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IL GIORNO DOPO
Guardando attraverso la vetrina sporca di Dunkin Donuts, ammirai silenziosamente la fredda giornata fuori. Era come se l'universo avesse saputo che oggi sarebbe stato un giorno triste per tutti, così lo fece diventare uno dei giorni più freddi dell'anno. Le persone a stento ci passavano davanti, ancora meno quelle che osavano entrare nell'edificio. Tipicamente tutte le mattine di domenica erano calme, ma questa era particolarmente patetica. Quasi desiderai che qualcuno entrasse per salvarmi dai miei pensieri, ma d'altra parte, odiavo socializzare con i clienti.
Il mio capo gemette in frustrazione mentre puliva degli elettrodomestici in cucina, fermandosi momentaneamente per togliersi una ciocca di capelli dalla faccia. Era infastidita da ogni impiegato che lavorasse in quel momento, da me in particolare. Il mio telefono aveva continuato a squillare incessantemente; tanto che mi chiese di silenziarlo o di lasciarlo in macchina. Dopo averle dato uno sguardo esausto, lo misi in silenzioso e proseguii con il mio incarico.
Addison mi corse dietro e si sedette casualmente sul bancone intanto che io trafficavo con la cassa e cercavo di sembrare impegnata. "Allora" canticchiò. "Come è andato il concerto?"
Cercai di non urlare quando la colpevolezza e il rammarico mi travolsero, ricordandomi dolorosamente il frettoloso viaggio fino a casa. "È andato bene" mentii, sperando che avrebbe lasciato stare l'argomento.
"È andata bene? Erano fighi?"
Prima che potessi persino pensare a un modo per sviare la domanda, il mio capo si intromise tra di noi come un muro, con un cipiglio e un grembiule macchiato. "Scusate, signorine, ma questa non è l'ora di socializzare" constatò in modo arido. Alzai un sopracciglio e ritornai lentamente a toccare tasti a caso sul touch screen che usavamo per prendere gli ordini.
Alla fine feci scivolare il telefono nel piccolo grembiule legato attorno alla vita e aspettai pazientemente che un cliente arrivasse. Avevo quasi cinquanta messaggi non letti e tre chiamate perse, tutti quanti dai ragazzi. Michael mi aveva praticamente spammato la vita, mentre Luke aveva mandato solo un paio di messaggi, tra il deluso e l'arrabbiato e il sinceramente preoccupato.
Michael: non smette di piangere Ruby cosa faccio?
Michael: perché te ne sei andata però?
Michael: aspetta ha smesso ora non vuole parlare con nessuno
Feci una smorfia, aprendo con riluttanza la conversazione con Luke e sbirciando tra i messaggi.
Luke: era per colpa mia?
Luke: stai bene?
Luke: ovvio che succede a me. non sono nemmeno sorpreso
La porta si aprì e tutti alzarono lo sguardo con entusiasmo. Sorrisi quando vidi la familiare figura che si stava avvicinando al banco.
"Adrianna!" esclamai, allungandomi per abbracciarla. Mia sorella salutò con entusiasmo il mio capo- il quale era seduto su un banchetto vicino al retro, accigliato a qualcosa che stava leggendo sul telefono. Sbuffò in risposta, senza preoccuparsi di alzare lo sguardo.
Adrianna mi scocchiò le dita davanti. "Andiamo, troietta, non ho tutto il giorno! Voglio il solito."
Risi, prendendo una ciambella glassata e preparandole velocemente una porzione large di caffè freddo al caramello. "Offre la casa" dissi in tono sarcasticamente incantevole.
Alzò gli occhi al cielo. "Stavo per pagare con i tuoi soldi comunque."
Chiaccherammo dalle parti opposte del bancone, discutendo di cose noiose come il tempo o la macchina nel parcheggio con un cazzo disegnato sul parabrezza ricoperto di brina. Lei affermò di essersi presentata perché era preoccupata per il mio benessere, ma avevo la sensazione che nostra madre l'avesse altamente incoraggiata a farla venire.
Eravamo tanto prese dalla conversazione che non riuscimmo a riconoscere i clienti che si stavano avvicinando al bancone. Infatti, non li guardammo per davvero fino a quando uno dei due non si schiarì la gola.
"Porca troia...Luke?"
I suoi occhi azzurri, i quali normalmente luccicavano di felicità e un pizzico di malizia, in quel momento erano noiosi, con uno sguardo fisso. Osservai attentamente quando si posarono su di me e guardarono con desiderio la mia immagine, per poi lentamente sgranarsi con sorpresa. Deglutì con forza, incapace di trattenere un sorriso. "Ruby! Oh mio Dio!"
Mi precipitai dietro al bancone e mi ritrovai travolta in un lungo e forte abbraccio. Nonostante la sua inebriante cologna e la sua letale avvenenza, non potevo fare a meno di sentire che qualcosa andasse storto. Eccolo lì: il ragazzo che avevo aspettato mesi di incontrare, e non ero nemmeno entusiasta?
Michael mi abbracciò in seguito, anche se per poco. Si chinò per sussurrare, "Sapevo che lavorassi qui. Luke doveva uscire da quella dannata camera d'albergo e c'era solo un Dunkin Donuts in tutta la città." Si allontanò, cercando chiaramente di nascondere che mi avesse detto qualcosa, e fece un largo sorriso. Dopo si unì a mia sorella, che era a lato, ed entrambi fissarono me e Luke.
"Dio" sussurrò, ancora esaminandomi con stupore. "Sei così bella. Sei, tipo, ancora meglio di persona. Beh, voglio dire, sei bella anche in foto e tutto, ma alcune persone sono belle in foto e non nella vita reale. E poi ci sei tu...praticamente perfetta."
Mi dondolai avanti e indietro, intrecciando ansiosamente le mani dietro alla schiena. "Luke, possiamo parlare in privato?"
Annuì.
"Addison, prendi il mio posto alla cassa!" Feci l'occhiolino a Michael prima di trascinare Luke fuori. Proprio prima che la porta si chiudesse dietro di noi, sentimmo le urla da fangirl di Addison.
Mi posizionai di fronte a lui, rimpiangendo seriamente la decisione di averlo portato fuori dal momento che ero coperta solo da un leggero maglione e dai pantaloni da lavoro. Luke non perse tempo a darmi la sua giacca, l'accettai con gratitudine. Incrocia le braccia al petto e ci guardammo negli occhi.
Giudicando dalle notevoli borse sotto ai suoi occhi, era evidente che non avesse dormito. I suoi capelli scompigliati erano piatti e i suoi vestiti neri lo facevano sembrare misterioso. Anche nel suo stato depresso era innegabilmente attraente.
"Prima che tu dica qualcosa" disse, alzando una mano per fermarmi dal parlare. "Voglio sapere perché te ne sei andata."
Sospirai e calciai un sassolino ai miei piedi. "Ho avuto un attacco di panico stando nella folla. Mi sono impanicata e sono corsa fuori. Non era per te."
Annuì comprensivo, contraendo le labbra da un lato. Poi iniziò a sorridere. "Nemmeno importa, tu sei qui ora."
Feci un passo indietro quando le sue mani finirono sulla mia vita."No, Luke, questo non cambia nulla. Non possiamo continuare a comportarci come se fossimo fidanzati. È tossico."
"Ruby, possiamo farlo funzionare-"
"No, non possiamo" constatai freddamente, avvolgendo stretta intorno a me la sua giacca per salvarmi dal forte vento. "Solo perché ci siamo incontrati non significa che possiamo uscire. Solo perché tu sei qui in questo momento non significa niente. Perché fingiamo come se potessimo far funzionare la nostra relazione? Sei in tour. Sei innamorato di qualcun'altro, che cazzo!"
Si rattristò pian piano che gli sbraitai contro.
"E dopo ti fai vivo per scelta al Dunkin Donuts in cui io capito di lavorarci, e cosa? Ora siamo tutti felice e contenti?" chiesi, alzando la voce per sembrare meno aggressiva. "Siamo ancora all'estremità opposte del mondo. Per non parlare di te che sei ancora innamorato della tua ex e io non voglio competere con lei."
"Non c'è competizione, Ruby," disse dolcemente, avanzando verso di me. "Ci sei solo tu."
"No, Luke, è quello che sto dicendo. Non è nero e bianco così. Non riesco a reggere una relazione a distanza. Trovami tra un paio di anni e possiamo provarci ma hai tanto da offrire al mondo e così anch'io. Non voglio intromettermi nella via del tuo successo, non voglio una relazione a distanza, non voglio che tu sparisca per i prossimi otto mesi. Okay?"
Scosse la testa in negazione. "Farei qualsiasi cosa per te, Rubes, lo sai."
"Eccetto che non lo farai, perché questo è il nostro addio. Non possiamo continuare a farci questo -fingere che funzionerà. Sapevamo che non ci sarebbe mai stato un lieto fine."
Si asciugò una lacrima e sbatté le palpebre più volte per prevenirne altre. "Capisco."
Girai sui tacchi e incominciai ad allontanarmi, ma mi prese il polso e mi tirò verso di lui. "Posso ancora baciarti?" chiese, avvicinandosi pericolosamente.
Sospirai. "Sì."
Chiusi gli occhi mentre mi tenne stretta a lui, chinandosi e -mai così dolcemente- premendo le sue labbra sulle le mie. Erano screpolate per il tempo, ma ancora celestiali. Mi fece quasi ritirare tutto quello che avevo detto e scappare con lui, ma poi si allontanò ed eravamo tornati alla nostra truce realtà.
Michael fece capolino e ci osservò attentamente. "Addison dice di volere una foto con te, Luke. Puoi venire quando avete fatto?"
"In verità," dissi. "Noi abbiamo finito. Addio, Luke."
"Addio, Principessa."
Michael e Luke si scambiarono sguardi quando passarono uno accanto all'altro, in seguito la porta si chiuse ed eravamo solo io e Michael.
"Gli ho spezzato il cuore"
Annuì.
"Gli ho spezzato il cuore perché sapevo che lo avrei distratto durante il tour. Sarebbe uscito dalla band se non lo avessi fatto. Ma gli ho anche distrutto i sogni e rotto il cuore in due e porca puttana, sono una persona cattiva!"
Michael mi diede un abbraccio confortante, tracciando lentamente cerchi sulla mia pelle. "Non sei una persona cattiva; hai fatto quello che era meglio per lui. Lo aiuterò io attraverso tutto questo, non ti preoccupare."
Tirai su col naso. "Non gli ho nemmeno detto che l'amavo."
"Oh, lui tornerà. Non molla così facilmente."
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