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84. DESIDERI ESAUDITI

Poco prima di tutto quel trambusto, Katie e James sulla cima alle base del puntale guardavano attentamente tutto ciò che li circondava.

«Secondo te, che cosa è successo?» chiese Katie. I mobili, le decorazioni e gli oggetti erano simili a città viste da un grattacielo.

Le luci dell'albero illuminavano le pareti con leggere tonalità, mentre il cielo grigio visibile dalle finestre sembrava scomparire portando via con sé la pioggia.

«Purtroppo, c'è indubbiamente lo zampino di qualcuno».

«Dafne?»

«No. Se fosse stata lei non avrebbe agito nell'ombra».

Una strana sensazione spinse Katie ad avere un brivido lungo la sua schiena. Si sentiva spiata, osservata da occhi inquisitori. Con la coda dell'occhio vide qualcosa di nero alle sue spalle. Strinse la mano di James che teneva rilassata sotto la propria.

Qualcosa si mosse. Quando quel movimento la spinse a voltarsi; otto occhi neri si chiusero repentinamente per poi fissarla.

Un ragno peloso dalle dimensioni gigantesche, ma forse erano, ovviamente loro troppo piccoli. Quel ragno era proprio lì, dietro di loro.

Urlò per poi indietreggiare, mentre le chele di quel ragno di un nero perlato, scattavano veloci davanti ai suoi occhi.

James afferrò il suo ciondolo, premette il pulsantino e il suo oggetto si tramutò in una lancia a doppia lama. Lei continuò ad urlare indietreggiando, finché il suo urlo divenne più forte. Se c'era qualcosa con cui Katie non voleva avere a che fare erano i ragni. Poteva accettare la loro presenza su qualcosa lontano da lei, ma mai che varcassero il suo confine, finendole addosso.

Questa volta però, era diverso. Quel ragno era enorme.

James allungò la mano d'istinto, ma fu troppo tardi. Katie precipitò sfiorata dalle mani di James per un soffio di vento.

Il fischio nella sua testa fu di un dolore allucinante, coprì con le sue mani le orecchie ed urlò, era affranto di non riuscire a muoversi per quel dolore.

Il ragno ticchettò con le sue zampe, per poi gettarsi a raggiungerla. La catturò con un getto della sua ragnatela. James cercò con tutte le sue forze di rimettersi in piedi. Scosse il capo e aprì la bocca con un leggero scatto, cercando di spingere le orecchie a liberarsi. Toccò la tela del ragno che vide richiudere Katie in uno strano bozzolo. Non sapeva se poteva leggere il suo peso, se l'avesse permesso di camminarci sopra, senza finirci intrappolato, ma doveva provarci. Afferrò la viscida tela e la legò ad un ramo. Iniziò a correre seguendo il suo percorso.

Nonostante il suo richiamo, Katie non dava segni di vita.

Le urla di George chiamavano Kuinda attirarono la sua attenzione, mentre vide il ragno seguito da altri esemplari simili entrare in un buco nella parete opposta. Tenne stretto la sua arma, per poi lanciarsi contro l'animale. Un ragno più grande gli taglio la strada proteggendo il compagno che aveva in pugno Katie. In equilibrio su una piccola rientranza creata da una decorazione bianca, James colpì e ferì il mostro. Il ragno difensore con tutta risposta l'attaccò con le sue chele.

James parò i colpi, per poi attaccare, girando l'arma dal lato opposto.

Indietreggiava quando serviva, e si spingeva in avanti nei suoi momenti di debolezza.

La fretta, la voglia di raggiungerla, lo fecero perdere la concentrazione. Alle sue spalle qualcosa lo morse. Sentì la mente annebbiata, i muscoli tesi. Il ragno lì di fronte, divenne più sfocato, sembravano due, anzi tre, ciò che conta e che in quel momento fu il nulla.

Quando da bambino mi allenavo con mio nonno, giocavamo con spade di legno

«Sei bravo James, ma non ci metti passione» allora scoccai, e andai avanti colpendo con più forza.

«Passione, non forza».

Ricordo che il Regno di KounGh era completamente circondato da un'aurea rosea, e che quel mio nonno dai capelli grigi, la tunica lunga, nonostante l'età sapesse combattere meglio di me, sebbene dicesse il contrario.

Un passo avanti, un colpo. Un passo indietro una parata.

«Non capisco, perché devo sposarla!»

«Nessuno ha detto che devi sposarla, nipote!» I miei occhi si spalancarono, dietro alle nostre finte armi incrociate. Mio nonno mi colpì con uno sgambetto. Alzò la mia gamba e mi buttò a terrà.

«Ma nonno, la profezia lo dice!»

«Lo dice, perché ho scelto io di dirlo...»

«Perché hai mentito!» ero così arrabbiato. Non sopportavo l'idea di esser spedito in un mondo che non conoscevo, aspettare lì l'arrivo di una ragazza comune e proteggerla per poi sposarmela senza conoscerla.

«Ho solo fatto in modo di facilitarvi il lavoro».

Tanto tempo fa non capii esattamente ciò che intendesse. Mio nonno sognava, e ciò che sognava lo aiutava a regnare. In effetti l'avevo completamente dimenticato. Eravamo sulla montagna di Goin, la vetta più alta, circondati dalle nuvole rosa del tramonto, che poi nuvole non erano, ma solo nebbia, quando mi disse: «Io ho visto...» mi accennò sedendosi a guardare quello spettacolo. «Ho visto una donna dalla chioma bionda tenderti la mano in abito bianco. Ho visto il tuo sorriso innamorato prendere quella mano ed insieme salire e mettervi al cospetto di una folla felice che vi guardava dal basso, divisi per scaglioni, quel popolo era unito nel festeggiare la medesima cosa. Demoni bianchi, neri ed umani».

«È bella?» chiesi d'impulso, e mio nonno annuì.

«Ciò che ho visto, e che ora ti ho raccontato è solo ciò che ho visto alcuni giorni fa, per questo ti ho parlato del matrimonio solo ora».

«Come fai ad esser sicuro?»

«Ho visto due ragazzi lottare contro tutti per il loro amore. Lei è sempre metà umana, tuo padre non l'avrebbe accettato, come il resto del popolo, nessuno avrebbe accettato quella unione...»

«Per questo l'hai aggiunta tu?» e di nuovo mio nonno annuì. Mia madre me lo diceva sempre, anche prima, ma l'avevo dimenticato, come questa scena che ora mi sembra un sogno.

«Spesso è meglio omettere per il bene del futuro, soprattutto se si tratta di profezie, e finché sognerò, finché vivrò farò di tutto per rendere facile il tuo destino».

L'avevo dimenticato! Mio nonno me l'aveva detto. Il futuro non ha certezze, per questo è meglio non spiarlo troppo, ma chi è estraneo alle vicende può lasciare dei sassolini.

Lui li aveva lasciati. La profezia è nata per proteggere il suo desiderio, quello di vedere un mondo riunito.

Sapeva che noi ne eravamo capaci, e ci ha semplificato la strada.

«Allora come la conoscerò? Secondo me sarà una racchia» mio nonno rise.

«Ho visto un possibile incontro, ma credo che ora sarà molto meglio. Incontrerete tante persone disposte ad aiutarvi, e tanti nemici. Se lei sapesse come l'hai chiamata credo che te ne darebbe di santa ragione».

«Quindi è violenta!» sbuffai mettendo la testa tra le gambe. Lui mi scompiglio i capelli.

«Senza la profezia vi sareste conosciuti in battaglia, come tanti anni fa conobbi la sua antenata. Non voglio più che la pace nasca dall'odio e dal sangue. Lascia fare a me, perché so che l'amerai come nessun alto. L'ho visto... e lo so».

Sì, Katie mi era subito piaciuta, non aveva paura dei mostri, dei demoni, ma solo se un topo sbucasse all'improvviso o dei ragni erano urla.

«Lei non avrà paura del nostro mondo» sì, mio nonno me lo spiegò... «Crescerà conoscendo le creature, suo padre senza saperlo l'addestrerà grazie al mio aiuto. Lei non avrà paura dei demoni e ti crederà, crederà a ciò che vedrà con i suoi occhi. Voi siete destinati ad incontrarvi qualunque cosa accada. Qualsiasi cosa faccia vedo lei nel tuo cammino, e solo mano nella mano potrete affrontare qualsiasi cosa. Sebbene sappi nipote che ciò che ora ti ho detto lo dimenticherai presto, e lo ricorderai solo quando io lo riterrò giusto. Per questo ora apri gli occhi, e rimetti in riga quei ragni guardiani. Su nipote respira!»

James si alzò respirando a pieni polmoni, circondato da fili bianchi e appiccicaticci. Si guardò intorno esaminando la stanza buia dov'era rinchiuso. I suoi occhi riuscirono a distinguere altri bozzoli come il suo che ancora lo circondavano, posti su pietre rialzate a ricordare altari.

Cercò, rompendo quella prigione, afferrando finalmente il suo gioiello. Aprì l'arma che si tramutò in daga, dai decori d'oro e rossi accompagnati da una rosa.

Giunse al primo bozzolo e il viso del generale spuntò quando iniziò a tagliare. 

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