48. UN POTERE PIÙ FORTE
Sembrava di camminare su una vetta alta di una montagna, l'Everest magari.
I passi lasciavano le proprie orme nella neve, in quel giardino della scuola dove Elbert aveva consentito di mandare sua figlia. Quella scuola avvolta nel mistero, dove non si faceva altro che parlare di sparizioni, dove le studentesse per anni scomparivano o peggio.
Lì facendosi forza contro la tempesta di neve Giuliet spingeva le sue gambe per andare avanti, camminare in quello che doveva essere un semplice giardino scolastico.
Bestemmiando contro suo marito per le scelte sbagliate, per l'indifferenza dei pericoli.
Ma come biasimarlo, poco prima di tutto questo, lei stessa non l'aveva mai creduto.
Fantasmi, spiriti, lupi, vampiri erano tutti una sua fantasia cominciata per quello strano incontro in ospedale quando Katie venne alla luce.
Era anche colpa sua, forse.
E non smetteva comunque di urlargli contro, stringendo le braccia attorno al cappotto seguita da Elbert che non riusciva a sentire nulla a causa del vento troppo forte, nonostante continuasse a ripetere: "Non ti sento!" agli strani mugolii che sentiva dall'altra parte. Lei, sua moglie non sentiva ciò che lui rispondeva.
Ignorando quelle parole date al vento il pappagallo faceva strada, mentre il vento si faceva sempre più forte.
«Perché non hai insistito, perché non mi hai convinta a proteggerla meglio. Se sapevi che davvero questa scuola era tanto pericolosa perché cavolo c'è l'hai mandata? Ed io così stupida, da accettare la profezia perché immaginavo la sua vita come una principessa servita e riverita».
Poco distanti nella neve alle sue spalle una donna, vestita di un caldo manto si avvicinò. Elbert stringeva stretto al suo petto il fucile. Dava occhiate furtive prima a destra e poi a sinistra.
Sentiva un fiato sul collo, qualcosa vicino. Qualcosa molto vicino.
Si girò di scatto, finché nella bufera non vide una donna avvicinarsi. I lunghi capelli bianchi, gli occhi chiari, le labbra fredde e carnose. Si faceva strada nella tempesta, fino ad arrivare al suo fianco.
«Chi abbiamo qui?» chiese, ma lui non le diede adito. Appena arrivò a sussurrargli qualcosa nell'orecchio le sparò un colpo. La figura si volatilizzò, mentre l'uomo iniziò a correre, superando sua moglie e poi il pappagallo.
«Corri Giuliet, un fantasma!!»
«Ancora con queste storie Elbert? Qui non c'è nessuno!»
«Seeei sicura?» chiese il pappagallo mentre un' ombra nella nebbia iniziò a ricomparire.
«Sale, che diamine!»
Lo spavento fece la sua e Giuliet iniziò a scappare, ma la sua fuga durò poco quando cadde sulla morbida neve.
La donna l'aveva afferrata con un pezzo della sua veste, diventato una lunga corda.
Sentì il freddo salire lungo le caviglie, mentre un secondo sparo colpì il fantasma che si disciolse per una seconda volta. Dei passi si avvicinarono veloci, mentre una mano l'afferrò tirandola e aiutandola ad alzarsi.
«Elbert sei tornato?»
«Per chi mi hai preso?»
«Poco fa sei scappato come un bambino!»
«Per chi mi hai preso?» ripeté.
«Muo-vete-vi. Muo-vete-vi!» il loro piccolo compagno di avventura appena incontrato, aprì di nuovo la sua ala, mostrando un altro incantesimo.
Incendioma!
Punta il dito contro e fuoco!
Quando la donna rispuntò più nervosa di prima, si accanì sui due, con saette di ghiaccio.
Giuliet fu veloce. Scattò la mano e pronunciò quella parola: "incendioma", le saette vennero colpite dal fuoco e sui loro volti arrivò solo acqua.
I loro capelli bagnati. Il trucco sciolto di lei e lui che sputò l'acqua finita in bocca per averla lasciata aperta.
Per pochi istanti aprirono e chiusero gli occhi cercando di riprendersi da quell'acqua gelida che li aveva rinfrescanti così tanto.
«Sca-ppate!» urlò il volatile inoltrandosi nel bosco, svegliando i due dalla loro pausa. Il fantasma continuò a seguirli, più agitata di prima. Quei due pivelli stavano mettendo a dura prova la sua pazienza. Ad ogni suo passo la neve inghiottiva tutto come in una valanga.
Seguirono Pallon senza pensarci due volte. Corsero tra gli alberi seguiti da quella donna e quella neve.
«Perché continui a starle dietro? Lei nonostante tutto non ti ha mai creduto. Non ti merita!» pronunciò lo spirito cercando di attirare l'attenzione di Elbert meno veloce nella fuga.
Quelle parole in realtà bloccarono invece Giuliet. Arrabbiata come non mai, decise di tornare indietro e di dargliele di santa ragione. I suoi passi furono pesanti, ma quando Elbert le passò a fianco raggiungendola, la tirò con sé.
Davanti a loro vide spuntare un gigantesco albero. Lì si era fermata la loro guida, mancava poco.
«Lasciami andare le spacco la faccia!»
«Non pensi che io sia più bella di lei?» per un attimo le fu vicina. Talmente vicina da poter sentire il suo respiro sulla pelle. Li aveva raggiunti.
Il suo tocco gelido sul viso. Giuliet era bloccata dalla presa di Elbert, in tutti i modi cercava di tenerla lontano da quell'essere.
«Lei non ti ha mai creduto, che senso ha proteggerla? Uccidila e vieni via con me...»
Il viso di Giuliet sconcertato rimase pietrificato dalla sua freddezza, quegli occhi senz'anima, una donna gelida.
Era davvero un fantasma, ma ancora di più, le spaventava Elbert, continuava a fissare quella donna, senza dir nulla tenendola riparata dal suo tocco, mentre lei gli accarezzava il volto.
Cercò di darle un calcio, ma la presa di suo marito era troppo forte, e il suo piedino non la raggiungeva nemmeno volendo.
Era una scena davvero comica. La gamba non si alzava quanto avrebbe voluto per spaccarle la faccia, e lei che continuava a ridere, mentre Elbert rimase immobile, come pietrificato.
«Elbert?»
Il suo volto si girò lentamente, verso di lei... con sguardo fisso davanti a sé, la testa era l'unica cosa che si muoveva.
Deglutì spaventata.
«Sì mio...» sibilò la donna.
«Eh no bella mia!» affermò Giuliet, voleva davvero suonagliele.
Poi lo sguardo di Elbert tornò fisso su di lei, bisbigliò, piano piano.
«Cosa?» chiese, non capendo cosa cercasse di dirle suo marito.
«È un fantasma!» bisbigliò con voce strozzata «un fantasma sulla mia faccia. SCAPPA!» gridò, per poi fuggire trascinando Giuliet.
La donna di ghiaccio rimase pietrificata. Aveva fallito.
Il suo potere su quell'uomo non aveva funzionato. Aveva vinto la paura, sulla sua bellezza.
Il suo incanto, le sue parole avevano fallito per la prima volta nella sua esistenza. Li guardò da lontano fuggire verso l'albero, dove ai due fratelli era impossibile entrare.
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