capitolo 10
La megera, che si spacciava per l'insegnante di lettere, non aveva fermato quelle sottili labbra raggrinzite da quando aveva varcato la soglia, nemmeno per prendere fiato. La lenta pigrizia con cui formulava le frasi aveva un effetto soporifero che avrebbe potuto facilmente fare concorrenza al sonnifero migliore in commercio, il che rendeva particolarmente arduo rimanere concentrati, nonostante il fastidioso trillo che caratterizzava la sua voce. Nell'attesa che riuscisse a concludere una frase, dalla quale digrediva da ormai dieci minuti, continuavo a guardare l'orologio con la speranza che le lancette si muovessero più in fretta. Mancavano solo dieci minuti, se solo avessi avuto il potere di controllare il tempo. . .
«Signorina Sandrey!» Il tono arcigno mi richiamò alla realtà. «Mi dica, quale assurdo dilemma la tormenta al punto da privarmi della sua preziosa attenzione?»
«Niente.» Non è che non stessi ascoltando assolutamente nulla, solo che ogni volta che ci provavo finivo per perdermi nei miei pensieri, aspettando che lei giungesse al nocciolo della questione.
«La spiegazione è utile solo a voi, non mi diverto a parlare di cose che conosco da anni, quindi dovreste essere grati che io vi dedichi tutto questo tempo.» Mi scrutava, con i suoi gelidi occhi, da dietro un paio di occhiali con un'appuntita montatura rossa, ricoperta di brillantini verdi. Quegli occhiali mi fecero pensare che fosse una donna piuttosto sola, o qualcuno le avrebbe fatto notare quanto fossero oggettivamente brutti.
«Io la sto aiutando perché si metta un pari con i suoi compagni, signorina Sandrey. Si assicuri di non sprecare il mio tempo.» Parlava con una particolare superiorità.
Mi sentii riempire di rabbia quando notai gli sguardi divertiti su di me. Abbassai la testa per evitare di guardare i miei compagni e lei lo interpretò come un segno di scuse.
«Ero attenta» sussurrai a me stessa. Dopotutto, guardavo circa nella sua direzione, non poteva aver notato che guardavo l'orologio da quella distanza e considerando lo spessore di quelle lenti. La racchia si sistemò i pochi capelli biondi con una mano e lanciò uno sguardo alla classe prima di fissarsi nuovamente su di me.
«In questo caso, la prossima volta che ci vediamo non avrà problemi a consegnare un riassunto di ciò che ha compreso sull'argomento che stiamo affrontando.» Mi rivolse un sorriso perfido. «Naturalmente il lavoro extra sarà valutato. Non voglio certo che i suoi sforzi siano vani.» Non aspettò una risposta e riprese a spiegare con straziante lentezza fino all'ultimo secondo di lezione. In quel breve tempo prima che la campanella ci scarcerasse, riuscii a capire che stava parlando del Romanticismo europeo. Non sarebbe potuto esistere argomento più noioso, per me.
Uscii dall'aula sperando che la strega fosse impalata dalla scopa che sicuramente nascondeva all'interno della sua cavità anale, qualcuno mi si affiancò quasi subito mentre camminavo e mi voltai per trovare un ragazzo poco più altro di me, con i capelli scuri quasi rasati.
«Tieni» mi porse un foglio a righe pieno di scritte a matita. Lo guardai un attimo confusa, cercando di decifrare la scrittura disordinata piena di frecce. «Sono i miei appunti.» Mi rivolse un sorriso gentile tirando le labbra spesse. «Quella stronza se la prende ogni anno con uno diverso. L'anno scorso ero io nel mirino, quindi, in un certo senso, te lo devo.»
«Grazie. . .»
«Oh, io sono Jack.» Mi porse la mano continuando a camminare.
«Elsa.
«Lo so. Siamo insieme anche a storia.» Si affrettò a dire, facendo un cenno al fatto che stavamo andando nella stessa direzione. Sembrava davvero gentile e mi sentii leggermente in colpa per non essermi ricordata di lui. Lo ringraziai per gli appunti ed inserii il foglio tra i miei libri.
«Non dico che io sia stata una studentessa modello, ma perché prendersela in quel modo?» Ero ancora irritata per il tono che aveva usato, come se lei fosse superiore a tutti noi solo perché più vecchia di mezzo secolo. «Non stavo facendo niente di male.»
Il ragazzo mi sorrise. «Lei è il tipo di insegnante vecchia scuola.» Disse contraendo il viso in una leggera smorfia.
Jack si fermò un momento per aprire il suo armadietto e prendere il libro di storia. Pensai che era fortunato ad avere l'armadietto lungo il tragitto. Io lo aspettai per continuare la conversazione. Sembrava simpatico.
«Immagino che per lei la vecchia scuola sia solo... scuola.» Quella strega aveva probabilmente superato i novant'anni. Quando aveva intenzione di ritirarsi? Non era stanca?
«Hai ragione.» Chiuse l'anta e riprendemmo a camminare. «Ho sentito dire che ha rimandato la pensione già un paio di volte, perché dice che a casa si annoierebbe troppo.»
"Che notizia grandiosa", pensai.
«Devo preoccuparmi per essere la vittima di quest'anno?» L'ultima cosa che mi serviva era dover assecondare una mummia maledetta.
Jack fece una smorfia sofferente e gli occhi azzurri furono attorniati da piccole rughe divertite.
«Ti darà da fare compiti con i temi più strani. Una volta mi ha chiesto di scrivere una relazione sulle abitudini alimentari di alcuni poeti, per capire se il cibo influisce sulla creatività.» Arcuò le sopracciglia e allargò le braccia per evidenziare l'assurdità. «Non puoi sapere quanto tempo ho sprecato per scoprire che Pablo Neruda faceva colazione con uova, latte di capra e un bicchiere di rum.» Soffiò una risata nervosa. «Alla fine mi sono ritrovato con un elenco di siti dove trovare le risposte alle domande più strane. Se mi dai il tuo numero te li mando.» Si propose di aiutarmi con naturalezza, così scrissi il mio numero nel suo cellulare.
Prima di entrare in aula mi sentii picchiettare sulla spalla.
«Elsa» riconobbi la voce di Matt mentre mi voltavo.
Ero già pronta a dirgli di lasciarmi in pace, ma mi bloccai quando notai l'espressione triste che aveva in volto. Lui e Jack si scambiarono un veloce sguardo, che non riuscii a decifrare, e il mio nuovo amico si congedò rivolgendomi un sorriso.
«Cos'è successo?» chiesi a Matt. Ero tuttavia dubbiosa sulla veridicità della preoccupazione che stava esprimendo.
«Oggi mi ha chiamato il mio medico. . . ehm. . . c'è una cosa che voglio dirti.» Rispose con titubanza, intermezzando le parole con pause sospirate. «Ha scoperto che ho una malattia al cuore.» Abbassò lo sguardo un momento e iniziai a preoccuparmi seriamente di quello che stava per dire. Rimasi in silenzio, attendendo la notizia, pronta a consolarlo. «Per curarmi. . .» si interruppe, quindi provai a incitarlo con lo sguardo a proseguire. «In realtà è piuttosto semplice» riacquistò velocemente il sorriso ammiccante, «Basta che tu venga con me al cinema.»
Aprii la bocca, stupita dall'impegno che aveva impiegato per l'ennesima proposta. Ero anche arrabbiata per avermi fatto preoccupare. Ma divertita dal suo ingegno.
«No!» Gli risposi trattenendo le risate, per mantenere un'aria decisa. Poi gli diedi le spalle ed entrai nell'aula, dove trovai Allison già seduta con il libro aperto. Quella ragazza non smetteva mai di studiare. Presi posto di fianco a lei, mentre Jack aveva trovato una sedia libera solo due file avanti.
Due ore prima le avevo detto di aver scoperto che Matt era il mio vicino di casa e non l'aveva presa proprio bene.
«Hai parlato con lui?» Mi parlò tenendo gli occhi sulle pagine del libro. Secondo lei quella coincidenza era un segno del destino e mi aveva ordinato di andare a cercarlo e dirgli di si, una volta per tutte.
«Sì.»
Lei mi guardò di scatto, gli occhi quasi le luccicavano.
«Quindi hai accettato?»
«No.»
Assottigliò lo sguardo velocemente, come ad accusarmi, e tornò alla sua lettura, anche se dubitavo che stesse davvero leggendo.
«Allora non mi rivolgere ancora la parola.»
«Non ti sembra di esagerare?» Dissi ridendo.
«Stiamo parlando di Matthew Prismore!» Si scordò di mantenere il broncio e mi guardò di nuovo, sistemandosi gli occhiali sul naso. «Il ragazzo più bello della scuola e molto probabilmente, di tutta la città, che abita davanti a casa tua, che è stato tanto gentile da averti dato un passaggio fino a scuola e che, per qualche motivo, non smette di chiederti di uscire e tu, ovviamente continui a rifiutare. Qual è il tuo problema?» Mi chiese Allyson.
«Non riesco a capire per quale motivo ti sconvolgi tanto.» Io lo sapevo perfettamente, ma come ho già detto, mi ricordava come avrei dovuto ragionare io se fossi stata normale.
«Perché non vuoi uscire con lui?» Subito, la mia mente fu invasa da tutte le preoccupazioni che ero riuscita ad accantonare negli ultimi minuti. Non avevo tempo per le questioni adolescenziali. Sono sempre stata una persona molto sentimentale ed ero certa che mi sarei legata a lui più del dovuto, il che mi avrebbe portato a soffrire, presto o tardi, dato che siamo esseri umani e i litigi sono inevitabili, ma il mio malumore avrebbe influito sul mio studio e sul lavoro, ergo, su Emily.
«Non ho mai detto di non voler uscire con lui.» Presi tempo.
«L'hai rifiutato tre volte» mi fece notare, leggermente irritata. Non mi preoccupai di correggerla.
Improvvisamente mi venne un colpo di genio. «Matt mi sembra uno che ottiene sempre quello che vuole, quando lo vuole.» Lei annuì in accordo. «Bene, se vuole davvero uscire con me, dovrà sudare.»
Io non ero quel genere di persona, non volevo atteggiarmi da principessa, ma quella mia scusa presuntuosa parve essere accettata da lei. Ormai eravamo in classe da qualche minuto e il professore entrò, interrompemmo la nostra discussione. Poco dopo, sul mio banco, Allison fece scivolare un foglio con scritto: 'io proprio non ti capisco'.
La lezione continuò e Allison smise di parlarmi per poter prendere scrupolosamente appunti.
Quando la campanella ci liberò salutai Jack e mi diressi verso il mio armadietto insieme a lei, ma mentre guardavo il telefono mi resi conto di essere in estremo ritardo. Sarei già dovuta essere in macchina, in quel momento, diretta verso la scuola di mia sorella. Salutai velocemente Allison, avvertendola che me ne sarei dovuta andare e mi precipitai in segreteria per firmare quel dannato documento. Nel frattempo pensai che se non fosse stato per quell'inutile formalità, avrei risparmiato un sacco di tempo prezioso.
Mentre firmavo in tutta fretta, cercando di avere una grafia leggibile, il preside mi si presentò davanti con un'aria di superiorità che tutt'oggi non comprendo.
«Signorina Sandrey» si schiarì la voce, «non sarà più necessario che si presenti qui, ho avvertito io stesso i suoi professori.» Io ero felice della notizia ma, naturalmente, non mi diede il tempo di dire qualcosa. «È libera di andare.» Mise le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti, come ad assumere una posizione più comoda.
Molto probabilmente avrebbe voluto aggiungere ancora qualcosa, ma io ero fuori dal suo campo visivo alla parola "andare".
Avevo appena voltato l'ultimo angolo prima dell'uscita, quando mi accorsi che nella fretta mi ero completamente scordata di non avere la macchina per andare a prendere Emily. Estrassi il cellulare dalla mia tasca per avvertire Chris. Mentre il telefono squillava, mi voltai e tornai indietro, ma qualcuno mi si mise davanti improvvisamente, contribuendo a un nostro scontro. Io caddi in perfetto stile cartone animato, permettendomi di vedere la persona di fronte a me.
«Matt?» Ci mancava solo lui. Naturalmente, con tutte le persone che c'erano in quella scuola, io dovevo scontrarmi come un'imbranata con Matt. Per non parlare del fatto che il corridoio era largo e vuoto. L'aveva fatto apposta?
«Stai più attenta a dove metti i piedi» mi disse in tono acido. Io ero confusa. Non sapevo cosa fosse cambiato rispetto all'ora prima, quando sembrava essere la persona più allegra che esistesse.
«Io? Sei tu quello che si è materializzato dal nulla.» Risposi a tono, alzandomi. Non gli diedi il tempo di ribattere perché udii il mio nome provenire leggero dal povero telefono abbandonato a terra, con Chris all'altro capo. Afferrai il più rapidamente possibile il mio cellulare, prima che il mio amico attaccasse.
«Elsa. Elsa, ci sei?» Continuava a ripetere.
«Chris, ehi, ciao» lo salutai, sollevata. «Ascolta, Emily uscirà da scuola tra circa» controllai l'orario per essere precisa, «quindici minuti esatti.» Imprecai mentalmente. «La mia auto è fuori uso e l'autobus ci mette troppo quindi—»
«Certo» m'interruppe. «Vado a prenderla io, ma la prossima volta potresti avvertirmi un po' prima, non credi?» Mi rispose un po' alterato. La sua reazione mi sorprese e non poco. Non si era mai arrabbiato per un favore e mai mi aveva risposto con quel tono. Intuii subito che qualcosa non andava.
«Si, Chris. Scusa.» Tentai di fargli passare l'irritazione. Non riuscivo nemmeno a immaginarlo con un broncio. Mi chinai per raccogliere anche il mio zaino e l' astuccio che ne era uscito. «Mi dispiace. Ti voglio bene.» Lo salutai, dimenticandomi che Matt era vicino a me che mi guardava. Non doveva andare da qualche parte? Non era mio solito dimostrare affetto davanti a sconosciuti, probabilmente la reazione di Chris mi aveva disorientata.
Lo sentii sospirare dall'altro capo del telefono.
«Si, anche io moscerino» e riattaccò più calmo di prima, ma c'era comunque qualcosa nella sua voce che mi preoccupava.
«Non credi di dover delle scuse anche a me?» Matt mi risvegliò dal mio stato di meditazione, facendomi tornare alla realtà.
«E per quale assurdo motivo dovrei chiederti scusa?»
Lui mi guardò per qualche secondo con il volto impassibile.
«Mi sei venuta addosso. Capisco che sono attraente ma così è troppo. Tra l'altro non è stato carino scappare via in quel modo stamattina.» Certo, non potevo negare che fosse davvero attraente ma il solo fatto che l'avesse detto con quel tono spocchioso. . . non avevo voglia di stare dietro ai suoi cambi d' umore, perciò lo superai e me ne andai nella direzione opposta, senza nemmeno avere una meta precisa. Non feci molta strada prima che Matt mi si parò di nuovo davanti, con le braccia aperte in modo da non farmi passare, per poi riabbassarle ottenuto il mio arresto.
«Non ti ha mai detto nessuno che sei estremamente maleducata?» domandò con un sorriso irritante stampato sulle labbra, che io avrei voluto strappare.
Mi irritò abbastanza da farmi rispondere con acidità, nonostante non fossi mai stata molto ardita.
«E a te non ha mai detto nessuno che sei un megalomane estremamente borioso?!»
«Cosa diamine vorrebbe dire?» Chiese subito, ignaro di metà delle parole da me usate.
Io sospirai.
«Sono due sinonimi. Voglio dire che sei un presuntuoso cronico.» Mi stava portando all'esasperazione.
Lui non perse il suo sorrisetto, ma incrociò le braccia e mi guardò per un po', facendomi sentire a disagio. «Sai, spesso alle belle ragazze non piace far vedere quanto sono intelligenti.»
Colpita.
«Bhe, probabilmente non sono davvero intelligenti.» Quale ragazza con un minimo di cervello l'avrebbe nascosto spontaneamente? Sapevo perfettamente che avrei dovuto starmene zitta. Tutta la mia timidezza tornò. I suoi occhi non smettevano di scrutarmi, tanto che sentii il bisogno di coprirmi e pensai di essere vestita troppo poco. Indossavo un paio di jeans chiari con i buchi e una camicia bianca a mezza manica, naturalmente avevo un paio di stivaletti neri con il tacco ma non credo che ci fosse qualcosa per cui fosse giustificabile il modo in cui mi guardava, quindi constatai che non avevo niente da nascondere. Eppure, il suo sguardo mi faceva sentire come se fossi stata nuda.
«Incredibile» disse con una piccola risata. «Ti ho appena fatto un complimento e nemmeno te ne sei accorta.»
Colpita e affondata.
«Grazie» dissi con imbarazzo. Mi odiavo quando ero timida, quindi tentai di darmi sicurezza. «Ciò non toglie che mi hai fatto sbattere a terra.»
«Non è colpa mia se hai l'equilibrio di un nano ubriaco. E poi non dovresti essere in classe a correggere qualche insegnante?» Mi aveva impedito di andarmene solo per continuare a discutere e prendermi in giro?
Solo dopo mi resi conto che Matt continuava a guardarmi e non capivo se mi desse fastidio o mi piacesse avere a disposizione gli occhi dell'angelo. «Anche tu dovresti seguire qualche lezione, almeno non sarei costretta a usare termini semplificati per parlare con te.» Gli feci notare, sorvolando la questione dei suoi occhi fissi nei miei.
«Stai dicendo che sono stupido?» Non sembrava realmente offeso.
«È una tua conclusione.» Me ne lavai le mani e sperai in quel modo di aver finalmente chiuso la conversazione.
Matt mi sorrise di nuovo. Ad un occhio esterno saremmo anche potuti sembrare due amici che chiacchieravano.
Io ero ipnotizzata.
Improvvisamente, la scuola, le pareti, le persone nelle aule. . . tutto svanì. Tutto, tranne Matt, che si era avvicinato pericolosamente al mio corpo con sicurezza e che manteneva fisso il suo sguardo nel mio. Non mi importava nemmeno più della poca distanza fra di noi che stava annullando rapidamente. L'unica cosa che riuscivo a guardare erano i suoi occhi; così profondi e lucenti.
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Lo so, mi state odiando per aver chiuso così. Ma non temete, basterà andare la prossimo capitolo.
Nuovo personaggio in scena, Jack!!
Che ne pensate a primo impatto?
Lasciate una stellina se vi sta piacendo.
XOXO
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