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Capitolo 29

«Non è così che avevo pensato di iniziare.»

Si alzò e mi porse una mano in aiuto, che rifiutai senza indugi.

«Però sapevo che avresti provato a colpirmi.» Rise nervosamente.

«Ti avevo detto di non farti più vedere. Come mi hai trovato?»

Pensai di continuare per la mia strada, in modo da fargli capire che andavo di fretta.

«Ho chiesto in giro.» Sorrise con leggerezza, mettendo in risalto una fossetta sulla guancia destra. Una volta mi ero innamorata di quel sorriso. «I vecchi sanno tutto.»

Raggiunsi il mio appartamento ed entrai di corsa per recuperare lo zaino. Lui era rimasto sulla soglia e guardava l'ingresso con occhi spalancati.

«Ti sei sistemata bene.» Mi disse prima che uscissimo di nuovo.

«Cosa vuoi, Nate?» Chiusi a chiave e tornai sulle scale, non avevo intenzione di fermarmi a parlare con lui.

«Io speravo che potessimo parlare.» Lo ignorai completamente e fuori dal palazzo mi superò per sbarrami la strada. «Elsa, ti prego, voglio scusarmi.»

Credeva davvero che con delle semplici scuse si sarebbe fatto perdonare l'avermi tradita con la mia migliore amica?

«Sono passati due anni.» Evitai il suo corpo e tornai alla macchina, ma ancora una volta mi si pose davanti.

«Lo so, sono stato uno stronzo.»

«Un bastardo codardo con un cazzo al posto del cervello, nascosto dietro una faccia di culo.» Lo corressi con freddezza. Non mi importava cosa mi avrebbe detto, non avrebbe mai ottenuto il mio perdono.

«Hai ragione.» Abbassò la testa e si toccò i capelli biondi. Dopo tutto quel tempo aveva iniziato a vergognarsi.

«Ascolta, so bene che non posso chiederti di tornare con me», lo trucidai con lo sguardo a quelle parole. «Ma voglio che tu sappia che è stato un solo errore, un caso isolato e me ne sono pentito subito. Tengo ancora molto a te e spero che un giorno riusciremo ad essere amici.»

Concluse il suo discorso ed attese una mia risposta. Dovetti ammettere che ricevere le sue scuse mi fece sentire meglio, ma mi guardai bene dal farglielo capire.

«Faccio tardi a scuola.» Aprii lo sportello e salii in macchina. «Non cercarmi più.»

Varcai l'ingresso della scuola all'ultimo minuto, guardandomi continuamente intorno per essere pronta a cambiare strada nel caso in cui avessi incrociato la sua.

Mentre ero al mio armadietto Allison venne verso di me correndo.

«Dove sei stata?» Era agitata.

«Sono arrivata ora.» Mantenni un tono naturale, le avrei detto cos'era successo più tardi.

«Matt è fuori di testa, ti sta cercando. Dice che ha bisogno di parlarti e sembra davvero sconvolto.»

La visita di Nate aveva aggravato la mia rabbia, mi aveva ricordato che non era la prima volta che un ragazzo tradiva la mia fiducia. Ma Nate era il passato e anche se non l' avevo perdonato, era una cosa superata. Matt era una ferita fresca.

«Vi ha detto perché non voglio vederlo?»

Scosse la testa incuriosita e ci incamminiamo verso la nostra classe.

«Mi ha mentito.» Le dissi prima di entrare in classe.

Non volevo parlarne, se ne avessi discusso con qualcuno avrei dovuto mettere in pratica la mia decisione, ma non ero pronta.
Non capivo quale fosse il mio problema. Conoscevo Matt da poco più di un mese, non potevo essere innamorata di lui, una cotta forse, ma nulla più. Perché trovavo così difficile il solo pensiero di allontanarmi da lui?

Nel mezzo della lezione Matt entrò in classe. Aveva i capelli scompigliati, come se si fosse appena svegliato, lievi occhiaie sotto gli occhi e i vestiti disordinati.

«Il preside ha chiesto di Sandrey nel suo ufficio.»

Non potevo crederci, non volevo restare da sola con lui, avevo bisogno di più tempo. Rivolsi un aiuto silenzioso ad Allison, che mi era accanto, ma naturalmente lei non poteva fare niente.

«Hai sentito?» Il professore mi esortó ad alzarmi e a malincuore dovetti ubbidire.

Una volta fuori mi allontanai da lui il prima possibile, percorrendo il corridoio senza nemmeno sapere dove andare.

«Elsa, mi dispiace, era l'unico modo per—»

«Smettila.» Mi voltai per impedire che continuasse.

«Devo chiederti scusa per ieri sera. Avrei davvero voluto fare qualcosa, ma non potevo.» Tentò di avvicinarsi a me, ma io indietreggiai. Non era a conoscenza del fatto che ogni parola che diceva aveva il potere di aumentare la mia rabbia.

«Non potevi?! Forse ero ubriaca anche io, perché non mi ricordo che ti abbiano legato e imbavagliato. Lasciami in pace, non ti voglio più vedere.» Mi voltai per andarmene.

«Ti supplico, Elsa. Voglio solo parlare, ti posso spiegare.»

Mi voltai, tremavo per riuscire a contenere la mia furia e guardarlo senza prendere qualcosa a pugni.

«Vuoi parlare? Va bene, parliamo. Dimmi perché hai guardato dall'altra parte.» Ricordai quanto mi fossi sentita abbandonata a quel gesto. Matt venne colto alla sprovvista, rimanendo senza parole. «Perché hai permesso che mi toccasse? Perché ti sei seduto con Slade a parlare di una sua qualche offerta se mi hai detto di essere pulito?»

I suoi occhi si spalancarono di stupore, non si aspettava nemmeno l'ultima domanda.

«Si» continuai «L'ho sentito bene e Jackson mi ha parlato di quando eravate grandi amici. Quindi, se vuoi così disperatamente parlare, rispondi alle domande.» Sentivo il sangue infiammarsi sotto la pelle e raggiungere velocemente le mie mani, preparandomi a colpirlo per scaricare la tensione che quella situazione mi stava provocando.

«Ti giuro, non ho più niente a che fare con lui.» Voleva convincermi che mi fossi sbagliata? Sapevo come stavano le cose.

«Allora di cosa discutevate, anche un mese fa?»

Per un momento parve stupido nuovamente dalla scoperta che avevo notato anche quello, ma si ricompose subito.

«Lui vuole che ricominci a spacciare qui a scuola, ma ho rifiutato. Devi credermi, ho chiuso con quel tipo.» Guadagnò lo spazio che ci separava, inchiodandomi a lui.

«Allora per quale motivo sei rimasto lì in silenzio come un cagnolino fedele?!» Non ne potevo più delle sue risposte a metà.

«Perché mi sta ricattando!» Esplose anche lui. Mi guardò con aria distrutta. Quella era la cosa che non avrebbe voluto dirmi, glielo leggevo in faccia. Abbassò la testa con vergogna e mi diede le spalle, mentre con le mani si torturava nervosamente il collo. Poi tornò da me e parlò a bassa voce.
«Ho fatto una cosa.» Il miele delle sue iridi si inacidì, portando l'oscurità. Gli occhi si bagnarono di poche lacrime che provenivano dal rimorso. «Lui sa tutto ed è il migliore a sfruttare questo tipo di cose per ottenere quello che vuole. Per questo non potevo fargli capire che sei importante per me, o avrebbe usato anche te.»

Volevo sapere a tutti i costi cosa lo stava tormentando. Forse quello che aveva commesso non era così grave come credeva lui. La mia rabbia lasciò posto alla preoccupazione. Avevo bisogno di conoscere di cosa si trattava, per avergli permesso di voltare lo sguardo.

Mi fu impedito parlare, la strega di lettere uscì da un'aula a qualche metro da noi e ci guardò con sdegno.

«Siamo in una scuola, non al parco giochi.» Disse con il solito tono altezzoso. «Qui c'è gente che lavora. Vi siete guadagnati una punizione ciascuno. Andate in presidenza.»

Non potevo permettermi una punizione, quindi cercai velocemente un modo per rabbonirla.

«Mi scusi, signorina, non volevamo disturbare, solo che...» Ero a corto di idee.
Un sorriso malefico deformó le sue solite rughe.

«Quale scusa vuoi adoperare, Sandrey? Tanto non credo faccia qualche differenza.» Era crudele anche nel camminare verso di noi. «Subito in presidenza, chiederò di scegliere la vostra punizione.»

Il bidello sbucó da un angolo con il suo carrello e la strega decise di approfittarne. «Signor Caise, sarebbe così gentile da scortare questi due in presidenza, per cortesia?» Lui annuì senza dire altro e ci fece segno di seguirlo.

Camminammo in silenzio dietro l'uomo dall'andarura ciondolante, fino a quando ci lasciò sulle sedie scomode della presidenza. La segretaria osservava le nostre mosse come un cane da guardia.

Adesso ero io a voler parlare con lui.

«Al mio segnale, corri fuori.» Sussurrò, mantenendo gli occhi sulla segretaria che aveva iniziato a svolgere qualche scartoffia.

«Cosa vuoi fare? Non posso andarmene, sarebbe peggio.» Non avevo intenzione di seguirlo.

«Fidati di me, non hanno ancora informato il preside che siamo qui, il bidello non ha la più pallida idea del perché e non ha nemmeno provato a dirlo alla signora che ci sta davanti. Per quanto ne sa, potremmo essere venuti qui per non avere il pass del bagno.» Il suo ragionamento non faceva una piega, solo che non teneva conto della megera.

«Non importa, è già grave che sia finita in punizione, la strega lo sa bene e quando verrà a fare domande il fatto che sia scappata aggraverà la mia situazione.»

«Fidati di me.» Continuó a sussurrare, guardando dritto davanti a lui.

«L'ultima volta che mi sono fidata le mani di Slade sono finite su di me, mentre guardavi dall'altra parte.»

Non potevo perdonarlo. Non mi importava che lo stesse ricattando, se Chris non mi avesse insegnato a difendermi sarebbe finita molto peggio per me. Abbandonò il suo piano di fuga, qualunque fosse, e si concentrò su di me.

«Non l'avrei fatto continuare a lungo.»

«Sono curiosa.» Il fuoco nelle vene venne ravvivato con facilità. «Se non mi fossi difesa, quanto oltre l'avresti lasciato andare?» Lo scrutai in modo che il suo sguardo non avesse scampo. «Quando sarebbe stato troppo, per te? Quando mi avesse baciato? Oppure avresti lasciato che arrivasse a togliermi le mutande, prima di decidere che era abbastanza?»

Ero troppo arrabbiata per continuare a sussurrare, sentivo le punta delle dita pizzicare.
Lui rimase in silenzio, non accennò nemmeno al piano per scappare dalla presidenza.

«Sei il secondo oggi che mi chiede di perdonarlo.» Dissi con amarezza. Non lo vidi, ma sapevo che avrebbe voluto approfondire. «Non pensavo che saresti potuto essere come Nate, ma sei anche peggio. Lui ci teneva davvero a me. Prima di tradirmi.»

«Elsa, io ti amo.»

«Silenzio, voi due.» La segretaria aveva alzato il naso dal suo lavoro per zittirci. Avevamo alzato troppo la voce. Mi risparmió dal dirlo io stessa. Non doveva osare continuare con quella farsa.

Il preside non nascose lo stupore di vederci seduti lì, quando uscì dal suo ufficio, siccome nessuno sembrava averlo avvertito.
Quando chiese spiegazione alla segretaria, lei non seppe rispondere e così decise di farci tornare a lezione. Solo noi sapevamo che più tardi la strega avrebbe rivendicato il diritto della nostra tortura e lui l'avrebbe scoperto, ma per il momento decidemmo di sostenere l'errore da loro compiuto.

Il tempo era passato in fretta e la campanella indicò la fine dell'ora.
Mi rifugiai in bagno prima che potesse riprendere le sue scuse.
Mi nascosi anche durante l'ora prima di pranzo, infilandomi in un'aula inutilizzata e chiudendo la porta. Sicuramente avrebbe provato a cercarmi in mensa, quindi non ci sarei andata.

Scrissi ad Allison di raggiungermi lì dove mi trovavo e lei varcó quella porta subito dopo il suono di inizio pranzo. Purtroppo, con lei arrivò anche Adam ed io mi preoccupai che potesse riferire a Matt dove mi trovavo.

«Tranquilla, non dirà niente.» Mi assicurò. «Però devi spiegarci che sta succedendo. Insomma, ieri sembravate felici.»

«Lui che ti ha detto?» Mi rivolsi ad Adam. Chissà cosa si era inventato per farsi aiutare.

«Mi ha detto che c'è stato un problema con Owen. Ma non ci è ricaduto, te lo posso assicurare.» Sembrava pronto a difendere l'amico.

«Chi è Owen?» Chiese Allison.

«Uno spacciatore.»

«Uno schifoso pervertito.» Lo corressi subito.
Adam si rivolse alla sua ragazza per spiegarle meglio.

«Matt lo frequentava tempo fa, lui l'ha portato sulla cattiva strada, ma ora è pulito. Ha chiuso con quel mondo.»

Più sentivo quella frase, più diventavo nervosa.

«Adam, cosa faresti se mettesse le mani addosso ad Allison?» Posi la questione in modo che potessero capire subito.

«Lo manderei all'altro mondo.» Rispose senza esitazione. Allison arrossì lievemente e lo guardò con aria sognante.

«Bhe, a quanto pare Matt no.»

«Che vuoi dire?» Voleva qualcosa a cui aggrapparsi per salvare il suo amico.

«Quel porco mi ha molestata davanti ai suoi occhi e lui ha guardato dall'altra parte.»

Allison stava cercando qualcosa da dire per poterlo difendere.

«Mi ha detto che lo sta ricattando. Credo di poterlo perdonare, ma devo sapere quanto è grave la cosa che sa Owen.»

Guardammo entrambe Adam, sperando che lui sapesse di cosa si trattava. Lui se ne accorse e fu evidentemente in conflitto con se stesso.

«Potrebbe andare in prigione se Owen vuotasse il sacco.» Disse incerto.

«Per cosa?»

«Non lo so. Non l'ha mai detto a nessuno.» La speranza si affievolì.

Avevo bisogno di qualcuno che fosse a conoscenza del fatto, qualcuno vicino sia a Owen che a Matt e disposto a parlarmi.

Forse qualcuno c'era.

Il pomeriggio non lo trovai, quindi sarei andata a cercarlo il giorno dopo. Ero abbastanza sicura che avrei avuto le mie risposte.

Tornata a casa ebbi una sensazione strana: dal momento in cui misi piede oltre la porta ed Emily mi salutò dal divano fu come se fosse tutto scomparso. Non sentivo più la rabbia o lo sconforto, mi dimenticai totalmente di Matt e di quello che era successo. Fu una pausa da me stessa.

Torvare chi mi serviva fu semplice. In ogni scuola c'è un angolo dei drogati, un posto all'ombra, lontano da finestre e sguardi indiscreti dove i ragazzi si ritirano a fumare. In quel caso si trattava dello spogliatoio maschile esterno, oltre la pista di atletica.

Non era che una fatiscente casetta di pochi metri quadri e l'ingresso era opposto alla scuola. Entrai con cautela, venendo invasa dalla puzza opprimente del fumo, che si mescolava con la muffa delle pareti.

Trash era seduto sotto una finestra incrostata, avvicinò la canna alle labbra ed aspiró muovendo il capo a ritmo della musica che qualche cellulare stava suonando.

Mi avvicinai attirando su di me l'attenzione di quel piccolo gruppo.

«Eli, tesoro!» Sollevò a fatica le palpebre per guardarmi. «Vuoi unirti a noi?»

«No, ho bisogno di te.»

«Sapevo che non potevi resistermi, dammi il tuo numero, ti chiamo quando sono libero.» Mi fece un cenno con la mano per farsi dare qualcosa.

«Devo parlarti di Owen.» Chiarii la mia presenza.

Quando sentì il suo nome prese una scossa, saltò in piedi con l'unica agilità che la sua condizione gli permise. Forse per lui fu un lampo, in realtà ci mise una vita.

Mi scortó fuori la casetta e si avvicinò molto con la faccia.

«Cosa desideri? Tu lo dici a me, io lo dico a lui, che procura quello che hai chiesto a un ottimo prezzo. Ed è tutta roba di qualità, garantisco.» Sorrise con soddisfazione, sollevando la mano destra in giuramento.

«Tu sai con cosa sta ricattando Matt?» Andai dritta al punto.

Fu evidentemente deluso dal fatto che non fossi lì per comprare. Si lasciò sostenere dal muro in mattoni, pensando con la poca lucidità in suo possesso a cosa fare.

«Si, Matt ha fatto un casino.» Riprese a sorridere, forse beffandosi della posizione scomoda di Matt. «Owen me l'ha detto durante una nostra serata.» Fece un fischio per sottolineare cosa pensasse della situazione. «Era ubriaco marcio. L'unica cosa che lo tiene fuori di prigione è il silenzio di Owen. In cambio gli chiede solo qualche favore. Mi sembra giusto.»

«Per cosa verrebbe condannato?» Domandai segretamente speranzosa.

Trash si avvicinò di nuovo a me, guardandosi intorno per essere certo che nessuno ascoltasse. «Omicidio.»

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Parecchie scoperte in questo capitolo!
E non è ancora finita!
Vi ricordo di lasciare una stellina per aiutare la storia a crescere!

XOXO

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