Chapter 26.1 - ⭒A Line Crossed⭒
—Larimar— scattai, il tono fermo, deciso. Quello che usavo sul lavoro quando dovevo riportare all'ordine gente nel panico.
Lui si fermò sui suoi passi, le spalle rigide, la testa dritta. Non si voltò, così insistetti. —Ti sto parlando e non intendo farlo rivolta alla tua schiena, Larimar.—
Le sue spalle si irrigidirono ancora di più, se possibile, ma alla fine mi concesse quanto richiesto.
Gli occhi di Larimar erano fessure scure, vuote, come porte spalancate su un abisso senza fondo. Un brivido mi strisciò lungo la schiena, gelandomi la pelle sotto i vestiti.
—Non ti permettere mai più di rivolgerti a me in quel modo— parlai piano, ma l'acciaio nelle mie parole era percepibile. Mi alzai con lentezza, affrontandolo, la mia testa reclinata data la nostra vicinanza. Non ero abituata a parlare con uomini tanto più alti di me, ma non mi sarei fatta intimidire.
—Non ti lascerò insultarmi o trattarmi come una lassie sprovveduta. Forse non conosco i meccanismi del tuo mondo, ma so che alla base non è diverso dal mio. Certo, qui tutto è tinto di sfumature arcobaleno e abbellito da fronzoli e buone intenzioni, ma la sostanza è quella: l'ambizione, la voglia di essere visti, apprezzati...amati.—
Lui restò in silenzio, ascoltandomi, ma la linea ostinata della sua mascella non si era allentata di un millimetro.
—So cosa significa vivere all'ombra dei propri genitori o sperare in una lode che mai arriverà...— alzai una mano quando fece per interrompermi e lui, incredibilmente, tacque. —Ma devi smetterla di prendertela con me perché non sei in grado di modulare le tue emozioni in maniera sana. Sii onesto con te stesso! Sei frustrato per come ti ha trattato tuo padre, giustamente arrabbiato, e stai soffrendo. Lo vedo, Larimar, lo riconosco. Lo sguardo che c'era nei tuoi occhi quando hai preso in mano quel quadro? — accennai al dipinto, ancora appoggiato sulla sua sedia. —C'era desiderio. Malinconia. Rimpianto. E un'enorme, immensa, rabbia. Quella di un bambino che non si è sentito voluto. Di un bambino a cui è stato fatto credere di essere un errore. Mi dispiace per quello che hai vissuto, Larimar, davvero... Ma non hai più dieci anni! Non sei più un bambino in cerca di coccole che viene allontanato dai genitori. Sei un adulto. Puoi riconoscere la tua sofferenza, gestirla, lasciarla andare... Ma ignorarla no.—
Chiusa la bocca lo fissai, aspettando che le mie parole attecchissero nel suo cervello.
Lui ricambiò il mio sguardo con uno intenso dei suoi. Laggiù, proprio nel nero attorno alla pupilla, il colore stava tornando a emergere. Sempre scuro, ma rovente. Fiammeggiante. Vivo.
Eccolo, il segno che cercavo. La risposta priva di parole.
Emisi un sospiro soddisfatto e feci per sorpassarlo. Ora sì, ero convinta che quella conversazione potesse considerarsi conclusa.
Ma questa volta era lui a non essere d'accordo.
Mi afferrò per un braccio e, in un battito di ciglia, la mia schiena si ritrovò contro il ripiano duro del tavolo. Le sue mani avvolsero i miei polsi, che avevo sollevato istintivamente nel tentativo di allontanarlo.
—Mi stai toccando, Larimar? Davvero? — risi, priva di divertimento, senza divincolarmi dalla sua presa. —Non ero un'Inquinante sporca, pericolosa, orribile e... —
Il suo verso sprezzante coprì l'ultima parola. Non mi diedi per vinta, continuai a insistere. —Attento, Principe Ghiacciolo, stai giocando col fuoco. Se ti avvicini troppo potresti scioglierti—
—Sei ridicola, Amneris. Tutto ciò che esce dalla tua bocca sono idiozie. Non sto soffrendo.—
Imitai il suo sorriso pieno di scherno, avvicinandomi al suo viso fino ad alitargli in faccia: — Puoi ingannare gli altri, ma non me, Larimar. Vedo dietro la maschera che indossi. E sai cos'altro stai mostrando, ora? Paura —
Lui inspirò, serrando quelle labbra sottili in una linea dura, come se stesse trattenendo la risposta alle mie insinuazioni.
—Cosa c'è? Stai valutando se zittirmi con un bacio? Oppure speri faccia io la prima mossa, così poi puoi offendermi perché ho esagerato? Lascia che ti dica una cosa, Larimar— iniziai, ignorando il suo grugnito sarcastico. —Forse posso empatizzare con te, con l'uccellino che è stato rinchiuso per anni dietro quella gabbia dorata. Vedo il tuo cuoricino battere, sotto gli strati di glaciale indifferenza. Vivere ti mette paura? Lo capisco, ma cresci un po', Larimar. È ora di assumerti le tue responsabilità, perché continuare a nasconderti non fa che ucciderti, un po' per volta—
Quando le mie parole si spensero, il silenzio esplose, assordante. I suoi occhi erano oceani in tempesta, abissi dentro cui avrei potuto rischiare di annegare, se non fossi stata così infiammata da quella discussione.
Se volevo essere onesta con me stessa, però, le emozioni che si animavano nel mio petto non erano affatto ostili.
Aspettavo con il fiato sospeso la sua prossima mossa e, aye, una parte di me, più grande di quanto volessi ammettere, sperava davvero che scegliesse di zittirmi con un bacio.
Invece, abbassò lo sguardo sulle sue mani, ancora serrate attorno ai miei polsi. Poi chiuse gli occhi; il riflesso silenzioso di un conflitto interiore che sembrava pesargli più di quanto volesse ammettere.
—E se non fosse abbastanza? — mormorò, il suo alito caldo che mi scompigliava i capelli, data la nostra estrema vicinanza.
—Cosa? Crescere?—
—Riconoscere quel che provo. Potrei non voler essere quel pennuto che riesce a evadere dalla sua gabbia. Forse, come per mia madre, la gabbia mi protegge dal mondo, non ci hai pensato? Non riceverò abbracci o carezze, ma non vengo neanche ferito da chi vuole usarmi o calpestarmi— gettò il capo indietro, con una risata secca, un verso colmo di scoraggiamento e insofferenza. —Credi che vivere sia così facile? Domani smetto di corrispondere alle aspettative che per anni mi sono state gettate addosso, ti prendo e insieme corriamo verso il tramonto come una di quelle assurde coppie Inquinanti con cui era ossessionato Cadmio da bambino. Poi cos'altro vorresti, sentiamo? —
Lo guardai scrollare la testa, le gemme nella capigliatura bionda che rilucevano al chiarore del lampadario. Guardai il modo in cui la sua gola, esposta, deglutì sonoramente due volte. Il modo in cui le sue dita stavano accarezzando le vene sporgenti sull'interno del mio braccio, forse lui stesso inconsapevole di quella delicatezza. Poi tornai a fissarlo negli occhi e... La mia rabbia evaporò. Si trasformò in qualcos'altro. Qualcosa di fragile, che lui avrebbe potuto colpire e rovinare con una parola. Ma dovevo dare ascolto al mio consiglio e smetterla di nascondermi dietro un dito.
—E se non volessi gesti così estremi? — mormorai. —Magari mi basterebbe avere qualcuno al mio fianco, una persona reale, sai. Mi viene in mente qualcuno di sarcastico e sprezzante, arrogante al punto giusto, un uomo in grado di tenermi testa...— rigirai i polsi nella sua stretta, andando a racchiudere le sue mani tra le mie, carezzandogli il doro con gentilezza.
Lo udii inspirare, sorpreso.
Continuai. —Non sono mai stata il tipo che sogna il Principe Azzurro, Larimar. In effetti, inizio a pensare che mi si addica di più la versione moderna del Principe Ghiacciolo— gli strinsi le mani, con uno sbuffo autoironico. — Non ho bisogno di una persona che mi coccoli. Non voglio qualcuno che mi dimostri il suo amore stravolgendo tutto il suo mondo per me, per poi finire qualche anno dopo a odiarmi e accusarmi della sua frustrazione, sai? Tu...— esitai. Larimar mi fissava, il respiro incerto, gli occhi febbrili. —Tu...— ritentai, ma non ebbi modo di concludere, perché le sue labbra si schiantarono sulle mie.
Rilasciò un gemito gutturale a quel contatto. Facendosi più audace, insinuò la lingua tra i miei denti, invadendo ogni angolo, soggiogandomi a lui.
Il mio cuore si fermò per un istante, solo per riprendere a battere furiosamente quando un fuoco si propagò dal mio basso ventre, incendiando ogni nervo e capillare del mio corpo.
Quel bacio era molto diverso dal primo. Sembrava aver preso coraggio e si muoveva come se stesse cercando di raggiungere un obiettivo.
Beh, non era l'unico.
Mi avvolsi contro il suo corpo, salendo con le mani lungo le sue braccia forti, le spalle tese sotto il tessuto delicato, e ancora più su, fino a che non affondai nelle ciocche soffici dei suoi capelli. Gemetti nel far scorrere le dita tra quei fili dorati, mi irritai nel venir ostacolata dalle gemme che fino a un'istante prima ammiravo. Chiusi il pugno e tirai, dando sfogo all'immensa frustrazione, un sentimento che, tuttavia, aveva origini ben più profonde.
Si era fatto desiderare troppo a lungo.
Mi aveva insultato troppe volte.
Strinsi le gambe attorno alla sua vita, spingendolo a ridurre ogni distanza tra i nostri bacini.
La sua durezza, tesa dietro i pantaloni, premette spietata contro il mio centro. Un colpo preciso, feroce. Ansimai, sorpresa e travolta dal piacere. Le sue mani si serrarono sui miei fianchi, la presa forte, quasi dolorosa, come se stesse cercando di trattenersi o di ancorarsi a qualcosa. Il corpo di Larimar vibrava contro il mio. Era una corda tirata al limite, in lotta con se stesso. C'era una resistenza, qualcosa che lo spingeva nella direzione opposta.
Ma non gli avrei permesso di rifiutarmi ancora!
Approfondii il bacio, catturando il suo labbro inferiore tra i denti prima di muovere una mano tra di noi, fino al cavallo dei suoi pantaloni. Premetti contro la sua durezza, seguendo la linea del suo desiderio con le dita, esplorandolo. Lui trasalì, un suono inarticolato esplose tra le nostre bocche unite. La sua testa cadde all'indietro e io colsi l'occasione per assalire la sua gola esposta con la mia lingua e i miei denti.
Il suo odore mi invase: erba verde, prati incolti, freschezza e... casa
Ispirai a pieni polmoni, poi ripresi a baciarlo, a gustare la sua pelle calda e leggermente salata. Un gemito straziante gli sfuggì quando i miei morsi si fecero più audaci, punitivi. Il suo bacino scattò in avanti, trovando il mio, e io piagnucolai contro la sua pelle.
Afferrandolo per i capelli, lo attirai di nuovo verso la mia bocca, mentre con l'altra mano proseguivo la mia conquista.
Lo sentii guizzare sotto le dita, come se volesse liberarsi dalla costrizione di quei pantaloni eleganti, ma no. Non potevo rischiare si spaventasse, dovevo andarci piano questa volta.
Lo massaggiai, saggiandone lo spessore, la durezza guizzante, pregustando il piacere che avrebbe potuto darmi quando sarebbe entrato in me, riempiendomi come desideravo.
Bloody Hell, era davvero difficile andarci piano. Soprattutto quando tutto ciò che avrei voluto fare era ribaltare le nostre posizioni, mettermi a cavalcioni sulla sua vita e prenderlo dentro fino in fondo. Dovevo aspettare, però, dovevo... Sentii le sue mani risalire dai miei fianchi con una lentezza esasperante, come se stesse esplorando il mio corpo per imprimere ogni curva nella sua mente. Era delicato, l'opposto di me. Reverente quasi. Trattenni il respiro quando sfiorò la base del seno coi suoi palmi caldi. Indugiò lì, quasi incerto.
Mi allontanai dalle sue labbra calde e spalancai gli occhi: dovevo vedere la sua espressione. Le sopracciglia erano aggrottate sulle palpebre socchiuse, la bocca ansante. Si prese un labbro tra i denti, iniziando a torturarlo.
Era così maledettamente irresistibile!
Gli afferrai una mano, portandomela sul seno e sibilai al contatto delle sue dita col mio turgore. Avevo seni piccoli, appena sufficienti a riempire la sua mano, ma a lui sembrava non importare. Anzi, fissava il tessuto come se volesse incenerirlo, per poter ammirare con lo sguardo ciò che stava apprezzando con la mano. E in quegli occhi... Ballava lo sconcerto, lo stupore, la meraviglia. Come se si fosse appena imbattuto in qualcosa di straordinario, a cui faticava a credere.
Mi fiondai sulla sua bocca, bevendomi i suoi gemiti, un suono che incendiava il mio desiderio, annullando ogni pensiero sull'attesa.
Il controllo era ormai perduto per entrambi e stavamo precipitando in un abisso di desiderio senza ritorno.
Larimar tremò sotto di me, il respiro sempre più rapido e irregolare. La tensione nel suo corpo era palpabile e ogni suo movimento sul mio capezzolo turgido mi faceva sussultare. Ogni carezza, ogni pressione, si sommava in un crescendo che sembrava non avere fine.
—Non fermarti— sussurrò, la voce una preghiera roca e spezzata, mentre la sua fronte si poggiava sulla mia.
Tornai a guardarlo in volto e in quegli occhi anneriti dalla passione. In essi scorsi una nuova scintilla, una miscela di vulnerabilità e pura necessità che mi colpì più di quanto avrei voluto ammettere.
I muscoli delle sue braccia erano gonfi sotto la maglietta, il suo respiro affannato colpiva la mia pelle e i suoi fianchi si muovevano contro la mia mano in un ritmo disperato e irregolare.
Ogni gemito che gli sfuggiva era un incantesimo che mi legava sempre di più. Era così bello da vedere, così vivo...
Aye, questo è il momento, mi dissi. Ma non riuscii ad infilare una mano sotto al tessuto dei pantaloni che accadde. Si irrigidì all'improvviso, i muscoli che si contraevano come attraversati da una scossa elettrica. Il suo respiro si spezzò, trasformandosi in un grido gutturale che riecheggiò nella stanza. Poi la sua testa crollò sulla mia spalla. Il suo respiro, caldo e affannato, mi bruciò la pelle.
—Io...— boccheggiò, la voce tremante. C'era qualcosa di quella parola. Non semplice piacere. Stupore? No, di più. Era come se il suo corpo avesse scoperto qualcosa di totalmente nuovo, qualcosa che non sapeva neppure fosse possibile. —Questo... era...— lasciò la frase in sospeso, incapace di trovare le parole.
—Una reazione soddisfacente, per una volta. Sembra quasi il tuo primo orgasmo— ridacchiai, cercando di stemperare un po' la tensione nel mio corpo.
Mi spostai per poterlo vedere in volto, ma quando incrociai le profondità blu dei suoi occhi, il sorriso mi morì sulle labbra.
Il respiro mi si bloccò in gola.
Non poteva essere.
Come... Cosa? Nae, impossibile!
Avevo immaginato un po' di inesperienza, ma questo... Mai?!
Non l'avevo previsto.
E non ero certa di come mi sentissi a riguardo.
Larimar accennò un movimento d'assenso col capo, ancora scosso, e lasciò andare un respiro profondo. —Non avevo idea che potesse essere così...—
Il resto della frase si perse, ma il messaggio era chiaro.
—Oh— non trovai altro da dire.
La sua testa ricadde sulla mia spalla, in una tale manifestazione di vulnerabilità che mi sconvolse più della sua ammissione.
E io rimasi lì, immobile. L'eccitazione che sfumava in un'emozione che non riuscivo a decifrare.
Continua...
⋰∴🌙∴⋱ ANGOLO AUTRICE ⋰∴🌙∴⋱
Alcuni di voi lo sospettavano già, vero?🤭
Sono così curiosa di ciò che state pensando ora...
Lasciate che vi aiuti a trovare i punti per elaborare un bel commento:
⭒Il battibecco iniziale: opinioni? Qualche cosa che avreste voluto aggiungere? Larimar doveva sentirsele dire quelle parole? Amneris è stata troppo dura?
⭒La reazione di Larimar e la frase di Amneris: cosa pensate stiano alludendo tra le righe?
⭒Il bacio e il finale... Prego, sfogatevi a ruota libera su questo ahahah
Questo non è stato un capitolo semplice da scrivere, sapete? Ho tagliato, modificato, aggiunto, scartato un saaaacco di cose. Non avete idea da quanto ci stessi lavorando. Non era previsto, all'inizio, ma quei due continuavano a venirmi a trovare la notte e niente, alla fine ho buttato giù una bozza, mi ha convinto e questo è il risultato finale.
Chiaramente, adesso mi toccherà modificare tutto il resto 🤦♀️
Quindi vi prego di aiutarmi se, nei prossimi capitoli, noterete qualche incongruenza.
Un bacione grande grande (non come quello là, però 😅),
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