13. PRINCIPE DI CHE?
Come un pregiudicato, George veniva messo spalle al muro. Rinchiuso in una delle stanze dell'antica villa Ariston, con un solo filo di luce che attraversava le spesse finestre rosso cadmio. Seduto ad una scrivania, si trovava in gran difficoltà.
«Tu sai qualcosa che io non so!»
«Mi chiamo George, no? Credo che sai tutto...»
«Se non vuoi che dica l'accaduto a tuo padre, devi dirmi tutto!» Il tonfo delle mani di sua madre su quella scrivania lo fece sobbalzare, per la prima volta si sentì come un assassino alle strette, interrogato dai più feroci poliziotti. Aveva ormai imparato a conoscere sua madre, sapeva essere gentile, ma molto spesso era caparbia e pericolosa. Una persona che non si arrende, finché non raggiunge il suo obbiettivo. Katie aveva ereditato senza dubbio il suo stesso carattere. Preso dalla sprovvista e dalla paura di esser scoperto a mentire; iniziò a pensare alle possibili soluzioni, ma il suo poliziotto non poteva aspettare, così rispose di getto la prima cosa che pensò:
«È un mago!» balbettò.
«Cosa?»
«Sì, sono piccole orecchie che si comprano nei negozi di travestimento; su un cerchietto per capelli mettono due orecchie e...»
«Mia figlia sta con un...»
«Le piacciono i gatt...razze»
«I gatti razze?»
«Che situazione...»borbottò, poi l'illuminazione.
«Senti, promettimi che se ti dico la verità, non dirai nulla a mio padre? Una promessa tra figlio e madre!» «Sputa il rospo!».
«Un quadro in casa mia che rappresenta i tuoi nonni... non ti sembra strano? E... se fossimo...»
«Parenti?»
«Stavi pensando la stessa cosa?» Un brivido li percorse, il pensiero di una notizia simile, li preoccupava non poco.
"Non può essere!" I sentimenti che stavano nascendo in Katie per quel ragazzo era innaturale, per un legame di sangue. Doveva scoprirlo. E quando sentì i passi del padre arrivare, non ci pensò due volte a chiedere informazioni. Corse verso di lui e lo tirò incurante di far cadere lo scatolone pieno di libri che portava.
«Ehi, Katie che ti prende?»
«Papà, chi sono questi?»
Suo padre compiaciuto, posò lo scatolone a terra, avvicinandosi piano ad ammirare il dipinto. Imprigionò il mento tra il pollice e l'indice, inclinando leggermente il capo, mormorando. Katie e James attesero impazientemente una risposta, e per un attimo fermarono il loro respiro quando Elbert si girò, raggiungendo Katie, dandole un colpetto sulla spalla.
«Curiosa come la madre, ma... non ne ho la minima idea!» E i due rimasero inorriditi.
«Il quadro appartiene agli ex proprietari di questa villa papà...» spiegò George, scendendo le scale, sventolando un libro. «Perché non leggi i libri che conservi con tanto amore?»
«Perché si rovinano. Dammi qua!» Prese il libro e lo tenne stretto a sé, lo pose sulla scatola dei libri e salì per l'enorme scala che portava alle stanze superiori.
«Come sarebbe George?»
«A quanto pare, questa villa in passato apparteneva alla tua famiglia James, ma c'è un altro problemino...»
«Quindi perché per tutto questo tempo sono stato costretto a vivere in quell'ufficio, cosi ricco di cianfrusaglie?» si chiese James, mentre ad un tratto come per magia sbucò la sua futura suocera.
«Ohhh!! Povero ragazzo, vuoi che ti porti del tè? Puoi vivere qui, con la tua promessa sposa caro. Vieni con me...»
«Ehm... George, che sta succedendo?» chiese James, mentre confuso si lasciò tirar via.
«Ehm, Eli!» borbottò George grattandosi la testa, mentre insieme i due fratelli fissavano l'immagine di Giuliet che portava via con sé il giovane demone.
«Allora... non ho tanto tempo», iniziò Giuliet sorridendo. Si avvicinò al ragazzo, James si scostò spaventato da quella strana gentilezza. La madre di Katie non si arrese e si fece spazio mettendo il braccio attorno a quello di James, portandolo a braccetto.
«Ti prego, non uccidermi!» il timore di esser caduto in una trappola, e di esser stato scoperto, lo fece rabbrividire.
«Vuoi che ti prepari un bel bagno caldo?»
«Signora, sono appena le 10 di mattina. "Vorrà uccidermi con un bagno di acqua santa? Se è come sua figlia posso esser salvo. Ai demoni bianchi, l'acqua santa non fa nessun effetto"», mentre James pensava a cosa stesse andando incontro. Katie guardava suo fratello con occhi stretti.
George prese la sorellina per un braccio e se la portò con sé. Entrarono, dove sarebbe diventata la stanza di lei.
«Allora, cos'hai combinato adesso, cosiddetto fratello maggiore?»
«Beh tua, o meglio, nostra madre vi ha visto. Stava per scoprire tutto...»
«Allora?»
«Allora?... sai dire solo questo?»
«Sputa il rospo!»
«Che caratterino». George si sedette su una piccola sedia che uno degli addetti dei traslochi stava per portar via, l'uomo rimase lì ad aspettare.
«Allora a chi devo chiedere per sapere?»
George si alzò e l'uomo ne approfittò per prendere la sedia.
«Tu non conosci nostra madre, quando diventa nera... sono stato costretto!»
Katie l'afferrò per la camicia. «Che cosa hai fatto?»
«Non hai bisogno di conoscerla, sei uguale!»
Il giovane allontanò la sorella e si sedette sul suolo con un tonfo, poiché la sedia era stata portata via.
«Stupido!»
Intanto nei pressi della villa, James era in esplorazione con la madre Giuliet.
«È inutile che fai finta. Mio figlio mi ha raccontato tutto, so chi sei veramente...»
«Davvero?»
«Si, appena l'ho detto a Elbert è rimasto così contento che si è ricreduto su tutto. Vedo dinanzi a noi una vita di giustizia, onore e potere! Perciò, ben venga un matrimonio!»
«Mi scusi? L'ha detto a suo marito?»
«Certo...ne è rimasto felicissimo»
«Non vuole uccidermi?»
«Hahaha i principi hanno il senso dell'umorismo».
«Principe? "non ricordo di aver detto di essere un principe"» pensò.
Nell'ora di pranzo, la famiglia si riunì nella futura sala da pranzo. L'ingresso aveva un portone di legno e in cima una leggera curva in pietra, con al centro un piccolo simbolo: Uno scudo con una testa di drago in profilo. La stanza era illuminata da finestre, alcune con tende rosse, altre ancora spoglie, in attesa di essere del tutto rivestite.
Le pareti erano in mattoncini rossastri. Una spara chiodi era rimasta su una sedia posta ad un lato di una delle finestre. Dall'altro lato della stanza una vetrinetta in legno, con piattini e brocche, aspettava di essere riempita del tutto. Seguita da mobili in legno ed un grandioso orologio, affiancato da spade poste ad incrocio, sotto un simbolo che richiamava quello posto al centro dell'arco della porta.
La stanza era molto grande. Nella parte opposta un divano, e oggetti lasciati dagli operai tra cui tavole sporche di pittura. Al centro un tavolo lunghissimo in legno.
Katie voleva a tutti i costi avvertire il demone, ma purtroppo la notizia si era già propagata...
Giuliet aveva detto ormai tutto ad Elbert...
«Un giovane principe esiliato dal suo regno, per via di un dittatore spregevole e ora cerca un modo per riavere il suo trono!...»
«L'hai inventata grossa» bisbigliò Katie al fratello George, mentre morsicava un pezzo di bistecca.
«George mi ha detto tutto...» continuò... James era rimasto sconvolto dalle parole della donna, non era poi così diverso dalla realtà, ma tutte le carte in tavola non erano ancora state scoperte. Elbert si alzò dalla lunga tavola imbandita degli antenati.
Sembrava essere molto antica, Katie a stento riusciva a rimanere ferma con le gambe sotto il tavolo, aveva sempre quella strana sensazione che il tavolo avesse ancora delle ragnatele alla sua base con la possibilità di qualche ragnetto. Al centro un grosso lume con candele e fiori che James aveva raccolto con la sua cosiddetta "futura suocera" Giuliet.
Tra tutti quei fiori spiccava uno blu a cinque petali con sfumature celesti, che attirò molto l'attenzione di Katie, James che la fissava se ne rese conto.
Era stato proprio lui a coglierlo con l'intenzione di regalarglielo, ma con la strana situazione l'aveva dimenticato tra gli altri.
«Elbert» chiamò Giuliet, «Che cosa fai in piedi?»
«Sto pensando...» fecce un sospiro profondo, afferrò un calice di vino e lo portò in su, quasi ad indicare l'enorme lampadario di gocce di vetro soffiato.
«Brindiamo alla nostra nuova casa, affidata dai nostri antenati, che possa ospitarci e mantenerci per molto tempo... E brindiamo al principe che possa riavere il suo regno... ehm, come si chiama ragazzo?»
In quell'istante una tosse colpì George.
«Andata storta la cassata?» lo rimproverò Katie.
«Certo il dolce!» Entusiasta Giuliet batté le mani, ma Elbert non si fermò, continuò con le sue domande «Come si chiama il regno?»
«Papà... visto che è stato George a dirti il nostro segreto, credo che tocchi a lui dirlo» interruppe Katie, mentre con calma assaggiava del vino e intanto George era quello che prima se la rideva, e ora, era quello che piangeva per via di un boccone andato di traverso.
«Il mio regno si chiama KuonGH» disse James, abbassando lo sguardo da quello di Katie.
Lei non fece caso alle parole del demone, perché uno strano presentimento la colpì.
In un attimo vide una luce abbagliante riflettersi alla vetrinetta davanti a lei e alle spalle di James.
Erano lampi. In un attimo il cielo si era oscurato e nuvole tempestose l'assediarono. In un attimo il buio.
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