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2. Calciatori

Selene

Una folata di vento mi fa rabbrividire. Alzo la testa verso il cielo che si è improvvisamente annuvolato e poi do un'occhiata all'orologio. Richiudo in fretta il libro e mi dirigo verso il centro di fisioterapia di mio fratello Stefano.

Sono molto tentata di dargli buca e salirmene a casa a studiare. Stamattina all'università non ho concluso molto, ho trascorso la maggior parte del tempo a messaggiare con Livia per decidere il vestito che metterà stasera per uscire con un ragazzo. Mi sento in colpa perché non ho studiato e mi sento in dovere di aiutare mio fratello. Gliel'ho promesso, almeno fino a quando non troverà qualcun altro.

Valeria, la sua fidanzata storica, ha troncato la relazione qualche settimana fa, spezzandogli il cuore e lasciandolo senza assistente.

Entro con la faccia di chi sta per andare al patibolo e mi accomodo dietro alla scrivania. È solo una settimana che sono qui e già odio questo posto. È sempre pieno di quei maledettissimi calciatori. A parte alcune eccezioni, sono dei palloni gonfiati, stupidi e prepotenti.

‹‹Oh, eccoti qui.››

Mio fratello accompagna alla porta una signora sulla quarantina, molto curata ed elegante, e si avvicina a me. Saluto la signora con la mano e guardo Stefano.

‹‹Non mi hai risposto al telefono e stavo cominciando a preoccuparmi. Volevo salire sopra a controllare che stessi bene.››

Vivo con mio fratello proprio sopra questa enorme struttura che è riuscito a mettere in piedi dopo anni di duro lavoro e sacrifici. Ho sempre ammirato la perseveranza di Stefano, è andato via di casa quando era poco più che diciottenne e ha inseguito il suo sogno senza mai vacillare. Pe me che sono sette anni più piccola di lui è sempre stato una specie di supereroe, ho cercato di emularlo e di renderlo orgoglioso di me, anche se ultimamente ho iniziato ad avere dei dubbi sul percorso che ho intrapreso.

‹‹Ero fuori a studiare.››

Stefano sorride e annuisce. I capelli castani come i miei sono leggermente arruffati sopra la testa e sotto gli occhi ha delle profonde occhiaie scure. Non dorme la notte, lo so perché a volte mi capita di restare sveglia a cercare di studiare e lo sento che cammina inquieto per casa. Mi fa male vederlo così, so che cosa vuol dire investire tanto in una storia e ritrovarsi improvvisamente delusi.

‹‹Vado a controllare un signore con la pressoterapia, puoi sistemare la stanza dei massaggi?››

Mi alzo e gli do un bacio sulla guancia. ‹‹La signora che è appena uscita aveva un volto molto rilassato e soddisfatto. Non è che hai usato qualche altra cosa oltre alle mani?››

Stefano mi fulmina con lo sguardo e io rido. ‹‹Dai vai Selene, invece di fare la stupida.››

Mi da una spintarella e ci incamminiamo. ‹‹Era una bella signora›› continuo, giusto per stuzzicarlo un po'.

È sempre stato riservato, con me non gli piace affrontare certi temi e quando lo fa è sempre molto imbarazzato. Ma da quando si è lasciato è più chiuso del solito. Non è ancora uscito con qualcuna, ha trentadue anni ed è bellissimo, alto e con un fisico perfetto, non credo che gli manchino le occasioni. Vorrei solo che si desse altre opportunità e smettesse di soffrire per una persona che non lo merita.

‹‹Molto bella›› concorda con un accenno di sorriso. ‹‹E sposata.››

Alzo le mani in segno di resa ed entro nella stanza dei massaggi. Lui passa oltre ma dopo un secondo rispunta sulla porta.

‹‹Ah, Selene, è venuto un ragazzo prima a fare degli esami. Dobbiamo programmare un calendario con lui a partire da domani. Ho lasciato il suo numero sulla scrivania, chiamalo dopo.›› Fa una piccola pausa, sorridendo. ‹‹È un calciatore, dobbiamo rimetterlo in sesto in fretta, quindi massima priorità. Non farti problemi a spostare qualcuno se devi.››

Ma certo, un altro stupido calciatore e tutti pronti a scattare ai suoi ordini. Sollevo le sopracciglia e scuoto la testa. Stefano se ne va dopo avermi fatto l'occhiolino. Sa già cosa penso, sono sicura che non vedeva l'ora di pregustarsi la mia faccia stomacata. Non capisco cos'abbiano di speciale, sembra quasi che dobbiamo inchinarci quando arrivano.

So che Stefano ha studiato per lavorare come fisioterapista specializzato in traumi muscolari ed è grazie a loro che il centro sta avendo una discreta crescita da quando ha aperto, ma è più forte di me, non li sopporto.

Finisco di sistemare la stanza e torno dietro alla scrivania.

Quando leggo il nome sul foglietto lasciatomi da Stefano il mio cuore manca un battito. Rebic è un cognome dell'est Europa e la mente per un attimo torna ad Alexandar. Fa ancora male pensare a lui, anche dopo tutti questi mesi. Dentro di me so che è solo per via della brutta esperienza con lui se odio così tanto i calciatori. Definirla brutta è davvero riduttivo. Mi ha devastata, ho perso il sorriso e anche un po' di voglia di vivere. Ci ho messo tanto per ritrovare un pizzico di serenità, ma ci sono momenti in cui i ricordi tornano a galla e bruciano come sale sulle ferite ancora aperte nonostante le nostre vite siano andate avanti, soprattutto la sua. Io ho faticato un po' prima di ritrovare me stessa.

Ingoio l'amarezza che mi provoca il ricordo delle sue bugie e la mia ingenuità nel credere a tutto, prendo un bel respiro e chiamo Ante Rebic.

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