_All I want for Christmas is You_
Tutte le luci stanno brillando
Così lucenti ovunque
E il suono delle risate dei bambini
Che ridono felici riempiono l'aria
E tutti cantano
Sento suonare le campanelle della slitta
Babbo Natale mi porterai quello di cui ho veramente bisogno?
Mi porteresti per favore la mia cara?
Dopo un incalcolabile ritardo anche Manuel riuscì ad unirsi a noi. Non riuscì ad entrare in casa che i bambini gli si fiondarono addosso, lui li sollevò entrambi lasciando cadere il borsone che portava con sé.
-Vi sono mancato?- gli chiese.
-Si!- rispose Serena accarezzandogli i capelli ormai fin troppo lunghi lasciati liberi di ricadergli sulle spalle.
-Amore anche tu mi sei mancata tantissimo, e a te campione?- chiese rivolto al piccolo che portava il suo nome.
Lui annuì e gli cinse il collo con le piccole ed esili braccia.
-Ma guarda un po' chi c'è qui- disse mio fratello fingendosi sorpreso rivolto ai bambini di Andrea -Voi non mi salutate?-
Loro lasciarono immediatamente da parte i disegni su cui stavano "lavorando" per correre tra le braccia di Manuel che fu costretto a sistemarsi sul divano per evitare una rovinosa caduta.
Li guardai felice, orgoglioso di vedere quanto i miei bambini amassero mio fratello. Quell'amore che ci aveva sempre uniti si tramandava con loro e speravo vivamente che un giorno tra i miei bambini e i miei ipotetici nipoti potesse esserci un legame simile.
Mi avvicinai al borsone ancora abbandonato lungo l'ingresso e repressi una risata quando scorsi fuoriuscire da esso un lembo di tessuto rosso, mio fratello era fantastico!
Quando tutti ci fummo accomodati in sala servimmo l'aperitivo, la nostra serata di vigilia poteva finalmente cominciare.
I bambini giocavano entusiasti sul tappeto mentre i nostri calici si riempivano di vino.
-Che buone queste tartine- sussurrò Andrea.
-Andre tu mangeresti qualsiasi cosa- lo presi in giro provocando una risata generale.
-Su certe cose non si scherza, ho capito subito che tua moglie fosse una cuoca eccezionale- continuò lui facendola arrossire -vi ricordate la prima volta che ha cucinato per noi?-
-Si- intervenne Alessia -povera, ti abbiamo lasciata sola a preparare cibo per, quanti eravamo? Venti persone?-
-Già, non vi ho amati tantissimo in quel momento-
Tutti ridemmo.
-Però te la sei cavata egregiamente- le dissi riservandole uno di quegli sguardi che avrei concesso solo al lei.
-Sei stata fantastica come sempre- continuò Manuel guadagnandosi un abbraccio.
-E vi ricordate com'erano carini questi due?- esordì Adriano.
-Carini?- disse Andrea quasi infastidito -ma se erano odiosi! Si giravano intorno, si guardavano da lontano ma non ne volevano sapere di farsi avanti-
Nella mia mente si fecero spazio i ricordi di quei giorni in cui i miei pensieri vagavano nella confusione più totale. Mi sentivo attratto da lei, mi sentivo già legato a qualcosa di incomprensibilmente forte ma non riuscivo a dargli un nome. Avevo solo il costante bisogno di tenerla vicino, di toccarla di guardare nei suoi occhi e trovare le risposte alle mie mille domande.
Ma io la amavo, avevo già imparato ad amare tutto di lei solo che ancora non lo avevo capito. Avevo troppa paura di sbagliare, avevo troppa paura di perderla. Ormai tutto senza lei aveva perso interesse, era lei che illuminava le mie giornate, era lei a dare un nuovo senso alla mia vita.
Ancora a pensarci mi sembrava strano, come sia potuto accadere che una persona incontrata per caso, in un pomeriggio qualunque entrasse a far parte della mia vita in modo così intenso.
E non che lei si fosse imposta in qualche modo, anzi, si era tenuta per sé tutto quello che provava. Mi aveva lasciato il tempo e lo spazio per capire cosa provassi amandomi in silenzio. Ed io la amava anche per quello.
A dire il vero amavo tutto di lei. Amavo la sua riservatezza, amavo il suo modo dolce di arrossire, amavo i suoi silenzi, amavo il suo rifugiarsi tra le pagine di quel diario che continuava a scrivere, amavo il suo sorriso pronto a risollevare anche le giornate più grigie, amavo le sue labbra che aspettavano solo di essere costantemente baciate ed amavo i suoi occhioni coi quali riusciva a comunicare più che con le parole.
Proprio quegli occhi mi si pararono davanti come un faro che indica alle navi la rotta da seguire per raggiungere il porto, quegli occhi che volevano risucchiarmi dai miei pensieri ed ancorarmi alla realtà. Quella realtà in cui non rischiavo di perderla perché lei era ormai mia, era il mio tutto.
-Sappiate che però tutta quell'attesa è davvero valsa la pena- disse facendosi sentire da tutti.
Le sorrisi e la baciai, non mi importava nulla di chi fosse intorno a noi in quel momento, contavamo solo io e lei.
La nostra conversazione si perse tra vecchi ricordi, quella sera tutti insieme ripercorremmo le nostre vite. Ognuno poteva dare la propria versione degli accaduti, ognuno si sentiva parte di quel tutto che eravamo noi.
Fu facile rendersi conto di quanto fossimo cresciuti ed averlo fatto assieme aveva reso tutto più piacevole. I problemi, se affrontati assieme, assumono un aspetto meno terribile.
Ormai potevamo considerarci una grande famiglia a tutti gli effetti, eravamo tutti legati da un patto mai pronunciato che ci teneva vincolati. Eravamo una squadra in campo come lo eravamo fuori, e per la mia vita non avrei potuto scegliere compagni migliori.
Finita la cena tornammo in sala accanto al grande albero sotto il quale ognuno aveva depositato i propri regali. Continuammo ad immergerci nel passato di giorni importanti vissuti insieme, il giorno della mia folle dichiarazione, i matrimoni, la nascita dei bambini.
Non avrei mai dimenticato nessuno di quei giorni, nemmeno un istante.
Tutto quello che avevamo vissuto ci aveva resi quello che eravamo, ed io ero davvero fiero di tutto ciò che eravamo diventati.
Ad un tratto un rumore ci riscosse dalle nostre chiacchiere.
Su tutta la stanza calò il silenzio finché una risata particolare non fece scaldare il cuore dei bambini.
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