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S e d i c i

La ragazza aveva ascoltato ogni singola parola uscita dalla bocca di Draco da fuori la sua porta, ma solo una le era rimasta impressa nella mente. Jòsephine.

L'aveva chiamata col suo nome per la prima volta in tutta la loro vita.

Scattò via dal letto su cui era stata distesa a pancia in giù con il viso immerso nel cuscino per tutta la giornata nel silenzio più totale, nonostante Pansy avesse cercato di tirarle su il morale. Anche Bizet si era accorto che qualcosa non andava e aveva cercato di attirare la sua attenzione senza alcun risultato. Dopo essersi arreso, si era limitato a dormire sulla sua pancia per farle compagnia.

Non si aspettava che Draco venisse per sapere come stava. Avrebbe voluto rispondergli e dirgli che non stava bene e confessargli il motivo, ma aveva paura. Temeva che potesse vederla di nuovo con occhi diversi. Eppure, dopo aver sentito il suo nome pronunciato dalla sua voce e il rumore dei suoi passi che diventavano sempre più lontani, si affrettò ad aprire la porta di qualche centimetro.

Draco non arrivò tanto lontano e, infatti, dopo aver sentito il cigolio della maniglia che veniva tirata giù, si voltò per vedere la porta di Josephine semiaperta. Non perse un solo secondo di più che si fiondò di nuovo davanti all'entrata della stanza e poggiò cautamente il palmo della sua mano sull'uscio, "Sicura che posso entrare?" Mormorò, assicurandosi che lo volesse veramente.

"Vieni." Rispose lei a bassa voce. Lentamente, Draco entrò per la prima volta nella sua camera, ed era esattamente come se la immaginava. Prima di focalizzarsi su di lei, si soffermò sulle pareti verdi tappezzate di quadri di fiori, un ritratto di Bizet e dipinti di paesaggi e tramonti.

Era come se la camera fosse divisa in due parti dallo spazio in mezzo ai due letti: a sinistra Josephine e a destra Pansy. La parte di quest'ultima era perfettamente ordinata; sul muro c'erano due quadri dipinti, chiaramente, da Josephine e una foto della ragazza insieme alla sua famiglia. Sulla sua scrivania erano disposti in modo impeccabile i libri e i quaderni con il calamaio accanto e la piuma. Il letto era ben fatto, senza alcuna piega sulle coperte.

La parte di Josephine, invece, era decisamente la rappresentazione del disordine. Il verde scuro delle pareti era praticamente coperto dalla sfilza di piccoli quadretti in cui uno di essi ritraeva addirittura un'arpa e un altro ancora un vassoio di biscotti. Le ante dell'armadio erano spalancate e mostravano tutti i suoi vestiti. Sulla scrivania non c'erano libri di scuola, i quali invece erano posti su uno scaffale vicino l'armadio. Al contrario, era rivestita di fogli, alcuni scarabocchiati e altri con disegni colorati. L'astuccio delle matite colorate era completamente aperto e accanto ad esso c'erano tre vasetti di vetro con almeno diciassette tipi diversi di pennelli. La valigetta di legno chiaro e la tavolozza erano posti sul comodino accanto al letto sfatto, con vicino due libri da cui fuoriuscivano i segnalibro. Gli altri numerosi libri erano su uno scaffale accanto alla finestra. Il cavalletto che usava per tenere la tela era appoggiato contro il lato sinistro dell'armadio e il gatto dormiva beato sul cuscino della ragazza.

Dopo aver esaminato accuratamente la camera, Draco si concentrò su Josephine, in piedi davanti alla finestra mentre gli dava le spalle. Indossava una maglietta nera a maniche corte con i pantaloni neri della tuta mentre i suoi piedi scalzi poggiavano sul pavimento di legno freddo. Non si era mai mossa da lì da quando lui aveva messo piede lì dentro e non aveva detto alcuna parola.

"Quindi?" Interruppe bruscamente il silenzio con le mani infilate noiosamente nelle tasche dei pantaloni, "Che succede?"

Josephine non mosse un muscolo mentre si accarezzava il viso per il disagio che provava in questa situazione. Ora aveva ancora più paura, ma ormai Draco era qui e non poteva tornare indietro, "Chiudi la porta." Ordinò fermamente a bassa voce. Draco fece come gli aveva detto prima di fare dei passi verso di lei, "No, fermo-" Pronunciò rapidamente mentre lo sentiva avvicinarsi.

Lui, spazientito, roteò gli occhi, "Mi spieghi cosa ti prende?" Alzò la voce, "Stavo cominciando a pensare che il tuo ammasso di peli stesse mangiando il tuo cadavere."

"Sono stata qui solo un giorno."

"E non è da te, perciò spiegami." Insistette.

Josephine fece un respiro profondo e scosse la testa, "Ci sono un po' di cose di me che non ti ho detto." Mormorò con voce insicura. La mente di Draco schioccò subito sui suoi genitori e chinò la testa, guardandosi le scarpe. Non riusciva a guardarla, "Quello che ti sto per dire e far vedere lo sa solo Pansy, solo perché è la mia compagna di stanza."

"Che mi dici di Nott?" Domandò, perplesso.

"No, non ne ha idea, ho chiesto a Pansy di mantenere il segreto perché..." Esitò un secondo per guardare i suoi piedi nudi.

"Perché?" Draco la incitò.

"Perché me ne vergogno amaramente."

Dalla sua risposta, a Draco sorse spontaneamente una domanda, "Se ti vergogni perché ne stai parlando con me?"

"Perché mi hai chiamata per nome." Draco alzò i suoi occhi sgranati su di lei, notando il suo tono meravigliato dal gesto. In effetti, gli era venuto naturale chiamarla per nome, "Sono la prima persona che chiami per nome."

Ed era proprio vero, solo che Draco non l'aveva mai notato. Lei era la prima, di nuovo, "Oh, già." Mormorò, dimostrandosi distaccato.

"Se l'hai fatto significa che in qualche modo ti fidi di me o qualcosa del genere." Continuò a parlare mentre lui annuiva, "Questo mi ha fatto agire d'istinto e ho pensato di rivelarti il mio più grande segreto."

Alle sue parole, Draco rimase disorientato poiché pensava che la morte dei suoi genitori fosse il suo più grande segreto. Perciò aveva più cose da nascondere.

"Non so se Teddy te lo ha detto, ma sono scappata qui dopo che lui mi aveva detto di aver notato una macchia scura sul mio viso." Spiegò, facendogli capire che non si trattava di ciò che stava pensando. "Ti prego, non farmene pentire..." Sussurrò.

"Non lo farò, Jòsephine."

"Ho una malattia della pelle molto rara." Sputò tutto d'un fiato.

Draco si accigliò istintivamente mentre metabolizzava la notizia, "Che cosa?" Chiese piano.

Josephine si voltò lentamente per farsi vedere in viso e Draco rimase a bocca aperta. Quelle che prima erano piccole e leggere lentiggini sul suo naso e sui suoi zigomi, ora erano più marcate e simili a delle macchioline rotonde, proprio come aveva detto Theodore.

"È talmente rara che nemmeno i medici l'hanno riconosciuta la prima volta che mi hanno visitata." Confessò, senza smettere di guardare in basso. Non aveva il coraggio di guardarlo in faccia, "Ce l'ho da alcuni anni e aumenta sempre di più." Il suo tono imbarazzato e rattristato, "Quelle che avevo prima non erano vere e proprie lentiggini, erano solo un accenno di quello che ho ora. Credevo che sarebbe peggiorata gradualmente e invece di colpo mi sono ritrovata così." Ridacchiò nervosamente.

Draco ascoltò le sue parole mentre viaggiava con gli occhi su tutto il suo corpo, dove erano presenti dei punti scuri qua e là.

"Mi sono spaventata quando Teddy mi ha detto che una macchia era spuntata in un solo minuto, temevo che potessero spuntare altre così sono corsa via. E infatti è successo, nel tempo di quattro minuti sono cresciute altre macchie. Come aumentano potrebbero anche diminuire, ma l'unico problema è che non so come e quando." Finì di parlare e cadde il silenzio mentre aspettava che Draco dicesse qualcosa.

Lui stava ancora elaborando l'informazione ricevuta, "Perché non sei uscita da qui, quindi?"

Appena sentì questa domanda inaspettata, Josephine lo guardò con un'espressione scioccata, "Ma non mi vedi? Sono un mostro." Si indicò il viso, "Questo penseranno quelli che mi vedranno in queste condizioni-"

"Io non l'ho pensato." Draco la interruppe con voce ferma, "Inizialmente sono rimasto confuso, ma è finita lì." Alzò le spalle. Il suo modo di parlare così naturale e spontaneo lasciò Josephine esterrefatta.

"Sul serio?"

"Tu hai seriamente paura di farti vedere così?" Sconcertato, pose un'altra domanda mentre puntava il dito lungo tutto il suo corpo.

"Certo che ho paura. Le persone giudicano per ogni piccola cosa e lo farebbero anche per questo, anche se non dipende da me. Direbbero che sono un mostro e che sembro un rettile con queste macchie." Si denigrò duramente mentre si toccava le braccia.

"Il serpente è un rettile, quindi rappresenteresti a pieno la tua casata." Commentò Draco con l'intento di smorzare un po' la situazione e di tirarla un po' su di morale. Josephine ridacchiò leggermente mentre guardava il piccolo sorriso che era spuntato sulle labbra del ragazzo, "Comunque sono serio." Riprese a parlare, "Io sono il primo che si preoccupa del giudizio degli altri e che giudica, ma non ho intenzione di farlo con te." Fece dei passi verso di lei, "C'è di peggio di delle lentiggini perché fondamentalmente sono quelle. Magari la gente ti può guardare storto per un attimo, ma sono sicuro che dopo alcuni giorni se ne dimenticherà. Non è un cambiamento così drastico in fin dei conti." Mormorò gentilmente.

Josephine rimase senza parole. Draco aveva raso al suolo le sue preoccupazioni, nonostante quelle che le aveva detto fossero state fondamentalmente le stesse parole che le avevano ripetuto la zia Maryam e Pansy per anni. Ma per il fatto che fosse stato proprio Draco a dirlo, si sentiva stupida ad aver avuto paura dei giudizi altrui. La naturalezza con cui aveva parlato le aveva fatto aprire gli occhi. Draco non voleva né consolarla né farle cambiare idea, le aveva semplicemente riferito quello che pensava e lei l'aveva capito. Ne aveva bisogno e fu contenta di averne parlato con lui.

Alzò lentamente lo sguardo sul ragazzo davanti a lei a pochi centimetri di distanza e lo osservò analizzare il suo viso prima di spostare gli occhi nei suoi, guardandosi in silenzio. Il respiro caldo di lei sul suo mento e il respiro caldo di lui sulla sua fronte mentre studiavano i particolari dell'altro.

Le iridi di Josephine erano di un grigio molto tendente al celeste con dei puntini gialli accanto alle pupille e davano a Draco una sensazione di delicatezza e dolcezza mentre sbatteva velocemente le palpebre.

Gli occhi di Draco erano di un azzurro limpido con un pizzico di grigio, era come se Josephine stesse guardando il cielo durante una giornata di sole in primavera e vide della scioltezza in essi.

"Sei sempre uguale, comunque." Draco confessò timidamente, "Non ti vedo in modo diverso."

Josephine sorrise e ridacchiò con imbarazzo, prendendo le sue parole come un complimento, "Ne sono lieta."

Draco tirò leggermente l'angolo della bocca, senza interrompere il contatto visivo prima di ricordarsi che la cena era probabilmente terminata da vari minuti e che presto tutti sarebbero tornati nei loro dormitori, "Io vado." Fece un semplice cenno col capo e indietreggiò mentre allungava la mano per aprire la porta.

"Draco?"

Si irrigidì, appena sentì il suo nome pronunciato dalla sua morbida voce. Si voltò mentre la guardava con le dita delle mani intrecciate e i piedi che si mettevano in punta di piedi per poi ritornare a terra velocemente, come se fosse in imbarazzo. Lei lo guardò con un sorrisetto tenero, "Grazie." Mormorò gentilmente.

Sulle labbra di Draco spuntò un sorriso sincero, "Sistema la tua camera e ti voglio fuori di qui domani mattina, Jòsephine." Ordinò fermamente prima di aprire la porta e uscire.

Prima di svoltare l'angolo e avviarsi verso la sua camera, venne fermato di nuovo dalla voce della ragazza, "E comunque si dice Josephine." Pronunciò il suo nome con l'accento sulla i.

Draco inarcò un sopracciglio mentre la guardava appoggiata contro lo stipite della porta, "E io cosa ho detto?"

"Mi hai chiamata Jòsephine, con l'accento sulla o." Incrociò le braccia al petto con un sopracciglio alzato, tornando la ragazza di sempre.

Vedendo che il suo atteggiamento era tornato come prima, Draco fece lo stesso, "Non rompere, per me è meglio Jòsephine." Affermò con voce severa, "Già è tanto che ti chiamo per nome, fattelo andar bene."

Josephine arricciò il naso e scosse la testa divertita, "A domani, Don Freezer." Lo salutò, chiudendo la porta.

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