Chapter 18.2 - ⭒Lost and Lonely⭒
AVVERTO SUBITO... È PIUTTOSTO LUNGO😅
Ma ho pensato di non dividerlo, questa volta. Non trovavo il punto giusto.
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Fu solo diversi minuti dopo che mi rilassai abbastanza da tornare a godermi il panorama naturale che mi circondava
Scoiattoli, piccoli roditori, uccelli cinguettanti e una fitta vegetazione si estendevano davanti a me. Come avevo già notato, la natura non appariva affatto spontanea: era come se ogni pianta, ogni cespuglio e albero fossero stati reimpiantati con la precisione chirurgica di un giardiniere troppo zelante. Una visione armonica, certo, ma tutto appariva... Artificiale, perfetto in modo innaturale.
Ogni albero pareva posizionato con un criterio che lo distanziava millimetricamente da quelli accanto, con rami e foglie tagliati a filo come se una forbice invisibile li modellasse costantemente.
Niente era come avrebbe dovuto. Neanche i negozi.
Questa sembrava la strada principale, eppure non ero ancora riuscita ad incrociare un ristorante, un bar o qualcosa che suggerisse il brulicare delle persone che ci vivono. Come se fossero stati tutti disposti soltanto sulla parte di città che precedeva il Mercato, dove invece ne avevo notati numerosi.
Qui, al contrario, c'erano angoli di strada trasformati in palestre a cielo aperto, spazi adibiti a gallerie d'arte pieni di quadri o sale da cui uscivano solfeggi o strimpellamenti, e poi, in nicchie che parevano ricreate apposta tra la vegetazione, persone ferme a dipingere su, beh, qualsiasi cosa: massi, cortecce degli alberi, l'erba, tele su cavalletti... Sembrava di passeggiare in una caricatura portata all'estremo di Place du Tertre, uno di quei quartieri parigini dove Malcolm mi aveva trascinato una volta, nel tentativo di intenerirmi con una scena "romantica."
In effetti, tra la veduta da Montmartre di qualche momento prima e quella vista, mi ero un tantino ammorbidita... Peccato fossimo in missione, in una folle corsa contro il tempo per rintracciare un camion carico di gas nervino nascosto tra Rue Lepic e Rue Norvis.
Aye, una preoccupazione ben più pressante.
Quel ricordo mi colse come un pugno allo stomaco, riaccendendo in me una fiamma di nostalgia che tentai di soffocare in fretta. Malcolm mi aveva ribattuto l'importanza di trovare sempre qualche momento da dedicare a me stessa, anche nelle situazioni più impegnative. Ironico accorgersene solo ora, secoli dopo.
Tornando al presente, continuai a passeggiare, osservando la gente intorno a me. In questa zona della città incrociai molte più persone per strada. Alcune saltellavano, altre ballavano a suon di musiche immaginarie, altre ancora camminavano sulle mani come dei giocolieri.
Forse nei paraggi c'era un negozio che smerciava roba buona e non me n'ero accorta?
Oppure erano Arancioni. Avevo letto fossero un po' eccentrici...
Anche il loro abbigliamento, in effetti, era singolare. Variopinto, potremmo dire. Un'accozzaglia di colori e tessuti, con geometrie etniche e stili dei più disparati. Pantaloni, abiti o gonne con balze, rattoppi, gioielli, perline e ciondoli tintinnanti adornavano sia uomini che donne, senza alcuna distinzione di genere. Come se l'estetica non seguisse nessun canone.
Ero stata troppo sconvolta, al mercato, per far caso a cos'indossavano quelle persone, ma Lynx e la sua amica mi erano apparse più sobrie nel loro abbigliamento e gli abiti che avevo visto nell'armadio di Larimar sembravano appartenere a un mondo diverso: eleganti, classici, severamente ordinati.
Molti passanti mi salutavano cordialmente con un cenno, altri si limitavano a un sorriso educato o, addirittura, rispettoso. Mi sorpresero, ma mai quanto i diversi che lanciavano occhiate malevole, quasi infastidite e sospettose.
Forse stavo infrangendo qualche norma di civile educazione, senza saperlo. Chissà quali erano le regole che sussistevano a quei tempi. Di certo, non era previsto che i bambini fossero a scuola, considerando quanti ne incontrai per strada e come nessuno guardasse loro di sbieco.
A un tratto, una donna anziana si avvicinò e, con fare concitato, iniziò a chiacchierare con me. Aye, mi guardai attorno più volte, certa che si stesse confondendo, ma no, si rivolgeva proprio a me.
Si lamentò di alcuni vicini Azzurri che avevano appena preso una casa nella sua zona, una rispettabile area dove loro, Arancioni, abitavano dignitosamente da anni.
Io mi mantenni sul vago, pur, tuttavia, farmi infine prendere dalla curiosità e iniziare a buttare lì insinuazioni per comprendere se, a darle fastidio, fosse mischiarsi con un'altra Luna o avere una coppia omosessuale, perché di questo si trattava, come vicini di casa.
Mi sbagliai in entrambi i casi.
La linea (aye, sembrava che chiamassero "linee" le strade) su cui sorgevano le case degli Arancioni si incrociava con una Azzurra, di conseguenza la loro casa era posizionata in modo corretto, seguendo i canoni di questa strana epoca, e non sembrò fare caso alle domande provocatorie che le feci per risvegliare il suo, con evidenza assente, lato omofobico.
Nae, il vero problema sembrava legato a una questione di onore, o qualcosa di simile. La giovane coppia aveva affidato la realizzazione dei loro mobili a un altro artigiano Arancione, molto più distante, anziché a lei. Come se non avessero avuto fiducia delle sue abilità perché d'origine era un Indaco. Parole sue, non mie.
Comunque, quella conversazione mi fece riflettere, cosa che contribuì ad allontanare i pensieri assillanti su quello zotico di Larimar.
Possibile che lo sfogo avesse qualcosa a che fare con la Luna a cui pensavano appartenessi? Così come le occhiatacce o i sorrisi rispettosi? Forse ci si rivolgeva agli Indaco perché risolvessero i loro problemi, dopotutto, se non avevo capito male, erano la loro classe politica.
Ma soprattutto, erano i miei abiti a indicarmi come appartenente a quella Luna? E per cosa, la foggia elegante o il colore, di quel blu violetto?
Nel mio girovagare senza meta mi ritrovai al margine di una piazza erbosa con un meraviglioso anello di alberi al centro. Nel mezzo del cerchio, un gruppo di giovani stavano suonando una melodia stranamente familiare. Una musica che mi attirò a sé.
—It's only forever. Not long at all. Lost and lonely. That's underground. Underground... *—
Malcolm adorava the thin White Duke**. Le sue canzoni erano l'immancabile colonna sonora dei nostri spostamenti. Dopo anni ad ascoltare quel sottofondo musicale, avrei saputo ripetere ogni parola a memoria.
Senza accorgermene, iniziai a canticchiarla.
La cantante del gruppo sgranò gli occhi, accorgendosi di me che, incantata, mi ero avvicinata fino ad appoggiarmi a uno degli alberi.
La sua sorpresa fu subito accantonata e sostituita da un sorriso deliziato.
Eppure, io non provavo la stessa gioia.
Un brivido mi percorse l'intero corpo e avvertii un bruciore pungere dietro le palpebre. Trattenere le lacrime fu complesso e, mentre le parole rotolavano fuori dalle mie labbra, mi sembrò di star vivendo un'esperienza quasi catartica.
Era come se quella canzone fosse stata scritta per me, per esprimere la mia situazione attuale: sola, persa in un mondo che non riconoscevo più.
Non mi ero accorta di quanto stessi ancora reprimendo le mie emozioni, rilegandole in un angolino polveroso e scuro del mio cervello, pensando di poterle superare facilmente in quel modo.
Non le avrei mai superate. Mai. Avevo perso tutti. Ero in un mondo completamente nuovo. Lost and lonely... Forever.
—Daddy, daddy, get me out of here!***—
Continuai a borbottare quella poesia cantata, con la voce incrinata dall'emozione.
In seguito, avrei scoperto essere uno dei brani più famosi della loro cultura, un inno dei primi periodi dopo la "Grande Eruzione" che avevano costretto l'umanità a rifugiarsi nel sottosuolo, ma per me, in quel momento, acquisì tutt'altro significato.
—But down in the underground, you'll find someone true. Down in the underground, a land serene, a crystal moon... Ah, ah****—
In questo nuovo mondo avrei mai potuto trovare persone vere?
Sollevai lo sguardo verso quella luna cristallina, bianca eppure visibile nel cielo terso e sereno di quella tarda mattinata. Sarei riuscita a lenire le ferite che mi portavo dentro?
Non solo la perdita, ma quel senso di colpa e quell'assoluto vuoto che restava.
Lasciai che le mie speranze venissero portate via dal vento, su su e ancora più su, verso quella luna paziente e materna, che ci osservava. Era la stessa luna che aveva vegliato sulla vita del mio fratellino.
Lei c'era, mentre io no.
Anche lui si era sentito solo? No, lui aveva Monique.
Io chi avevo? Larimar?
Veloce, scacciai il pensiero, rifiutandomi di prendere anche solo in considerazione quell'assurdità.
Mi ridestai, accorgendomi che la canzone era finita. I musicisti, tuttavia, ne intonarono subito un'altra e... Beh, dovevano proprio avere una passione per David Bowie, famoso o meno.
Mentre Chilly Down, una delle sue canzoni che, parere personale, non avevo mai apprezzato molto, pervadeva quel luogo pacifico, notai un gruppo di bambini che si era messo a ballare a pochi passi dall'anello di alberi.
Uno di loro, minuto, con due occhioni ambrati talmente grandi da riempire quel volto sorridente, notò il mio sguardo e trotterellò verso di me per invitarmi a unirmi alle loro danze.
I bambini, si sa, sono anime pure; forse quel piccoletto si era accorto del mio bisogno di compagnia. Fui talmente commossa che rimasi a fissarlo per qualche secondo, senza risposta, ma alla fine mi ridestai e mi lasciai trascinare da lui e dalle risate degli altri piccoli.
—Don't got no problems. Ain't got no suitcase. Ain't got no clothes to worry about. Ain't got no real estate or jewelry or gold mines to hang me up*****— canticchiando parole che sentivo più vere che mai, iniziai a muovermi imitando quel zignzagare di manine e piedini.
Una parte di me si accorse degli insistenti occhi che avevo puntati addosso. Gli adulti che ci circondavano apparivano a tal punto sconvolti che compresi di aver fatto qualcosa di inatteso, ma misi le preoccupazioni sulla mia condotta, forse poco dignitosa, in secondo piano.
Mi sentivo leggera, spontanea... Cantavo, ridevo e danzavo, lasciando che ogni preoccupazione svanisse in quel momento di pura gaiezza.
Avevo perso tutto, ma non era tutto perduto. La mia vita era pronta per essere ricostruita. Potevo lasciarmi alle spalle le preoccupazioni, i legami tossici... Il peso di un'esistenza condizionata dal passato.
Sotto gli strati di vestiti pesanti ero ormai sudata fradicia, ma non mi importava.
Ridevo, accompagnata dal suono acuto, simile a uno scampanellio, delle risate dei bambini e da quello più melodioso dei ragazzi che cantavano.
Alla fine, stremata, fui costretta a chiedere una tregua ai bambini e mi appoggiai a una panchina ai bordi della piazza. Mi si avvicinò una donna, quella che avevo scambiato per la madre di due bambini, vista la somiglianza, ma che scoprii essere la Precettrice Azzurra, ovvero quel che si potrebbe definire la loro maestra.
Era così grata che non avessi rifiutato l'invito a ballare di Tutt'Occhi che mi chiese di unirmi a loro per pranzare, adducendo la scusa che avrebbe tanto desiderato potermi coinvolgere nella loro educazione facendomi raccontare qualcosa sulla mia Luna. Cercai di declinare, ma furono così insistenti e, quando anche il gruppo di musicisti Arancioni si unì, mi ritrovai a cedere.
Speravo solo di non essermi incastrata in un pasticcio più grande di me.
Il ristorante non era vicino e i bambini scalmanati mi divertirono per tutto il tragitto. Alcuni galoppavano di qua e di là, altri chiacchieravano tanto veloci che non riuscivo a seguirne le parole, altri ancora si facevano sgambetti e scherzi.
Roy non era mai stato così pieno di brio, da bambino. Ero io quella che lo spronava a uscire dalla sua tana di libri e vetrini.
Aveva sempre avuto la passione per le scienze. Adesso, mi accorgevo che il suo interesse potesse essere un tentativo di avvicinarsi a nostra madre, di ricucire le distanze... Come avevo fatto io, lanciandomi sul vecchio lavoro di mio padre.
Era stato mandato Malcolm per ingaggiarmi. Gli era bastato fare il nome di papà e io avevo abboccato all'amo.
Entrammo nel ristorante e mi accorsi di quanto fosse simile a quell'unico in cui ero stata. Mi era sembrato strano: quasi ogni parete rivestita da piante o funghi. Avevo avuto l'impressione di essere entrata in uno di quei ristoranti a tema. Eppure, anche questo sembrava un'ambientazione incantata. Il soffitto ricoperto di muschi e vegetazione. Là, sulla parete di sinistra, ecco piante aromatiche; vicino al tavolo in cui ci misero, invece, pomodori, caspi di insalate e altre verdure, mentre all'ingresso avevo notato i funghi. E fiori, fiori ovunque! Anche sulle luci che pendevano dal soffitto.
Ero così assorta nel guardarmi attorno che mi ritrovai a ordinare la prima cosa che disse la cameriera quando venne a spiegarci il menù.
Pesce e patate. Poteva andarmi peggio. Ad esempio, altri fagioli.
Le domande sulla Luna Indaco, per fortuna, furono di carattere generale. Ero brava a glissare, cambiare discorso od omettere. Mi avevano insegnato a raggirare gli interrogatori. Finì che dalle loro domande compresi più informazioni sugli Indaco di quante ne facessi trapelare.
Innanzitutto, come già aveva sospettavo, venivano trattati alla stregua di nobili; viziati e rispettati, ma anche disprezzati e temuti da alcuni.
Il mio comportamento amichevole sembrava aver lasciato tutti gli avventori del ristorante sconvolti, tanto che dovetti controllarmi ogni tanto e assumere un atteggiamento più compito e altezzoso, imitando in parte Larimar, per non rischiare di venir considerata eccentrica.
Non ero certa di volere una vita vincolata dalle pretese sociali.
Aye, non mi era difficile fingere un comportamento non mio. Quando lavoravo sotto copertura avevo spesso interpretato qualcun altro e, infondo, tutti indossavamo maschere nel relazionarci con l'esterno. Ma... Non volevo perdermi, diventare un guscio rigido e freddo, rischiando che il cuore pulsante al di sotto si indebolisse fino ad essere consumato dall'apparenza.
Forse era accaduto questo, a Larimar? Non gli era permesso essere altro che distaccato e arrogante e, alla fine, aveva dimenticato come essere vivo?
—Ci è arrivata voce del ricevimento che il signor Larimar terrà per il Giorno della Vita. Ci andrai?—
Alla menzione di Larimar, la mia attenzione tornò alla conversazione in atto.
Giorno della... Ah! Mi si accese la lampadina.
—Oh sì, il palazzo è in gran fermento—
La ragazza Arancione, la cantante, ridacchiò come se avessi fatto una battuta. —Mi piace il tuo modo di esprimerti. Il palazzo... Sei così spiritosa, come se disprezzassi gli Indaco e le loro opulenze. Hai fatto il Salto, vero? —
Il Salto, il Salto, il Salto... Giusto!
—No, sono originaria di questa Luna, in realtà, ma non mi sono mai presa troppo seriamente—
—Siccome nessuno di noi è mai stato invitato a una celebrazione Indaco, dicci un po'... Come sarà? — intervenne il chitarrista, sondandomi con quei curiosi occhi scuri.
For God's sake... Che mi sarei inventata ora?
—Vedete, faccio parte dell'organizzazione e non dovrei dirlo, perché per gli invitati sarà una sorpresa, ma Larimar ha intenzione di introdurre alcune novità—
—Dei cambiamenti? Larimar? — esclamò la Precettrice, per poi abbassare immediatamente il tono quando le altre quattro persone nella sala del ristorante si fermarono a guardarla. —Voglio dire, il signor Larimar non mi aveva mai dato l'impressione di essere un progressista. In effetti, mio padre, che fu il suo Precettore, lo definì un ragazzo sveglio e dalla mente aperta, ma... È sempre stato così rigido— storse la bocca sull'ultima parola, come se si trattasse del peggior insulto.
Mi morsi un labbro per non scoppiare a ridere.
—Allora ti sorprenderà sapere che non si mangerà seduti a tavola, bensì da vassoi che gentili camerieri ingaggiati appositamente faranno passare tra gli invitati—
—Oh...—
—Come un buffet? Noi Azzurri organizziamo sempre buffet ai Salotti di Conoscenza, però sono su tavoli lungo un lato della stanza—
—Beh, gli Indaco hanno i dipendenti— borbottò la cantante.
—Anche gli Arancioni mangiano in piedi durante gli eventi— si intromise uno dei bambini.
—La mia mamma dice sempre che è perché siamo troppo pieni di brio per stare fermi— ridacchiò un'altra bambina.
—La tua mamma non ha tutti i torti, Lièvre. Faccio sempre tanta fatica a tenere tutti voi puledrini Arancioni fermi sulle sedie mentre insegno. C'è chi si alza "per sgranchirsi le gambe" e inizia a ballare in mezzo alla stanza. O chi strimpella oggetti improvvisandoli strumenti musicali. Ho capito che è necessario farvi tenere impegnate mani, piedi o in generale qualche parte del corpo affinché la vostra mente collabori. Ecco perché vi ho portati al Nodulo Speculare per distrarvi prima della lezione di questo pomeriggio—
I bambini iniziarono a parlare l'uno sull'altro, alcuni brontolando, altri ridendo.
Pensai di averla scampata, quando...
—Immagino che la musica sia ancora bandita— si lamentò uno dei musicisti.
—Beh, ovviamente. Larimar avrà anche inserito qualche variazione, ma stiamo parlando sempre di un Indaco— rincarò un altro.
—I Verdi e gli Azzurri hanno ribadito l'importanza della musica per l'emotività umana. Persino i Rossi e i Gialli la utilizzano nei loro lavori, ma gli Indaco? Pff. Figuriamoci. Sapete, mio zio dice che Pirite sembra considerarci in modo più favorevole. Per questo il suo voto andrà a lui—
—I Princeps dovrebbero riportare la maggioranza dei voti del Rione sotto la loro custodia, non stabilire a priori un preferito— lo redarguii la cantante.
—Larimar in realtà ha pensato di aggiungere anche la musica, al ricevimento— sbottai.
Il chiacchiericcio si interruppe.
Con tutta calma, affondai la forchetta nell'ultima patata e, dopo aver masticato con altrettanta tranquillità, risollevai lo sguardo, fingendomi inconsapevole del motivo per cui tutti, al tavolo, erano intenti a osservarmi.
—Musica? A una celebrazione Indaco? Dice sul serio? — domandò la cantante a uno dei musicisti.
—No, vedrai che abbiamo capito male. E poi non sarà mai suonata dal vivo, quindi...—
—In effetti, mi trovavo in zona proprio per selezionare una band— precisai, dopo essermi ripulita la bocca.
—Una... Cosa? —
—Un gruppo— mi corressi veloce, sorridendo per mascherare lo scivolone.
—Oh. —
Silenzio. Le loro espressioni erano incredule, ma gli occhi brillavano.
Ne avevo appena fatta una delle mie, vero? Oh, beh, in for a penny, in for a pound******.
—Ditemi, voi sareste interessati? Avrei alcune canzoni da proporvi... Conoscete gli Imagine Dragons? —
Note
*"It's only forever. Not long at all. Lost and lonely. That'sunderground. Underground...": trad. dall'inglese, "è solo per sempre. Non è poi tanto tempo. Persa e sola. Questo è il sottosuolo. Sottosuolo" - canzone Underground di David Bowie.
**"the thin White Duke": trad. dall'inglese, "lo snello Duca Bianco", soprannome di David Bowie.
***"Daddy, daddy, get me out of here!": trad. dall'inglese: "papà, papà, tirami fuori di qui".
****"But down in the underground, you'll find someone true. Down in theunderground, a land serene, a crystal moon... Ah, ah": trad. dall'inglese, "Ma giù nel sottosuolo, troverai persone vere. Giù nel sottosuolo, una terra serena, una luna di cristallo, ah, ah"
*****"Don't got no problems. Ain't got no suit case. Ain't got no clothes to worry about. Ain't got no real estate or jewelry or gold mines to hang me up": trad. dall'inglese, "Non ho problemi. Non ho bagaglio. Non ho abiti di cui preoccuparmi. Non ho proprietà o gioielli o miniere d'oro che mi complicano la vita". - canzone Chilly Down di David Bowie.
******"in for a penny, in for a pound": trad dall'inglese, letteralmente sarebbe "dentro per un centesimo, dentro per una sterlina". In italiano potrebbe essere meglio riassunto nei modi di dire: "già che siamo in ballo, balliamo" o "abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno". In sostanza, ormai non si ha nulla da perdere.
⋰∴🌙∴⋱ ANGOLO AUTRICE ⋰∴🌙∴⋱
Ed è così che Amneris si troverà a pendere dalla forca... 🤣Ovviamente, sto scherzando (circa). Come vi è sembrato il capitolo? Qualche curiosità che avreste preferito approfondissi? Parti che credete un po' troppo prolisse?
E... Siete anche voi amanti del Duca Bianco come Malcolm e la sottoscritta?😍
Dovete sapere che queste canzoni le ascolto da tutta la vita, come una ninnananna.
🎵Le mie confort songs🥰🎶
Da quando i miei genitori mi fecero vedere Labyrinth, me ne innamorai perdutamente. Il mago Jareth fu il mio primo amore... Sì, traviata ancora in fasce dagli irresistibili villain. Poi non venitemi a chiedere perché ho scelto di diventare psicologa.
Sono curiosa di leggere le vostre opinioni e commenti, un bacione!!!❤️
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