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Capitolo 22

La grande villa a cui arrivammo era stata presa d'assalto da una mandria di liceali fuori controllo e lo si sarebbe potuto facilmente appurare dai bicchieri sparsi sul vialetto e per tutto il giardino, la musica era alta e distinta senza che ci fosse bisogno di trovarsi a meno di due metri dall'ingresso e in veranda si erano creati vari gruppi di ragazzi, sovrappopolando la coppia di divanetti in vimini.

Qualcosa nell'espressione di Matt mi disse che quello era il suo mondo. La gente troppo impegnata a non barcollare per notarci, la musica che occupava l'aria intorno a noi, sembrava un bambino nel mondo dei balocchi. Nel momento in cui ci mescolammo con la folla, qualcuno mi venne addosso accidentalmente rischiando di farmi cadere. Fortunatamente lavorare al locale mi aveva abituata a muovermi in mezzo a persone ubriache.
Matt si era accorto che ero rimasta indietro e mi aspettò per andare insieme in una zona della casa con meno gente.
Trovammo Adam in cucina mentre si preparava qualcosa da bere, i due amici si salutarono sovrastando la musica ancora alta.

«Elsa, per fortuna sei arrivata, sentivo già uno strano dolore al braccio sinistro.» Scherzò toccandosi il petto con una smorfia. «Cosa bevete?» Si spostò veloce nella stanza per avvicinarsi all'isola sopra la quale c'era un po' di tutto.
Fu più forte di me, quando mi sorrise per salutarmi io mi avvicinai a lui e gli tirai un pugno sul braccio, sapendo bene che non sarei stata in grado di fargli male.

«Che ti ho fatto?!» Protestò guardandomi confuso. Non sentì nemmeno il bisogno di controllare la parte colpita, quindi gliene diedi uno più forte ed ottenni la reazione desiderata. Matt rideva di gusto mentre l'amico chiedeva spiegazioni massaggiandosi il braccio.

«Questo te lo sei meritato, amico.» Lo colpì anche lui sull'altro braccio. Poi si allontanò per recuperare un bicchiere e versarvi della birra.

«Perché? Cosa ho fatto per essere maltrattato?» Davvero non lo immaginava. Solo dopo realizzai che forse non sapeva nemmeno che io e Allison ci conoscessimo.

«Allison Downey.» Gli risposi.

Il suo volto mutò in una strana espressione imbarazzata che mi fece capire che sapeva benissimo di essere colpevole.
«Chi?» Tentò invano di farci credere che non la conoscesse.

Matt mi precedette. «Inutile negare, amico. L'hai invitata qui e poi sei sparito per giorni, perfino io capisco che per una ragazza sono segnali ambigui. Che problemi hai?»

La cucina divenne troppo affollata per continuare a parlare, così seguimmo il corridoio fino a trovare una stanza aperta dove la musica arrivava attutita.

«Adesso se invito una ragazza a una festa significa per forza che mi piace?» Si difese. «Non mi ha nemmeno dato una risposta. È semplicemente corsa via senza dire niente. Ho pensato fosse un no.»
Si strinse nelle spalle e iniziò a vagare per il posto quasi vuoto, avvicinandosi al tavolo da biliardo in un angolo. Le luci soffuse della stanza mettevano in risalto la carnagione ambrata di Adam.
Jack mi chiamò per avvisarmi che lui ed Allison erano arrivati e io gli spiegai come raggiungerci. Evidentemente l'approccio duro di Matt aveva funzionato. Non credevo alla storia di Adam. Anche se insisteva a dire che Allison non gli interessava, il modo in cui aveva reagito al suo nome mi convinceva del contrario.

«Va bene.» Lo indicai con fare minaccioso, fingendo di credergli.
«Ma devi sapere che se stasera dirai o farai qualcosa che la farà stare male, giuro che ti castro con delle cesoie roventi e appendo i tuoi gioielli all'ingresso della scuola.»

Ho già detto che se mi affeziono a qualcuno non riesco a lasciarlo andare? Non posso nemmeno fare a meno di proteggerlo.
Constatai di essere stata abbastanza convincente a giudicare dallo sguardo spaventato di Adam, che si irrigidì dietro il tavolo da biliardo, senza dire una parola. Completamente opposta fu la reazione di Matt, appoggiato a una poltrona scura poco distante, che non provò nemmeno per un attimo a nascondere il suo divertimento. Rideva, continuando a guardarmi come se fossi stata una ballerina di burlesque. Mi sentivo nuda di fronte a lui.
Si separò dal suo sostegno e mi si avvicinò per pormi il suo bicchiere.

«Perché me lo stai dando?» Gli chiesi prendendolo in mano.

«L'ho preso per te. Rilassati.» Accettai il bicchiere e abbassai lo sguardo. Effettivamente, ero un fascio di nervi dal momento in cui ero uscita di casa. Non ero più abituata alle feste. A partire dal giorno del funerale avevo fatto in modo di avere tutto il possibile sotto controllo e non c'era stato spazio per lasciarmi andare, nemmeno una volta.

Quando Allison fece il suo ingresso ebbi la conferma ulteriore che quell'abito fosse stato fatto per il suo corpo.
Salutai sia lei che Jack al suo fianco, che quando riconobbe Adam le mise un braccio intorno alle spalle, provocandole un violento rossore in volto.
Analizzai subito la reazione del ragazzo che si era spostato dalla zona del biliardo. Ero certa che prima o poi si sarebbe tradito, allora ci sarebbe stata la mia occasione per spingerlo da lei.
Il gruppo ora riunito decise di spostarsi dove la musica era così alta da non riuscire a sentire i propri pensieri.

«Matt!» Sentimmo gridare. Una ragazza corse verso di noi uscendo dalla folla che occupava il centro della sala. I perfetti ricci scuri mi ricordarono subito una ragazza che avevo visto molte volte al Kate's, come la sera in cui Matt mi aveva accompagnata a lavoro e ricordai di averli visti ridere insieme a lungo proprio in quell'occasione. La pelle abbronzata era messa in mostra dal minuscolo completo rosa, che le lasciava scoperta la pancia e metteva in risalto il seno. La gonna leggera si sollevò fin troppo quando saltellò per raggiungere la guancia di Matt e lasciarci un bacio sonoro, aggrappandosi al suo braccio per tirarlo a sé. Mi convinsi che avrebbe potuto saltargli addosso da un momento all'altro, data l'incredibile quantità di energia che trasudava e improvvisamente sentii come un fastidio, dentro di me, che mi fece digrignare i denti. La riccia spostò poi la sua attenzione ad Adam, lasciando il braccio di Matt per abbracciare la vita dell'altro e dirgli qualcosa all'orecchio che lo fece ridere e scuotere la testa, prima di darle un pizzico sul fianco scoperto che la fece allontanare divertita.

A quel punto Allison mi si avvicinò per non farsi sentire dagli altri.

«Non sarei dovuta venire.» Stava tentando di rimanere impassibile, ma nascosti dietro le lenti, i suoi occhi stavano diventando lucidi. Lanciai uno sguardo a Jack che ci stava già guardando e parve capire subito, quindi prese la nostra amica per mano. Era in corso il piano B per farla divertire il più possibile.

Adam la seguì con gli occhi, mentre Jack la conduceva al centro della folla. La riccia ora teneva un braccio a circondare il bacino di Matt, parlandogli con dolcezza, mentre lui le ricambiava un sorriso genuino che non avevo ancora avuto l'occasione di vedere sul suo volto. Lei era notevolmente più piccola, non poteva avere più di sedici o diciassette anni.
Finalmente Matt sembrò ricordarsi della mia presenza, il suo sorriso scomparve e si separò da lei. Chiamò il suo amico con lo sguardo, ma Adam era intento a seguire gli spostamenti di Allison tra la massa di gente che si muoveva in modo scomposto.
Aveva anche avuto il coraggio di dire che non gli interessasse.

«Elsa, lei è Jessica.» La ragazza mi rivolse un sorriso gentile, che tentai di ricambiare, ma non sapevo se ci fossi riuscita. «La sorellina di Adam.» Proseguì lui, scompigliandole i ricci scuri, che tornarono subito al loro posto.

«Balla con me.» Lei gli prese la mano per attirarlo in pista, facendo un broncio infantile quando lui protestò in modo fermo.

«Elsa, vuoi venire tu?» Mi colse alla sprovvista. La sua domanda emanava un livello di energia così alto da ricordami, solo per un momento, Emily.

L'ultima volta che avevo ballato a una festa era stato prima che tutto succedesse, con le mie amiche, quando ero una persona diversa. Il pensiero di quanto fossi cambiata mi fece dubitare di essere ancora in grado di lasciarmi andare abbastanza per poter ballare come le persone che ci circondavano.
Non mi diede il tempo di dire qualcosa, come aveva fatto con Matt, che mi trascinò con lei tra la moltitudine di persone che non si curavano minimamente di essere appiccicate a degli sconosciuti sudati.
Jessica non perse tempo e iniziò a muoversi a ritmo, incitandomi a fare lo stesso. Ingurgitai in fretta ciò che era nel mio bicchiere ma mi sarebbe servito qualcosa di più di un bicchiere di birra per riuscirci. Cercai di farglielo capire oltre la musica alta, sperando di riuscire così ad allontanarmi da lei. Ma non sembrò intenzionata a lasciarmi sola, così mi seguì.

Entrammo nella cucina, dove notai che pochi minuti erano bastati per assumere le fattezze di un luogo disabitato. C'erano bicchieri abbandonati su ogni superficie, compreso il pavimento, il lavandino fungeva da cimitero per bottiglie di alcolici svuotate e non si poteva camminare senza calpestare patatine sbriciolate.
Cercai tra le varie bottiglie qualcosa di forte a sufficienza da permettermi di superare la serata con la mia nuova conoscenza.

«Tu gli piaci.» Mi disse Jessica. Interruppi la mia ricerca afferrando una bottiglia quasi finita di rum, per poi guardarla in volto. Data la musica alta che non sembrava avere fine, avevo bisogno di una conferma di ciò che avevo sentito. La trovai a guardarmi senza malignità sul viso, in attesa di una mia risposta.

«Lo so.» Presi un bicchiere pulito e ci versai più rum di quanto effettivamente mi sarebbe servito, per poi allungarlo con la Coca Cola.
«Me lo ha detto piuttosto chiaramente.» Ammisi. Quella piccola confessione alla sconosciuta mi mise in imbarazzo, così bevvi il mio drink fino a quando il sapore amaro del rum divenne insopportabile. Jessica non poteva non essersi accorta del mio imbarazzo, ma continuò a parlare di Matt.
Prese una bottiglia di birra e fece saltare il tappo usando il ripiano in granito.

«Non voglio offenderti, ma non sembrate molto una coppia.» Disse dopo aver ingoiato un piccolo sorso.

«Infatti non lo siamo.» Mi affrettai a specificare. Portai il bicchiere alle labbra e bevvi il poco liquido restante. Non avevo mai finito un drink così in fretta.

«Ciao Eli, come ti trovi fuori dai libri?» Trash ci interruppe e per quell'unica volta fui quasi felice della sua presenza. Era accompagnato da Jenna, che sembrava talmente ubriaca da non reggersi in piedi sui tacchi vertiginosi che indossava. Trash abbandonò il suo fianco e attraversò la cucina fino ad arrivare a noi. A separarci c'era l'isola, ma la puzza di erba mi raggiunse comunque.
«Quasi non ti riconoscevo con quello addosso.» Le pupille dilatate vagarono sul mio corpo e nella mia testa immaginai di scavalcare l'isola e prenderlo a schiaffi, ma i riflessi di lui sarebbero stati talmente lenti che non ci sarebbe stata soddisfazione.

«Dovresti metterlo più spesso.» Si leccò il labbro inferiore dopo averlo morso. Indossava ancora il giaccone di cuoio della squadra di football. Il che mi fece domandare se avesse altri vestiti nell'armadio. Jenna gli si avvicinò, probabilmente avrebbe voluto poggiarsi a lui per restare in piedi, ma Trash si scostò senza curarsene e mi raggiunse dal mio lato dell'isola, lasciando che lei si aggrappasse al ripiano in granito per un piccolo sostegno.
Jennifer, dietro di me, parlò con titubanza.

«Elsa, dovremmo tornare dai ragazzi.» Suggerì, ma io la ignorai e Trash continuò a parlare.

«Sembri uscita da un sogno. Ma non uno dei miei.» Era così vicino che la puzza mi costrinse a trattenere il fiato per un momento. «In quelli sei nuda.» Sussurrò al mio orecchio. O almeno ci provò, io riuscii a mantenerlo a debita distanza fino a quando Jenna si accasciò a terra. «Vuoi realizzare i miei sogni?»
Lui nemmeno se ne accorse.

«Dovresti aiutare la tua ragazza.» Gli feci notare con disgusto. Solo parlare con lui mi faceva sentire il bisogno di una doccia, ma dato che in quel momento non mi era possibile, riempii di nuovo il mio bicchiere di rum quando lui accompagnò la ragazza fuori dalla stanza, infastidito dal doversene occupare.
Jessica mi guardava con sorpresa.

«Come fai a mantenere la calma con un cretino come quello?»

Pensai di continuare a bere dal mio bicchiere ma subito mi dissi che forse sarebbe stato meglio rallentare. Mi strinsi nelle spalle e iniziai a camminare verso dove eravamo venute.

«È nato decerebrato. Non è colpa sua.» L'alcol iniziò a fare effetto facendomi avvertire un lieve calore alla bocca dello stomaco. «E poi, ho incontrato di peggio.» Pensai al tizio del lavoro che allungava le mani. Trash era solo volgare. Nauseante, a volte, ma comunque niente di pericoloso.

«Dovresti dirlo a Matt, sono sicura lo gonfierebbe di botte e ci penserà due volte prima di avvicinarsi di nuovo a te.» Disse con divertimento, ma avvertii un certo livello di serietà nel suo tono.
Mi fermai in mezzo al corridoio e la guardai impassibile.

«Non mi serve essere salvata da qualche ragazzo pieno di sé, aumenterebbe solo la sua autostima e gli farebbe credere che io sia debole e indifesa. Me la sono cavata bene da sola poco fa, o sbaglio?»

Jessica annuì, confusa dalla durezza della mia reazione. Trovavo insopportabile come la prima cosa a cui pensassero le ragazze in quelle situazioni fosse di andare a chiamare aiuto. Non mi serviva qualcuno che combattesse per me.

«Lui non ti piace?» Domandò cogliendomi di sorpresa.

Presi un altro sorso amaro, pentendomene subito. Perché sentivo la voglia di confidarmi con lei? Probabilmente stava solo cercando il mio via libera per provarci con lui. Se non l'aveva già fatto.

«Datti una mossa a decidere.» Continuò. «Prima o poi si stuferà di aspettare.» Mi consigliò, pretendendo di sapere cosa stesse succedendo nella mia testa, o nella mia vita. Ripresi a camminare senza badare a lei.

«Non chiedo altro.» Parlai a me stessa, accorgendomi dopo di averlo fatto ad alta voce. I due bicchieri di rum stavano iniziando a farmi effetto e non mi dispiaceva. Era da tanto che non mi sentivo leggera, con la mente abbastanza libera da permettermi di lasciarmi andare.
Mandai al diavolo tutto ciò che mi ero imposta come persona adulta, perché quella sera avrei voluto viverla come la ragazza che ero prima. Mi meritavo un po' di divertimento, come mi aveva detto Chris.
Assaporai l'ultimo sorso rimasto nel bicchiere di carta e lo abbandonai sul primo ripiano che trovai.
Nella stanza assordante la massa di gente che ballava appiccicata sembrava essere aumentata. Senza doverla cercare, individuai Allison che ballava in modo impacciato con Adam e sul mio volto ero certa che si fosse stampato un sorriso compiaciuto.

«Dove ti eri cacciata?» Jack si rivolse a me con un sorriso dolce. Era seduto sul bracciolo di un divano dove c'era anche Matt, che venne subito raggiunto da Jennifer. Lui le fece passare un braccio intorno al collo, le parlò all'orecchio e le diede un bacio tra i ricchi scuri. Senza rispondere a Jack, afferrai il bicchiere che teneva in mano e bevvi il suo contenuto, ignorando le sue proteste e scoprendo troppo tardi che si trattava di vodka. Detestavo quel sapore. Probabilmente non ero più abituata all'alcol, perché avvertii la necessità di scaricare tutta quell'energia che improvvisamente mi ritrovai, senza conoscerne la fonte.

«Ti va di ballare?» Gli afferrai una mano per farlo alzare dal bracciolo del divano, ma non dovetti supplicarlo perché mi seguì subito.

Non mi rendevo conto del tempo che passava, o delle persone con cui mi scontravo ogni tanto. Tutto quello a cui riuscivo a pensare era che io mi meritavo quel divertimento e che volevo ballare. Jack non smise un attimo di farmi ridere muovendosi a ritmo della musica in modo pietoso, ma non gli importava minimamente della gente intorno a noi, anche lui voleva solo divertirsi.
Una ragazza apparve al suo fianco e iniziarono a strusciarsi l'una sull'altro senza il minimo ritegno.
Io quasi non ci feci caso. Continuavo a muovermi, chiudendo gli occhi per farmi trasportare dalla musica che con i suoi bassi guidava il mio cuore. Sentivo la testa leggera e mi sentii come se il mio corpo avesse scaricato solo una minuscola parte di tutta l'energia che avevo.
Sentii una pressione sui miei fianchi che mi ricordò delle mie palpebre abbassate e mi voltai spaventata.
I suoi occhi mi catturarono in un istante.

Anche nel buio caotico erano in grado di risplendere grazie all'oro che possedevano.
La piccola quantità di alcol che avevo assunto cancellò ogni pensiero legato a lui, ogni preoccupazione, costringendomi a concentrarmi solo sul presente.
In quel momento desideravo scaricare quell'energia che sentivo crescere dentro di me.
Ripresi a muovermi contro il suo corpo, cercando di non lasciare mai i suoi occhi. Allungai le braccia per unire le mie mani dietro il suo collo, mentre le sue mi accarezzavano con dolcezza, senza mai scendere oltre la schiena, nonostante i miei movimenti avevano spostato il tessuto del mio vestito molto oltre la metà coscia.

Non ero abbastanza lucida per mettermi a ragionare su quel dettaglio.
Anche in mezzo a decine di corpi sudati il suo profumo riuscì ad invadere l'aria. Un profumo fresco che fu per me l'unico alito di ossigeno in un posto soffocato dalla gente.
Spostai lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra. Non mi ero mai accorta di come quelle labbra fossero sottili e piene al contempo. Delicate e accattivanti. Un'altra piccola perfezione da aggiungere alla lista. Immaginai di sentirle sulla mia pelle.
Desiderai poter saggiare la dolcezza di quelle labbra.
Quella sera mi ero ripromessa di vivere senza preoccupazioni, come un tempo.
Seguendo questo debole ragionamento avvicinai il più possibile i nostri volti, tanto da far sfiorare i nostri nasi.

C'era ancora una piccola parte di me, quella che voleva resistere all'alcol, che mi stava urlando di pensare, di fermarmi e capire che ci sarebbero state conseguenze a ciò che volevo fare.

Zittii quella debole vocina e lo baciai.

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Elsa così non si era mai vista.
Ve lo sareste mai settato da lei?
È farà anche di peggio nel prossimo capitolo!
Ricordate di lasciare una stellina!

XOXO

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