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33 L'inferno non va bene per Sebastian Baker.

***Se non ricordate proprio nulla in assoluto delle origini di Trevor può fare comodo rileggere il capitolo 3 Fallo stabilire a me. Vorrei mai che più avanti saltassero fuori altri germogli genetici nominati in precedenza e cancellati dalla vostra memoria :)
Giusto perché so che a volte sembra che quest'autrice non sappia dove vuole andare a parare ma... ecco... oserei dire che non ho lasciato nulla al caso (anche se magari mi è sfuggito qualcosina...)***

***"Ve li ricordate i 15 dollari? Se la risposta è no, potete rileggete il capitolo 8 UN ERRORE DA 15 DOLLARI.

Trevor dice in merito a questa cosa dei 15 dollari una cosa importante anche nel capitolo 20 SEI TU LA MIA COSA IMPORTANTE. Ve lo dico nel caso non vi fossero chiare le ultime 5 righe del dialogo finale. In caso di dubbi lasciate tranquillamente un commento oppure scrivetemi ❤️***

Sebastian Baker era un uomo ormai prossimo al tramonto, aveva vissuto la vita da incazzato e sarebbe morto incazzato. Tra le altre cose, aveva vissuto incazzato con me e io il motivo non lo avevo mai compreso fino in fondo.

Comunque aveva più di ottant'anni, ma la cattiveria che gli scorreva nelle vene lo manteneva dannatamente giovane, dannatamente in forma, dannatamente in salute.

È vero che l'erba cattiva non muore mai?

All'epoca ero ancora convinto di sì, dato che Sebastian, di morire, pareva non averne proprio intenzione.

Entrai nel salotto e lo trovai seduto sulla poltrona padronale, con un bicchiere probabilmente pieno di un Macallan da seimila sterline a bottiglia in mano. Il suo trono. Il suo scettro. Il suo regno.

Sembrava padrone del mondo anche nei luoghi in cui non gli apparteneva niente. Persino io volevo credere di non appartenergli più.

Eppure.

«Sebastian.»

Non era un saluto. Non sapevo nemmeno io cos'era. Forse era solo il modo che avevo di annunciarmi a lui.

Fece oscillare il bicchiere tra le dita. Pensai a cosa sarebbe capitato a Lea se ci fosse stata lei, tra le sue dita. Forse sarebbe stata la volta buona in cui gliele avrei restituite tutte, lasciandolo con la pelle appesa alle ossa frantumate in qualche fogna degna di un essere umano come lui.

Perché l'inferno non va bene per Sebastian Baker, l'inferno è per quelli come me: figli di puttana, criminali, anche spietati all'occorrenza. Ma motivati, mossi da un fine, anche se tutt'altro che nobile.

Sebastian Baker è una merda, e il suo posto è nelle cavità del sottosuolo londinese, perché lui non ha mai inseguito un fine, ma solo un istinto primordiale, l'insana voglia di fare del male e distruggere. I soldi non erano il suo fine, magari un mezzo. Uno dei tanti.

Sospirò teatralmente, abituato a mostrare il suo disappunto senza filtri.

«Sei in Italia da troppo tempo Trevor.»

«Ero impegnato.»

Si piombò l'intero contenuto del bicchiere, poi si alzò. Mi venne incontro con una smorfia contrariata che spuntava tra i solchi lasciati dall'età. Ma era più dritto di un fottuto palo della luce: neanche la cazzo di artrite, piegava quello stronzo.

«Vedo che hai già avuto modo di testare il disappunto dei Volkov.»

Schioccai la lingua sul palato, concentrato sulla necessità di non abbassare lo sguardo.

«Anche Viktor ha testato il mio, di disappunto. Sebastian.»

Inspirò rumorosamente e andò ad appoggiare il bicchiere sul tavolino degli alcolici. Versò altro Macallan, ma abbandonò il bicchiere lì dov'era, tornando da me.

Alto, Cristo, era ancora alto come me. Quando cazzo avrebbe smesso di respirare? Quando?

«Sì, ne sono stato informato. Hai trovato i soldi per restituire ai russi quanto dovuto?»

Inghiottii. «Sì, li ho trovati. L'accordo è preso e tu lo sai bene.»

Mi osservò, con il chiaro intento di indurmi ad abbassare gli occhi. Non lo feci, anche se avrei voluto.

«Allora perché sei ancora qui?»

«Andrò via quando avrò finito.»

«Cos'altro devi fare?»

«Non sono cazzi tuoi.»

Mi prese per il colletto della camicia ed ebbi la conferma che le sue mani non avevano perso di forza. Mi aggrappai alla consapevolezza che io, invece, di forza ne avevo acquisita. Tanta. Ma gli lasciai i suoi trenta secondi di dignità. Non gli era rimasto molto altro da alimentare.

«Sono sempre cazzi miei, stronzetto.» Non ebbi bisogno di muovermi, né di minacciarlo. Mi lasciò andare subito, non ancora così rincoglionito da pensare davvero di potermi piegare anche da adulto con l'uso delle mani. O dei piedi. O della cintura. O di qualunque cosa potesse avere a portata di mano.

«So che hai concluso un affare a Milano.»

Non gli avrei detto un cazzo. Mai. «Sì. È così. Roba lecita.»

«Ha a che fare con i Volkov?»

«No. Nè con i Volkov né con te.»

Era nervoso, dubbioso. Quando mio padre era così, era anche pericoloso.

«Sei qua per quella stronzata di Matteo Gessi? Sono otto anni che fallisci, Trevor. So che qui ha avuto origine El Diablo. Che cosa cazzo ci fai in questo buco italiano?»

Sentivo l'odore del Macallan nel suo alito. Ero così vicino che ebbi la tentazione di spaccargli i denti con una testata. E infierire sul cranio. E poi sul resto. Mi ero chiesto spesso cosa sarebbe successo se avessi ucciso mio padre. Gli scenari erano molti, e alla fine avevo sperato morisse per i cazzi suoi.

«Faccio ricerche su Matteo Gessi. Non ho trovato niente.»

«E la rossa? Che cazzo ci fai con quella?»

«Ci scopo, Sebastian.»

Mi osservò e io mi concentrai per non muovere un muscolo.

«La nascondi qua?»

«No.»

Pregai che Lea non si svegliasse, perché se si fosse svegliata mi sarebbe venuta a cercare, trovando mio padre.

«Mi risulta tu abbia ospiti.»

«Capita che ne abbia. Dovrei scoparla su un marciapiedi?»

Non sarei riuscito a sostenere quella guerra di sguardi ancora per molto. Potevo finalmente batterlo a suon di cazzotti, ma mai l'avrei battuto a colpi d'arrogante supponenza.

«Quindi è un caso che tu te ne vada in giro con la figlia di Matteo Gessi.»

«Non ci vado in giro. Ci vado a letto. Sei venuto da Londra perché hai paura mi lasci dietro un marmocchio illegittimo come hai fatto tu?»

Si passò la lingua sulle labbra e l'immagine mi suscitò un certo ribrezzo.

«Sono venuto da Londra per scoprire cosa cazzo mi nascondi.»

«Me. Sta nascondendo me.»

Lo sguardo di mio padre si alzò, posandosi oltre le mie spalle. Riconobbi quella voce che arrivò da dietro e ne fui prima sorpreso e poi sollevato.

«Con chi ho il piacere di parlare?» abbaiò Sebastian.

Sentii i passi di Denis avvicinarsi, finchè mi affiancò. «Il piacere è solo suo. Comunque sono Denis Cova, ho lavorato con l'agente Gessi e ora lavoro con suo figlio.»

Sebastian aggrottò la fronte, le rughe divennero baratri.

«Si spieghi meglio.»

«No.»

«Prego?» Non vedevo mio padre così spiazzato da... da mai, credo.

«Ha detto che non si spiegherà meglio, papà.»

Ebbi l'impressione che la figura di mio padre si fosse improvvisamente rimpicciolita. Purtroppo fu un'illusione che durò pochissimo. Ne trassi comunque sollievo.

«Tu vuoi sbloccare El Diablo per pagare i Volkov.»

«El Diablo non si può sbloccare, lo sai. Ho promesso la prima rata sabato prossimo: se i flussi fossero ripresi, te ne saresti accorto. Controlli quel dannato conto ogni fottuto giorno da otto anni.»

Il suo sguardo saettò da me a Denis più volte. Stava affrontando uno scenario che non si era aspettato. D'altra parte non me lo ero aspettato nemmeno io. Su Denis non avrei scommesso.

«El Diablo è mio, Trevor. Se scopro che voi due stronzi vi state intascando i miei soldi, io ti faccio rimpiangere di non essere morto nell'utero di quella cagna di tua madre.»

Inghiottii. Quello era un rimpianto che mi aveva fatto sorgere decine di volte, ma non accadeva più da parecchio.

«Sì, El Diablo è tuo. Lo sbloccherò, oppure lo replicherò, e te lo restituirò. Quello sarà il giorno in cui avrò saldato il debito nei tuoi confronti, il giorno in cui ti avrò ripagato per l'avermi messo al mondo. In poche parole, il giorno in cui ti manderò a fanculo. Non sprecherei mai il prezzo che hai dato alla mia vita per pagare i Volkov.»

Mi diede le spalle, e finalmente andò a tracannarsi il Macallan che aveva preparato in precedenza. Quando tornò a voltarsi mi apparve per un secondo per quello che era: un vecchio.

«Non mi hai ancora spiegato cosa fai qui, cosa fai con questo stronzo e cosa fai con la figlia di Matteo Gessi.»

Sorrisi. Sebastian perdeva colpi: le sue stoccate non erano poi così efficaci, quella sera.

«Quello che faccio con Lea te l'ho spiegato già un paio di volte, ma forse ti serve un diegno.»

E Baker non la prese bene: il suo gancio mi colpì alla maschella, e fu quello il motivo per cui glielo lasciai fare, non avrei retto un altro colpo al naso, anche se fiacco. Ma con papà dovevo incassare almeno una mezza sconfitta: se c'era un figlio di puttana al mondo che non sapeva perdere e che portava più rancore di Viktor, beh, quello era Sebastian Baker. Pagai il mio pegno per quella discussione con un colpo che una ventina d'anni prima m'avrebbe steso, ma che quella sera mi parve poco più d'un buffetto. Il giorno dopo, a distanza di ore dal picco di adrenalina che mi annebbiava, avrei patito tutto il dolore che mi veniva risparmiato in quel momento.

«Sei un frutto marcio, Trevor, è così che ti rivolgi a tuo padre?»

Mi massaggiai la mascella più per un riflesso istintivo che per un effettivo bisogno di trovare sollievo; il gesto parve comunque fornire nutrimento all'immenso ego di Sebastian.

«Allora cambio gergo. Lea me la scopo. In Italia conduco affari che in parte mi consentiranno di pagare i tuoi soci russi e con Denis porto avanti le ricerche su El Diablo. Non c'è bisogno che tu sappia altro. Papà.»

Notai che gli tremava la mano con cui mi aveva colpito, e dovetti lottare contro l'istinto di soffermare lo sguardo su quella che ai miei occhi era la prova della sua mortalità. Si avvicinò fin quasi a sfiorarmi il naso con il suo.

«Se fai una stronzata do il via libera a Viktor, chiaro? Non vede l'ora di sfilarti la spina dorsale dal buco del culo: non lo fa perché manderebbe a puttane le nostre regole. Ma tu sai che posso cambiare le regole, Trevor.»

Lo sapevo eccome.

Si avviò verso l'uscita senza aggiungere altro. Io non lo salutai. Denis sì. «Buonanotte, signor Baker.»

Nessuno di noi due disse altro finché non vedemmo dalla finestra quella mummia miliardaria salire sulla sua auto e sparire. Poi Denis diede voce al suo dubbio.

«Come gli hai nascosto i quindici dollari?»

«Con un url di phishing.»

Ridacchiò. «Porca puttana, è davvero così scemo? »

«Spero proprio di sì.»

***

Della bottiglia di Macallan, quella notte, vedemmo il fondo insieme, io e Denis.

Non parlammo molto, perché era chiaro che c'era parecchia roba in sospeso, che nessuno dei due aveva una gran voglia di scoprirsi e che entrambi eravamo lì per Lea.

Quel frocetto reggeva l'alcol molto meglio di lei.

Seduti... anzi no, stravaccati sulle poltrone Luigi XVI l'uno di fronte all'altro, alla fine fui io a cadere al bisogno di sapere quello che ignoravo.

«Quanto ne sai di El Diablo?»

«Un po'.»

«Che cazzo di risposta è?»

«L'unica che avrai stasera.»

«E Lea?»

Avrei voluto altro Macallan, ma non avevo voglia di alzarmi per prendere dalla vetrinetta un'altra bottiglia.

«Lea cosa?»

Sbuffai. Non avevo voglia neanche di spiegare a parole il groviglio di ipotesi che avevo in testa. Forse il frocetto reggeva l'alcol anche meglio di me. «Lea sa di te?»

«Hai le idee talmente confuse che non sai nemmeno che domande fare.»

«Vaffanculo.»

Ghignò. «Ne avrei bisogno.»

Scoppiai a ridere. Di gusto. «Cristo santo. Tu e Lea siete una coppia inquietante.»

«Addirittura.»

«Sì.»

«Perché?»

Le parole mi si mescolavano nel cervello. I pensieri mi affioravano attraverso immagini, anziché frasi. E non trovavo il modo di trasmettere il messaggio. Alla fine liquidai la sua domanda con un'alzata di spalle. «Perché sì.»

«C'è qualcosa di Lea che dovrei sapere?» Ecco. Sì. Quella era una domanda posta in modo corretto. Ne fui soddisfatto.

«No.»

Bestemmiai mentalmente. Sempre attraverso strane immagini. «Denis. Cazzo.»

Sorrise. «Di Lea non dovresti sapere niente. Suppongo ci siano parecchie cose che invece vorresti sapere.»

«Fai il saputello, adesso?»

Si alzò: la bottiglia di Macallan la prese lui. Riempì il mio bicchiere prima del suo e tornò a svaccarsi sulla poltrona più scomoda mai concepita da essere umano.

«Lea sa di me molte più cose di te. Altre cose non le sa, ma cova sospetti. Lo stesso accade a me nei suoi confronti. Fine.»

Portai il bicchiere alla bocca, sperando di annientare il sapore delle parole che stavo per pronunciare. «Sai quello che le ha fatto Matteo Gessi?»

Forse anche lui bevve un goccio per non sentire l'amaro della sua risposta. «Sì.»

«Come l'hai conosciuta?»

«Troppe domande.»

«Quando l'hai conosciuta?»

«Lascia perdere.»

Sospirai. «Hai conosciuto Matteo Gessi?»

«Non ti dico un cazzo.»

«È un sì.»

Tacque. Era un sì.

«Scoprirò da solo quello che non mi dici tu.»

Fece spallucce. «Qualcosa sì. Qualcosa no.»

Quella conversazione mi stava ubriacando più in fretta del whisky. Posi fine alla discussione con un'ovvietà che mi diede conforto. «Meno male che non si è svegliata.»

«Mi sono svegliata, invece.»

Ci drizzammo entrambi, girandoci verso la porta socchiusa. La sagoma di Lea, appena percettibile nella penombra della stanza illuminata solo dal bagliore dei lampioni in strada, fece il suo ingresso.

Mi alzai e mi parve di impiegarci un'infinità di tempo. Anche Denis mi sembrò muoversi al rallentatore. Lea mi prese il bicchiere dalle mani, vuotandolo in un lungo sorso.

«Sei a stomaco vuoto.»

Mi rimise il bicchiere dalle mani, guardandomi. «Non ho bisogno di essere salvata. Io mi salvo da sola.»

Si girò verso Denis. «Vale anche per te.»

Si incamminò verso l'uscita, ma prima di sparire di nuovo si voltò un'ultima volta. «L'aver ceduto agli abusi di mio padre senza riconoscerli non fa di me un'incapace. Matteo Gessi mi ha sottovalutata. Sebastian Baker mi sottovaluta. Mi aspetto che nessuno di voi due faccia lo stesso errore.»

Abbassai lo sguardo sul bicchiere vuoto non appena fu uscita dalla stanza. «Lea non ha tutte le rotelle a posto.»

«Tu sì?»

«Io ancora meno di lei.»

«Ti sei innamorato in fretta, Trevor Baker.»

«E tu, Denis? Quanto ci hai masso a innamorarti di lei?»

Fece una smorfia e butto giù altro whisky prima di rispondere. «Io ero innamorato di lei ancora prima di vederla.»

«Com'è possibile innamorarsi di qualcuno che non ti vuoi anche scopare?»

Mi guardò serio. «È un amore molto più altruista del tuo, Baker. Un sentimento che non ha categoria, una roba unica e fuori catalogo. Ma che ne vuoi sapere, tu.»

Capii subito che forse il loro era un amore senza nome, col quale non avrei potuto competere. Ma comunque non volevo competerci. Perché io con lei ci volevo scopare, altro che altruismo.

«Se ti lascio la bottiglia da seimila sterlina te ne vai? Andrei a mettere in atto il mio amore poco altruista strusciandomi su Lea.»

Prese la bottiglia. «Fai schifo. Non la meriti, ma ha buon gusto con i vestiti, non può averlo anche con gli uomini.»

Ero d'accordo.

«Appena me la riporti a casa mi farò dire quello che le è successo con i russi. Quanto mi farà incazzare la cosa?»

Mi girò un po' la testa: avevo bevuto troppo. Forse. «Vorrai vedermi morto.»

«Se sei molto fortunato, lei mi convincerà che non è colpa tua.»

Se ne andò con la bottiglia in mano.

La sua minaccia non sopì la mia voglia di Lea.   

SPAZIO AUTRICE

Posso solo dirvi che le cose stanno per complicarsi.

Sebastian Baker padre dell'anno.

Per quanto riguarda il dialogo tra Trevor e Denis, propongo di far finta che non sia mai accaduto ok? Facciamo finta che sia tutto normale eh. 

Voi non avete letto niente. 

La notte non è ancora finita e ci sarebbero altre 3000 parole da leggere. Le ho messe nel capitolo successivo ma credo che pubblicare quasi 6000 parole in un giorno sia esagerato. Dovrei cercare di guadagnare lettori e non di ucciderli ahaha! 

Allora, come ormai sapete sono una pessima utilizzatrice di social, non so come far conoscere Priceless ai lettori e quindi niente, io ho bisogno di voi: vi piace? Volete sapere cosa succederà? Chi morirà per primo e se sarà dei buoni o dei cattivi? Quale dei personaggi nasconde più segreti di Lea e Trevor messi insieme e perché? Aiutate Priceless a crescere: una stellina, un commento, un passaparola con gli amici, un post sui social se ne avete (se non li avete sappiate che vi capisco, io li ho aperti con il profilo wattpad e sono un pesce fuor d'acqua) possono fare la differenza. I lettori fanno la differenza, solo i lettori. Le storie si nutrono di voi, possono divorarvi, se non state attente. Ma io vi consiglio di farvi divorare...

DETTO QUESTO: VI RICORDO CHE TREVOR HA PROMESSO A LEA DI SVELARLE COSA HA COMBINATO PER FAR GIRARE I COGLIONI AI RUSSI E SAREBBE ORA DI MANTENERE LA PROMESSA...NEL PROSSIMO CAPITOLO SCOPRIAMO IL SEGRETO...MA...FORSE NE SALTA FUORI UNO NUOVO. 

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