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86. I PRINCIPI DI QUESTO REGNO


«Ti prego gioca con me!»

«No, con me!»

Kuinda non ce la faceva più, da quando era stata portata da quei bambini dalle piccole zampette e dai occhioni dolci non faceva altro che esser strattonata da un lato all'altro. In quel momento stava riprendendo fiato, almeno ci provava. Ma lei non voleva giocare con loro, ne l'aveva fatto finora, eppure quei bambini non facevano che chiederglielo come se la conoscessero da tempo.

«Posso pettinarti i capelli?» una delle bambine si presentò al suo fianco armata da uno strano arnese che sembrava essere a tutti gli effetti un pettine, il suo corpicino di ragno era completamente adornato con piccoli gioielli per ogni sua zampa, i capelli erano corti di un nero perla, il viso ovale e la boccuccia più umana di tutte. In effetti, Kuinda si guardò all'insù cercando di vedere la sua frangia, doveva essere orribile spettinata così.

«Le ho chiesto di giocare prima io» disse un bambino spingendola lontano.

La bambina cadde a terra, sebbene volesse agire non lo fece contorse il musetto come per cercare di trattenere le lacrime e la rabbia e si allontanò non prima di aver dato un'altra occhiata alla giovane.

«Stupida... nessuno vuole giocare con te!» infierì di nuovo il bambino.

A quelle parole Kuinda non si trattenne. Si alzò mettendo un'ombra su quel bambino. « e sentiamo perché non volete giocare con lei?»

Sebbene la domanda fosse semplice, la voce non lo era e neppure gli occhi che avevano una scintilla rossa quasi impercettibile per lei, ma visibile per quei bambini impauriti. Si sentiva quasi cattiva come sua madre.

«Lei non sa far altro che pettinare le persone».

«E con questo? Dovreste ringraziarla invece e accettarlo con piacere»

I bambini si guardarono tra di loro, per poi guardare di nuovo Kuinda.

«Perché?»

«Perché... » ripensava al suo passato, chi le pettinava i capelli... Un sorriso le ritornò in mente. Un viso dolce davanti ad uno specchio. Quella donna le accarezzava i capelli, lisciandoli con il suo pettine tantissime volte, senza farle mai male. Avvicinò la guancia alla sua, quel sorriso dolce come quello di una madre, Andromeda. «Le persone che si prendono cure degli altri sono sempre i migliori» affermò «Se vi fate pettinare da lei, e inizierete a giocare con lei, vi prometto che giocherete anche con me».

Quei bambini urlarono di felicità, e corsero tutti verso la ragazzina che accorse le loro richieste con un grande sorriso.

Una donna ragno poi entrò nella stanza, guardando soddisfatta prima i bambini e poi Kuinda, aveva tra le mani un piccolo recipiente e un pezzo di stoffa.

«Ehi, tu!» urlò Kuinda puntandole il dito contro.

L'unica persona adulta oltre lei, in quel asilo dov'era stata lasciata. «che ci faccio qui? Non voglio fare la babysitter mentre voi vi divertite alle nostre spalle, dove sono gli altri?»

«Quante domande in un'unica frase. Voi sarete la mia dama di compagnia».

«E questo chi l'ha deciso?» Kuinda batté i piedi per terra nonostante un piccolo dolore, erano ancora scalzi.

«Io, la principessa Anghusya». I suoi capelli erano lunghi e neri, e quel diadema sulla fronte dorato, in effetti poteva riportare l'idea che appartenesse a qualche stirpe reale. Si guardò in torno e l'unica bambina ad avere gioielli simili era quella che amava pettinare le persone, e la vedeva lì giocare con i suoi coetanei, prendendo ciocche delicatamente con la lingua tra le labbra e pettinarle con delicatezza. I bambini facevano a turno e la guardavano con ammirazione. Bastava così poco per fargli cambiare idea.

«Mi oppongo!» affermò Kuinda, guardando dritto negli occhi la ragazza. Lei abbassò il capo, e poi annui.

«Se puoi darmi almeno una mano, sapevo che non saresti rimasta qui per sempre».

Kuinda inclinò il capo. Erano davvero facili da convincere.

«Cosa devi fare?»

«Curare mio fratello... il tuo amico l'ha quasi ucciso».

Kuinda annui, guardando di nuovo quella bambina, era bello vederla sorridere, ed ora quel ragazzino che l'aveva spinta aveva richiesto il suo pettinino per provare a pettinarla.

«Grazie per quello che hai fatto per mia sorella» In effetti Kuinda lo sospettava. Era l'unica a possedere simili gioielli. «In realtà ci consideriamo tutti fratelli, figli del Re, ma noi primogeniti siamo i discendenti diretti del trono, per almeno tre generazioni».

Kuinda non aveva ben capito a cosa si riferisse, ne era interessata a come la famiglia ragno scegliesse i suoi re. Sorpassarono una tela gialla, dove era steso un ragno piuttosto malconcio, un ragno per l'appunto. Non era uomo neanche di testa.

«E questo è tuo fratello?»

«Siamo tutti fratelli qui!» affermò bagnando il capo con la stoffa. «Il tuo amico la schiacciato con un libro»

«Chi?» L'idea che George potesse fare qualcosa del genere le sembrava davvero impossibile. La principessa si sedette al suo fianco, invitando Kuinda con un gesto della mano a fare altrettanto.

«Come posso aiutarti?»

«Parlare un po', sarebbe un inizio».

«Come mai non è come te?» affermò di getto quasi senza pensarci troppo.

«In realtà lo è, ma alcuni di noi sanno mutare la propria forma, non tutti. Altri invece non possono farlo, ne comunicare con la nostra specie. Siamo simili ma non uguali».

«Voi siete del mondo opposto e loro no»

«Mondo opposto?»

«Sì, gli umani ci chiamano demoni».

«Demoni?»

Per Kuinda fu un mistero come potessero non sapere cosa fossero. Il ragno sdraiato in quel momento inizio a contorcersi.

«Fratello!»

«Che sta succedendo?» Kuinda si alzò indietreggiando. Il ragno iniziò a mutare, la testa si allungò, il corpo si schiarì e la figura di un giovane uscì per metà. Il suo viso era dolce, mentre i capelli erano lunghi e mossi. Legati in diverse trecce.

«fratellone» la bambina di poco prima corse verso di lui, abbracciandolo.

«Ho pensato di morire!»

«Lo farà nostro padre sapendo che hai cercato di vendicarti contro un umano...» poi si diresse verso Kuinda dalla bocca spalancata. «Noi che abbiamo questa forma siamo più resistenti rispetto ad altri ragni».

«Voi siete demoni ripeté, gli umani ci chiamano così...» In quel momento Kuinda non riuscì a distogliere gli occhi da quella figura, dalla pelle più scura e i pettorali scolpiti, il sorriso smagliante e del tutto umano, ma dai occhi chiari di un bianco splendente. L'unico che avesse mai visto finora con quel colore degli occhi così particolare.

D'altro canto lui non aveva mai visto una ragazza della sua altezza con quei colori così particolari, dai capelli rosso fuoco e gli occhi verdi, di un verde magico capace di rapirlo.

«Chi è questa fanciulla?»

«Nostro padre ha fatto un bel guaio a causa tua. Ha deciso di vendicarsi. Lei non starà molto con noi, quindi non ti affezionare troppo».

Perché quel ragno sembrava star bene anche più di prima.

«Dove sono i miei amici?» replicò.

«Il ragazzo ormai starà con mio padre, mi dispiace non so fino a dove arriverà la sua vendetta, ma potresti rimanere qui. Essere mia amica, ti prego, mi farebbe molto piacere» disse la principessa cercando di prendere le mani di Kuinda che indietreggiò.

«Non posso. Non posso permettere che facciate del male ai miei amici!»

«Se rimani con noi, se prometti di farlo. Posso convincere mio padre» il ragazzo ragno si spinse verso di lei. Kuinda indietreggiò andando oltre il telo.

«Adesso gioca con noi!» dissero i bambini in coro. «L'hai promesso».

Le presero le mani e la strattonarono.

«Bambini giochiamo a nascondino» affermò Kuinda con un leggero sorriso. Un sorriso che si scurì nell'ombra, mentre un piano di fuga le attraversava la mente. 

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