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12. Prima o poi sarebbe successo

Selene


Sapevo che prima o poi sarebbe successo, solo non mi aspettavo così presto.

Ero uscita con Livia e Gloria per andare a ballare, un sabato sera come tanti. Io stavo bene, avevo studiato tutto il giorno ed ero in pace con me stessa. Avevamo scelto una discoteca poco affollata, la musica sparava forte dalle casse gigantesche, le mie amiche erano bellissime vestite dei loro sorrisi luminosi.

Verso le due ci aveva raggiunte anche Broderik, lui e Gloria avevano ballato insieme ed io ero rimasta a guardarli pensando che sarebbero stati una coppia splendida se solo lui si fosse deciso ad aprire gli occhi.

Poi tutto è precipitato, nel giro di un minuto.

Il suo profilo si stagliava a pochi passi da me. Un sorriso seducente era disegnato su quelle labbra capaci di raccontare bugie con la stessa leggerezza usata per lusingare, il suo corpo atletico proteso verso la ragazza di fronte a lui.

Neanche mi ero accorta di essere rimasta immobile, e tutto quello che un istante prima stavo facendo era stato spazzato via dalla mia mente, riempita dall'immagine che avevo davanti.

Gli occhi di Alexandar in quel momento avevano incontrato i miei e in quell'attimo di sorpresa mi aveva sorriso.

Mi ero sentita strattonare il braccio e avevo udito la voce di Livia gridare ‹‹Stronzo.››

Sarei scoppiata a ridere se non fossi stata impegnata a trattenere la voglia di urlare. Broderik mi aveva circondato le spalle e tutti insieme avevamo cambiato stanza, ma ormai la mia serata era rovinata. Sapere che era nello stesso posto in cui ero io, con un'altra ragazza mi faceva male.

Quella era la prima volta che lo rivedevo da quando ci eravamo lasciati, sapevo che sarebbe successo prima o poi, speravo solo di avere ancora un po' di tempo per guarire del tutto.

Era ancora in grado di sconvolgermi.

Ho trascorso la nottata a ripercorrere la nostra storia. Non potevo farne a meno, ogni volta che cercavo di chiudere gli occhi o di distrarmi con altro venivano a galla momenti vissuti con Alexandar. E la domenica non è andata tanto meglio. Con Stefano siamo andati a pranzo dai nostri genitori e ho fatto di tutto per nascondere il mio reale stato d'animo. Poi Stefano è uscito con i suoi amici e io sono rimasta a casa a guardare la tv, evitando il contatto con chiunque.

Però, almeno, stanotte ho dormito.

Stamattina non ho voglia di alzarmi. Sento un peso che mi schiaccia a letto e vorrei solo dormire, dormire e svegliarmi felice. Faccio tutto di fretta e scendo ad iniziare la mia giornata di lavoro e studio. È la settimana dell'esame di procedura penale, non ho più tempo. Quindi da ora in poi nella mia testa dovranno esserci solo i mezzi di prova, le indagini preliminari e le misure cautelari.

Ma quando apro la porta che divide il nostro appartamento dalla clinica mi rendo conto che per quanto mi sforzi di voler restare concentrata certe cose non posso proprio evitarle.

Nel mezzo della stanza c'è lui, proprio la persona che vorrei cancellare per sempre dai miei pensieri. Resto rigida come una statua mentre si avvicina con un sorriso da autentico stronzo stampato sul volto rilassato. Le rughe agli angoli della bocca sembrano essersi fatte più profonde.

‹‹Selene.››

Che ci fa qui? Non capisco... ormai è da tempo che non viene più da Stefano. Poggio i miei libri sulla scrivania. ‹‹Se cerchi Stefano, è in palestra.››

‹‹Cercavo proprio te.›› Lo guardo senza mutare la mia espressione neutra e Alexandar fa un passo verso di me. ‹‹Sabato sera non mi hai dato nemmeno il tempo di chiederti come stai.››

Incrocio le braccia. ‹‹Sto benissimo.››

‹‹Lo vedo. Resti la più bella di tutte.››

Il suo sguardo si addolcisce. Allunga una mano per toccarmi il viso ma lo scanso.

‹‹La più bella di tutte quelle che ti porti a letto? Che privilegio.›› Detesto il potere che ancora ha su di me, quanto mi faccia male vederlo felice con le altre donne. Mi chiedo come sia possibile che una persona possa arrivare a distruggerti e fregarsene completamente, continuare la sua vita senza un briciolo di senso di colpa. ‹‹Che cosa vuoi?››

‹‹Selene, non fare così.›› Sospira. ‹‹Hai chiuso con me all'improvviso, non hai voluto più vedermi e non mi hai dato la possibilità di spiegarti.›› Ha l'atteggiamento rilassato, sicuro di sé. Come se la fine della nostra relazione fosse colpa mia.

‹‹Non ce n'era bisogno, le foto parlavano chiaro.››

‹‹Quali foto, dai. Era solo una ragazza in cerca di un attimo di popolarità. Li ha chiamati lei i fotografi.››

‹‹Però tu la stavi baciando.››

Alexandar mi guarda serio. ‹‹Sei sempre stata tu l'unica a cui ho tenuto veramente. Ci tengo ancora tanto, mi manchi.››

Si aspetta che io ci creda. ‹‹Come sta tua moglie?››

‹‹È complicato, piccola, lo sai.››

Scuoto la testa. ‹‹So soltanto che mi fai schifo.››

Sorride, come se non credesse alle mie parole. ‹‹Davvero? Non ti manco neanche un po'?››

‹‹No.››

Mi fissa per alcuni secondi. ‹‹Stai con quel Broderik, adesso?››

Ha sempre avuto una gelosia insensata nei confronti di Broderik, ogni volta che uscivo con lui finivamo per litigare. Dovrei dirgli che non sono affari suoi, che niente di quello che faccio adesso lo riguarda, ma mi ritrovo a rispondere: ‹‹Siamo solo amici.››

Alexandar ride. ‹‹Sei così ingenua... Quello non vede l'ora di scoparti.››

Mi fa male sentirmi apostrofare in questo modo proprio da Alexandar. Ingenua lo sono stata, mi sono fidata di lui. E lui ne ha approfittato. ‹‹Non sono tutti animali come te.››

‹‹Ho visto ieri come ti stringeva.››

‹‹È protettivo. Lui c'era quando...›› sento la voce incrinarsi, ma mi impongo di non mostrare alcun segno. Alzo il mento e lo guardo dritto negli occhi. ‹‹Se non cerchi Stefano allora è meglio che te ne vai.››

Alexandar fa un altro passo verso di me. ‹‹Perché non ci vediamo stasera?››

Io ne faccio uno indietro e i miei piedi sfiorano la scrivania. ‹‹Alexandar, non ti voglio più vedere, è chiaro?››

‹‹Piccola...››

Mi afferra il braccio per tirarmi verso di lui, ma lo sfilo con forza dalla sua presa. ‹‹Non toccarmi›› gli intimo a denti stretti.

Alexandar non si cura delle mie parole, si fa più vicino, mi schiaccia contro la scrivania. Il suo odore mi riporta alla mente troppi ricordi. Lo odio, ma il mio corpo ha una memoria tutta sua e sembra avere un'idea differente. China la testa al lato del mio viso e si porta una ciocca dei miei capelli sotto al naso.

‹‹Vattene, per favore›› lo imploro sottovoce.

La porta si apre. Alexandar si rimette dritto e io guadagno un po' di spazio lontano da lui. Sento il cuore tamburellare nel petto e lo stomaco contratto. Sulla soglia c'è Ante. Ci guarda, poi entra.

‹‹Ciao.››

Alexandar gli va incontro. ‹‹Ciao Rebic, come va? Ho sentito dell'infortunio...››

Li lascio da soli e mi infilo nella prima stanza che trovo, alla disperata ricerca di un po' di ossigeno, di un po' di pace. Chiudo gli occhi e respiro forte, ricacciando indietro le lacrime.

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