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4.

4.

UNA COME TE

CESARE CREMONINI

'Una come  te, il vento che le soffia

dentro non la può spostare

Ma uno come me, non la può dimenticare,

Una come te!'







<<Vanessa, lei è Candy, la mia compagna di stanza>> dice Madison

<<Ciao Candy, io sono Vanessa.. non ti ho vista in questi giorni.. sei appena arrivata?>>

<<Si sono arrivata giusto oggi per l'inizio delle lezioni. Io però nemmeno ho visto te nei mesi scorsi>> dice con una voce sottile toccandosi i capelli color rame

<<No infatti sono arrivata l'altro giorno>> spiego

<<Ah capisco>> annuisce e termino subito la presentazione perché devo andare in aula prima che mi dimentichi le indicazioni che Madison mi aveva dato pochi minuti prima..

Arrivo in classe in anticipo e mi siedo al secondo banco. Mentre sistemo la mia borsa sento una voce..

<<Ciao, posso sedermi?>> mi chiede un ragazzo biondo con gli occhi azzurri

<<Si..>> dico quasi incerta

<<Piacere Daniel>> mi porge una mano sorridendo, prima di sedersi

<<Vanessa>> sorrido

<<Non ti ho mai vista qui, sei arrivata ora?>>

<<Si non ho potuto iniziare l'anno per motivi familiari>> dico e alla fine sono consapevole di non star veramente mentendo.

A fine lezione il prof esce dalla classe e io raccolgo le mie cose per fare lo stesso.

<<Ti piace tanto storia vero?>> chiedo con un sorriso al biondo che mi è sembrato particolarmente interessato a questa lezione.

<<Si tantissimo, vorrei diventare un professore di storia, mi affascina tanto. Ma d'altronde tutte le altre materie mi piacciono.>>

Annuisco e lui continua <<Ed è grazie a questa mia passione che ho avuto una borsa di studio.>> sorride fiero di sé.

Perché fino ad ora sto facendo amicizia solo con persone con una borsa di studio? Sapevo fossero davvero pochi questi posti e io non ho beccato ancora nessuno che sia qui grazie al papino. Da un lato è una fortuna direi ma il fatto che loro mi parlino così apertamente "degli altri" senza preoccuparsi di cosa dicono a riguardo mi fa pensare che a loro non sia passato per la mente che anche io non abbia una borsa di studio.

La sera in mensa presento Daniel a Madison e Candy.

<<Bene bene.. siamo pronti per la cena ma mi sa che avete sbagliato posto!>> qualcuno arriva parlando con un tono di voce abbastanza alto.

<<Scusami?!>> mi alzo per guardare chi fosse alle mie spalle e i miei occhi si imbattono in un mare di sfumature blu precedute da una fronte corrucciata

<<Dovete alzarvi.>> ripete stavolta con un tono più basso squadrandomi dalla testa ai piedi.

Adesso posso notare bene anche io la sua mandibola ben evidenziata e un neo in viso.

<<No, non ci alziamo, la prossima volta vieni prima in mensa.>>

<<Senti ragazzina, non ti puoi rivolgere così a me.>> dice con un fare superiore quasi sbuffando una risata

<<Non vedo perché non farlo, siamo arrivati prima noi, abbiamo occupato il tavolo e non ci alzeremo.>> dico cercando di non pensare a quanto fosse ridicola questa situazione.

<<Vanessa possiamo alzarci>> mi sussurra Candy avvicinandosi a me lentamente

<<Dà ascolto alla tua amica, alzatevi>> sorride maliziosamente

<<No, noi non ci alziamo che ti stia bene o no>> mi siedo e continuo a mangiare. Dopo qualche secondo mi giro e non ci sono più.

<<Potevamo alzarci>> borbotta Candy

<<No che non potevamo, chi si crede di essere?! Non sarà di certo un tipo qualsiasi a dirmi dove devo mangiare>> sospiro cercando di concentrarmi sulla mia cena tranquillamente.

Sto per ritornare in camera finalmente senza perdermi tra i corridoi quando una persona mi ferma chiamandomi.

<<Mi scusi lei è la signorina Vanessa Watson?>>

<<Si, sono io>> dico

<<Il preside la vuole nel suo studio>>

<<Va.. bene>> sorrido facendo un grande respiro. Cosa cavolo è successo?

Il signore mi dice dove devo dirigermi e va via.

Arrivo davanti alla porta della segreteria, busso e alla scrivania trovo la stessa donna che mi ha accolta due giorni fa.

<<Il preside la sta aspettando>> mi guarda per un attimo indicandomi una porta per poi ritornare con gli occhi e l'attenzione al suo pc.

Annuisco e dopo un lungo respiro di incoraggiamento a me stessa busso alla porta.

<<Avanti>> dice dall'altra parte

Entro con molta lentezza e chiudo la porta alle mie spalle.

Non so proprio cosa aspettarmi. Non ho fatto nulla.

<<Signorina Watson, la stavo aspettando si accomodi pure>> sorride indicandomi la sedia di fronte a lui

Indossa un completo blu, camicia bianca e una cravatta blu a pois.

<<Mi dica..>> quasi sussurro

<<Mi hanno riferito di un'aggressione in mensa. Vorrei iniziare bene l'anno in questo college, quindi, mi spiega per favore qual è stato il motivo che l'ha spinta ad aggredire verbalmente e fisicamente il signor Edwards?>>

<<Che? Aggredito verbalmente e fisicamente? No. Assolutamente no. Non ho fatto nulla. Non so nemmeno chi sia il signor Edwards>> cerco di rispondere senza agitarmi. L'agitazione è di chi ha colpa e io non ne ho.

<<Peter.. Peter Edwards>> dice l'uomo poggiando i gomiti sulla scrivania e fissandomi.

Forse effettivamente chi ho affrontato in mensa era proprio lui.

<<Quel ragazzo ha mentito. Io non ho fatto nulla. Si è all'improvviso avvicinato a me e ai miei amici e pretendeva di sedersi al nostro posto. Io gli ho semplicemente detto che non poteva sedersi e che la prossima volta sarebbe dovuto venire prima in mensa. Non l'ho aggredito, né fisicamente, né verbalmente. Era una situazione assurda: alla nostra età litigare per un tavolo mi sembra assurdo. sono stata credo fin troppo educata visti i modi in cui si è rivolto a me.>>

Il preside per qualche secondo resta a fissarmi.

<<Ha un bel caratterino signorina Watson!>> ridacchia

<<Semplicemente ho rispetto per gli altri e voglio che anche gli altri abbiano rispetto per me>>

<<E così sarà. Può ritornare nella sua stanza>> dice sorridendo

<<Buona notte signor preside>> accenno un sorriso alzandomi

<<Buona notte Vanessa>> sorride e io esco dal suo studio.

'Signor preside'. Perché mi è sembrata la cosa più strana e assurda del mondo? Avrà solo dieci anni in più a me. Mi ha anche chiamato per nome.

La mattina seguente mi sveglio in ritardo e mi ritrovo a correre per i corridoi per arrivare in orario in classe ma ecco che mi scontro con qualcuno.

<<E sta attenta! Guarda dove cammini!>>  urla

Eccolo qui: il ragazzo di ieri, ovviamente.

<<Senti se non ti dispiace, io non discuto con gente come te>> dico raccogliendo il libro dal pavimento

<<Gente come me?>> ride in una maniera dannatamente fastidiosa

<<Si.>> dico e come se non fosse più di fronte a me vado in classe e fortunatamente il prof è arrivato appena dopo di me.

La lezione inizia quando ad un certo punto la porta dell'aula si spalanca.

<<Edwards! Vedo che continua ad essere in ritardo>> dice il prof rivolgendo lo sguardo alla porta appena aperta

<<Prof non cominci..>> sbuffa e si siede in un banco dietro. E' di nuovo lui, ovviamente.

La lezione termina velocemente e io mi avvicino all'uscita dell'aula.

<<Io e te dobbiamo parlare>>

<<Io e te? Non abbiamo nulla di cui parlare>> lo guardo velocemente e vado via. Mi sta già dando sui nervi.

Entro in stanza, prendo i libri e inizio a studiare.

<<Avrei dovuto capire dal tuo coraggio che non avessi una borsa di studio>> ridacchia entrando.

Mi giro di scatto verso la porta non aspettando nessuno. Di nuovo lui? Cosa ci fa qui? Pensavo di essere l'unica ad avere la chiave della porta!

<<Cosa ci fai qui? Come sei entrato?>> lo guardo con un sentore di paura, è entrato nella mia stanza senza il mio permesso.

<<Cara non mi conosci affatto. Io conosco molta gente qui e tutti sono ai miei piedi.>> dice entrando e chiudendo la porta

<<Complimenti, ora se non ti dispiace va via>> dico alzandomi dalla sedia della scrivania

<<Si che mi dispiace. Ti ho detto che dobbiamo parlare.>> si guarda intorno

<<E io ti ho detto che non abbiamo nulla di cui parlare.>> dico sbuffando e cercando un modo per farlo uscire

<<E io invece ti dico di si>> si siede sul mio letto.

Chi gli ha detto di farlo?

<<Cosa c'è?>> mi arrendo e mi siedo di nuovo sulla sedia

<<Tu sai chi sono io?>>

<<Sei un bugiardo>>

<<Un bugiardo?>> mi chiede ridacchiando.

Quanto mi irrita.

<<Si, esattamente.>> lo sfido

<<Vorresti avere un altro incontro con il preside? Forse non ti ha punita bene.>>

<<Prima cosa, non mi ha affatto punita e seconda cosa, mi farebbe molto più piacere chiacchierare con il preside che starmene qui con te che cerchi di minacciarmi>> sorrido falsamente

<<Io non sto cercando di minacciarti, io ti sto spiegando come funzionano qui le cose>>

<<E come dovrebbero funzionare? Dimmi: dovrei diventare come quelle poche persone che ti appoggiano e che ti stanno accanto o come quelle che si spaventano solo se le guardi?>> lo sfido

Lui non parla. Resta in silenzio a fissarmi.

<<Non ho paura>> continuo

<<Credo che dovresti averne>> dice con arroganza ma con sguardo serio

<<Sei solo un illuso, non ho paura degli illusi.>>

<<Illuso io?>> chiede quasi sorpreso

<<Si, un illuso. Non mi interessano i tuoi giochetti da playboy o da bullo. Fa quel che vuoi ma lasciami in pace.. Ora se non ti dispiace, io devo studiare>> dico e apro la porta.

Peter si alza ed esce dalla stanza senza dire nulla.

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