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11. Come sto?

Ante

Apro gli occhi e mi stiracchio pigro nel letto vuoto. Dall'altra stanza sento un rumore di utensili. Mi alzo veloce e raggiungo Lara. Sta preparando la colazione, la abbraccio da dietro e le do un bacio sulla testa.

‹‹Buongiorno››

‹‹Buongiorno amore.›› Si volta per darmi un bacio al sapore di yogurt alla fragola. ‹‹Con chi hai cenato ieri sera?››

Lo sguardo mi cade sui due piatti nel lavello lasciati da ieri sera. Per andare sul tetto con Selene li avevo lasciati lì dentro pensando che li avrei sistemati con calma, poi è arrivato Samu e infine Lara. Li ho completamente dimenticati.

‹‹Con Samu›› rispondo. ‹‹Non sai ieri, mi ha fatto imbucare al compleanno di uno che non conoscevamo solo per vedere una che gli piace.››

‹‹Come è andata? L'ha vista?›› Lara mi passa il pane appena tostato, con sopra la marmellata di ciliegie.

Le sorrido. ‹‹È andato a parlarle. A quel punto preso un taxi e sono tornato a casa, ancora non so come è andata. Dopo lo chiamo.››

‹‹Stamattina che hai da fare?›› Mi versa della spremuta di arance rosse.

‹‹Tra poco vado a fare fisioterapia, però torno presto così possiamo stare insieme.››

‹‹Amore, ho sentito Ivana, andiamo a fare shopping.››

‹‹Va bene, appena ho finito vi raggiungo.››

‹‹Sicuro? Non resti a pranzo con i tuoi compagni a Milanello?››

Mi blocco col bicchiere vicino alle labbra. Non ricorda nemmeno che non faccio riabilitazione a Milanello per il momento. lo sbatto sul ripiano della cucina e serro la mascella. ‹‹Lara, sei venuta per stare con me o per andartene in giro con le amiche?››

Dallo sguardo che mi lancia capisco che stiamo per finire in una brutta litigata. A me non da fastidio che esca con Ivana, non da fastidio che si diverta in giro per Milano. Quello che non sopporto è che per lei io sia quasi inesistente. Mi tratta con una superficialità disarmante.

‹‹Cosa dovrei fare? Restare in casa a sentire te che ti lamenti perché non puoi giocare?››

‹‹Beh, grazie per la comprensione.›› A sentirla parlare sembra quasi che voglia lamentarmi senza motivo.

‹‹Per te esiste solo il calcio, Ante. Io vengo sempre dopo.››

‹‹Non è vero!››

‹‹Sì, invece! Non stai giocando, saresti potuto tornare a casa, ma hai deciso di restare qui. E sai che non posso venire sempre, con il lavoro e tutto il resto, ma hai iniziato a lamentarti di questa cosa e mi hai fatto sentire talmente in colpa che ho preso il primo volo e sono qui.››

Incrocio le braccia al petto. ‹‹Non vieni mai.››

‹‹Non vengo mai perché sono sempre sola.››

È sempre sola? Quando vado a giocare sta sempre con Ivana o con le mie sorelle. Non è mai sola. Dio, mi sta facendo imbestialire, che razza di discorso è? ‹‹Perché stai con me se ti faccio sentire sola e non ti do le attenzioni che vuoi?››

‹‹Non ho detto questo, Ante. Vorrei solo che non mi facessi sentire in colpa se vivo la mia vita. Tu lo stai facendo, stai vivendo la vita che vuoi.››

‹‹Tu mi ami, Lara?››

Aggrotta la fronte. ‹‹Dove vuoi arrivare con questa domanda idiota?››

Scuoto la testa e me ne vado in bagno. Chiudo la porta mentre sento Lara avvicinarsi. ‹‹Ante, aspetta. Dai, per favore, non ho più voglia di litigare.››

Neanche io ho più voglia di litigare. Appoggio la schiena contro la porta e chiudo gli occhi. La cosa più assurda è che io so che lei mi ama, la amo anch'io, ma è come se avvertissi che la nostra storia è arrivata ad un punto di non ritorno.

Lara ha ragione quando dice che mi sto lamentando troppo. E sto lasciando che il malessere legato al mio lavoro entri nella nostra relazione e la avveleni. L'unica cosa che vorrei è sentirla un po' più vicina. Vorrei solo un abbraccio, una carezza, un minuscolo gesto che mi dimostri che è con me.

Apro la porta. Lara mi fissa, il viso serio e gli occhi tristi. Sin dal primo giorno che abbiamo iniziato a frequentarci ho voluto solo la sua felicità. Voglio che stia bene.

‹‹Passa pure la giornata con Ivana, io pranzerò con gli altri.››

‹‹Non esco più con Ivana.››

Diciamo contemporaneamente. Ridiamo. Lara mi abbraccia. ‹‹Scusa amore, sono stata una stronza poco fa. Andiamo a mangiare nel nostro posto preferito?››

‹‹Sì.›› La stringo forte ma questo non basta a farmi scivolare via la sensazione che tutto stia crollando rapidamente.

In macchina controllo i messaggi. Samu mi dice che è andata alla grande, i compagni sono al centro a fare la rifinitura prima della partita di domani e Selene ha risposto al mio messaggio di stanotte. Lo apro.

-Come stai?

Come sto?

È una domanda che preferirei non farmi. Sento il cuore stretto in una morsa e sono pieno di sentimenti di rabbia e frustrazione. Selene ieri ha detto una cosa che devo tenere a mente: non sono problemi insormontabili, tutto si risolve. Mi scappa un sorriso al pensiero di lei, della dolcezza con cui ha saputo parlarmi.

Lara dice che sono pesante, mi lamento troppo, e probabilmente ha ragione. Però ieri ho avuto la sensazione che Selene mi ascoltasse davvero, ha ascoltato i miei silenzi e ha capito anche quelli.

Entro nella clinica di Stefano ma lei non c'è, né dietro al bancone né nelle stanzette che vedo mentre attraverso il corridoio che porta alla palestra. Oggi niente fisioterapia con macchinari, devo lavorare con i muscoli. Scrivo a Selene.

-Dove sei? Non ti vedo.

-Sono rimasta a casa a studiare.

-Allora perché stai rispondendo ai messaggi?

-Tu continui a scrivermi.

Ah, è così? Rido davanti allo schermo. Stefano mi viene incontro e mi saluta con un sorriso. Vorrei parlare ancora con lei, ma mi limito ad uscire da Instagram e riporre il telefono in tasca. Non vorrei essere ritenuto responsabile della sua distrazione.

Nello spogliatoio ci sono solo io, mi cambio veloce e raggiungo Stefano vicino alla cyclette.

‹‹Un quarto d'ora›› mi dice.

Eseguo. Siamo solo io e i miei pensieri che corrono veloci come le gambe sui pedali.

‹‹Selene mi ha detto che ieri sera è rimasta a cena da te.››

Quasi sobbalzo a sentire la voce di Stefano.

‹‹Sì, abbiamo solo mangiato.›› La domanda mi ha colto alla sprovvista e mi rendo conto di quanto possa suonare strana la mia risposta. ‹‹Voglio dire, è rimasta a cena e poi è andata subito via.››

Stefano annuisce, sorridendo. La mia faccia è la maschera dell'imbarazzo in questo momento. Tengo la testa bassa, facendo finta di osservare i muscoli delle cosce che si contraggono mentre spingo sui pedali. Ho paura che possa leggere nei miei occhi i pensieri che ho fatto sulla sorella e non credo che ne sarebbe molto felice.

‹‹Come ti sei trovato con quel macchinario che ti ho mandato?››

‹‹Bene. Stamattina sentivo il muscolo meno contratto quando mi sono alzato.››

‹‹Ottimo. Mi raccomando, continua tutte le sere.››

‹‹Certo.››

Mi guida negli esercizi e cambia argomento, facendomi tirare un sospiro di sollievo. Parliamo di calcio, della partita che ci sarà domani e che andrò a vedere dalla tribuna. Scopro che Stefano tifa Milan e gli chiedo se vuole venire a vedere la partita con me. Mi risponde di no, che si è già organizzato con i suoi amici, ma dal volto capisco che gli piacerebbe. Prendo l'appunto mentale di regalargli i biglietti per la prossima partita.

Prima di andare via lancio un'occhiata alla postazione della reception vuota. Mi è mancato il suo viso. Qualche giorno fa non avrei creduto possibile sentire quello che sto sentendo adesso, la mancanza, un sentimento che non avrei mai creduto di poter associare a Selene.

Sorrido tra me e me e penso a quanto le cose cambino così velocemente. Da un giorno all'altro, addirittura da un minuto all'altro. 

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