Chapter 11.1 - ⭒A bite of new world⭒
11 Maggio, 2027
Quei grandi occhioni nocciola mostravano una vulnerabilità che parlava direttamente al mio lato protettivo. Era dolce, non c'era altro modo per descriverla. Mi piaceva, per quanto cercassi di resistere al suo sorriso coinvolgente. Era fantastica. Simpatica, gentile... Se l'avessi conosciuta in altre circostanze, avrebbe anche potuto essere una delle mie pochissime amiche. E per pochissime intendo due: Mackanzie, collega di lavoro, e Dottie, compagna di classe e amica d'infanzia.
Aye, era un vero peccato la dovessi detestare per forza.
—Quindi sei francese—
—Sì. Sono nata a Givet, un paese sul fiume Mosa. Si trova a confine con il Belgio...—
—Sulle Ardenne— specificai, ben consapevole di dove si trovasse.
—Lo conosci? — si illuminò, felice.
—Una specie— avevo studiato la sua cartella come se mi trovassi davanti Valentine in persona, ma era meglio non riferirglielo.
La ragazza emise un lento sospiro sognante. —Adoro Oxford, ma un pezzo del mio cuore resterà sempre sulle Ardenne...— e proprio di questo avevo paura.
—Hai detto che ti stai specializzando in...?—
—Environmental Humanities— ripeté per la terza volta, senza perdere il sorriso.
—E cosa pensi di fare, nel futuro, con questa laurea? —
—Io...— lanciò una rapida occhiata al suo fianco, ma prima che potesse rispondere mio fratello decise di averne abbastanza.
—Avanti, Neris, smettila di farle il terzo grado. Ha già risposto a tutte le tue domande, sottoponila ad un controllo incrociato coi dati della polizia, se proprio ci tieni. Monique è fantastica, neanche tu puoi trovarle difetti! —
Ohhh, difetti ne avevo trovati, ma ammettiamolo, chi non aveva qualche scheletro nell'armadio? Il divorzio dei genitori non era certo colpa sua e quel verbale per ubriachezza molesta, beh, non avrei certo giudicato. Dal controllo che Mac aveva svolto per me online, un esame che la polizia difficilmente avrebbe approvato, dal momento che ledeva la privacy della ragazza, avevo scoperto fino al più piccolo dato sulla splendida Monique. I suoi gusti alimentari, la marca di biancheria preferita, il fatto che usasse la coppetta anziché i classici assorbenti...
L'unica vera grande pecca, in sostanza, era che fosse francese.
—Quindi... Per la pausa estiva andrai in Francia con lei, Roy? — sbottai, suggerendo l'originale causa della mia ostilità verso Monique.
—Cosa? E questo cosa c'entra, Neris? — Roy balzò in piedi, portandosi le mani ai riccioli arruffati del colore più scuro del mio, gli occhi verde bosco due fessure infastidite. —Perché non ti limiti a far conoscenza con lei? Sei peggio della mamma! —
—La mamma si è interessata a lei? —
—La mamma... Beh, certo. L'ha conosciuta un mese fa. Siamo stati a cena da lei durante i weekend—
—Perché non mi ha detto niente? —
Roy si limitò a guardarmi in silenzio.
Aye, forse non avrei dovuto chiedere. Dopotutto, l'ultima volta che le avevo parlato a voce erano passate diverse settimane. Avrebbe potuto sprecare qualche secondo per mandarmi un messaggino, comunque. Avrei apprezzato anche un vocale!
—A proposito della mamma, non è una coincidenza che tu sia riuscita a liberarti per venire a trovarci proprio la settimana in cui lei aveva un viaggio di lavoro a Lisbona? —
—Stiamo cambiando discorso, Roy? Pensavo mi stessi per raccontare i tuoi piani per le vacanze estive—
—Uffa. Sei stressante, Neris. Sì, andremo un paio di settimane in Francia. Perché? —
Perché un paio di settimane possono trasformarsi velocemente in un mese, un mese in un anno, un anno in dieci e prima che me ne accorga puff, avrei visto il mio fratellino ancor meno di quanto già riuscivo a fare adesso.
—Ma non avevi quel lavoro estivo nell'associazione scientifica della mamma? — obiettai, debolmente.
—Sono un volontario, Neris. Ho diritto a prendermi un paio di settimane, dal momento che non vengo pagato— rizzò il pelo, mettendosi subito sulla difensiva.
Ah ha! Roy era sempre così facile da leggere per me.
—La mamma non è d'accordo, vero? —
—Sai che non riesce a concepire come qualcuno possa preferire costruirsi una vita privata alla sua preziosa associazione—
Sbuffai. Aye, meglio non iniziare neanche a dire ciò che pensavo in merito.
—Ma fammi capire bene, vi siete conosciuti l'anno scorso e me la presenti solo adesso? —
—Non fare quella faccia! Tu ci hai presentato Malcolm solo dopo cinque anni che lavoravate insieme! —
—Eravamo colleghi, non intimi! Sai che è...—
—Diverso? Sì, certo. Con te è sempre diverso. Se non chiami per un mese va bene, ma se sono io che non mi faccio sentire per più di quindici giorni consecutivi allora è un dramma. Se per caso prenoto una vacanza senza avvertirti scatta la ramanzina, quando tu viaggi per il mondo senza dire niente a nessuno invece è solo lavoro—
—Ma si tratta del mio lavoro, Roy!— alzai gli occhi al cielo, insofferente a quella discussione familiare.
—Ah sì? Non conosco molte persone in polizia che viaggiano quanto fai tu—
Strinsi i pugni in un involontario tentativo di mantenere la calma. Roy non capiva, ma non era colpa sua. Non sapeva la verità sul mio lavoro o su quello di papà. Quale agente segreto sarei, altrimenti? Pensava lavorassi nella NCA, seguendo le orme altrettanto ingannevoli di nostro padre.
—Sai che il crimine non rispetta i confini— borbottai.
Roy fece schioccare la lingua al palato, un gesto che aveva preso dai tanti anni trascorsi in compagnia di nonna Siobhan. Mi scoccò un'occhiata irritata, ma fu con voce tormentata che replicò —Amneris, ti lamenti sempre del legame che la mamma ha col suo lavoro, ma non è che tu sia molto diversa. Permettiti di vivere, di legarti a qualcuno, di essere vulnerabile, perché continuando a nasconderti dietro al tuo lavoro finirai per morire sola! —
16 Marzo, 2966
—Ehi Lari, ho una domanda per te—
Entrai senza cerimonie in un salotto dai toni crema e menta al piano terra, che avevo scoperto essere il suo studio. Tra le braccia trasportavo un librone pesante al punto tale da doverlo sostenere con entrambe le mani.
Come previsto, lui mi scoccò un'occhiata sottilmente infastidita, prima di riprendermi con regale freddezza —Innanzitutto, il mio nome è Larimar. In secondo luogo, sarebbe opportuno bussare. In questo secolo, riteniamo che le porte abbiano una funzione fondamentale nel mantenere la riservatezza di una stanza. Se sono chiuse, bisognerebbe prima bussare e attendere che chi è all'interno ti inviti a entrare—
—Non ho cinque anni, Lari. So come funziona una porta— risposi, insistendo nel chiamarlo col nomignolo che quella mattina avevo deciso di affibbiargli.
Mi ero svegliata presto, il sonno turbato da altri ricordi, e avevo trovato ad attendermi sulla cassapanca ai piedi del letto una copia della divisa indaco che avevo indossato il giorno prima. Come potete immaginare, la cosa mi aveva alquanto irritata, motivo per cui mi ero ripromessa di rendere altrettanto spiacevole la giornata di quel ragazzo.
Provate a fingere di essere un'agente speciale e scoprire che qualcuno era stato in grado di entrare e uscire dalla tua camera senza che te ne accorgessi. Ero stata assalita dalla vergogna, che si era poi trasformata in orrore e infine in irritazione.
—Non mi è sembrato che ne fossi a conoscenza. Ed è Larimar. — ripeté il bel biondino dall'alto del suo piedistallo.
—Laddie, hai visto l'entità di questo manoscritto polveroso? Secondo te, come avrei potuto bussare, con questo in mano? —
In realtà, ce l'avrei fatta benissimo. Avevo atteso qualche secondo fuori dalla porta per assicurarmi che fosse da solo, dopodiché avevo messo in scena il mio ingresso appositamente per irritarlo.
Aye, dargli fastidio era un divertimento unico! Sentirgli usare quel tono da vecchio signore mi rallegrava la giornata.
Cosa di cui avevo bisogno, dopo i sogni dolceamari di quella notte.
—Dunque, dal momento che hai deciso di impormi la tua educata presenza, dimmi come posso esserti utile — chiese senza domandare realmente, emettendo un leggero sospiro che su di lui era equiparabile a un sonoro sbuffo, come se in quei due minuti l'avessi già prosciugato di tutta la pazienza in suo possesso.
Colsi al volo un'opportunità tanto ghiotta.
Appoggiando il libro sulla scrivania, mi protesi verso di lui sinuosa, lasciando intravedere uno scorcio della scollatura attraverso i bottoni aperti della camicia che indossavo, leccandomi al contempo le labbra in un chiaro invito.
—Umh— gorgogliai dal profondo della gola. —Mi vengono in mente alcune idee, ma in nessuna di queste indossi indumenti—
Il muscolo all'angolo dell'occhio di Larimar fremette e... Attenzione, abbiamo nuove reazioni: le narici si allargarono appena. Inspirò in modo più pesante del solito. La lingua guizzò attraverso una fessura di quelle labbra sottili. Il respiro uscì in un sibilo, poi, come se qualcuno avesse premuto un interruttore, ogni parvenza di umanità sparì. Larimar tornò il Principe Ghiacciolo.
Prima che potesse rimproverarmi, mi ritrassi con un gesto secco, facendogli al contempo scivolare il libro sotto il naso. —Purtroppo, visto quanto sei scontroso, mi toccherà chiederti qualcosa di meno piacevole—
Ovviamente, nel porgergli il libro sparpagliai le carte che teneva perfettamente ordinate in due file precise sul ripiano della scrivania, cosa che gli fece serrare le labbra in una linea dritta e alquanto stizzita, col muscolo dell'occhio che balbettava tutta la sua irritazione.
Fingendo di ignorarlo, puntai un dito su un termine e poi su un altro e un altro ancora. —Continuate a parlare di colori e davvero non capisco—esclamai, scrollando la testa confusa —I verdi sono degli alieni? I gialli cinesi? I rossi o gli arancioni, invece? Nativi americani? Indaco pensavo fosse la designazione per una famiglia nobiliare. Anche gli Azzurri, chissà, potrebbero discendere da un Principe. Ma per l'amor del cielo, perché qualcuno dovrebbe seguire un medium come se fosse un profeta? Anzi, peggio, una divinità —
Assieme alla seconda divisa, Larimar aveva lasciato sulla cassettiera un appunto su una strana carta quasi oleosa in cui spiegava come raggiungere la biblioteca (udite udite, si trovava dietro le doppie porte in metallo con le statue ai lati). Nel suo modo altezzoso mi consigliava, ovvero ordinava, di sfruttare la mia permanenza in quella casa aggiornandomi sugli ultimi avanzamenti dell'umanità. Aveva selezionato una decina di libri e questo era il terzo che avevo preso. Nonostante fossero abbastanza scorrevoli, continuavo a scontrarmi con quei colori e, beh, lì diventavano incomprensibili.
Larimar sollevò un sopracciglio, facendo al contempo un gesto elegante con la mano per indicarmi di sedere sulla poltroncina al di là della scrivania. Invece di accomodarmi dove avrebbe voluto, decisi di istigarlo ulteriormente. Aggirai il tavolo dalla superficie in finto marmo verde (o era vero?) e mi piazzai sull'angolo libero al fianco di quello che, a prima vista, sembrava un tablet, poi tornai al mio cruccio —Non so che genere di sviluppi ci siano stati nel tempo, se si tratta di razze aliene allora avrebbe un qualche senso... Finalmente, dopo novecento anni, siamo riusciti a trovare altre forme di vita senzienti in questo universo? —
Anche se stavo parlando, un lato del cervello era rimasto inchiodato su quel tablet. Prima di rendermene conto lo sollevai tra le mani, guardandolo affascinata appena si accese —Oh, for God's sake! — esclamai. —Allora internet esiste ancora! Lode al Signore! Sento che sto per piangere dalla felicità! —
E non stavo esagerando, avvertivo quel particolare prurito dietro le palpebre. Internet avrebbe significato l'esistenza di un archivio quasi eterno... Quindi la possibilità di trovare dati sulla sorte dei miei famigliari e amici!
—Non ho la pretesa di comprendere ogni parola del tuo blaterare, ma questa volta temo di essere realmente confuso. Medium? Alieni? Nativi di cosa?—
—Americani— lo aiutai. Poi, davanti alla piccola scintilla di perplessità nella sua espressione spalancai gli occhi, sconvolta —Non ci credo! Non dirmi che non sai cosa sia l'America! — scoppiai a ridere talmente forte che dovetti riappoggiare il tablet sul tavolo per non rischiare di mandarlo in mille pezzi. —Oh... Quanto vorrei avere quello stupido di Brian qui per rinfacciargli questo glorioso momento! —
—Brian?—
Il sopracciglio elegantemente inarcato sullo sguardo blu notte sembrava esprimere meglio di molte parole come mi trovasse ridicola piegata in due a ridere sopra la sua scrivania.
—Un mio aggancio al governo degli Stati Uniti. Lascia stare... Acqua passata, ormai — dissi, tornando seria nel ricordare che anche lui era morto da molti secoli
Un piccolo silenzio accolse il mio repentino cambiamento di umore, ma, com'era prevedibile, non ci furono commenti a riguardo.
Larimar che parla di sentimenti? Pfff!
—Beh, allora? Mi spieghi perché avete questa ossessione per i colori?—
—Suppongo tu ti riferisca alle Divisioni— rispose col suo solito gelo imperscrutabile.
—Divisioni. Aye, credo di sì. In un altro passaggio si definisce Divisione quella dei Veggenti, o Viola —
—Ti sei spinta fino a qui per disturbarmi per questo? Ti aspetti realmente che ti spieghi argomenti conosciuti anche dai bambini di sei anni—
Il disprezzo in quella frase era tutt'altro che velato.
—Chiaramente no, sua magnificenza. Non potrei mai chiederle di sprecare un briciolo del suo prezioso tempo in un modo tanto inutile—
—Il tuo sarcasmo non è apprezzato, tanto più che è esattamente così. Ho dei dispacci da vagliare. Per questo motivo ti ho fornito dei libri appositi. Tuttavia...— il suo sguardo si puntò sul librone davanti a lui.
—I tuoi libri sono stati apprezzati, Larimar, ma hai dato per scontato che non conosco aspetti basilari della vostra civiltà, come appunto queste Divisioni— sbuffai, non aspettando che concludesse il suo ragionamento e inserendomi in quella lunga pausa che stava facendo.
Lui tornò a puntare su di me quei vibranti oceani di freddo sdegno. —Hai iniziato a leggere dall'ultimo—
—Come, scusa? —
—Questo era tra gli ultimi manuali. Sei partita dall'alto, vero? —
—Sono partita dal primo che ho preso in mano— incrociai le braccia in un gesto difensivo, infastidita da quegli occhi blu scuro intensi e giudicanti.
—Che era l'ultimo che avresti dovuto leggere. Le informazioni di base le avresti certamente trovate nei primi manuali. Ho chiesto a uno dei dipendenti di origine Azzurra di selezionarli appositamente, comportandosi come se stesse istruendo un moccioso ai suoi primi anni di formazione—
Per confutare le sue errate parole misi su un finto broncio. —E io che pensavo ti fossi occupato personalmente di tutto. Non mi fai sentire affatto speciale, leannan—
La schiena di Larimar si irrigidì. —Questo perché non lo sei— sibilò. —Sei unicamente una seccatura. Ma dal momento che ormai mi hai fatto interrompere ecco, prendi— mi mise in mano il tablet. —Puoi continuare la tua formazione con questo. Ho pensato potessi trovarti più a tuo agio coi fogli cartacei, ma qui sono presenti molte più informazioni. Questo è uno dei manuali che mi leggeva il Precettore quando ero un bambino. È abbastanza elementare, quindi ritengo potrai facilmente comprenderlo anche tu—
—Ma che tesoro...— borbottai.
Cercai di immaginare come fosse Larimar da bambino, ma era difficile davanti a un ragazzo talmente severo e rigido. Fantasticai di un piccolo lord coi ricciolini biondi tutti disordinati e lo sguardo blu indignato per essersi sporcato la camicetta di cioccolato.
L'adulto che avevo davanti, invece, iniziò a digitare sul tablet in mano mia con gesti precisi ed eleganti e io rimasi a osservarlo, cercando di apprendere il funzionamento di quella moderna, ma familiare, tecnologia. Non sembrava difficile. In effetti, sarebbe facile paragonarlo a un comunissimo eReader. Larimar mi lasciò fare e tornò alle sue carte. Iniziai a leggere, restando sempre appollaiata su un lato della sua scrivania in attesa che mi scacciasse o rimproverasse.
Cosa che non fece.
In effetti, parve ignorarmi, tornando a ciò che lo teneva impegnato prima che lo interrompessi. Tirò fuori due bacchette da un cassetto della scrivania, che aprì trasformandole in un nuovo tablet, e iniziò ad annotarsi appunti.
Passò diverso tempo. Eravamo entrambi immersi nei nostri compiti finchè alla fine il mio libro finì.
Continua...
⋰∴🌙∴⋱ ANGOLO AUTRICE ⋰∴🌙∴⋱
Carissimi e carissime,
Eccoci alla fine di questo nuovo capitolo!
Il libro di Amneris è finito, ma il vostro ancora no 😜
Proseguite per scoprire quali domande la nostra Amneris abbia su ciò che ha appena letto.
Oggi abbiamo incontrato finalmente Roy, anche se attraverso i sogni della nostra Amneris. Sono convinta che senta tanto la mancanza del fratellino. Forse la sua mente sta tentando di darle rifugio con questi ricordi. Voi cosa ne pensate?
Vi aspetto nei commenti per leggere le vostre fantastiche opinioni!
Curiosi di scoprire quali nuovi metodi la nostra Amneris troverà per infastidire il gelido Larimar?
Tanti abbracci appiccicosi dalla vostra,
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