già vista da qualche parte ma non riesco a ricordare dove.
‹‹Ciao, mi chiamo Selene e sono la sorella di Stefano. Vieni, seguimi.››
Stringo la mano che mi ha teso e la guardo con più attenzione. Mi incammino al suo fianco e dopo pochi passi mi fa entrare in una stanzetta con un lettino e un paio di macchinari per la tecarterapia.
‹‹Ah! Ecco dove ti ho già vista!›› esclamo ad alta voce, appena mi ricordo. Lei mi guarda stralunata. I capelli lisci le arrivano fin sopra la vita, li sposta dietro la spalla e serra la mascella. Sembra a disagio, o forse contrariata dal mio commento. ‹‹Sei la ragazza che stava leggendo quel libro gigantesco qui fuori ieri.››
‹‹Sì, ora che me lo dici, mi ricordo. Sistemati pure sul lettino.››
Magari è solo la mia impressione, ma non sembra molto contenta di avere a che fare con me. Sono entrato da un paio di minuti e mi ha già rivolto una decina di occhiate di sufficienza. Mi sfilo le scarpe e tolgo i pantaloni, accomodandomi sul lettino. La ragazza sta igienizzando gli strumenti.
Fisso un attimo il soffitto e poi mi rivolgo a lei. ‹‹Lo hai finito poi il libro?››
Selene si gira verso di me e solleva un sopracciglio con fare da superiore. ‹‹È un libro di duemila pagine.››
Annuisco e mi faccio serio. È chiaro che non ha voglia di parlare, sembra piuttosto infastidita dal mio atteggiamento. Anche io preferisco il silenzio alle chiacchiere inutili, mi era solo sembrato carino chiederle qualcosa sul libro che stava leggendo ieri.
Mi irrita però il modo in cui mi guarda, come se fossi uno stupido.
Osservo le sue mani muoversi veloci sugli attrezzi. La mascella tesa le da un'aria severa e non capisco se ho detto davvero qualcosa di sbagliato o se è il suo tipico modo di fare.
‹‹Tra un minuto arriva mio fratello›› dice, ed esce senza guardarmi.
Stefano arriva subito, impedendomi di farmi ulteriori domande su quella ragazza che ha detto di chiamarsi Selene ma che io chiamerei Acidona.
‹‹Buongiorno Ante, come ti senti?››
‹‹Bene.››
Sto uno schifo, ma non c'è bisogno che lui lo sappia, il mio umore non è rilevante. Ieri sera sono stato più di due ore al telefono con mio padre che mi ha rassicurato in tutti i modi ma non è bastato. È che sono troppo nervoso perché avevo iniziato davvero bene e questo lungo periodo di stop non mi permetterà di tornare subito in condizione ottimale per giocare tutte le partite.
Non è solo una questione di voglia, io devo giocare e dimostrare il mio valore sempre, con costanza, altrimenti posso fare le valigie e cercarmi un'altra squadra.
È solo un mio pensiero per il momento, ma mi tormenta più del necessario. Nessuno me lo ha detto e men che meno ho percepito qualcosa di negativo a Milanello, anzi, sono stati tutti gentili e disponibili. Il mister mi ha già chiamato due volte, lui conta molto su di me. Ma so fin troppo bene come funzionano le cose e quest'anno con Rafa Leao in formissima sarà una bella lotta tra noi.
Ho sentito anche Lara, la mia fidanzata, ma non quanto avrei voluto. Aveva delle cose da fare. È così impegnata ultimamente che facciamo fatica a vederci anche solo una volta al mese. Vorrei che fosse qui con me. potrei smettere di pensare sempre e soltanto a quando sarò pronto per tornare a giocare, se lei fosse qui.
Stefano mi guarda e sorride. È molto più amichevole rispetto a sua sorella, ha un sorriso aperto e luminoso e grandi occhi castani che sembrano scavare in profondità.
‹‹Non ti preoccupare, Ante, ti rimetterò in sesto.››
Annuisco e accenno un sorriso. Mi sto fidando di lui così come si fida Ivan, Stefano è il suo uomo di fiducia qui a Milano per le questioni muscolari. So che l'infortunio si risolverà, l'unico problema è quando. Sono troppo impaziente e ricordo a me stesso che sono solo al primo giorno e che devo smetterla di ossessionarmi o peggiorerò le cose. Cerco di sgomberare la mente mentre Stefano mi massaggia.
‹‹Ivan lo hai sentito?››
‹‹L'ho sentito ieri, voleva sapere come erano andati gli esami.››
‹‹Sai cosa mi ha detto l'altra sera, quando mi ha chiamato per dirmi che venivi? "Domani viene un mio amico, trattalo come se ci fossi io o abbiamo chiuso".››
Scoppio a ridere e anche Stefano. Non faccio fatica ad immaginare l'espressione sulla faccia di Ivan mentre pronuncia quelle parole. È un ragazzo molto diretto, non si fa nessun tipo di problema a dire quello che pensa, in ogni circostanza.
‹‹Mi dispiace per il disturbo›› dico, pensando anche alla faccia di Selene.
‹‹Non lo dire nemmeno per scherzo, è il mio lavoro. Sono qui per questo.››
Stefano affonda le mani nella coscia fino all'inguine. Trattengo una piccola smorfia di dolore.
‹‹Stefano, dimmi la verità, quanto tempo credi che ci vorrà?››
‹‹Io credo non più di un mese, come ti ho detto ieri.›› Non mi guarda negli occhi, continua a massaggiarmi la coscia. ‹‹Ma vediamo come reagiscono i tuoi muscoli, potrebbe volerci anche meno. Intanto domani iniziamo a lavorare anche in palestra.››
La seduta va bene. Stefano è un ragazzo simpatico ed entriamo subito in sintonia.
Ha le mani d'oro. Quando scendo dal lettino sento i muscoli leggeri e pronti, tanto che mi fionderei seduta stante a Milanello ad allenarmi con i miei compagni. Invece credo che me ne andrò a fare un giro e rimarrò a pranzo fuori.
Uscendo, vedo Selene dietro al bancone della reception con il volto chino sul libro. Stavolta non la disturbo. Tiro dritto ed è solo quando sono già mezzo fuori che sento la sua voce che mi saluta.
Mi volto un po'. È già tornata a guardare il libro.
‹‹Ciao›› rispondo, e la vedo alzare lo sguardo e sorridere.
Rimango un istante di troppo a guardarla, quando sorride è molto bella. Magari un giorno le chiederò per quale motivo le sto così antipatico.
Chiudo la porta. L'aria fuori odora ancora di fresco della mattina. Do un'occhiata all'orologio e mi butto nella mia fantastica giornata di merda.
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