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Chapter 11.2 - ⭒Harry Potter who?⭒

Avevo appena finito di leggere il manuale che mi era stato dato da Larimar, ed ero piena di domande.

—Mi sembra assurdo, Larimar. Davvero credete che delle persone possano vedere l'anima? E che ognuno risplenda di un colore diverso... Tipo un'aura o una cosa simile? — chiesi, scettica, senza preoccuparmi di interromperlo.

Lui alzò appena lo sguardo su di me, gli occhi blu gelidi, poi tornò a concentrarsi sulle sue carte finendo di scrivere qualcosa. Da paziente persona quale ero, attesi qualche minuto prima che tornasse a guardarmi e mi rispondesse —L'aura è un concetto antiquato. L'Anima è molto più complessa. Ne esistono diversi strati, o almeno questo mi ha spiegato Cadmio. Un lato più esterno da cui si può dedurre una traccia emotiva. Una patina che riflette lo stato interno degli organi. Il colore prevalente di quella più profonda rivela invece la Luna cui sei più predisposto—

—Ma dai! — esclamai, incredula, con una breve risata che però si smorzò di fronte alla serietà nel suo sguardo. —D'accordo... È una cosa completamente assurda, ma perché no. Dopotutto, sono qui e ho quasi mille anni. Anche se, sinceramente, la teoria degli alieni non era poi tanto male...— sospirai, poi mi ricordai di una cosa —Quindi, quando al ristorante stavate buttando lì colori come una sorta di gioco, volevate capire a che Luna appartenessi! Così come il fatto che, quando definisci la tua cuoca figlia di una Gialla, non ti riferivi al significato razzista che questo termine avrebbe per me—

Compresi di aver detto qualcosa di molto sbagliato quando irrigidì le spalle e sollevò il mento, oltraggiato.
—Razzista? Ho studiato questa parola nei libri storici. Mi auguro tu non mi abbia accusato di una simile disumana discriminazione—
Feci sfarfallare le palpebre con finta innocenza — Nae leannan

—È irrispettoso parlare in una lingua che sai non comprendo—
—Hai ragione, ma è più forte di me. Sono le mie origini scozzesi, sai... Come puoi intuire dai miei capelli, vengo dalle Highlands. O forse no. Visto che non sai cosa sia l'America, suppongo che tu non abbia idea di cosa sia la Scozia— borbottai, di malumore.

—Devo ammettere di non essere mai stato attento durante le ore di storia. Mi annoiavo— un leggero rossore gli colorò gli zigomi sporgenti. Un'espressione emotiva a tal punto genuina che mi ritrovai a sorridere, nuovamente di buon umore.
—Io adoravo la storia. Anzi, la pre-storia, per come la vedete voi! Bloody Hell, realizzo solo ora che per i primi ventinove anni della mia vita ho fatto parte della storia! Chissà se sono stata citata in uno dei tuoi libri. Anzi, mi piacerebbe proprio cercarmi. C'è un motore di ricerca o qualcosa di simile? Come si usa sto aggeggio? — l'ultima frase suonò talmente simile a ciò che avrebbe detto mia nonna che per poco non fui di nuovo assorbita da un altro moto di risa. Riuscii a controllarmi solo perché lo vidi guardare me e poi il tablet, perplesso.

Oh, Dio amorevole e benevolo, ascolta una tua non così devota figlia e, per favore, dimmi che esiste ancora internet!
Purtroppo, le mie preghiere rimasero inascoltate.

Sto aggeggio— ripeté nella mia lingua masticando le parole e guardandomi con quegli occhi blu pieni di stizzita insofferenza—Si chiama papiro virtuale, comunemente accorciato in VirPa. Ti pregerei di utilizzare il termine apposito per definirlo. Ha vari utilizzi, tra cui la funzione di archivio incorporeo. Vedrò di trovare un manuale di istruzioni. Nonostante sia una tecnologia complessa, credo potresti apprenderne i rudimenti—

—Sei davvero abile nel fare complimenti, leannan. Mi farai arrossire una di queste volte—
Mi ignorò. —Per ora, ti basti sapere che si possono inserire qui le parole che stai cercando. Ci sono molti articoli e libri in lingua originale, alcuni davvero antichi, quindi non escludo potresti trovare informazioni su di te, se eri abbastanza importante da venir citata nelle pubblicazioni dell'epoca. Questi in mio possesso hanno una speciale tecnologia che consente di tradurre lo scritto di qualsiasi lingua Inquinante alla nostra... Non che a te possa servire, immagino—

Il suo tono fu più simile a una provocazione, ma decisi di sorvolare e gli risposi con sincerità, —In effetti, parlo fluidamente sette lingue e ne comprendo altre quattro... Non bene da leggerci un libro, però. Hai detto che la barra di ricerca è questa, giusto? —
Iniziai a scegliere diversi libri, soffermandomi su alcuni titoli o copertine che richiamavano il mio interesse. Aye, ero una di quelle persone che giudicano la qualità di un libro dalla copertina, ma non cambierò certo abitudini ora. Troppo vecchia e bla bla bla.

—Questa sarebbe la tua lingua natia, dunque— mormorò Larimar, osservandomi con attenzione mentre selezionavo cinque letture che considerai adatte a far passare il tempo la notte, prima di dormire. D'altronde, se la mattina la impiegavo a fare esercizi fisici e il pomeriggio ad aggiornandomi su quel che mi ero persa in quei quasi mille anni di riposino, alla sera potevo anche concedermi un po' di svago e, se Larimar si fosse ostinato a non unirsi a me, avrei dovuto cercare qualcosa di altrettanto stimolante.
Non che stessi paragonando... Beh, lasciamo perdere.

Aye, questo qui è in inglese. Quest'altro è in russo, invece. Poi ci sono questi tre, ma non sono romanzi, sono raccolte di articoli di giornale—
—Ah, comprendo... Ti andrebbe di leggermi un passaggio di uno dei tuoi libri preferiti? Mi incuriosisce scoprire come possa suonare nella tua lingua—
Quella domanda suonò molto strana, tanto che lo fissai negli occhi qualche secondo per assicurarmi che non mi stesse prendendo in giro. Le sue iridi blu notte rilucevano di interesse, dal che dedussi fosse almeno in parte serio. Purtroppo per lui, ero addestrata a leggere le più piccole sfumature delle espressioni e non mi sfuggì quel piccolo bagliore di sfida. Non mi credeva ancora, eh? Forse mi stava mettendo alla prova. Oh, beh, se così fosse stato, allora ci sarebbe rimasto molto male.

—Molto bene, conosci Harry Potter? —
—Non direi. È un'Inquinante famoso? —
Aye! Molto famoso, ma non è una persona reale, sebbene Daniel Radcliffe sia stato decisamente eccezionale nel far prendere vita al personaggio... Ma tu non stai capendo nulla di quello che dico, vero? — si limitò ad alzare un sopracciglio, quindi scrollai le spalle e provai a spiegare —Hai presente i film? — lui continuò a guardarmi perplesso e a quel punto mi uscì un gemito. —Non posso credere non esistano film in questo millennio! —

Lui continuò a guardarmi con quegli occhi color dell'oceano privi di calore.
—È possibile che sia finita in coma e tutto questo non sia altro che un incubo? Bloody Hell! Sono all'inferno! Sono morta e sono finita all'inferno, non può che essere questo!
—Non capisco le tue parole, stai di nuovo parlando nella tua lingua? — mi interpellò Larimar, inclinando appena il capo sopra una spalla in un gesto che espose al mio sguardo il suo collo elegante.

Se ora sentivo l'impulso di mordicchiargli quella pelle pallida significava che avevo letto una volta di troppo Twilight, forse? Probabile, oppure era colpa dei miei ormoni. Di nuovo.
Deglutii, cercando di riprendermi.
Aye, l'inglese. Torno a parlare la mia lingua natia quando mi sento sconvolta— scrollai le spalle. —Comunque, un film è una sorta di rappresentazione teatrale... Sai cos'è il teatro, vero? Esisteva ai tempi degli antichi greci, quindi spero che ci sia anche in quest'epoca dimenticata da Dio! —
—Certo che so cos'è il teatro. Ogni tanto mi presto a vedere qualche esibizione degli Arancioni— rispose con un tono che sembrava quasi offeso, decisamente infastidito dal modo in cui l'avevo trattato.

—Bene, allora... Spesso i film sono dei libri riportati in vita come delle opere teatrali, anche se molto più realistiche. Ma non importa, stavamo parlando di Harry Potter. Beh, è il protagonista di un libro. Anzi, di una serie di libri meravigliosi e, tra le altre cose, ci hanno fatto anche dei film. Molto belli, tra l'altro, ed è una perdita per l'umanità non poterli più vedere! — esclamai, concitata.
—Forse qualche collezionista Azzurro potrebbe avere uno di questi film. Se sei davvero interessata, potrei provare a sentire— mormorò.

Fu molto carino a proporlo, il che fu strano, per cui gli risposi con un enorme sorriso. Dovevo incoraggiare gesti simili! Se solo avessi avuto un premietto come si usa fare coi cani...
—Beh, fammi vedere se riesco a far funzionare il google translate della tua epoca, così portai capire quello che dico mentre lo leggo—
Presi il tablet... Nae, VirPad o come si chiama, che era stato abbandonato sulla scrivania e, con un po' di lavoro, riuscii a capire come accedere all'applicazione, o qualsiasi fosse il termine attuale per quello strumento.

—Ecco qui, seguimi mentre leggo dall'altro VirPad—
Larimar storse la bocca in una smorfia appena accennata per poi correggermi con un mugolio insofferente —VirPa, non VirPad—
Aye, come ho detto io. Comunque, il libro si intitola Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. È il terzo libro della saga, uscì quando avevo tre anni... Ovviamente, lo lessi dopo, da ragazzina, ma questa parte mi ha aiutato in alcuni momenti difficili e... Beh— mi schiarii la gola —Adesso leggo, allora—

Gli aprii la pagina al punto giusto, poi indicai la riga e iniziai, con voce piena di sentimento —Harry scosse la testa. "È stato stupido, pensare che fosse lui" mormorò. "Voglio dire, lo sapevo che era morto...". "Credi davvero che le persone che abbiamo amato ci lascino mai del tutto? Non credi che le ricordiamo più chiaramente che mai nei momenti di grande difficoltà? Tuo padre è vivo in te, Harry, e si mostra soprattutto quando hai bisogno di lui." — sospirai. —Albus è sempre un toccasana— borbottai, cercando di ignorare il bruciore dietro agli occhi delle lacrime insistenti, prima di rialzare il capo e... Perdermi nei suoi. Erano abissi talmente vibranti e profondi che avrei potuto annegare come in un oceano.

Per fortuna, lui spezzò l'incantesimo prima che mi venisse la malsana idea di compiere qualche gesto sconsiderato.
—Harry ha perso il padre? —
Annuii, mogia —Già. Entrambi i suoi genitori sono morti per salvarlo—
—Perché scrivere di una cosa tanto infelice? —
Sembrava una domanda banale, ma intravidi nei suoi luminosi occhi blu una serietà che mi sorprese. Sembrava quasi... —Tu sai cosa vuol dire perdere un genitore, vero? —

Il suo sguardo fisso mi mise seriamente a disagio. C'era un'intensità e una severità che mi fece accapponare la pelle.
—Mia madre è morta quando ero piccolo— rispose laconico, poi si alzò in modo tanto brusco che sussultai, rischiando quasi di cadere dall'angolo della scrivania. —Ritengo non dovrebbe interessarti, ad ogni modo. Adesso andrò a fare una passeggiata. Se vuoi scusarmi...—

—Non volevo intristirti. Mi dispiace— mormorai, abbandonando VirPad, libro e tutto il resto per rincorrerlo fuori dallo studio.
—Non dovresti chiedere scusa per cose che non hai fatto— replicò senza guardarmi, col mento regalmente sollevato per aria, come se gli desse fastidio anche solo respirare la mia stessa aria.
—Mi riferivo al farti intristire, non alla morte di tua madre— fui dura, nel rispondergli, ma la sua arroganza mi stava irritando.
—Anche io. Non sono triste

Lo disse con un tono disgustato a tal punto che non solo non gli credetti neanche per un secondo, ma mi fece capire che, in un qualche momento della sua vita, avesse dovuto lottare per provare di essere forte. Una lotta che, avrei giurato, avesse dato origine alla maschera di sprezzante gelo che indossava ormai con regolarità.

Lo strattonai per un braccio facendolo voltare verso di me, ignorando due dei dipendenti della casa che ci passarono a fianco strabuzzando gli occhi nel vedere il loro padrone afferrato in così malo modo da una della servitù.

Ci trovavamo nel grande e maestoso atrio di quella Reggia, con al centro un imponente doppia scalinata che divideva l'ala est del padre dalla ovest di Larimar. Al di sotto della scalinata vi era una moltitudine di finestre che mostravano lo strapiombo dietro il castello, mentre il resto delle pareti era pieno di affreschi, dipinti, sculture e in generale una tipologia di arredamento degna della reggia di Versailles.
Non era da escludere che da qualche parte si trovassero anche delle prigioni in cui, con tutta probabilità, presto o tardi, sarei stata segregata, visto il mio comportamento irrispettoso... Oh, beh.

Sempre tenendogli una mano sul suo braccio, nonostante l'occhiataccia raggelante con cui la fissava, mi portai a un palmo dal suo naso e sussurrai —Menti. Ho perso mio padre quando ero piccola. So bene cosa si prova a crescere senza un genitore. Per quanto possa essere meraviglioso quello che ti è rimasto, sentirai sempre un vuoto dentro di te— poi lo lasciai, facendo un passo indietro. —Come Harry, anche io sono orfana adesso — ammisi per la prima volta ad alta voce. —Peggio, sono completamente sola. Tutti i miei amici, la mia famiglia... Polvere che è stata ormai spazzata via dagli anni— continuai, come se, tolti gli argini, la diga si fosse infine liberata. —Però dà speranza pensare che una parte di loro ti resterà sempre a fianco e che, nonostante tutto, se avrai bisogno di loro, saranno lì a tendere una mano per aiutarti. E io mi sto aggrappando a questo, perché è tutto ciò che al momento mi rimane—

Il suo viso era privo a tal punto di espressione da sembrare una foto a colori, splendido, ma inumano. Rigido come non l'avevo mai visto, mi scrutò a lungo e mi sentii gelare il sangue sotto quegli impenetrabili occhi blu.
—Tu credi davvero a ciò che stai affermando—mormorò con un tono quasi schifato.
—Certo—
—Sono all'oscuro di quale vita tu abbia vissuto nella realtà, ma mi dispiace se davvero hai perso i tuoi genitori. Hai ragione, non è mai bello soffrire una perdita simile, ma illudersi come fai tu... È ancora peggio. Sono morti, spirati, solo polvere o concime per alberi. Nessuno ti sta tendendo una mano, né qualcosa di altrettanto assurdo. Credere a questo non farà altro che renderti debole e la debolezza ti porterà al fallimento—

Sobbalzò quando l'ultima frase lasciò le sue parole, quasi che facesse fatica a concepire di averle dette davvero, poi si girò di nuovo e varcò la soglia del doppio portone d'ingresso.
Dopo un secondo, gli corsi dietro e la spalancai, per poi restare a fissare titubante la sua schiena dritta e aristocratica che si allontanava.

L'avrei dovuto seguire? E per cosa, continuare a insultarci con cordialità? Per quanto, l'unico che sarebbe rimasto cordiale era lui. Però, in realtà, non mi sentii arrabbiata per le parole che aveva detto, quanto piuttosto immensamente triste e addolorata.
La morte della madre doveva avergli fatto molto male.

Cercava di schermarsi dietro quella corazza di glaciale freddezza, come se impedendo a se stesso di esprimere emozioni, negandole, potesse davvero evitarle.

Mi afflosciai sul primo gradino della breve scalinata esterna e rimasi a osservarlo incedere con quel suo aggraziato portamento, inoltrandosi nel giardino perfettamente curato finché la luce del tramonto non lo nascose alla mia vista.

Nella mente, si affacciò un'altra citazione di Harry Potter. Con un tono pieno di amarezza, la espressi ad alta voce —Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore

⋰∴🌙∴⋱ ANGOLO AUTRICE ⋰∴🌙∴⋱

Allooooora, cosa ne pensate di questo capitolo?

Si scoprono cose di Larimar che sì, già conoscevate, ma penso che sia stato interessante vedere la reazione del ragazzo a tutto ciò.

Io sono molto legata ai miei genitori e non è stato facile immedesimarmi in un atteggiamento freddo e distaccato come quello mostrato dal nostro Indaco preferito.

E poi, eccole lì, le tanto adorate citazioni di Harry Potter. Amneris insisteva perché le inserissi e ormai mi era diventato impossibile farla tacere, quindi, ditemi un po', le avete apprezzate?

Adesso, sono un po' indecisa su cosa mettere nel prossimo capitolo... Stavo lavorando a due progetti: aesthetics dei personaggi o un altro viaggio nell'oscura e tormentata mente di Diaspro... Vedremo 😉

Un bacione enorme dalla vostra

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