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∴2∵ Ritorno a casa


13 Marzo, 2966

Iniziai a pentirmi non appena ritrassi la mano.

Bussare a quella porta familiare mi risultò strano. Una volta la consideravo la porta di casa mia, dopotutto, ma erano passati cinque anni da quando mio padre mi aveva graziosamente sbattuto fuori, lasciandomi giusto il tempo di preparare una veloce valigia con alcuni dei miei averi.

Le altre famiglie, scoprendo di avere un Veggente tra loro, si reputavano fortunate o, quantomeno, felici. Lui no, ovviamente. Bistro non tollerava neanche la mia vista.
Quindi, cosa ci facevo lì sul pianerottolo?
Ottima domanda.

Oh, Platino. Speriamo sia la cosa giusta da fare.

Avevo dato ascolto alla mia amica, una delle poche sincere amicizie che mi erano rimaste. Platino mi aveva convinto a presentarmi lì il giorno del mio compleanno, come se l'evento della mia nascita potesse portare mio padre a comportarsi in modo diverso rispetto a come aveva fatto negli ultimi cinque anni.

Avrei dovuto girare i tacchi e dirigermi, come avevo pianificato, a casa di Larimar.
Lui, al contrario di tutti gli altri, non mi aveva mai voltato le spalle.
Certo, una persona esterna avrebbe potuto credere che quell'Indaco avesse secondi fini a coltivare la conoscenza con me, un Veggente, ma io sapevo la verità.

Ci univa un affetto profondo a tal punto che nulla avrebbe potuto separarci. Ero come un fratello per lui, e questo, anche se da un lato mi creava un certo dispiacere, era anche fonte di conforto. Sapere che, nonostante tutto, c'era qualcuno il cui affetto non fosse condizionato dall'influenza che poteva derivare dalla mia posizione o, al contrario, mi ripudiasse per il solo fatto che ero diventato ciò per cui ero nato.

La porta davanti a me si aprì e io sgranai gli occhi. Sapevo di avere l'espressione di uno scoiattolo beccato a rubare le noccioline dalla dispensa. Immobile, guardai l'uomo con cui condividevo parte del DNA, ugualmente fermo a fissarmi sulla soglia.

Così incorniciato dai narcisi in fiore, rigogliosi nei loro vasi nonostante l'abbassamento di temperatura che aveva colpito Arduinna in quella settimana, appariva simile a un quadro Arancione. Mio padre.

Sembrava sorpreso che fossi lì, come se il giorno prima non l'avessi avvisato che sarei passato a trovarlo.
Mi sarebbe piaciuto scorgere un po' di affetto nei suoi occhi. Occhi dal taglio a mandorla identico al mio, ma scuri come il carbone. Fossile di cui era rivestito anche il suo cuore.
Era cambiato, sì, ma solo perché adesso si vedevano con chiarezza gli anni trascorsi nelle rughe che avevano iniziato a solcargli il viso, altrimenti splendido.

Capivo perché mia madre avesse perso la testa per lui. Era davvero bravo a mascherare il mostro che giaceva al di sotto dei suoi modi affascinanti o del suo viso dai lineamenti delicati.
Difficilmente la gente si accorgeva delle tenebre che ricoprivano l'Anima delle persone. Prendiamo a esempio Larimar: erano tutti terrorizzati da lui, dal suo potere, dalla sua influenza. E sì, una sola parola di quel ragazzo e potevi ritrovarti ostracizzato dalla comunità, additato e irriso o, peggio ancora, con il tuo segreto più oscuro rivelato ai quattro venti. Per non parlare di quelle due misteriose sparizioni a cui nessuno accennava mai in modo diretto. Ma ehi, nonostante questo, posso assicurarvi che sotto tutto quell'inflessibile ghiaccio ci fosse un Animo perbene... D'accordo, forse non proprio buono, amorevole o tenero (nessuno sano di mente avrebbe associato quei termini all'Indaco gelido e sempre tanto rigido), ma aveva molti pregi. Era onesto, almeno rispetto alla sua versione travisata di giustizia. Insomma, molto più integro di qualsiasi Indaco conoscessi.

Era protettivo. Beh, solo verso le persone che riteneva abbastanza preziose da poter essere ammesse tra i suoi, emh, affetti.
Era... Insomma, sì, forse avrei fatto meno fatica a elencarne i difetti, ma non sarebbero mai arrivati al livello dell'uomo con cui condividevo parte del mio patrimonio genetico.
Larimar era un po' come quella fiaba Inquinante che a volte mi leggeva mia madre, in cui un principe egoista veniva trasformato in bestia, così che tutti potessero vedere il marcio della sua anima, ma alla fine la sua Anima mutava e nessuno riusciva a vedere la nobiltà dietro la facciata bestiale. No, un secondo, nonostante molti tremassero alla sua vista, Larimar era tutto tranne che un essere bestiale ripugnate. Avevo perso il filo della mia metafora qui, quindi meglio tornare a concentrarmi sull'uomo che avevo di fronte. Una mostruosa bestia dentro, ma dall'involucro umano fuori.

Mentre io lo osservavo, lui faceva altrettanto con me. Precorrendomi con lo sguardo dalla testa ai piedi, si soffermò sui miei ricci, un fuoco che il cielo al tramonto faceva apparire solo più acceso. Un colore che avevo ereditato da mia madre, così come quello degli occhi.

Forse stava ricordando l'amata compagna da tempo deceduta? Improbabile, lo so, ma non potevo smettere di sperare ci fosse almeno un briciolo di affetto in lui, da qualche parte. Se non per me, almeno per mia madre.

Mio padre mi scrutò a fondo e io aspettai, paziente.

Mi chiesi per l'ennesima volta perché fossi lì.

Secondo Platino era fondamentale che andassi a trovare mio padre e lei... Beh, ascoltarla non solo faceva parte dei miei doveri in quanto Veggente neofita, ma era anche una delle persone più sagge che conoscessi, nonostante dovesse aver superato da poco la cinquantina. O forse non li aveva ancora compiuti. Non era facile stabilire l'età di quella donna. In ogni caso, non avevo mai messo in dubbio le sue parole e di certo non avrei iniziato ora.

Ed eccoci, al dunque. Mi avrebbe sputato in faccia come l'ultima volta o mi avrebbe accolto come il figlio che, nonostante il suo rifiuto, continuavo a essere?

Lo vidi sussultare, il suo sguardo rivolto a qualcosa che si trovava alle mie spalle. Mi girai, curioso di scoprire cosa avesse portato quella scintilla di panico a tingergli lo sguardo. Lupi, forse? Sapevo da Larimar che erano stati avvistati nei dintorni della Riva Silvestre. Quell'improvvisa nevicata li aveva portati a cercare il cibo in luoghi in cui di solito non si spingevano.

Ma no, nessun lupo né orso uscito dal letargo. Forse sperava che qualcuno arrivasse a salvarlo dall'obbligo di conversare con suo figlio.

Per l'Anima, non c'erano dubbi. Non sarei dovuto venire a trovarlo. Non c'era alcuna speranza di riallacciare il nostro rapporto. Se mi avesse invitato a farlo sarei entrato, ma tempo dieci minuti al massimo e me la sarei svignata.

L'unico lato positivo in quella storia era che il giorno dopo, a pranzo, avrei avuto qualcosa da raccontare a Larimar e, col suo sprezzante sarcasmo, sarei riuscito a superare l'inevitabile delusione di quell'incontro con mio padre.

⋰∴🌙⋱ ANGOLO AUTRICE ⋰∴🌙

Così, avete conosciuto Cadmio. Cosa ne pensate del nostro giovane Veggente?
Il suo passato non è stato dei più facili, come avrete intuito, ma non disperate. Aveva un buon amico al suo fianco.
Un amico che, forse, conosceremo meglio nel prossimo capitolo.

Curiosi?
Vi mando un abbraccio enorme e vi aspetto di là.

Come sempre la vostra,

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