Chapter 22.2 - ⭒Caged birds⭒
20 Marzo, 2966
I ricordi erano venuti a farmi visita anche quella notte.
La mia amica Mac. Malcolm. Roy. Mamma...
Una voragine si aprì nel mio petto e la malinconia riempì quel vuoto.
Avevo bisogno di trovare altro su di loro. Di cercare in ogni singolo documento contenuto nella versione del World Wide Web di quel secolo. Dovevano esserci altre tracce delle loro vite, accenni al tempo che avevano trascorso su questa terra. Qualcosa che ricucisse lo squarcio invisibile nel mio petto.
Chissà se qualcuno aveva letto ai figli di mio fratello i libri di Harry Potter. Se avevano speso parole per raccontargli di me, della zia che non avrebbero conosciuto.
Ricacciai indietro le lacrime.
Nae, dovevo riprendermi. Disperarmi non era il modo giusto per affrontare la mia perdita. Non era sano né produttivo.
Guardare a ciò che avevo perso non aiutava a costruirsi un futuro.
A tal proposito, forse dovevo andare a cercare Larimar per capire se avessi dovuto fare le valige e cercarmi un altro posto dove stare.
Non avere più radici, alla fine, poteva rivelarsi positivo. Nessun parente caro da cui tornare equivaleva anche a niente che mi impedisse di spiccare il volo.
Un'immagine si affacciò alla mia mente, non voluta, ma pressante.
La coppia di uccellini in gabbia.
Gli uccellini nati in gabbia pensano che volare sia una malattia.
Non avevo idea di chi l'avesse detto. Forse l'avevo letto sui social, magari sotto una foto pittoresca di Instagram.
Una simile all'incisione dei due uccellini che dicevano essere stata disegnata da Larimar.
Nel guardarla ero stata pervasa da un senso di tristezza, come se avvertissi in prima persona la costrizione di quella prigione.
E se Larimar fosse stato ancora in quella gabbia?
Forse pensava che volare, che vivere, che essere liberi, fosse qualcosa da cui tenersi a distanza.
E se, in qualche modo, avessi scombussolato troppo la sua esistenza? Se, senza accorgermene, avessi spalancato la porta della sua gabbia?
Se per ventisei anni l'unico mondo che aveva conosciuto era stato osservato da dietro quelle sbarre dorate, la possibilità che ora gli avevo aperto davanti doveva averlo spaventato.
Gli animali reagiscono in tre modi alla paura: attaccano, fuggono o... Si congelano.
Qualcuno bussò alla porta, facendomi raddrizzare sul letto in un sussulto sorpreso. Mi portai una mano alla testa. Il movimento repentino aveva acceso un dolore dietro agli occhi, un fastidio che ricordavo bene dall'adolescenza e che, da adulta, speravo di non dover rivivere.
Bloody Hell, ieri mi ero lasciata andare! E a stomaco vuoto, per giunta!
Il bussare si ripeté.
Mi trascinai fuori dal letto, rubando una coperta dentro cui avvolgermi prima di andare ad aprire.
Sulla soglia rimasi interdetta. —Oh, Hortensia... Cosa...?—
La donna aveva in mano un enorme vassoio contenente quelli che parevano quattro portate diverse.
—Aspetti, mi dia qui—
Passata la sorpresa, mi legai veloce il lenzuolo come se fossi stata a un toga party e cercai di sollevarla da quel peso.
—No, non si preoccupi, ragazza. Nessun disturbo. Ho notato che ieri avete tutti lasciato la cena intoccata. Era un po' salata, vero? Sono tanto dispiaciuta per l'inconveniente. Ho pensato di portarvi altre opzioni deliziose per scusarmi. Posso entrare? —
Incapace di trovare una risposta coerente, mi feci da parte, osservandola lasciare i piatti sul tavolino. Un alone di condensa si creò sul ripiano in marmo, ma la donna parve non curarsene.
—Prego, prego, si sieda e si metta a mangiare o inizierà a raffreddarsi...—
—Non doveva preoccuparsi tanto— ritrovai infine la voce. —Non ero molto affamata, ma sono certa fosse deliziosa, come tutti i cibi che ho mangiato in questa Reggia. Lei è una cuoca dalle doti eccezionali, Hortensia—
Le mie parole non sembrarono sortire effetto. Anziché rassicurarla, la vedevo stringersi le mani rugose e piene di calli tra loro, come se qualcosa la angustiasse.
—Glielo assicuro, Hortensia. Apprezzo davvero la sua cucina e persino Larimar mi ha più volte espresso il suo parere positivo nei suoi confronti. —
Ecco, questo sembrò colpirla. Smise di torcersi le mani e mi guardò, con gli occhi acquosi e vitrei che hanno tutte le persone anziane, un'espressione sorpresa e quasi commossa sul volto.
—Dite davvero? Oh, bene— sospirò. —Quindi non ha deciso di disfarsi di me. Forse ho frainteso le sue istruzioni di non preparare nulla per stasera. —
—Ha in programma un'altra cena fuori? — sibilai, accorgendomi troppo tardi che la frase era uscita carica di astio.
Lei mi guardò, confusa, e tentai di mascherare il tono con un'altra domanda.
—Quanti dipendenti ci sono, oltre a voi, in questa residenza? —
Mi avvicinai al tavolino, appoggiandomi con un fianco allo schienale della poltroncina di fronte, mentre aspettavo la sua risposta, totalmente a mio agio nel lenzuolo. La donna mi guardò con la fronte aggrottata, ma rispose comunque.
—Diversi, in realtà. Però quasi tutti impiegati nell'altra ala, quella dell'Illustrissimo signor Corallo—
Accolsi l'informazione, incamerandola tra le altre in mio possesso rispetto a quell'uomo. —Quindi è la sola alle dipendenze di Larimar? —
—Beh, ragazza, ma ci siete anche voi! — mi ricordò indicandomi con una risatina.
Mi raddrizzai, lasciando solo una mano abbandonata sul tessuto elegante della poltroncina.
Aye, giusto...
—Comunque—continuò. —No, certo che no. Da quando il signorino ha preso per sé quest'ala, ha assunto del personale che se ne occupasse. Sapete, questa zona era riservata alla signora. Qui riceveva le sue amiche, le poche volte che trovavano il tempo per lei...— la voce le morì, schiacciata da ricordi in apparenza tutt'altro che felici. —Oh, ma in ogni caso, ecco, abbiamo Agata, la stilista. È l'ultima assunta, prima di lei. Poi c'è Polvere, che si occupa delle pulizie e spesso sistema la biblioteca... Non so se siete entrata a vederla! È stata voluta da un avo del signorino, una replica fedele di un luogo perso nell'epoca degli Inquinanti...—
—Da quanto tempo teme di venir sostituita, Hortensia? — la interruppi, buttando lì una domanda che da un po' avevo intenzione di farle.
—Oh, saranno anni, ormai. Fui assunta dalla signora, capisce, molto tempo fa. Da quando è morta, mi aspetto ogni giorno di dover andare via. Il signorino Larimar è sempre stato molto affezionato a me e, se l'Illustrissimo Corallo fosse un altro genere di persona, avrei potuto credere mi tenesse per non arrecargli dispiacere, tuttavia... Dubito che a quell'uomo interessi la serenità del figlio—
—No, mi è parso non fosse una persona molto premurosa. — borbottai, a denti stretti, finendo per sedermi sul bracciolo della poltroncina, stando attenta a non scoprire parti intime del corpo nel farlo.
—Premuroso, no. Affatto. Fosse stato per lui il signorino sarebbe morto di fame in una delle tante volte che il padre ha pensato di punirlo con la deprivazione del cibo. E poi, punizioni per cosa? Aver mancato di rispetto a una donna che esternava le sue intenzioni di far di quel povero ragazzino di quindici anni il suo compagno di divertimenti? O per non conformarsi al resto dei giovani, rifiutando di perdere tempo tra droghe e sesso? Lasci che glielo dica, ragazza, non capirò mai cosa ci trovasse in lui la Signora.—
Un nodo mi si era formato in gola e dovetti deglutire un paio di volte prima di ritrovare la voce.
Avevo immaginato che il passato di Larimar non fosse pieno di coccole e risate, ma questo... Era solo un ragazzo. Un bambino!
Mi avvolsi più stretta nel lenzuolo, come se potesse confortarmi.
—Forse era un uomo diverso, all'epoca. O magari le interessava la posizione che avrebbe potuto rivestire associandosi a lui— mormorai, riflettendo con oggettività.
Lanciai uno sguardo verso Hortensia, quella signora che mi ricordava tanto nonna Siobhan. Era una donna semplice, ligia al dovere, ma nascondeva una vena generosa. Mia nonna era stata il mio porto sicuro, quand'ero piccola e, forse, Hortensia era stata la sola persona che si prendesse cura di Larimar da giovane.
—Può darsi, ma non le perdonerò mai di aver abbandonato suo figlio in quel modo—
—Non aveva perso la vita in un'incidente? — indagai.
—Certo! Ma parlo di prima, di quando il signorino era solo un pargoletto. — scollò il capo, gli occhi vitrei persi nei ricordi —Poco dopo la sua nascita, la signora iniziò a bere. Era sempre triste, afflitta... E beveva. Si annegava con quegli alcolici schifosi che abbondano nelle case Indaco. Mi occupavo io del ragazzo: di nutrirlo, cambiarlo e intrattenerlo. Mi facevo preparare da mio padre, che era un'erborista, intrugli in grado di sostenere i bisogni alimentari di un neonato. Latte di capra, vitamine e una moltitudine di integratori. Il signorino ha imparato l'importanza di una dieta sana dalla sottoscritta! —
Ecco a chi dovevamo l'ossessione per le verdure e i legumi, dunque...
Aye, provavo a stemperare quelle scoperte con un po' di ironia, consapevole tuttavia di quanto l'infanzia di Larimar dovesse essere stata terribile.
Avevo provato sulla pelle qualcosa di simile, dopo la morte di papà. Ma prima...
Mio padre era spesso in viaggio per lavoro, ma quando era presente mi aveva sempre ricoperto di attenzioni, affetto e coccole. Mi aiutava coi compiti nelle altre lingue, giocavamo a far la lotta, cucinavamo insieme e in estate mi portava a dar da mangiare ai cavalli di un vicino di nonna Siobhan. Più volte l'ho sentito vantarsi orgoglioso di quanto fossi sveglia e intelligente con amici, colleghi o chiunque gli prestasse ascolto.
E poi... C'era mia madre. All'epoca, era un'altra persona. Allegra, sempre impegnata, ma presente. Ricordo tutti i documenti che spargeva per la casa, ma anche come riuscisse a ritagliarsi tempo per giocare con me, con la matita abbandonata tra i ricci corvini e un sorriso dolce sulle labbra.
Un sorriso che era scomparso, con la morte di papà.
Così come la disponibilità a investire parte del suo tempo con me e Roy.
Se non fosse stato per nonna Siobhan...
Mi strappai a forza da quei ricordi, notando come Hortensia si fosse spostata per finire di apparecchiare, lasciandomi alle mie riflessioni.
Mi rialzai, pronta ad aiutarla, ma scacciò le mie mani con estremo fastidio e concluse da sola, per poi avviarsi verso la porta col vassoio vuoto in mano.
Non volevo che la conversazione si concludesse, così sbottai —La depressione è uno stato emotivo difficile da combattere e oscillare verso quel genere di malinconica disperazione è facile, per una donna che ha appena partorito. La madre di Larimar aveva qualcuno con cui condividere le sue difficoltà? Corallo... Non mi sembra in grado di aiutare una persona in un simile momento di vulnerabilità. —
Hortensia iniziò a scuotere la testa, per poi fermarsi e aggrottare la fronte, come se un'idea le fosse sopraggiunta. —Corallo no, ma c'era Lenticchia, la madre di Cadmio. Ebbe il ragazzo pochi giorni prima della signora. Erano state compagne nell'Anno della Scelta, sa. Avevano stretto amicizia a quei tempi. Lenticchia decise di fare il Salto nei Verdi e si innamorò del padre di Cadmio. Un genetista molto importante. Anche lui era spesso assente e la loro unione sembrava presentare alcune difficoltà, almeno questo ricordo di aver sentito. Per cui, lei e la mia signora passavano diverso tempo assieme. Si aiutavano tra loro. In effetti, mi ha fatto tornare in mente una vicenda: la settimana prima dell'orribile incidente, la mia signora aveva smesso di bere. Questa volta sembrava molto intenzionata a smettere. Credo che Lenticchia la stesse guidando nella disintossicazione. Era una psicologa, lei. La loro morte fu un duro colpo, ragazza. Davvero molto duro. Il signor Corallo era così sconvolto che quasi si dimise. E in pratica lo fece, perchè lasciò tutto nelle mani di Crisoprasio.—
—Sì, ho letto di questo. Doveva fidarsi davvero di quell'uomo.—
—Crisoprasio non è un uomo molto capace, sa. Credo che Corallo si sia sempre sentito in debito con lui, per aver preso il posto che aveva lasciato vacante al fianco di Turmalin. Vede, Corallo scelse di unire la sua Anima alla mia signora, preferendola a Turmalin. Quella serpe avrebbe di sicuro trovato il modo per rovinarlo. È una donna crudele, creda a me. Davvero una persona orribile. Agata, che era al suo servizio, mi ha rivelato certe cose... Comunque, l'unione con Crisoprasio era quanto di meglio potesse sperare. Quell'uomo era un buon partito, dalla famiglia anche più illustre di quella di Corallo, tanto più considerando... Beh, lasciamo stare. Fu una fortuna, in ogni caso. La mia Signora era eccezionale... Finchè non è nato il signorino—
Registrai tutte queste informazioni sull'attuale Consigliere Capo, mentre cercavo di contenere le emozioni. Erano ingombranti, però, difficili da ignorare.
La pietra arancione sul mio comodino sembrò richiamare la mia attenzione.
Un cimelio della madre che Larimar non aveva mai davvero conosciuto, eppure amava. Amava qualcuno che non aveva mai potuto restituirgli quell'affetto, qualcuno che era rimasto un'ombra nella sua vita. Ma... chi l'aveva mai amato davvero? Il padre? Ne dubitavo.
Era cresciuto immerso in un silenzio ostile, senza la certezza di un affetto autentico. Ora mi rendevo conto di quanto potesse essere stato solo. Più di quanto avessi mai immaginato.
Non aveva mai fatto esperienza del calore di una famiglia, se non indirettamente; da Cadmio, forse, che tuttavia non provava per lui sentimenti fraterni. La loro amicizia, per quanto sincera, non sarebbe mai stata in grado di colmare quel vuoto. Poi c'era Hortensia, quella donna pietosa che adesso mi osservava con gentilezza. Una donna, però, che era lì per dovere, per svolgere un lavoro.
Un figlio non dovrebbe mai sentirsi una responsabilità, un peso.
Hortensia aprì la porta, pronta ad andar via, ma all'ultimo si girò per mormorare —Lo sa, ragazza, forse è difficile da immaginare, ma il signorino, sotto tutto quel ghiaccio, ha ancora un cuore che batte. Un cuore che nessuno ha mai voluto o saputo ascoltare. —
Rabbrividii. Anche se le sue parole avevano una semplicità ingannevole, in esse c'era una saggezza profonda, che veniva dal vedere crescere quel ragazzo solo e chiuso nel suo mondo.
Un ragazzo che, per sopravvivere, aveva dovuto nascondersi in un guscio di ghiaccio, proteggendo la sua umanità dietro strati di finta indifferenza.
Annuii senza dire nulla, sapendo che in momenti come questi non è necessario usare parole.
Non appena Hortensia uscì dalla stanza mi vestii e mi risedetti sulla poltroncina davanti al tavolino, posate alla mano, mangiando tutto in un silenzio pesante.
Riflettevo. Su Larimar, soprattutto. Su quel bacio.
Nell'istante in cui aveva avvicinato le sue labbra alle mie, avevo avvertito le sue difese crollare. La sua freddezza si era sgretolata, lasciando spazio a una fiamma viva e bruciante. Una fiamma capace di incenerirmi con la sua intensità. Ma non ne ero stata spaventata. Mi ci ero buttata, crogiolandomi in quel calore, facendomi travolgere da esso. Io ricercavo contatto umano, qualcuno che mi ancorasse a questa nuova esistenza, ma lui? Lui non aveva mai conosciuto un simile affetto. Aveva trascorso tutta la vita a soffocare le sue emozioni, costringendosi a controllarle, a nasconderle, a proteggersi dietro uno scudo di freddo distacco.
E poi, in un istante, quei muri erano stati abbattuti. Con un bacio. Un semplice contatto di labbra. Le barriere erano crollate e la reazione che aveva avuto in seguito... Aye, ora me ne accorgevo: sembrava paura.
Come se non sapesse gestire quel calore improvviso.
Come se non avesse permesso a nessuno di insinuarsi dietro alle sue difese, se non a piccole dosi, forse, con Cadmio. Ma anche in quel caso, mantenendolo sempre a una certa distanza.
Tutto era sempre rimasto sotto il suo rigido controllo. Ma in quel bacio, il controllo gli era sfuggito di mano.
Dovevo parlargli, chiarire le tensioni che ci separavano e scusarmi per il coltello lanciato il giorno prima.
Sotto la spinta di quell'impulso mi alzai e decisi di cercarlo.
La sua camera era vuota. Meglio così, forse. Si sarebbe trattato di un luogo troppo intimo per parlare di certi argomenti. Avrebbe reso le sue difese ancor più impenetrabili.
Le mie gambe mi portarono davanti al suo studio in pochi istanti. La porta era chiusa.
Bussai.
Nessuna risposta.
Ci riprovai.
Ancora nulla.
Tentai la maniglia e, quando aprii, la stanza era completamente vuota.
Certo, non avrebbe mai finto di essere assente solo per evitarmi, non era tanto infantile. Piuttosto, ne avrebbe approfittato per sibilarmi contro crudeltà, sperando in quel modo di allontanarmi.
Sfruttando la situazione, tornai nella mia stanza a prendere la pietra e la riposi al suo posto. Non ero certa si fosse accorto della sua mancanza, ma avevo il sospetto che non ne avrebbe comunque parlato. Avrebbe altrimenti dovuto ammettere la portata affettiva che la pietra aveva per lui...
Continuai la mia ricerca, aggirandomi per la casa: cucina, palestra, salottini vari, ma di Larimar non c'era traccia. Così, alla fine, mi spinsi all'esterno.
Il paesaggio rigoglioso del cortile mi accolse e respirai l'aria frizzantina a pieni polmoni.
Era incredibile vedere il risveglio della natura, consapevole del fatto che solo una settimana prima tutto era ricoperto di neve e congelato. Una parte poetica del mio animo leggeva in questo una sorta di metafora della mia vita. Era il momento di accettare questa nuova rinascita, di accettare il futuro che mi aspettava . Di smettere di sopravvivere e iniziare invece a rifiorire. A vivere di nuovo.
Anzi, a vivere davvero per la prima volta.
La vita ora apparteneva solo a me. Non dovevo dimostrare niente a nessuno. Non dovevo compiacere nessuno. Riscattare il ricordo di mio padre, richiamare le attenzioni di una madre...
Niente di tutto questo avrebbe più influito sulle scelte che avrei compiuto. Da adesso, il mio unico obiettivo sarebbe stato essere felice.
Il sole del primo pomeriggio ammiccò da dietro le nuvole. Il mio stato d'animo non era particolarmente sereno, ma realizzai che trattenermi all'aria aperta era ciò di cui avevo bisogno. Stare all'interno mi rendeva claustrofobica, racchiusa in quell'ambiente freddo e soffocante.
Possibile che Larimar avesse avvertito un impulso simile? Magari era uscito per riflettere, col pretesto di quella tranquilla e tiepida giornata di sole.
Oppure era andato da Cadmio?
E se avessi frainteso tutto?
Se il loro non fosse stato un affetto poi così platonico?
Continua...
⋰∴🌙∴⋱ ANGOLO AUTRICE ⋰∴🌙∴⋱
Sarà così? Larimar è insieme a Cadmio? 🤔
Per me è andato a farsi una delle sue solite passeggiate... Ops, non dovevo dirlo?🤫
Ma ditemi, cosa ne pensate dell'infanzia di Larimar?
Certe cose le avevo già accennate, ma ora anche Amneris sa.
Vi sono chiari alcuni suoi atteggiamenti, ora? Come Amneris, li riuscite a rileggere sotto una nuova luce? 😔
Larimar è un personaggio complicato e, lo ammetto, a volte mi fa una tenerezza estrema... Poi apre bocca e con la sua freddezza solita mi rimette al mio posto 😅 (Yeah, I'm sorry man... I didn't want to bother you...)
Coooooooomuuuuuunque, come state? Fatti i regali di Natale? 🎁 Fatto l'alberello?🎄
(Io sì i primi... Non ancora il secondo, ops)
Io sono sepolta dalla neve! ☃️
Dico sul serio, ho fatto la cavolata di chiudere gli scuri in casa e stamattina non li riuscivo ad aprire... Per non parlare dei 50 centimetri davanti alla porta. per fortuna si apre verso l'interno e dopo ho scavalcato... ❄️
Insomma, splendida la neve, ma un po' scomoda. E fortuna che non sono in città!
Un bacione a voi dalla nuova omina delle nevi parlante ⛄ (Olaf, spostate!)
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