XI. Aeterna supplicia
"Ma che importa l'eternità della dannazione a chi ha provato, in un secondo, l'infinito della gioia?"
-Charles Baudelaire.
-Dico solo che il Quidditch è uno sport che non ha senso- continuò Lily imperterrita.
Juliet sbuffò.
-Lo dici solo perchè James ci gioca e quindi tu odi di conseguenza tutto ciò che piace a lui-
La rossa scrollò le spalle.
-Può darsi-
La bionda scosse la testa e bevve un'altro sorso di tè.
Erano tornate ad Hogwarts da qualche giorno e le lezioni erano riprese normalmente.
I M.A.G.O. erano sempre più vicini e così anche l'ansia e l'agitazione degli studenti del settimo anno.
E non solo per gli esami, forse quel fatto era una piccola parte di qualcosa più grande.
Se qualcuno avesse fatto un sondaggio tra i maggiorenni dell'ormai 1978, avrebbe scoperto che tutti - nessuno escluso - sentivano anche qualcos'altro al pensiero della fine della scuola.
Un senso di mancanza.
Non avrebbero più rivisto il castello, le sue pareti familiari nè i suoi fantasmi.
Era triste pensare che tutto quello sarebbe rimasto solo nei loro ricordi.
-Ti faccio una domanda- disse Juliet, posando la tazza.
Lily alzò lo sguardo dal suo libro di Pozioni, portato a colazione per ripassare a causa della verifica della settimana dopo.
-Oh Merlino- mormorò quindi.
La incitò a continuare.
-Mettiamo che fra qualche anno avrai un figlio- iniziò e l'altra alzò gli occhi al cielo: odiava fare supposizioni.
-E non fare quella faccia, lasciami fantasticare!-
Lily alzò le mani in segno di resa.
-Stavo dicendo- continuò Juliet -tu hai un figlio, mago, e una volta arrivato ad Hogwarts scopre di essere un formidabile... che so, cercatore. Cosa faresti? Lo vorresti ripudiare solo perchè gli piace qualcosa che a te non piace?-
-Nel caso, sarebbero i geni di Potter a renderlo così-
Poi spalancò la bocca, rendendosi conto di cosa aveva appena detto.
Juliet la guardò con gli occhi azzurri divertiti.
Aveva sottointeso davvero che James Potter sarebbe stato padre di suo figlio?
Oddio.
Doveva farsi seriamente curare.
-Cosa sentono le mie orecchie? Ti sono mancato tanto durante le vacanze, vero Evans?- arrivò una voce.
Le due si voltarono e videro James e i malandrini avvicinarsi.
Il ragazzo non sembrava aver capito il contesto nel quale Lily aveva citato il suo nome.
E meno male.
La ragazza si disse che le era venuto in mente James solo perchè quando le nominavano la parola "Quidditch" pensava subito a lui.
Ovvio.
Non c'erano altre spiegazioni.
Lei non aveva altri motivi per pensarlo.
-Oh sia ringraziato Merlino!- Lily prese le mani di James tra le sue, gli occhi verdi illuminati -Il mio cuore trabocca di gioia ora! Finalmente sei di nuovo qui con me!-
-Stavolta te l'ha fatta Ramoso- commentò Remus, sedendosi vicino alla rossa e sorridendo a Juliet.
Lily si allontanò subito da James e si mise le mani sulle tempie.
-Potter, non potevi ritirarti da Hogwarts vero?- pensò ad alta voce -Non potevi farmi felice?-
-Ramoso, la ragazza sta intaccando la tua virilità, reagisci!-
-Virilità?-
-Dal latino vir...- mormorò Lily, poggiando la testa sul tavolo e sospirando.
Juliet manteneva lo sguardo basso, rigirando il cucchiaio nel suo porridge.
Remus le posò una mano sul braccio.
-Tutto bene?-
-Certo- gli sorrise, alzando lo sguardo e inevitabilmente incontrò gli occhi color del vetro di Sirius.
-Stavo solo pensando- continuò -a quanto a volte alcune persone siano cattive con altre, solo per il gusto di esserlo. E mi sono risposta che il mondo è fatto così, e non c'è niente che si possa fare per cambiarlo. Basta solo ignorare quelle persone e andare avanti-
Il ragazzo si limitò a distogliere lo sguardo e Juliet lo prese come una piccola soddisfazione.
Le faceva male - anche se non riusciva a capire perchè - parlare così.
Era come se ciò che era accaduto nella Stanza delle Necessità, fosse diventato improvvisamnete reale e tutti i suoi sforzi di dimenticare quel momento fossero risultati vani.
Era controproducente, ma ormai il danno era fatto.
-Okay, basta discorsi filosofici- commentò James accomodandosi accanto a Lily.
-Io non ti ho detto che questo posto era libero- aggiunse subito lei.
Ramoso si voltò a guardarla e le sfiorò la guancia con la mano, facendola ammutolire.
-Infatti- commentò -ci sono io-
Poi girò la testa.
-Ehi Felpato non ti siedi con noi?- domandò.
Sirius sorrise e lo affiancò.
-Luce dei miei occhi- cominciò James rivolgendosi verso Lily, ma venne interrotto da Sirius.
-Fratello, avrebbe fatto più scena se avessi detto lux oculorum meorum- intervenne.
-Il latino è una lingua troppo solenne per uno come Potter- commentò Lily.
-Ac yna ni fyddent yn berffaith i fod gyda'n gilydd*- disse Juliet scuotendo la testa.
Quattro paia di occhi - cinque se si contano quelli di Peter che stava addetando una fetta di crostata alla marmellata - si voltarono confusi, James e Sirius, o curiosi, Lily e Remus, verso di lei.
-Traduzione?- fece l'amica.
La bionda scrollò le spalle, arrossendo appena.
-Dicevo solo che la partita di oggi sarà emozionante- spiegò.
-Certamente!-
-Non pensavo ti interessasse tanto il Quidditch- disse Sirius.
Juliet lo squadrò.
-Non sai molte cose di me- rispose.
-Era proprio di questo che volevo parlarti, Evans- riprese James -vuoi ti prenda un altro boccino?-
-Io odio il Quidditch-
-Io proporrei una scommessa- fece Sirius con gli occhi che luccicavano.
-Sirius...- cercò di fermarlo Remus, invano.
Ormai il moro era partito.
-Che tipo di scommessa, Felpato?- domandò Ramoso, curioso.
-Io mi chiamo fuori- fece subito Lily.
-Senza nemmeno sentire di cosa tratta la scommessa?- la stuzzicò Sirius -Evans, non si fa così. E se potesse tornare a tuo favore?-
-Lily è abbastanza intelligente da non fidarsi- osservò Juliet.
-Non stavo parlando con te, Johnson- Sirius le lanciò un'occhiata di fuoco.
La bionda rimase spiazzata.
Non erano mai stati amici, loro due.
Solo semplici compagni di scuola, che quando si vedevano si salutavano.
Certo, prima che diventassero qualcosa che Juliet non sapeva spiegarsi che includeva baci.
Eppure, mai lui le aveva parlato in quel modo.
Quelle parole che la ragazza le percepì come una pugnalata allo stomaco.
-Stavo dicendo- riprese quindi come se niente fosse -la scommessa prevede proprio la partita di questo pomeriggio-
-Andiamo Black, non essere così misterioso che non ho così tanto tempo- lo incitò Lily.
Sirius alzò le spalle in segno di resa.
-Va bene va bene, stavo solo rendendo la cosa più interessante- continuò -comunque, la scomessa è questa: se James non prenderà il boccino prima che serpeverde segni, non potrà infastidirti per il resto dell'anno-
-Oh si!-
Lily era al settimo cielo.
-E io cosa dovrei guadagnarci Felpato? Visto che prenderò il boccino prima che le serpi segnino ovviamente-
Il sorriso di Sirius fu quasi inquietante.
-Se vincerai tu- decretò -potrai baciare la Evans-
Il sorriso della ragazza si spense.
-Avrei dovuto immaginare che ci fosse qualcosa dietro- commentò.
-Allora ragazzi, accettate la scommessa?-
*E poi non sarebbero perfetti per stare insieme.
*****
Sirius salutò un paio di ragazzi grifondoro più piccoli e proseguì.
Camminò tra i tortuosi corridoi di Hogwarts, mentre mille pensieri gli affollavano la testa.
Erano mesi che sentiva come un peso sul cuore, che non sapeva a cosa associare.
La sua coscienza gli ricordò che in realtà sapeva bene a cosa associarlo.
Semplicemente non voleva ammetterlo.
Juliet.
Quello era il nome che più spesso si ritrovava a pensare.
Era incredibile come ogni piccola cosa che collegasse a lei, gli faceva comparire l'immagine della ragazza in mente.
Si sentiva smarrito.
Come quando ti ritrovi in una parte della tua città a te sconosciuta, e non hai idea di dove tu sia e di dove andare.
Sirius si passò una mano tra i capelli, chinando la testa.
Quella ragazza l'avrebbe fatto impazzire.
Sospirò.
Non si era mai trovato in una situazione del genere, dannazione!
Ma sapeva di aver fatto la cosa giusta.
Dovremmo usare la tua camera.
Si era odiato, in quel momento - e per dirla tutta continuava tutt'ora ad odiarsi - eppure sapeva di aver fatto la cosa giusta.
Lui... non era la persona giusta per Juliet Johnson.
I Black non erano la persona giusta per nessuno.
Una famiglia dannata.
-Sirius Black!- lo chiamò una voce.
Il ragazzo si voltò, stampandosi il suo solito sorrisetto ironico anche se non aveva per niente voglia di essere felice.
Nick-quasi-senza-testa gli si avvicinò fluttuando.
-Nick!- esclamò Sirius -Come mai qui?-
Il fantasma sospirò.
-Mi sento un po' in imbarazzo a dirtelo, Sirius- spiegò -ma sei l'unico che può aiutarmi-
-Ah si?-
Non riusciva proprio a capire in che cosa avrebbe potuto aiutare un fantasma.
-Vedi, sono terribilmente angosciato- rispose, sospirando -ho un segreto-
-Nicholas de Mimsy-Porpington, cosa mi combini?- smorzò l'atmosfera.
Nick si passò una mano sugli occhi.
-Provo una profonda passione per... qualcuno-
-Vivo o morto?-
Il fantasma gli lanciò una terribile occhiataccia e Sirius fece di tutto per non scoppiare a ridere.
-Scusa, battuta sbagliata-
-I quadri in che categoria vanno considerati?- domandò con un piccolo sorriso.
-Oh Merlino, la Signora Grassa?-
Il ragazzo si passò una mano sul volto.
-Da grifondoro a grifondoro- gli sussurrò, avvicinandosi -meglio se lasci perdere, mh? La Signora Grassa... davvero, no-
Nick si allontanò indispettito, alzandosi di qualche metro.
-Come osi?- tuonò -Io la amo! So di amarla! Lei è perfetta!-
-Ben poco ama colui che riesce a esprimere a parole quanto ama- ripetè Sirius, ricordandosi di qualcosa che Remus gli aveva letto.
All'improvviso si immobilizzò.
Lui non riusciva a spiegare cosa sentisse nei confronti di Juliet.
E se fosse stato... amore?
Dopotutto, quando l'aveva baciata si era sentito legato a quella ragazza come da un nastro invisibile.
Ben poco ama colui che riesce a esprimere a parole quanto ama.
La parte irrazionale di Sirius prese il sopravvento su quella razionale.
Cominciò a correre, dirigendosi verso la biblioteca.
Sapeva che l'avrebbe trovata lì.
Ma non sapeva come avrebbe reagito a quello che voleva fare.
Sapeva che probabilmente sarebbe riuscito a rovinare tutto, ma doveva tentare.
Forse fu per quello che quando la vide, si fermò di botto e non le si avvicinò.
Lei era lì, con la testa bionda china a leggere qualcosa, nella parte più in fondo del lungo tavolo.
Si sedette nella parte opposta e attese.
Juliet alzò di poco lo sguardo e sbiancò.
Non era più stata da sola con Sirius da quando lui le aveva rivelato che la considerava solo come una prostituta.
Deglutì, fingendo di non averlo visto.
Sapeva che avevano bisogno di parlare, ma non voleva.
Ne aveva paura.
Non voleva sicuramente venire insultata di nuovo.
Passò qualche minuto, entrambi in silenzio tenuti lontani da un muro invisibile.
-E' una cosa ridicola- borbottò Sirius, ad un tratto.
Si alzò e con passi pesanti si sedette di fronte a Juliet.
Lei dovette alzare lo sguardo e guardarlo negli occhi.
-Cosa vuoi?- le uscì, forse troppo bruscamnete.
Era già sulla difensiva, come sempre quando si trattava di Sirius negli ultimi tempi.
-Detto sinceramente? Non lo so nemmeno io- rispose lui, la voce davvero sincera.
Lei lo fissò senza espressione.
-Come hai passato le vacanze?- domandò, dopo attimi di silenzio.
Juliet aprì la bocca in segno di stupore.
-Davvero?- le scappò.
Lui scrollò le spalle.
-Era per fare conversazione- rispose -odio il silenzio. E' come essere con un cappio al collo che si stringe sempre di più-
Juliet scosse la testa, tornando a leggere il suo libro.
-Hai tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata con me- le disse -dopo quello che ti ho detto-
Lei non rispose.
Quindi lo sentì sospirare frustratamente e sederlesi proprio accanto.
La ragazza si sforzò di non alzare lo sguardo, rimanendo impassibile.
Però tanta vicinanza le faceva fremere il corpo in una maniera che non sapeva spiegare.
Quando sentì di non farcela più, si voltò di scatto.
-Ho una domanda- disse.
Non aveva mai visto il ragazzo così vulnerabile, gli occhi chiari per la prima volta senza maschera.
-Perchè mi hai baciata?-
La maschera sembrò calare di nuovo.
Sirius fu colto alla sprovvista da quella domanda e aprì e poi chiuse la bocca.
Già: perchè lo aveva fatto?
La risposta salì prepotente fino alle sue labbra ma la cacciò via.
No.
Si era reso conto di aver fatto un errore madornale ad andare da lei.
Non poteva dirle la verità.
-Lo sai che non lascerei mai che ti facessero del male- decise di rispondere.
Ripensò alla lettera che aveva trovato quella mattina.
Cacciò via immediatamente il pensiero.
Lei sospirò.
Era evidente che non era quello che avrebbe voluto sentirso dire.
Vederla così, piccola e fragile, mosse qualcosa nel petto di Sirius.
-Jules...- sussurrò, come a supplicarla di guardarlo.
Juliet realizzò il suo desiderio.
Sirius si sporse di poco in avanti.
Sapeva che baciarla era sbagliato, perchè lui non avrebbe potuto farlo.
Era per il suo bene.
Allora forse fu un bene che lei si fosse spostata all'ultimo, facendo si che le labbra di lui si posassero sulla sua guancia.
-Non puoi fare così- gli disse, la voce dura, mentre si alzava -forse con le tue conquiste settimanali, ma non con me-
Lui alzò lo sguardo su di lei.
-Jules, ti prego- provò.
Juliet fece un gesto con la mano.
-Vattene- gli disse, senza osare guardarlo negli occhi.
Sirius si alzò e, dopo un ultimo sguardo, la lasciò sola nella biblioteca.
La ragazza si sedette di nuovo con un tonfo.
Quella volta le lacrime non le vennero.
Perchè, se sapeva che Sirius era quanto di peggio potesse capitarle, averlo mandato via le sembrava un terribile errore?
Traduzione del titolo: "Dannazione eterna"
CupidaGranger
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