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XXIV. Bono superiori


"Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ma sta sempre a noi scegliere che parte schierarci"
-J.K. Rowling, Harry Potter e l'ordine della Fenice.

Juliet svoltò un altro corridoio, sentendosi il cuore in gola.
Era così da quando lei e Lily avevano tramortito Kreacher ed erano scappate.
Era inevitabile non sentirsi il cuore che batteva all'impazzata ogni volta che giravano un angolo, per paura di trovare qualcuno ad attenderle oltre di esso.
I corridoi di quella casa - perché era quello il posto in cui si trovavano, un'enorme villa - erano tetri.
-Lo hai sentito?- chiese lei.
Era Juliet la più paranoica tra le due.
Lily scosse la testa.
-Va tutto bene- cercò di tranquillizzarla.
-Per ora- mormorò l'altra, in un tono di voce tanto basso che molto probabilmente l'amica non l'aveva nemmeno sentita.
Sembrava che il corpo della rossa fosse una corda di violino tesa.
Al minimo tocco sarebbe scattata con un balzo.
-Dobbiamo... dobbiamo solo trovare l'uscita da questo maledetto posto- disse.
Stava tremando.
Juliet sapeva che l'amica era terrorizzata quanto lei, ma era terribilmente forte e non lo avrebbe mai ammesso.
Avrebbe preferito morire, piuttosto.
Però la bionda non riuscì a stare ferma.
Si avvicinò cautamente all'altra e le mise una mano sul braccio.
-La troveremo- le disse.
Gli occhi azzurri erano determinati, dello stesso colore delle profondità del lago Tal-y-Llyn, in Galles.
-Solo...- continuò -solo, non perdere la speranza-
Lily fece una breve risata amara.
-Sono tutte cazzate, Juliet- sbottò, accasciandosi a terra -prima ti ho detto che andava tutto bene, ma non va bene affatto! Non usciremo mai di qui, questa casa è un labirinto e noi siamo prigioniere.
Prima o poi ci troveranno e allora verremo punite-
Juliet si inginocchiò di fronte a lei.
-Mi hai chiesto se fossi stata pronta a rischiare tutto, prima di mettere in atto il piano- le disse -e io ti ho detto di sì. Poi ti ho rivolto la stessa domanda e mi hai detto di essere pronta. Cos'è successo?-
-Sono diventata realista! Siamo solo due ragazze, Juliet. Come pensi di poter essere più forte di maghi adulti che sono dalla parte del male?-
L'amica rimase a fissare Lily senza sapere cosa dire.
Era stata così combattiva nell'esporre il suo piano, ore prima, perché ora doveva diventare tutto improvvisamente difficile?
Nessuna delle due aveva mai pensato sarebbe stato facile uscire da quell'orribile posto, però sapevano che in qualche modo insieme ce l'avrebbero fatta.
Ma solo se ci credevano entrambe.
E ora Lily aveva smesso di crederci.
-Conosci la storia di Peter Pan?- le chiese.
La rossa sbattè le palpebre confusa.
Juliet sapeva cosa stesse pensando.
Le sembra il caso di fare queste domande quando tra meno di un'ora saremo entrambe di nuovo in cella?
-Tutti la conoscono- rispose, troppo brusca.
Con un leggero senso di colpa, si morse il labbro inferiore.
Non era colpa di Juliet se erano in quella situazione e Lily non poteva prendersela di certo con lei.
-E allora dovresti sapere che solo chi crede e fa pensieri felici può volare-
Lily la guardò.
-Credi che potremmo farcela?- le chiese.
Sembrava una bambina spaventata, come se si fosse appena resa conto che l'incubo in cui credeva di vivere non fosse altro che la realtà.
-Credo che se staremo insieme potremo fare qualunque cosa- le rispose Juliet.
La rossa abbozzò un sorriso, mentre una lacrima le cadeva dagli occhi verdi.
-Vorrei tanto essere forte come te- le disse.
Juliet la guardò sorpresa.
-Io non sono affatto forte- disse, sincera.
Lily scosse la testa, come se sapesse cose che la bionda ignorava.
Stava per dire qualcosa, quando si sentì un rumore nel corridoio affianco al loro.
Le due amiche scattarono in piedi e cominciarono a correre dalla parte opposta.
Sfrecciarono a tutta velocità per svariati piani della casa, passando davanti a varie porte che potevano benissimo essere camere da letto.
Juliet scorse su ognuna di essere delle lettere, forse iniziali.
R.A.B.
S.O.B.
Chissà a chi appartenevano...
Videro una porta accostata e, senza pensarci due volte, vi entrarono.
Era una stanza gigantesca, quella in cui erano entrate.
Per il resto era spoglia, se non fosse stato per un enorme affresco sulla parete nord.
Le due ragazze si guardarono per un istante, poi decisero di avvicinarsi.
C'erano ritratti di persone che non conoscevano, collegate ad altri ritratti come attraverso dei rami.
-E' un... albero genealogico?- chiese Lily, stupita.
Era insolito averlo dentro una casa, come un dipinto.
Ma quella non era certo una casa normale.
-Oh mio Dio- Juliet si portò le mani sulla bcca.
Era completamente sbiancata.
-Leggi qua- sussurrò poi, indicando con una mano tremante qualcosa sull'affresco.
La rossa si fece più vicina e sgranò gli occhi verdi.
La parte più in basso dell'albero geneaologico conteneva dei nomi a loro conosciuti.
Sirius e Regulus.
Quella era Villa Black.
-Questa era la casa di Sirius- mormorò Juliet.
Vide che un ramo colegava i due nomi ad altri due: Walburga e Orion.
Ripensò a quando lui, il primo settembre, aveva detto crudeli parole a suo fratello, riguardo sua madre.
-A nostra madre manchi-
La risata di Sirius fu come un latrato.
-Penso che Walburga Black non abbia un cuore, quindi non vedo come possa provare sentimenti-
Perchè si trovavano lì?
Perchè i Black avrebbero dovuto rapirle?
-Vogliono qualcosa da Sirius- ragionò Lily -è l'unica spiegazione, altrimenti perchè non ci avrebbero uccise? Siamo merce di scambio, anche se non so a quale scopo-
La mia famiglia è agli ordini di Voldemort, non potevo metterti in pericolo. I Black sono Mangiamorte, e stanno cercando in tutti i modi di farmi passare dalla loro parte, le aveva detto Sirius una volta.
-Vorrei tanto saperlo-
Juliet si avvicinò all'affresco, sfiorando con le dita il ritratto di Sirius.
Le faceva un male straziante - più di quanto avrebbe mai potuto immaginare -  non averlo vicino a sè, in quel momento.
Cosa voleva la sua famiglia da lui?
Potresti tornare a casa, gli aveva detto Regulus.
Volevano che tornasse tra le braccia materne?
Ma quel posto - quelle mura tetre e le grandi scalinate - erano mai state una casa per Sirius?

******

Sirius fece un respiro profondo.
Poi raddrizzò le spalle e alzò il mento.
Si tirò il cappuccio scuro del mantello a corprirgli i capelli neri e si rese conto che le mani gli tremavano impercettibilmente.
Le fissò per un istante e poi le mise nelle tasche.
Guardò davanti a lui gli appartamenti babbani che si trovavano a Grimmauld Place numero 12.
Scorse una famiglia che cenava, un'altra seduta sul divano a guardare la televisione.
Poi vide un ragazzo e una ragazza, seduti all'aria aperta sul balcone di uno dei piani superiori.
Lui indicava qualcosa con la mano tesa verso il cielo - probabilmente una costellazione - e lei lo osservava con gli occhi pieni di amore, e con l'accenno di un sorriso che le spuntava sulle labbra.
Desiderò con tutto se stesso - in una maniera che lo sorprese per l'intensità che lo aveva avvolto - che quei due ragazzi, un giorno, potessero essere lui e Juliet.
Scosse la testa, mentre avanzava verso il centro dei palazzi e si confondeva con il manto scuro della notte.
Juliet e Remus stavano insieme e lui doveva mettersi il cuore in pace.
Temeva che Remus, dopo aver scoperto ciò che lui provava per Juliet, decidesse di lasciarla per dare il via libera a Sirius.
Il ragazzo glielo avrebbe impedito: lei non lo meritava.
E per quanto il pensiero potesse fargli male, era autentico.
Juliet Johnson sarebbe stata più felice con Remus.
Oltre alla lettera, Regulus gli aveva lasciato una piccola pergamema da leggere per far comparire l'ancestrale casa dei Black davanti a lui.
Sirius la tirò fuori e le diede un'occhiata.
Alzò poi lo sguardo, mentre i palazzi si spostavano e mostravano un enorme villa tra di essi.
Il ragazzo percorse il viale che attraversava il giardino all'inglese verso il portone della casa.
Una volta lì davanti, scostò il battente del portone e poi lo lasciò ricadere, con un tonfo sordo.
Aspettò qualche istante e la porta si aprì davanti a lui, inondandolo di luce tetra.
-Padron Sirius- la voce dell'elfo domestico, Rufus, era arcigna -è tornato-
-Ti ero macato?-
Rufus non potè rispondere, poichè la voce di qualcuno sovrastò la sua.
-Fratello?- Regulus era spuntato da dietro una porta -Sei venuto-
Sirius si aprì in un sorriso, il più falso che avesse mai dovuto fare.
Era diventato bravissimo a manipolare le sue emozioni, da quando era arrivato ad Hogwarts e specialmente nell'ultimo anno.
-Sono venuto per restare- disse.
Lo sguardo di felicità era sincero negli occhi dell'altro Black.
Perchè suo fratello non capiva che poteva ancora salvarsi?
Che non bisogna per forza seguire le orme dei propri genitori?
-Immagino vorrai vedere le due puttane-
Sirius dovette impegnarsi davvero tanto per non tirare un pugno in faccia a suo fratello.
Come si permetteva di definirle così?
-In realtà, se posso- disse, con voce misurata, superando la soglia dell'enorme portone
-vorrei essere io a porre fine alla loro vita-
Regulus inarcò un sopracciglio scuro, dubbioso.
-Potreste prenderla come prova di fiducia- aggiunse in fretta Sirius.
Doveva permettergli di vedere Juliet e Lily.
Solo così avrebbe potuto salvarle e porre fine a quella terribilie storia, una volta per tutte.
Il fratello lo squadrò con i suoi occhi grigi, non troppo convinto.
Poi però il suo viso si aprì in un timido sorriso.
Sirius venne trafitto da una stretta al cuore.
Quasi gli dispaceva illudere suo fratello, facendogli credere che sarebbe davvero tornato.
Ma non aveva altra scelta.
Un giorno, forse, Regulus avrebbe capito.
Lo stava facendo non solo per il bene di Juliet e Lily, ma anche per quello del fratello stesso.
Seguì il giovane ragazzo per i corridoi della casa, mentre man mano i ricordi della sua infanzia gli tornavano alla mente.
Scesero delle scale scricchiolanti e Sirius ricordò quando lui e Regulus stavano scappando dai loro cugini più grandi ed egli era caduto dalle scale, facendosi un lungo taglio in fronte.
Percorsero un lungo corridoio, circondato da svariate porte.
Una era macchiata di qualcosa di rosso, probabilmente sangue incrostato.
Ricordò quando, dopo il primo anno ad Hogwarts, aveva protetto suo fratello.
Non ricordava esattamente cosa avesse combinato Regulus, quella volta, era sempre stato un bambino tranquillo.
Comunque, tra i due, il più vivace era certamente Sirius.
Eppure, Regulus aveva commesso un errore.
Aveva nove anni all'epoca, così piccolo per subire ciò che sapeva che Walburga e Orion Black gli avrebbero fatto.
Le regole, in quella casa, erano ferree.
E se le infrangevi, dovevi sperare che fossero clementi con te.
Ma quella volta, i genitori Black non lo furono.
Chiamarono Regulus ai piani inferiori della loro casa, pensando fosse solo.
Non sapevano che Sirius si era nascosto dietro l'uscio della porta che dava su una stanza vuota.
Felpato l'aveva soprannominata "Stanza delle torture".
I Black erano fermamente convinti che per questo genere di cose, la magia non fosse abbastanza incisiva.
Attendevano Regulus con una frusta in mano, e gli occhi famelici.
Come poteva lasciare che frustassero il suo fratellino?
Non riuscì a sopportare la vista che di un solo colpo.
Regulus urlò immediatamente di dolore.
Fu allora che Sirius uscì dal suo nascondiglio, proponendosi al suo posto.
-Sono stato io- aveva detto -Regulus non c'entra niente. Punite me-
Il fratellino lo aveva guardato con i suoi grandi occhi grigi, pieni di lacrime.
Sirius aveva alzato il mento aguzzo e spigoloso che aveva da ragazzino e aveva subito la punizione con deteminato orgoglio.
Si era morso il labbro fino a farlo sanguinare, ma non aveva emesso un suono.
Sapeva che così avrebbe irritato i suoi genitori, ma non gli importava.
Ora, Sirius, aumentò impercettibilmente il passo.
-Avevamo perso le speranze- disse Regulus, poco avanti a lui -pensavamo che fossi stato troppo condizionato da quei tuoi amici mezzosangue o traditori del loro sangue-
-Fingevo- disse l'altro, scrollando le spalle -voi siete e rimarrete la mia famiglia-
Il sorriso del fratello fu un guizzo nell'oscurità del corridoio.
Poi però il suo volto si rabbuiò.
-Eppure, il primo settembre, non sembrava stessi fingendo quando mi hai detto che noi non siamo più la tua famiglia- disse.
Sirius scrollò nuovamente le spalle.
-Sono un bravo attore, lo sai- spiegò -è per questo che sono andato a vivere dai Potter, per scoprire se i mezzosangue e i traditori del loro sangue stessero organizzandosi per ribellarsi al Signore Oscuro-
-Ebbene?-
-Sono inutili come amebe-
Gli faceva male parlare così dei Potter, che lo avevano accolto così bene e trattato come un figlio.
Il corridoio terminò con uno largo spazio buio.
-Sai Reg non penso sia normale che la porta di una cella sia aperta- gli fece notare Sirius.
Forse erano riuscite a scappare?
Il cuore di Felpato fece una capriola.
Regulus sbiancò, rendendosi conto che il corpo tramortito di Kreacher era steso a terra.
-Sono scappate- sussurrò -sono scappate-

Traduzione del titolo: "Per un bene superiore"

CupidaGranger

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