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Chapter 17.3 - ⭒Regrettable mistakes⭒

Ripresi ad allenarmi, fingendo indifferenza alla sua presenza dall'altro lato della sala, ma tra i diversi esercizi i miei occhi ricadevano su di lui. D'altronde, sarebbe stato uno spreco non bearmi di quel corpo invitante. Svolgeva ogni esercizio con una grazia metodica che mi lasciava piena di fremiti per l'aspettativa. Quel ragazzo doveva essere un amante meraviglioso; per niente frettoloso, si sarebbe gustato ogni angolo del mio corpo, a poco a poco e pienamente.

Mascherai un gemito con un'esclamazione di fatica.
Non lo credevo possibile, ma allenarmi divenne davvero difficile con la sua vibrante presenza.

Forse non avrei dovuto insistere perché restasse.

L'avrei ammesso solo in punto di morte, ma stavo davvero avendo difficoltà a controllare la mia libido. Immaginavo i mille modi in cui mi sarei potuta avvicinare a lui per sfiorargli la collina ben disegnata del pettorale destro o la natica soda che quei pantaloni aderenti faticavano a mascherare.

Ogni tanto mi ritrovai a incrociare il suo sguardo, quegli occhi simili a due abissi oceanici, e fingevo di essere concentrata sugli esercizi. Anche se, tecnicamente, avevo finito il circuito ormai da qualche tempo ed ero passata allo stretching, finendo anche con quello. Continuavo a inventarmi posizioni intricare per poter restare lì a bearmi della sua vista.

For God's sake, ero davvero disperata!

Ma forse non ero l'unica...

Il suo sguardo intenso era scivolato sul mio corpo con una frequenza eccessiva, per uno che si fingeva disinteressato. Da quando avevo iniziato ad allungarmi sul tappetino, avvertivo quel familiare senso di bruciore tra le scapole, quello che si associa a uno sguardo ardente e interessato.

Di norma avrei cavato gli occhi al primo uomo che si fosse permesso di studiarmi il sedere o sbirciarmi il seno in quel modo mentre facevo ginnastica, ma le sue attenzioni mi lusingavano a tal punto che mi ritrovai a contorcermi in posizioni assurde pur di concedergli visuali migliori sul mio corpo.

Aye, ero davvero, davvero disperata. Dovevo trovare un maschio al più presto.

-Cosa stai cantando? -

Sussultai e persi l'equilibrio quando lui parlò, spezzando la concentrazione sul movimento di yoga in cui avevo deciso di contorcermi.

-Illustrissimo Successo, ti sei fatta male? -

Era accorso al mio fianco in modo tanto veloce che non avevo avuto neanche il tempo di valutare i danni.
Per fortuna, anni di esperienza ed esercitazioni barbose su come cadere erano entrate in gioco in modo inconscio ed ero riuscita a salvare il polso e la spalla da un altrimenti inevitabile incontro doloroso col tappetino.

-No, è tutto a posto. Forse uscirà un livido sul fianco, ma nulla di preoccupante -
-Devi stare più attenta. La tua sicurezza è importante. Come hai potuto distrarti per colpa mia? Non puoi permetterti negligenze simili, sei...-

Tutto allarmato e critico... Basta. Lo spinsi col sedere a terra.
Ci misi mezzo secondo a rendermi conto dell'enormità di ciò che avevo fatto.
Ops.

-Io...- tentai di giustificarmi.

Ma non arrivai mai a finire la frase. Le parole si persero al contatto con le sue labbra dure e sottili.

Mi rubò il respiro, schiacciando la mia bocca con la sua nell'impeto. I denti cozzarono con veemenza uno contro l'altro. Era il bacio più brutale e maldestro che avessi mai ricevuto, niente di tenero o gentile, solo angoli acuti e rabbia matura. La sua bocca era inflessibile, rude, famelica.
Come quella di un uomo che sta per morire di fame e trova all'improvviso un banchetto a cui non può resistere.

C'era qualcosa di impaziente, feroce... Quasi possessivo, nel modo in cui le sue mani erano salite ad avvolgermi il volto.

Rabbrividii quando mugolò qualcosa. Qualcosa di simile a "no", ma si perse nello scontro di labbra successivo.

Non esisteva altro che la sua bocca, il suo corpo, il suo odore di prato verde, che mi drogava facendomi dimenticare tutto il resto. Era surreale e tuttavia la cosa più vividamente reale che avessi mai sperimentato. Mi sembravano passati secoli dall'ultima volta che il mio corpo si era sentito così acceso, palpitante, vivo.

Lo era mai stato, in realtà?
Forse no. Mai così.

Passato lo shock momentaneo, infine reagii al bacio.

Mi spinsi contro di lui, avvolgendo le dita in quelle onde soffici e dorate. Aye, erano morbidi, quei capelli. Proprio come li avevo immaginati. Ciò che invece non era morbido era il caldo rigonfiamento contro cui mi sfregai.

Sussultò, cercando di staccarsi, di allontanarsi dal mio corpo, ma non ero ancora pronta.

Lo strinsi, dondolando il mio centro contro il suo e serrai la presa sulle sue seriche ciocche. Emise uno di quei suoni maschili che arrivano diretti al centro di una donna e gemetti anche io in risposta.

Poi, come se le sue razioni non fossero abbastanza per mandare il mio cervello in pappa, mi punì affondando i denti nel mio labbro inferiore, ignorando quanto la cosa mi eccitasse.
Quel breve attimo di bruciore fu subito sostituito dalle sue labbra, che mi inchiodarono con aggressiva dominanza.

Inflessibili, spietate, erano ciò che mi aspettavo dal Principe Ghiacciolo, se non per un dettaglio: bruciavano.

Scintille crepitavano lungo tutto il mio corpo, mentre mi strusciavo contro il suo; fermo, solido, capace di sostenere entrambi senza perdere l'equilibrio. Quel bacio andava oltre ogni mia fantasticheria. Sembrava cercasse di depredarmi, come se volesse strapparmi l'anima con la forza della sua volontà.

Eppure, mancava ancora qualcosa, a quel bacio.

La mia lingua si insinuò nel calore delle sue labbra, invitando la sua a giocare. Ma non lo fece. Avvertii la sua schiena irrigidirsi al di sotto della mano con cui mi ero agganciata al suo corpo sudato.

Qualcosa non andava.

Diedi altri colpi, cercando di persuaderlo. Angolai appena la bocca per permettere un'esplorazione più approfondita. Mugolai al suo sapore fresco e delizioso, artigliandogli una spalla e riprendendo a dondolare con più insistenza sul suo bacino.

Dopo avrei voluto passare la lingua su quella sua pelle di alabastro, leccargli le colline dei pettorali e scendere sugli addominali tirati dall'allenamento; invece continuai quel balletto con la sua lingua, sospirando e gemendo alla resisteva che faceva, ostinandosi a non giocare.

Le sue mani si avvolsero sulla mia vita, tanto grandi da toccarsi quasi alle estremità. Poi, mi spinsero via.

Rimasi boccheggiante, cercando di scollare la mente dall'eccitazione per capire quale fosse il pericolo imminente.
La stanza doveva andare a fuoco, o forse un terremoto stava scuotendo la casa, perché non c'era altra spiegazione per cui adesso ci dovessimo fermare.

Eppure, guardandomi attorno, tutto sembrava immobile e l'unico odore che avvertivo era il suo inconfondibile profumo di erba mescolato al salato del sudore fresco.

-Larimar? - gracchiai, la gola riarsa dalla mancanza di ossigeno per il bacio passionale che, ancora, non capivo perché si fosse concluso.

Allungai la mano che avevo fatto scivolare dai suoi capelli verso il suo volto, ma lui la scacciò, creando ancora più distanza fra noi finché non ricaddi sul pavimento. Si alzò, spolverandosi i pantaloni con gesti secchi e rigidi.

Come se fosse a disagio per qualcosa.
Forse...

-È stato un errore- sentenziò.

La sua voce era arrochita, sensuale in modo così profondo che il mio corpo rabbrividii in risposta.

-Non direi proprio- replicai, alzandomi in piedi a mia volta.

Si portò una mano alla gola, affondando le dita contro il centro del petto quasi che facesse fatica a respirare. Un'altra persona, col cervello meno rallentato dall'eccitazione, forse vi avrebbe letto un indizio del suo strano comportamento.

Io no. Io mi bagnai le labbra, pregustandomi la sensazione di quella pelle vellutata e solida al di sotto della mia lingua e delle mie mani. Le colline e gli avvallamenti su cui avrei fatto scorrere le dita...
-Smettila di guardarmi così. Io... Noi... Non è possibile. È stato un errore- ripeté, con un impercettibile tremito nella voce.

Lo guardai confusa e riuscii solo a ripetere l'ultima parola -Errore? -

-Tu...- balbettava parole veloci a tal punto che feci fatica a comprendere, poi si ammutolì e allungò le mani contro i fianchi, serrando i pugni.

Ma io non ero più concentrata su di esse. Il mio sguardo era fisso nel suo, in quel blu ricolmo di orrore e disgusto.

Il mio cervello riprese a funzionare.

-Indulgere nei piaceri carnali...Non è un rischio che posso permettermi, non nella posizione in cui sono. Non con una come te. Ciò che abbiamo fatto non deve ripetersi mai più-

-Una come me? - ripetei come un pappagallo.

Mi guardò dall'alto in basso, gli occhi divenuti due pozze di ghiaccio nero e gelido, il corpo rigido come lo stecco di un ghiacciolo. -Sei un'Inquinante. Non mi fido di te-

-Quando ti torna comodo divento un'Inquinante, eh? - sbottai, nell'unica replica che riuscii a trovare.

Si limitò a fissarmi come se fossi il flagello della sua perfettissima vita.

-Queste cicatrici sono ripugnanti- sibilò poi. -Non posso apprezzare una persona con simili imperfezioni. Una donna senza una posizione di rilievo, oltretutto. Sola e patetica. Inutile. Mi rifiuto di sentire un'altra volta le tue mani sul mio corpo-

Le mie orecchie erano funzionanti, vero? Le allucinazioni uditive non erano un effetto collaterale del colpo alla testa dell'altro giorno, giusto?

Strinsi i pugni e iniziai a gridargli dietro una sfilza di epiteti poco lusinghieri, la maggior parte dei quali fu espressa nella mia lingua o in lingue morte da tempo.
Lo vidi sussultare e assumere quel suo irritante sguardo imperscrutabile.
Si voltò, rigido, e uscì dalla porta accompagnato dai miei improperi.

-Go n-ithe an cat thu, is go n-ithe an diabhal an cat! - urlai, consapevole, tuttavia, non fosse più in grado di sentirmi, essendo ormai scomparso dalla mia vista da diversi secondi.
Ero stravolta. Sentivo le mani prudere dal bisogno di colpire qualcosa...

Per fortuna, mi trovavo nella stanza giusta.

Fronteggiai il sacco da boxe e immaginai che avesse l'altezzoso aspetto di Larimar. All'ennesimo calcio all'altezza dell'inguine, mi sentii tornare abbastanza sana di mente da decidere di non rincorrerlo per castrarlo con il tagliacarte che mi portavo legato al polpaccio.

Com'era possibile che quel bacio elettrostatico si fosse trasformato in tragedia in maniera tanto repentina?
Cosa era successo?

Di una cosa ero certa: poteva anche trattarsi di unbacio da inserire nella Top Ten dei migliori, ma non sarebbe riaccadutomai più!


Note:
Go n-ithe an cat thu, is go n-ithe an diabhal an cat: VersioneGaelica di "May the cat eat you, and may the devil eat the cat" ovvero "possa un gatto mangiarti e poi possa il diavolo mangiare il gatto".


⋰∴🌙∴⋱ ANGOLO AUTRICE ⋰∴🌙∴⋱
Ed eccola qui, l'ultima parte di questo capitolo...

Vi è salita un po' di aggressività?
Scioccati?
...Elettrizzati?😉

Sono pronta ad ascoltare tutti i vostri commenti o scleri ahahaha

Ma... Non riuscirò a rispondere a breve, temo. Questo corso eterno mi terrà impegnata ancora fino a martedì 😖 è interessantissimo e sto imparando molto, intendiamoci, ma mi tiene lontana dai miei amati libri!!!

Un bacione dalla vostra sempre impegnata coi corsi di aggiornamento 🤓,

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