Capitolo 5
«Muori, muori, muori!» sobbalzo, sentendo Austin gridare dalla sua stanza.
Chiudo nuovamente gli occhi e respiro profondamente, cercando di non pensare che quella sottospecie di piattola mi ha svegliata dal mio riposino o potrei staccargli la testa dalla rabbia, soprattutto perché ho impiegato circa quaranta minuti a trovare una posizione abbastanza comoda sul letto, dopo aver lanciato cuscini in ogni angolo della stanza.
Mi giro sul fianco destro e provo a prendere nuovamente sonno.
«Mangia la mia polvere, stronzo!» mio fratello grida ancora e io mi alzo come una furia dal letto.
Mi infilo gli occhiali per evitare di andare a sbattere da qualche parte, per colpa della mia vista da talpa, e lego i capelli in una crocchia disordinata perché, al posto dei miei morbidi ricci, sembra che abbia in testa delle molle che qualcuno ha tirato troppo e non sono un bello spettacolo. Non che mi importi così tanto di mio fratello da preoccuparmi addirittura di come io sia conciata, ma so che non mi prenderebbe sul serio se mi mostrassi così e scoppierebbe a ridere come un idiota.
Raggiungo la sua camera e spalanco la porta, trovandolo seduto a non più di dieci centimetri dalla televisione, intento a giocare a qualche stupido videogioco.
«Vedo che hai seguito il mio consiglio, nanetto, ma vedi di abbassare il volume di quella tua boccaccia o ti strappo la lingua a mani nude,» commento acidamente, riferendomi a quando gli avevo detto di non pensare ad Abigail ma di fare le stesse cose degli altri mocciosi.
Austin non si degna nemmeno di voltarsi verso di me, ma riesco a vedere le sue labbra tirarsi in un sorrisetto malizioso.
«Sarei in grado di giocare e contemporaneamente far divertire la tua amica, se sai cosa intendo.» Ammicca e io sento il mio stomaco rivoltarsi dal disgusto.
Sono pronta a rispondere a tono, ma mi soffermo a guardare lo schermo e noto che il personaggio di mio fratello ha appena staccato la testa ad uno zombie, facendo sgorgare un liquido rosso.
«Uh, sangue!» Preme insistentemente i pulsanti del telecomando e io capisco che sarebbe inutile parlare ad un ragazzino che si esalta per un videogioco in cui i morti vengono uccisi una seconda volta, perdendo milioni di piastrine e globuli bianchi.
Torno nella mia stanza e sospiro, pensando che ormai ogni possibilità di riaddormentarmi è andata perduta. Afferro un libro, che avevo già precedentemente iniziato, e mi immergo nella lettura, sperando di non essere disturbata di nuovo.
Leggo una ventina di pagine e, questa volta, sono io a distrarmi, notando che Luke ha appena acceso la luce della sua stanza. Le nostre villette, infatti, sono posizionate in modo che la mia finestra dia sulla sua e, se inizialmente mi ero lamentata per questa situazione che mi avrebbe levato ogni briciolo di privacy, mi ero abituata ad avere costantemente lo sguardo del mio migliore amico addosso e avevo capito che in quel modo potevamo tenerci sempre in contatto.
Lo vedo camminare in cerchio e gesticolare con una mano, mentre con l'altra tiene il suo cellulare a pochi millimetri dall'orecchio. Il suo viso è corrucciato e mi dispiace vederlo in questo stato, dimenticandomi del fatto che per strada abbiamo quasi litigato perché mi ero allontanata dalla sua stretta.
Alcuni minuti passano e io fingo di prestare attenzione al mio libro, mentre non mi accorgerei nemmeno di averlo al contrario fra le mani.
Alzo lo sguardo e noto che non sta più parlando al telefono. Si è seduto sul suo letto e ha il viso verso il pavimento, con le dita fra i capelli biondi.
Afferro un quaderno a spirale e lo apro sulla prima pagina che mi capiti, per poi scriverci sopra con un pennarello.
'Stai bene?'
Glielo mostro appena mi guarda, facendolo sorridere lievemente. Prende dei fogli e inizia anche lui a scrivere.
'Nina è arrabbiata con me.'
Mi si stringe il cuore a pensare che lui stia male per colpa di quella ragazza che non si meriterebbe nemmeno un briciolo della dolcezza, della gentilezza e della pazienza di Luke.
'Mi dispiace.'
Mi riferisco a tante cose, ma soprattutto al fatto che lui non capisca. Perché non capisce di appartenermi?
Si stringe nelle spalle come per dirmi di non preoccuparmi, per poi rivolgermi un dolce sorriso, in cui riesco a leggere il suo, di dispiacere. Di sicuro era stanco per l'allenamento di football e non posso biasimarlo per avermi salutato in modo un po' freddo.
Stringo il pennarello fra le dita e mi sento pronta a scrivere finalmente ciò che provo, perché so che io potrei dargli di più, ciò che si merita.
'Ti amo.'
Alzo il quaderno verso la sua finestra e le mani mi tremano, ma lui ha già coperto il vetro con la tenda.
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You belong with me, you belong with me everywhere😍
Ecco un nuovo capitolo, spero che vi piaccia!
Un bacio ❤️
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