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Wound

Ancor prima di togliere dal sacchetto le poche patate che aveva acquistato, un pensiero improvviso lo colse, bloccandolo come se si fosse congelato sul posto.

Si morse il labbro, cercando di ignorare la lieve fitta di ansia che gli si annodava nello stomaco. Doveva medicare la ferita di Bakugō, controllare che tutto fosse a posto, che non ci fossero segni di infezione. Il dottor Toshinori aveva fatto un lavoro discreto, ma una ferita come quella, suturata in fretta, poteva peggiorare rapidamente se trascurata.

Così tornò sui suoi passi e, con una certa riluttanza, si avvicinò di nuovo al letto. «Devo medicarti la ferita.», disse, cercando di mantenere un tono professionale, guardando il criminale dall'alto , con sguardo determinato.

Katsuki lo fissò, un sorrisetto che gli si allargava sul volto. «Oh, che premura. Non sapevo ti piacesse così tanto mettermi le mani addosso.»

Izuku sgranò gli occhi, il rossore che immediatamente si diffuse sul suo viso. «Sme-smettila di dire sciocchezze!», replicò, cercando di mantenere la calma, ma l'acuto nella sua voce lo tradì, mentre andava a passo spedito verso la madia, dove aveva lasciato le bende pulite e la tintura di iodio che gli aveva lasciato il dottore. Poi tornò da Bakugō e si chinò vicino al letto: «È solo per evitare che ti venga un'infezione!».

Katsuki, con un'espressione maliziosa, si spostò leggermente sul letto, lasciando più spazio a Izuku. «Oh, ma certo. Sono sicuro che è solo per questo...», continuò a provocare, la voce che si faceva un po' più bassa e insinuante, mentre con una mano toglieva la coperta dalle gambe. Indossava ancora gli stessi vestiti, sporchi di fango e di sangue rappreso.

Izuku abbassò lo sguardo, concentrandosi sulla ferita alla gamba di Katsuki e cercando di non pensare al modo in cui la sua voce sembrava entrargli direttamente nelle ossa.

Era solo una ferita. Solo una medicazione. Eppure, non poteva ignorare la tensione che provava ogni volta che il criminale apriva bocca.

Tolse delicatamente le bende sporche di sangue secco, scoprendo i punti grezzi e la pelle arrossata. Cercò di fare tutto con delicatezza, dal togliere l'ultimo strato di benda al pulire la pelle con una pezza imbevuta di acqua calda, ma ogni volta che le sue dita sfioravano la pelle di Katsuki, sentiva un brivido corrergli lungo la schiena. «Smettila di muoverti!»,mormorò Izuku, sperando che la propria voce non tremasse troppo.

Katsuki alzò un sopracciglio, incurvando le labbra in un mezzo sorriso. «Oh, ma non mi sto muovendo. Forse sei tu che sei troppo... nervoso.», e, dicendo questo, mosse appena il bacino, nonostante la fitta dolorosa alla gamba.

Izuku deglutì, cercando di ignorare la malizia evidente nel tono di Katsuki. «Non sono nervoso...», ribatté in fretta, mentre versava con attenzione il disinfettante allo iodio sulla ferita.

«Se lo dici tu...» Katsuki sollevò un braccio, mettendosi comodo mentre osservava ogni movimento di Izuku con un divertito interesse. «Quindi... mi stai dicendo che, tra tutte le ferite che potresti medicare, questa non ti fa nessun effetto? Nessun batticuore? Nessun pensierino strano?»

Il poliziotto non rispose, limitandosi a sbuffare leggermente, permettendo così al criminale di continuare: «Allora perché sembra che stai sudando come se fossi tu quello ferito?».

Izuku cercò di ignorarlo, ma il rossore sulle guance si fece più evidente, il respiro più affannato del previsto perchè quell'idiota di Bakugō non smetteva di parlare, il tono sempre più basso e seducente.

«Sai, potrei apprezzare un po' di compagnia quando starò meglio. Un invito a cena... Magari... Che dici? Potrei addirittura prometterti di non scappare... questa volta.».

Izuku alzò il volto e lo guardò, incredulo, mentre cercava di mantenere la calma. «Tu... tu sei impossibile!», sibilò, applicando con una delicatezza quasi aggressiva la nuova benda sulla ferita. «E io non ho intenzione di ascoltare le tue idiozie.»

Katsuki lo fissò, alzando una mano per afferrare il polso di Izuku e fermarlo. «Ah, ma io non parlo mai solo per parlare...», disse, lo sguardo intenso, quasi ipnotico, di quelle iridi sanguigne lo fecero deglutire a vuoto. «In fondo sei tu che stai toccando me con così tanta premura...», continuò il biondo, inclinando leggermente la testa con un ghigno.

Izuku balbettò, cercando di liberare la mano dal contatto. «S-sto medicando la ferita! Non è... non è quello che intendi!»

Katsuki rise, lasciandogli il polso ma non senza prima stringerlo un po' di più, un contatto volutamente prolungato. «Lo so, idiota. Lo so.», e fece un cenno con il capo verso la gamba. «Alla fine, hai fatto un bel lavoro. Non è così male essere nelle tue mani...», sorrise, seducente.

Izuku si alzò di scatto, prendendo con furia le bende e i disinfettanti. «Smettila di prenderti gioco di me!», cercando di non guardare direttamente Katsuki per evitare di mostrare quanto fosse diventato paonazzo. «Sto solo facendo il mio lavoro.», disse, cercando di suonare indifferente. «Se non ti avessi soccorso, saresti morto. E non è quello che voglio.»

Katsuki lo guardò intensamente. «Lo sapevo...», mormorò, con il suo solito sorriso arrogante, stanco ma ancora pieno di energia maliziosa. «E io lo apprezzo, davvero tanto. Credimi. Solo... mi chiedo... perché tu stia facendo così tanto per un tipo come me.», poi aggiunse, piano, insinuante: «Ti sei invaghito di me, ammettilo! Tutto questo rincorrermi tipo gat-».

«Finiscila.»

«Altrimenti? Non ho altre spiegazione sai? Perché ti prenderesti tutto questo disturbo, sennò?».

Izuku non rispose subito, fissando il pavimento mentre cercava di raccogliere i pensieri. Alla fine, si limitò a dire: «Tu devi marcire in prigione, Katsuki. Ferito non dureresti che un paio di giorni. Farti guarire è tutto ciò che conta adesso perché possa consegnarti alle autorità.»

Katsuki lo osservò per un attimo, la malizia e il sarcasmo ormai spenti nella voce e nello sguardo, lasciando spazio a uno sgomento innaturale. Poi annuì lentamente, osservandosi la ferita fasciata alla perfezione.

«Ah, quindi è per un senso di giustizia, eh?», Katsuki alzò le sopracciglia, lasciando che le parole rotolassero fuori con il solito tono sarcastico. «Non è che magari... ti piace avere il controllo su di me?», e si sporse leggermente, ignorando il dolore alla gamba, come se volesse avvicinarsi il più possibile. «Voglio dire, non capita tutti i giorni che un detective possa tenere sotto scacco il criminale più ricercato della città, no?»

Izuku si voltò di scatto, il rossore evidente sulle guance mentre cercava di evitare lo sguardo di Katsuki. «Che assurdità stai dicendo?»

«O forse ti sto facendo pensare a cose che non dovresti...», Katsuki rise sommessamente, il suono profondo che fece vibrare l'aria attorno a loro, mascherando il dolore che provava. «Vedi, sbirro, non mi sono mai piaciuti i tipi che si mettono in testa di essere troppo buoni. Tutti hanno un lato oscuro, anche tu. Magari il tuo non è così evidente, ma è lì... da qualche parte.»

Izuku strinse i pugni, cercando di controllare la propria reazione. Perché Bakugō lo stava spingendo al limite? «Io so esattamente cosa sto facendo!», ribatté, la voce più alta del normale mentre cercava di mantenere una certa compostezza. «Non c'entra niente quello che dici. Sto cercando di riportarti in salute perché è la mia responsabilità. Nient'altro.».

«Oh sì? E allora illuminami...», rispose Katsuki, incrociando le braccia sul petto, il tono divertito che non accennava a diminuire, come il mal di testa che continuava a trapanargli le tempie. «Perché non sto capendo il nesso tra il curarmi e lo sbattermi in prigione.».

Izuku sbuffò, esasperato. «Non si tratta solo di te, Bakugō.», disse, cercando di spiegare la sua rabbia mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli. «Non... Non capisci... Tu rappresenti tutto ciò che c'è di sbagliato in questa città. Sei il simbolo del marcio, della criminalità che striscia nelle ombre. Sei quello che alimenta questo ciclo di violenza. E io...».

Si fermò per un attimo, cercando di trovare le parole giuste. Le sue mani tremavano leggermente, il peso delle emozioni represse che finalmente stava per lasciar uscire. «Io non posso permettere che continui... Ho fatto di tutto per avere questo caso perché so che, se riesco a fermarti, posso fare la differenza. Non è solo una questione di giustizia, è una questione di dare un segnale. Di far capire a tutti che nessuno è intoccabile, nemmeno tu.».

Katsuki lo guardò, i suoi occhi cremisi che brillarono per un attimo, come se qualcosa nel discorso di Izuku avesse toccato una corda nascosta. «Quindi, è questo che pensi di me? Un mostro? Uno che rappresenta tutto il male del mondo?».

Izuku serrò la mascella e piantò gli occhi di smeraldo dritti nei suoi, annuendo. «Sì, sei esattamente quello. E voglio che tu paghi per quello che hai fatto.»

Katsuki sorrise, ma non c'era più traccia di divertimento nei suoi occhi. «Interessante. Ma ti sei mai chiesto perché io faccio quello che faccio?»

Izuku rimase in silenzio, lo sguardo ancora pieno di determinazione. «Non mi interessa. Non ci sono giustificazioni per quello che fai.»

«Giusto...», ammise Katsuki, con un'alzata di spalle. «Ma pensi davvero che la tua giustizia possa cambiare tutto questo? Sai quanti altri prenderanno il mio posto, se mi arresti? Sai quanti altri criminali sono là fuori, pronti a riempire il vuoto? Io ho fatto una scelta, Izuku. Ho scelto di non vivere come volevano i miei genitori, di non rimanere intrappolato in una vita che non mi apparteneva.»

Izuku rimase in silenzio, i pugni ancora stretti mentre cercava di non lasciarsi influenzare dalle parole di Katsuki. Ma qualcosa dentro di lui si agitava.

Cosa stava cercando di ottenere davvero quell'uomo?

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