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48 Tutti i per sempre portano il nostro nome

Lea non fece alcuno strappo alla regola, e non mi baciò più. Chiaramente facemmo comunque altre cose, tutte piacevoli. Insistetti per dormire con lei, lasciandole scegliere tra casa sua o il mio attico in affitto. Rifiutò.

«Non ha senso, partirai sabato, mi abituerò ai miei incubi» mi disse il mercoledì.

«Non ho ancora preso i biglietti.»

«Ma partirai sabato, giusto?»

«Salvo allarmi bombe, tempeste tropicali, incendi, guasti al motore, attentati di stampo islamico...»

«Trevor.»

«Sì. Partirò sabato.»

Poi feci l'amore con lei, ed era sempre bellissimo, ma avrei voluto baciarla mentre lo facevamo.

Ci presentavamo ogni giorno in ritardo sul ring con Andrey perché ci perdevamo l'uno nell'altra tra le lenzuola, e il mio amico russo me la faceva pagare con i suoi ganci che dovevano essere dimostrativi per Lea, e che invece non lo erano abbastanza.

Al poligono la mia bambina non aveva bisogno di me, ma andavo lo stesso.

«Tu non spari neanche oggi, signor Baker?» mi chiese uno di quei giorni.

«Sono capace.»

«Anche io.»

«Tu non hai mai sparato a una persona, Lea.»

«Ne sei sicuro?»

Me lo chiese senza alcuna punta di ironia nella voce e lo sguardo serio. Chissà quante cose non avrei mai saputo di lei.

«Voglio solo partire e saperti in grado di difenderti da rapinatori di locali notturni e stupratori tossicodipendenti fino al mio ritorno.»

Saperla al sicuro da Viktor e Sebastian sarebbe stato impossibile. Il suo sguardo rimase serio, il verde dei suoi occhi più scuro del solito.

«La tua mano non è guarita, Trevor?»

No. Non era guarita abbastanza, ma la usai per spostarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Quando lo facevo lei inclinava la testa per sentire meglio il mio tocco e finiva che l' accarezzavo sulla guancia. Sempre. Immancabilmente. «Il grilletto lo premo con la destra.»

«Ma tu mi hai insegnato che per il controllo dell'arma è importante la mano debole, quindi la sinistra.»

Sospirai. In quei giorni ero più stanco del solito. «Tu non ti devi preoccupare di niente.»

Sorrise e mi sentii meno stanco. «Smetterai mai di ripeterlo, signor Baker?»

«No. Mai.»

E mi posò un bacio all'angolo della bocca. Non volevo partire. Eppure lo feci.

***

Provate a bonificare decine di milioni di dollari verso una controparte fuori dai confini di residenza passando da una banca. Provate, e nella migliore delle ipotesi rifiutano di effettuare la transazione, invitandovi a tornare con materiale e documenti a supporto dell'operazione.

A supporto dell'operazione io avevo solo le minacce di morte di Viktor, una truffa internazionale ai danni del più grande mercato azionario del mondo e un debito contratto con i peggiori criminali russi a seguito di un crack finanziario pilotato.

Ma io non avevo bisogno di una banca, dato che avevo un wallet in bitcoin, ed era lì che erano finiti i primi cinque giorni di furti ai danni di Wall Street da parte di El Diablo. A trasferire la prima tranche del mio pagamento a favore dei Volkov impiegai meno di un minuto: giusto il tempo di inserire nella piattaforma la somma da inviare e l'address dei russi. Una decina di minuti dopo i Volkov videro l'accredito.

Semplice. Veloce. Efficace. Sporco.

***

E venne il sabato. Partenza da Milano Malpensa, anziché da Bologna, perché volevo una cazzo di vip lounge privata solo per me e Lea, e un'altra per i miei uomini. Avevo predisposto una notte in albergo per Lea a Milano e il suo ritorno con autista a casa per la mattina successiva, ma Denis aveva rotto i coglioni e alla fine la portò in aeroporto e l'avrebbe poi accompagnata anche a casa. La sua fastidiosa presenza venne meno nella lounge, dopo un viaggio in auto che mi aveva tenuto lontano dalla mia bambina.

Me la strinsi addosso non appena misi piede all'interno della sala d'attesa privata, piuttosto attrezzata ma lontana anni luce dal lusso sfrenato delle vip lounge che mi ospitavano frequentemente negli Emirati Arabi.

«Torno presto, bambina» le sussurrai per l'ennesima volta senza lasciarla andare.

«Perché non possiamo uscire da questo casino insieme, Trevor?»

La allontanai un po', tenendole il viso tra le mani. «Perché c'è un solo modo in cui possiamo uscirne insieme.»

«Quale?»

«Uscirne morti.»

Inclinò un po' il volto, sorridendo. «È un problema solo per te, signor Baker, perché a me vengono in mente almeno cento cose peggiori di questa.»

E io non ebbi dubbi. Ed ero anche d'accordo. Ma... «Se posso scegliere, Lea, allora voglio morire con te solo dopo aver anche vissuto molto a lungo in tua compagnia.»

«Mi sembra ragionevole. Ma io mi salvo da sola, ricordatelo.»

Le baciai la punta del naso, consapevole che presto non avrei più potuto farlo per un po'. La feci accomodare tra le mie braccia, sul divano comodo ma non comodissimo della lounge. Avevo fatto portare frutta fresca e lo stesso Champagne che le era piaciuto tanto nella spa dell'albergo settimane prima, ma avevamo entrambi lo stomaco chiuso.

Restammo in silenzio per un po', e cercai di rilassarmi e pensare il meno possibile, lasciando vagare le dita tra i suoi capelli.

Aveva avuto il suo incubo ogni notte, quella settimana. E ogni notte ero andato da lei, nonostante mi avesse detto che era stupido, dato che non avrei potuto fare lo stesso una volta partito. Lea però non mi aveva chiesto di restituirle le chiavi di casa sua, né mi aveva detto di non farne uso. Avevo ancora le chiavi con me, e mi avrebbero seguito a Londra.

«Ho una cosa per te» le dissi. Si drizzò a sedere, guardandomi. Era curiosa, ma per niente stupita. Accanto allo Champagne e alla frutta avevo fatto mettere due pacchetti delle dimensioni di un cellulare. Glieli consegnai entrambi.

Lea li prese con il sorriso dei bambini nel giorno del loro compleanno. I bambini felici, non quelli cresciuti da Sebastian Baker o Matteo Gessi.

«Prima questo» le dissi, indicandone uno.

Ne tirò fuori uno smartwatch di elegante fattura, in acciaio color cipria e il quadrante impreziosito da piccoli swarovsky. «Non l'ho ancora brevettato, è un modello unico al mondo, Lea. Come te.»

Alzò lo sguardo e per un attimo mi pentii di non averglielo fatto fare dello stesso verde dei suoi occhi, anziché rosa. Poi ricordai che quel verde era impossibile da riprodurre, e mi misi il cuore in pace. «Ha diverse funzioni... speciali. Mettiamola così.»

Le spuntarono le fossette sulle guance e arricciò il naso. Mi si sciolse anche lo stomaco.

«È una meraviglia, signor Baker.»

Se lo infilò e l'aiutai a trovare la corretta misura del cinturino. «Puoi tenerlo sempre, Lea: anche sotto la doccia, in piscina, in mare, nella bocca di un vulcano e nella pancia di una balena. Resiste a tutto. Vorrei che tu non te lo togliessi mai, perché...» non sapevo bene come proseguire.

«... ti serve per capire se sono in vita.»

Aveva capito. Sorrisi. «Sì, anche. Mi trasmette in tempo reale le condizioni del tuo battito cardiaco. Tra le altre cose, ecco.»

Mi baciò all'angolo della bocca con tenerezza e in quel piccolo spazio si soffermò con le sue labbra per un istante, che avrei voluto non finisse mai. Se mi fossi girato l'avrei divorata di baci famelici accompagnati da carezze infuocate. Resistetti a quella mortale tentazione.

«Ora questo» le dissi. Aprì l'altro pacchetto.

«Un cellulare super innovativo e super segreto con software super inviolabile?»

«Esatto» confermai, divertito. «Per favore, Lea, portalo sempre con te. La batteria va caricata ogni due settimane circa. Non è tracciabile da nessuno che non sia io, te lo posso assicurare. È già predisposto per inviare e ricevere chiamate e messaggi con un dispositivo identico in mio possesso. Il tuo si attiva solo con un comando vocale a tua scelta, ma solo la tua voce può sbloccarlo. A casa troverai le istruzioni per un comando vocale d'emergenza, ovvero uno che attiverà il dispositivo avvertendomi che sei stata costretta a farlo sotto minaccia.»

Aggrottò la fronte. «Pensi proprio a tutto, mister Sterlina.»

«Non avrei mai pensato di innamorarmi di te, miss.»

E poi fu silenzio, su quel divano comodo ma non comodissimo. I secondi avevano il profumo dei suoi capelli, i minuti il colore delle sue labbra, l'aria la morbidezza del suo corpo: il presente era pieno di Lea, il futuro colmo del vuoto che la sua assenza mi avrebbe lasciato.

Stavo per lasciare la donna che amavo in un paese che odiavo, per andare in un paese che amavo a fare cose che odiavo.

«Lea...»

«Mmh?»

«Me lo dai un altro bacio prima di partire?»

«Neanche per sogno.»

Avevo sperato in una risposta diversa, e supposi che la morte di ogni speranza fosse evidente nella mia espressione, perché aggiunse: «Ma se torni davvero ti bacio finché non sarai stanco di me.»

«Io non sarò mai stanco di te, bambina.»

«Allora ti bacerò per sempre, anche se io non credo nei per sempre.»

E salii sull'aereo senza il mio bacio, portandomi dentro la vigorosa convinzione che avremmo imparato insieme che se i per sempre esistono, allora portano tutti il nostro nome.

***

Londra mi accolse confermando il suo cliché: pioveva. Mi incamminai senza una parola verso l'uscita del gate, sapendo che quattro auto private con autista attendevano me e i miei uomini. In aereo avevo ascoltato un po' delle canzoni di quel rapper italiano che piaceva a Lea, quello con il nome corto che proprio non mi restava in testa. Non capivo bene i testi, ma alcune incontravano decisamente i miei gusti. Lea mi aveva caldamente consigliato Immorale, e la trovai azzeccata nel contenuto tanto quanto nel titolo.

Londra era grigia quanto il mio umore, forse per questo Andrey mi si avvicinò con una certa cautela.

«Quanto sei scoglionato da zero a centocinquanta milioni?»

«Quaranta miliardi.»

«Pensavo peggio.»

Continuai a camminare, Andrey al mio fianco che sembrava cercare il modo giusto di rovinare una giornata già merdosamente triste.

«Trevor...»

«Possiamo parlarne domani? Non credo di voler affrontare menate russe o inglesi fino a domani, Andrey.»

«Possiamo parlarne domani, certo...»

«Bene.»

«... ma è una menata italiana, non russa e nemmeno inglese.»

Mi bloccai, girandomi a guardarlo in faccia, mentre lui faceva lo stesso. «È una cosa che mi farà incazzare come una iena, vero?»

Lo vidi sospirare, e seppi che era un sì.

«Andrey, hai fatto una cazzata?»

«No, quello sei tu.»

«Parla.»

Lo vidi assumere l'espressione che gli si dipingeva in faccia ogni volta che cercava la maniera migliore di darmi una cattiva notizia. «Mi hai chiesto di indagare sul frocetto, ricordi?»

Improvvisamente il grigiore svanì, e dal profondo nero del mio animo iniziò a pulsare un rosso putrescente. «Cosa diavolo hai scoperto? Cristo, Andrey, se mi hai fatto partire senza dirmi che ho lasciato Lea con un cazzo di criminale pericoloso e inaffidabile giuro che t'ammazzo...»

«Il criminale pericoloso e inaffidabile sei sempre tu...»

«Andrey, porca puttana, cos'hai scopeto su Denis? E per quale fottuto motivo non mi hai detto di aver concluso l'indagine prima di partire?»

Fece una smorfia infastidita. «Non te l'ho detto perché avresti rinviato la partenza, Trevor. Ed era fuori discussione che la nostra permanenza potesse prolungarsi oltre.»

«Voi potevate tornare.»

«Non dire stronzate, non esiste un "noi" se tu abbandoni la nave per inseguire una vagina.»

Ero così teso che non ebbi il tempo di incazzarmi. «Cos'hai scoperto su Denis?»

«Niente.»

Accolsi la risposta con incredulità. «Quindi è pulito?»

«Immacolato.»

Immacolato. Immacolato non era una cosa buona. Lo capii subito. «Mi stai dicendo che Denis Cova ha cancellato ogni traccia delle sue attività passate?»

«No. Ti sto dicendo che Denis Cova non esiste.»

SPAZIO AUTRICE

Ehm... ecco.

Era un po' che volevo dirvelo... Anche Denis, come Lea, ha un paio di segretucci.

Il capitolo non è affatto lungo, avrei potuto sbrodolare a lungo sull'emotività di Lea e Trevor che si separano, ma non avranno molto tempo per logorarsi in santa pace, ve lo dico già. La PARTE II è finita, amici lettori. Inizia la PARTE III.

Vi lascio già il banner perchè so che a voi non ve ne frega niente ma io ho scassato le maracas alle mie amiche e compagne di avventura @fedeceve e 

@jesse_blake per farlo e quindi ve lo beccate lo stesso. Siete pregati di fingere che vi piaccia tantissimo anche se non è vero.

Stelline commenti pubblicità e robe varie utili a trasformarmi nella nuova stella del firmamento editoriale sono sempre gradite.

Stanno per succedere cose strane, inaspettate, sanguinolente ma ogni tanto trombano lo stesso, giuro. Sono una brutta persona, scusate. 

SPECIAL GUEST STAR DEL CAPITOLO

il regalo figo di Trevor

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