71. IL DIARIO
«Ti ho detto mille volte di regolarti con il tuo fuoco!»
«Se non era per me quel tizio ti avrebbe preso in pieno!»
«Ora ho freddo! Sono qui in mezzo alla neve senza maglia, ne camicia!»
«Solo le camicia hai? Sempre a pensare a te e quelle stupide camicie. Ringrazia di esser vivo, piuttosto!»
«La neve mi ha salvato. Non tu!»
«Ragazzi, smettetela vi prego» Giuliet cercò di calmare i due che litigavano nella neve, con i resti bruciati dei vestiti di George stretti nella piega del braccio, a lui era rimasto solo un po' di pantalone, ma ad ogni suo gesto notava come quei vestiti perdevano sempre più consistenza, sbriciolandosi a vista d'occhio.
Sbiancò quasi, nel ricordarsi il prezzo di quella camicia firmata quando l'etichetta ormai scura, scivolò sulla bianca neve, mentre del cappotto ormai era rimasta solo la fodera. I due ragazzi continuavano a litigare. Si guardò in torno alla ricerca di chi sperava le desse un sostegno, almeno verbale; Suo marito Elbert, quando lo trovò, in realtà, era completamente distante a tutto quello che stava succedendo. Indifferente, se per paura oppure menefreghismo, mostrava al piccolo Jim l'arte dei pupazzi di neve.
«Se non ti dai una regolata, potresti uccidere qualcuno!»
«Ti ho salvato George. Hai visto, o no quanto era appuntito quel coso?»
«No! Non ho visto. Perché mi sei parsa d'avanti con una fiamma che ti ha circondato all'improvviso, e quasi non mi uccideva!».
«Sei stupido George! Sei Stupido!»
«Io stupido, Kuinda? Io stupido?» ribatté tremando e agitando il dito indice verso la ragazza. Non sapeva come controbattere. Aveva le parole sulla punta della lingua, ma sapeva che era un'arma a doppio taglio. Ogni parola che voleva dire, era frenata dalla paura di ferirla. Ma in quel momento più urlavano e meno gl'importava.
«Ogni cosa che faccio per te è sempre perso!»
«Ah si? Sentiamo... cos'è che fai per me? Io non ti ho chiesto niente!»
«Litigano già come una coppia sposata» disse il piccolo Jim con tanta delicatezza e indifferenza, senza nemmeno degnarli di uno sguardo, mentre con le sue manine dolci cercava tra la neve qualcosa per aggiungere al suo pupazzo di neve.
Quelle parole innocenti entrarono nella mente di Elbert come un fulmine a ciel sereno.
Il suo volto si bloccò, e nella sua fantasia vide un normale litigio in famiglia trasformato in atrocità; dove per un semplice battibecco la moglie incenerì il marito.
Quando si voltò a guardarli erano lontano. Lui seguiva lei e ancora discutevano.
«Aspettate!» urlò Giuliet seguendoli poco dopo. La Regina e il Generale erano ormai già più avanti. Gli unici rimasti indietro furono il bambino ed Elbert.
«Lei non va signore?»
Elbert stava cercando un posto sicuro nella sua mente, voleva trovare serenità, un po' di normalità. Ultimamente non l'aveva più, anzi aveva perso perfino l'entusiasmo, mostrato contro gli operai tramutati in mostri tempo fa.
Ora che le leggende della sua famiglia si erano presentate nella sua vita, erano diventate meno attraenti e più una seccatura.
Il soprannaturale ormai stava diventando routine. Si stava, inoltre insinuando nella propria famiglia, sempre di più.
Il vento gelido, lo svegliò dai suoi pensieri. La vista del suo unico figlio maschio discutere con la Regina di fuoco, il pensare a sua figlia, promessa a un gatto era l'unica cosa che era riuscito ad accettare dopo tanto tempo. Grazie all'aver conosciuto James e averlo guardato con occhi normali. James per lui non era più tanto diverso; solo orecchie a punta e palle di pelo, ma Kuinda... Elbert ingoiò la saliva, per poi conficcare con forza un rametto nella neve, così da dare a quel piccolo pupazzo una mano.
«Rimango qui per proteggerti». Kuinda gli faceva paura.
«Ha paura signore?» ancora una volta quel piccolo bambino sembrava aver preso in pieno la verità. Per Elbert era davvero troppo,
Rimase lì ancora per un po' «Un bambino non dovrebbe rimanere da solo» disse con voce tremante, strofinandosi le mani.
«Sì. Ora non mi fai più paura» bisbigliò il bambino, curando i dettagli di quel pupazzo. Elbert rimase di stucco per quell'espressione. Assottigliò le labbra in un leggero sorriso, fissando quel dolce bambino con la coda da scimmia, concentrato con la linguetta sporgente, nel creare il suo primo e migliore pupazzo di neve.
Giunti all'entrata della scuola, la Regina sentì un piccolo miagolio. Quando si fermarono a cercare chi l'aveva emesso si trovarono di fronte una dolce gattina dagli occhi blu, bianca come la neve.
«Perla!» chiamò la Regina.
Si avvicinò con delicatezza, verso la micina. Il suo passo però fu fermato quando il generale Alberto la tirò per far passare una saetta rossa, che trascinava un ragazzo a petto nudo.
«Quei due sono pazzi» dissero in coro.
Giuliet seguita da Elbert correva in lontananza. Suo marito aveva cambiato idea.
Quel bambino gli aveva fatto capire di come la paura fosse un sentimento comune, un'arma di difesa che si costruisce contro ciò che non si conosce, e mentre il gattino spaventato rizzò il pelo trasformandosi davanti ai loro occhi, in una tigre bianca, Elbert sbiancò di nuovo. Si pentì per un breve istante della sua scelta. Era pronto a ritornare indietro, se sua moglie non l'avesse preso per le orecchie.
Su per le scale, fino a un corridoio di pietra, George fini trascinato da Kuinda.
Quasi a metà strada, ignari i due si fermarono.
«Sei una bambina Kuinda!» urlò.
La ragazza si pietrificò, ma lui ormai aveva detto ciò che non voleva dire.
«Qua dentro avrai meno freddo» affermò con severità, nel tentativo di nascondere le lacrime, si morse il labbro prima di voltarsi verso George.
Le mura di pietra e il carole provocato da Kuinda, resero tutto più caldo.
George ferì di nuovo i suoi sentimenti quando lo notò guardare con insistenza un punto della parete di pietra. Di nuovo aveva fatto qualcosa per lui, e lui non le aveva colto il gesto.
Lentamente lo vide avvicinarsi a un simbolo di neve scolpito. Kuinda approfittò della sua distrazione per asciugarsi le lacrime, tirando leggermente su con il naso.
George sospirò, prima di toccare quel simbolo. Aveva capito, e se ne pentì.
Perché Kuinda come James aveva qualcosa di diverso: la sensazione che avessero sofferto, e lui con lei non riusciva ad essere gentile come voleva.
"Mi dispiace" pensò, ma non lo riuscì a dire. Sospirando ancor più forte nel tentativo di allontanare quei pensieri toccò in definitiva quel simbolo.
Sobbalzarono quando alle loro spalle si aprì un passaggio. Guardarono con attenzione ciò che si proponeva davanti, George non ci pensò due volte ad entrare, mentre Kuinda si soffermò sull'ingresso. L'attenzione la spinse a guardare in alto. Sollevò il capo attirata da una specie di artiglio.
«Kuinda, vieni?» l'attenzione fu distorta, e senza pensarci troppo seguì George in quello strano laboratorio.
Katie fu spinta contro una pietra e uno dei due Sai le cadde da mano, provocando un rumore battente.
La spinta di Katie distraette James, mostrando alla sua avversaria un punto scoperto, fu Undriu a fermare quell'attacco bloccando la mano dello spettro, per poi avvinghiarla come un cobra tra le sue braccia. I due demoni si scambiarono uno sguardo d'intesa e senza pensarci troppo, James andò da Katie.
«Non fai più la spavalda Regina di ghiaccio?» affermò Undriu accompagnando la frase con un sibilo.
«Ne sei convinto?» la figura svanì nel nulla lasciandolo a mani vuote. Vendetta gli si avvinghiò al collo, e fu Faine a colpirlo con una delle sue frecce, prima che Undriu lo spinse a terra alzandolo con la schiena.
Quando credevano di aver la vittoria in pugno, Vendetta scomparve con un sorriso spaventoso.
Faine e Undriu si fecero spalla contro spalla, nell'attesa delle loro apparizioni.
«Non ti penti di non aver preso un'arma».
«Da quanto sono con te, non mi pento di nulla».
Se pur la frase poteva essere d'effetto, Faine roteò gli occhi.
I due si separarono: Faine contro Ira, Undriu contro Vendetta.
«Non riusciremo a sconfiggerli continuando così» James aiuto Katie a rialzarsi. La ragazza scosse la testa, per poi recuperare la sua arma.
«Undriu» urlò, quando i loro occhi s'incontrarono, Katie gli lanciò il Sai; esso roteò fino ad arrivare nei pressi del ragazzo.
«Non ne ho bisogno» affermò afferrando l'arma, per poi colpire con un pugno in pieno volto Vendetta. Ad ogni tentativo di attacco riusciva a schivarlo, per poi colpire, ma nella maggior parte delle volte il fantasma si rendeva invisibile, e quindi, il colpo andava a vuoto.
«Comunque» continuò tra un colpo e l'altro, per poi lanciare il Sai verso Katie. La ragazza si abbassò giusto in tempo, mentre James lo schivò di sfuggita. La sua arma si conficcò nella parete all'altezza del volto. «Grazie» disse infine.
In quel momento, seduta a terra, con gli occhi di James spalancati come i suoi contro l'arma non sapeva se esser felice, oppure preoccupata.
«Non so se esser geloso o meno» bisbigliò James, ponendo il braccio verso Katie aiutandola ad alzarsi. Per un po' i due pietrificati non tolsero gli occhi da Undriu, finché l'attenzione di Katie passò a James «Cioè, invece di chiederti se voleva uccidermi o meno ti preoccupi se essere geloso?»
«Gli hai passato l'arma, e non lo conosciamo a fondo».
Gli occhi di Katie si fecero sottili, e lo fissò incessantemente «Sul serio?»
«Ehi» chiamò Faine «almeno volete darci una mano?»
Ai loro piedi, a distrarli arrivò il cofanetto della Regina.
«Su fate presto».
Katie sbiancò quando vide la regina in sella a una tigre bianca entrare dal buco creato da James. La barriera non c'era più.
Quando scesero dalla tigre Giuliet, Elbert, e il generale, l'animale tornò un piccolo gattino bianco.
«Perla!» disse James, correndo ad abbracciarla.
«Perla?» ripeté Katie.
«È la compagna di Fim!»
«Fim ha una compagna?»
«Sì, e non la vedevo da un secolo!»
«Per te, un secolo è un secolo?»
«Basta!» gridò Ira creando una tormenta talmente forte da costringere tutti a proteggersi.
«Mi sono stancato di giocare!» continuò Vendetta. La porta d'ingresso si spalancò, bloccando di nuovo la tormenta.
«Ti ripeto che i libri sono importanti! Raccontano tante cose».
«È uno stupido libro, e tu in una situazione del genere ti stai distraendo, per una sciocchezza?»
«Non è una sciocchezza! Qui dentro dice chiaramente che un uomo stava studiando uno specchio creato da un orco... un troll, non ricordo. Un frammento gli finì nell'occhio da bambino. La sua amica d'infanzia lo salvò con il suo amore, e si sposarono. Ebbero due gemelli!»
«E allora!?» ribattè Kuinda spalancando le braccia.
«Dove hai preso quel quaderno?» urlò Vendetta. La sua figura scomparí ricomparendo tra nebbia in faccia a George tenendolo per il collo.
Katie approfittando della distrazione raggiunse i due cugini. Loro capirono subito i suoi gesti: dovevano raccogliere i pezzi dello specchio e rinchiuderli in quella cassa che Katie lanciò.
Ira bloccò il suo lanciò mettendo il piede sul baule. Cristy fece un balzo spingendola a terra.
Poco lontano da loro, Giuliet si era accovacciata con Pallon, che continuava a bisbigliare qualcosa. La donna ripeteva le sue parole come in preghiera.
«Dove l'hai preso?» continuò a ripetere più volte.
«Eravate voi quei bambini, non è vero?» cercò di dire, sentendo il fiato mancare. Kuinda fece un passo in avanti, ma il fantasma la fulminò con lo sguardo, stringendo ancora di più il collo del ragazzo.
«Peter» disse George. Lo sguardo del fantasma lo fissò, per poi diventar più distante, diminuì la presa e verso il nulla si allontanò dal presente per giungere nel passato. I suoi ricordi rinvigorivano come se fin'ora fossero stati bloccati e cancellati.
Tanto tempo fa, nell'antica Danimarca affacciata alla finestra c'era una donna con un copricapo bianco che canticchiava felice sbattendo le coperte fuori alla finestra. Accompagnata dal canto degli uccellini, che si erano fermati a dissetarsi ad una fontanina lì vicino. Lasciò cadere lo sguardo verso la neve illuminata dal sole, lì poco distante a quel raggio di luce «Peter, Kirsten entrate in casa!»
«Arriviamo mamma!» due bambini giocavano a lanciarsi delle palle di neve. Fu la bambina a rispondere, prima che il suo volto venisse ricoperto di neve. Un cappello di lana rosso copriva i lunghi capelli neri; suo fratello dalle guanciotte rosse per il freddo si allontanò, velocemente alla vista di sua sorella prendere un po' di neve per formare una pallina.
Tra le risate e la neve, i due fratelli continuarono a giocare.
Chiusa la finestra, si asciugò le mani sul suo grembiule posto al disopra di una gonna rossa.
Si diresse veloce in un'altra stanza, bussando delicatamente alla porta con due colpetti. Avvicinò l'orecchio all'anta dal legno scuro e quando non senti nulla, girò la maniglia ed entrò nella stanza.
Non c'era luce in essa, corse alla finestra per aprirla. Sulla scrivania addormentato c'era un uomo, circondato da strani oggetti, carte, sfere e manoscritti. Quando la luce lo illuminò il volto, l'uomo si sgranchì le braccia.
«Smettila, ormai sono passati diversi anni. Lei non ritornerà. Distruggilo e viviamo le nostre vite».
«Sono quasi vicino a capire come funziona»
«È malvagio, questo basta e avanza!»
L'uomo si voltò a fissare quel pezzo di specchio rinchiuso all'interno di una teca.
«Non posso farlo mia cara. È la prova della magia in questa vita. Distruggerlo sarebbe un abominio».
«Non ti basta ciò che abbiamo passato da bambini? Vuoi che anche i nostri figli subiscano quella situazione?»
La porta si spalancò di colpo; i bambini tempestosi si rincorrevano per tutta la stanza. Peter sfiorò la madre facendo volare il suo grembiule.
«Ehi, state calmi!» ma i richiami della madre non ebbero effetto. Continuando a ridere, i due si posero ai due lati della scrivania. Ad ogni tentativo di passare da un lato, l'altro rispondeva all'opposto con brevi scatti.
«Su bambini andate a giocare fuori» disse il padre.
«Sono appena rientrati!» ribatté la madre, di nuovo le loro parole non furono udite dai bambini che scattarono di fretta. La bambina sfiorò la teca facendola cadere a terra. Lo specchio al suo interno si spezzò in due.
Suo padre s'infuriò talmente tanto da urlare facendo sussultare il resto dei presenti, con la paura negli occhi per quello sguardo così duro, le risate cessarono, e i due bambini uscirono di corsa con le lacrime agli occhi.
«Fuori di qui!» urlò di nuovo.
Una voce tagliata affermò con tremore: «Scusa papà» e la porta si richiuse.
Quando l'uomo fu colto dai sensi di colpa, fissò sua moglie con le braccia incrociate, il muso lungo, e l'indignazione nei suoi occhi.
«Liberati di quello specchio, o lo farò io» disse lasciando la stanza e sbattendo la porta alla sua uscita.
Quell'uomo da solo in quel ufficio, tra fogli, carte, libri lasciati alla rinfusa, capì a cosa stava rinunciando.
Si chinò sul tappeto rosso raccogliendo i pezzi di vetro della teca; non facendo caso a quell'occhio verde e vischioso che si muoveva all'interno di un frammento.
Quella visione si risvegliò nella mente di Vendetta.
Scuoté il capo cercando di allontanare un brutto sogno.
«Come prendiamo tutti i frammenti?» si chiese Bobby.
Katie aveva trovato una scopa, e velocemente cercava di racchiudere tutti i pezzi.
Quando sembrava aver raggruppato il più possibile, un vento gelido separò la sua montagna.
«Etciù!»
Giunse la regina a dargli una mano, mentre il Generale Alberto cercò con la sua spada di fare da paletta raccogliendo il più possibile con la lama.
In un attimo si sentì un forte fracasso. Tutti si girarono alla vista di Albert con un aspirapolvere portatile.
Inutile contenere l'entusiasmo.
«Meglio della mia borsa da Mary Poppins!»
Mentre il resto si era bloccato su George e la sua parlantina. Katie gli diede un'occhiata veloce, per poi continuare con più fretta a raccogliere quei pezzi.
Cristy rimase a fissare quei pezzi di specchio come sconvolta, li fissava attentamente e se non fosse per la fretta del resto del gruppo Katie ebbe l'impressione che volesse esaminarli uno a uno.
Bobby si abbassò verso Cristy fermando la sua mano nel tentativo di toccare uno dei frammenti.
«Non preoccuparti starà bene» affermò.
«Tu chi hai nel cuore?» chiese Ira, schivando un attacco di Faine. Veloce si puntò verso George. James cercò di raggiungerla, ma la donna con un gesto della sua mano rese il tratto di passaggio di James scivoloso; e il ragazzo scivolò trovandosi al tappeto.
«Chi hai tu nel cuore George?» ripeté senza distrazione. Ad un passo da lui, sfiorò con le mani lunghe e affusolate la guancia del ragazzo, che cercò lentamente di alzare una pagina di diario.
Katie fece cadere la scopa e corse verso suo fratello, superando James che ancora cercava di rialzarsi. «Aspetta, aiutami!» disse scivolando di nuovo.
«Il tuo amore è spoglio. Non sai amare. Non sai nemmeno cosa significa tenere così tanto a qualcuno. Doni protezione per onore, ma non lo fai col cuore» disse Vendetta avvicinando sempre di più il suo volto.
George non rispose, con le mani congelate riuscì a sforzare i suoi arti per raggiungere la posizione giusta per leggere.
«Non vedi come lei t'ignori?»
James raggiunto da Cristy fu titubante prima di accettare il suo aiuto, ma infine, afferrò la sua mano. Katie, James, Undriu, Faine si lanciarono contro i due fratelli, ma come protetti da uno scudo furono respinti.
La regina e il generale non mossero un dito. Erano rimasti lì ad osservare, nel tentativo di studiare ogni loro singolo movimento. Volevano capire se James e Katie potevano cavarsela da soli.
Per il generale fu difficile non far nulla, ma sapeva che doveva attendere. I suoi studi, inoltre sarebbero stati utili per addestrarli al futuro che li attendeva.
Kuinda non reagì perché troppo distratta da quelle parole. Nessuno si era reso ancora conto del suo sguardo assente.
Una voce rimbombava nella sua mente, annullando ogni pensiero; si sentiva triste e vuota. "Per lui sei una bambina, lui non ti ama... e non ti amerà mai. Sei solo un demone, una feccia. Un'assassina".
Quello sguardo assente, però attirò l'attenzione di Katie. Quando si alzò da petto di James, ormai stanco con le braccia spalancate «Vi prego datemi un letto» affermò.
Katie vide il sorriso malizioso di Ira sussurrare qualcosa nell'orecchio di suo fratello, e guardare attentamente Kuinda. Gli occhi di lei stavano diventando neri.
«Leggono nel pensiero! Offuscano i pensieri!» urlò il generale.
Katie capì subito.
«Non dovevamo rimanere in silenzio?» disse la Regina.
L'attenzione del generale fu ricollocata a strani versi, provenire al di fuori del foro creato da James.
«Pipistrelli» urlò la Regina. Sì erano pipistrelli, fatti di neve.
Attaccarono il gruppo e nonostante sembrasse che con i poteri del fuoco si sciogliessero. Ogni volta che la lama si allontanava essi si rigeneravano.
I due cugini Albert e Bobby rimasero a raccogliere i frammenti dello specchio.
Katie si avvicinò a Kuinda «Qualsiasi cosa dica non crederle! Kuinda, Kuinda svegliati!» le sue urla più si facevano forti, più per Kuinda diventavano lontane.
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