Capitolo 1
Era una calda mattina primaverile.
Gli uccelli cinguettavano come sempre e dalla tapparella semi chiusa di una camera da letto al secondo piano di un condominio di Viale Molise a Milano, passava un raggio di Sole che andava tranquillamente a posarsi sul letto di Davide.
Davide era un ragazzo di 15 anni come gli altri: andava a scuola in un liceo classico vicino, aveva la passione per il calcio e suonava in un gruppo come bassista, insieme ad altri tre suoi amici.
Nella sua stanza, grazie a quel pigro raggio, si intravedevano tutti i suoi poster delle sue band preferite: il primo da sinistra, sulla parete su cui era appoggiato il lato destro del suo letto, c'era un poster della copertina di Kill'em All dei Metallica, a seguire un poster quadrato, appeso più in alto rispetto agli altri, degli AC/DC. Sotto, un altro poster quadrato col logo degli RHCP messo in grande. Vicino, un altro gigantesco poster dei Queen, con una foto presa dal concerto del Live Aid e, per ultimo, l'ingrandimento della copertina di Abbey Road.
Sul comodino aveva appoggiato, la sera prima, Noi siamo infinito di Stephen Chbosky. Nella parete opposta aveva la scrivania con sopra il suo PC, un disco in vinile di Prince graffiato, il suo cellulare in carica e dei cavi USB di varie dimensioni e lunghezze, la quale aveva la finestra che dava sul silenzioso e rigoglioso giardino condominiale. Ai lati di essa erano collocate due librerie: una per i libri (a destra) e un'altra adibita a repertorio musicale piena di CD e vinili. Nella parete opposta alla porta, c'era un piccolo ma potente impianto stereo, un giradischi compatibile sia con i 33 che con i 45 giri, il suo basso elettrico, appeso al muro sopra il suo amplificatore Orange nero e due scatoloni: il primo conteneva attrezzi per la manutenzione degli impianti audio e l'altro era completamente vuoto. L'avevano ricevuto in eredità, lui e la sua famiglia, dopo la morte di un non ben precisato parente di cui si sapeva poco o nulla. La sveglia sul suo comodino interruppe il mistico silenzio del mattino sparando a palla The Invisible Man dei Queen. Aprì gli occhi e lanciò uno sguardo adirato alla sveglia. Tirò una manata di potenza non indifferente alla sveglia e essa cessò di suonare.
"Stavo dormendo così bene..." mugugnò, stiracchiandosi.
Sì alzò dal letto, inforcò gli occhiali e andò a fare colazione, stropicciandosi gli occhi verdi smeraldo e scompigliandosi i capelli neri come la pece. Come sempre i suoi genitori erano già al lavoro, ma la colazione era già pronta: un tazzone di caffelatte e una fetta di pane col burro e la marmellata di arance. Finì la sua colazione, mise a lavare la tazza, si lavò, si vestì, prese lo zaino e le chiavi e uscì di casa. Si fermò ad aspettare il suo migliore amico Sebastiano, che come al solito era in ritardo.
Arrivò, due minuti dopo, correndo come un disperato e con una brioche in bocca.
"Un nuovo record" penso lui.
-Se vai avanti così potresti perfino arrivare in orario, Seb. - disse Davide con un sorrisetto - e che ti sei fatto alla faccia?
Effettivamente l'amico aveva una gigantesca macchia rossa con la vaga forma di una suola sulla fronte.
-Zitto e cammina, Davi. Zitto e cammina, disse Sebastiano massaggiandosi la fronte.
Davide alzò le mani in segno di resa e si recarono a scuola.
Sebastiano, per gli amici Seb, era il batterista della band. Un ragazzo molto alto e poco sveglio, ma con un'immaginazione fervida e una capacità di stare ai fornelli che aveva del prodigioso. Aveva i capelli biondo platino e gli occhi color nocciola ed era il bello della classe: tutte le ragazze della scuola volevano stare insieme a lui e tutti i ragazzi della scuola lo volevano come amico. Solo a Davide, però, era stato concesso questo privilegio: erano amici dai tempi delle elementari e si conoscevano benissimo e nessuno sarebbe stato capace di arrivare ai loro livelli. Era molto vanitoso e si paragonava sempre a gente come Ringo Starr o Roger Taylor. Questo dava fastidio a molti, soprattutto a Davide. Ma bisognava ammettere che era veramente un batterista capace.
Arrivarono a scuola e, tra una chiacchiera e l'altra, videro arrivare Minerva, la chitarrista del gruppo.
Minerva era il sex simble del mondo maschile della scuola, nonché il sogno proibito di Davide: capelli lunghi e rossi come il fuoco, eterocromatica (aveva l'occhio sinistro azzurro e il destro verde) e con una leggera spruzzata di lentiggini sulle guance. Era una persona molto misteriosa e intrigante e sapeva benissimo come farsi desiderare dall'altro sesso. Come già scritto in precedenza, piaceva a molti, ma niente era minimamente paragonabile a quello che Davide provava per lei: una sincera adorazione e contemplazione di ogni suo gesto o parola. Lui era innamorato perso di lei, anche se sapeva che non sarebbe mai arrivato ai suoi livelli, o almeno questo era quello che pensava. Sebastiano faceva di tutto per aiutarlo a dichiararsi, ma lui era talmente timido che si bloccava a metà, iniziava a balbettare e finiva tutto in una risata e si passava oltre. E in più il bulletto della scuola, un certo Ludovico, si dichiarava come il suo ragazzo e faceva di tutto per tenerli lontani, quindi i loro incontri si limitavano alle prove della band.
Lei lo salutò con un sorriso raggiante.
-Ciao ragazzi! Come va?
-B-bene, grazie...t-tu?, disse Davide balbettando come ogni volta che c'era lei.
-Bene anche io grazie, tu Seb?
-Non c'è male, direi. Mia madre mi ha tirato una ciabatta in faccia, è un miracolo che sia ancora vivo...
Minerva scoppiò a ridere.
-Sei incorreggibile, Seb!
Davide la osservava, incantato da ogni suo piccolo movimento. Peccato che quel mezzo stato di trance durò poco, perché arrivo Ludovico.
-Hey, Minny, ti sono mancato? Disse lui con tono ambiguo.
-La mia giornata era stupenda, finché non sei arrivato, Ludovico. Disse lei.
Minerva detestava Ludovico, ed era cosa risaputa. Solo che Ludo era talmente stupido da pensare che facesse così solo per stuzzicarlo.
Davide non lo sapeva, ma Minerva non aveva occhi che per lui. Lo riteneva superiore a qualsiasi ragazzo in tutta la scuola.
-Ahah! Divertente! Chi te le racconta certe fregnacce? Questi sfigati? Disse Ludovico con un tono di superiorità indicando Seb e Davi.
Davide stava esplodendo di rabbia, ma Sebastiano lo trattenne. Ludovico era il doppio di Davide e se fosse esplosa una rissa era molto probabile che non sarebbe più tornato a casa.
Fortunatamente la campanella suonò, e tutti andarono in classe.
I quattro andavano nella stessa classe e per ciò Davide, come faceva sempre tra un appunto e l'altro, guardava Minerva scrivere e quando gli sguardi si incrociavano, lui puntualmente si girava dall'altra parte e arrossiva come una barbabietola.
Passarono così le prime due ore di scuola.
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